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Autore: Lily_90    11/02/2008    30 recensioni
"Un colpo secco, un urlo di dolore e sonori singulti.
Dopodiché il silenziò tornò a regnare lugubre sopra le cellette che si susseguivano l'una affianco all'altra. Ognuna di essa conteneva un prigioniero di guerra.
I passi della guardia si allontanarono, fino a sparire dal corridoio.
Shikamaru tese le orecchie e rimase in ascolto.
Quel pianto lo conosceva bene. Troppe volte l'aveva ascoltato durante gli allenamenti.
Da quando erano venuti a prelevarla dalla sua prigione, si domandava che cosa le avrebbero fatto o semplicemente se fosse tornata.
- Ehi, Ino - chiamò Shikamaru, la voce profonda.
Le pareti che dividevano le celle erano sottili, consentendo ai prigionieri di parlare tra loro, a notte fonda. Si davano man forte a vicenda, confortandosi l'un l'altro con vane parole di incoraggiamento e di speranza, che dopo tre mesi sembravano morire metri sottoterra, dove probabilmente sarebbero finiti i loro cadaveri sgozzati da un kunai" .
Genere: Romantico, Triste, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Temari, Ino Yamanaka, Kiba Inuzuka, Shikamaru Nara
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ricordati di me, cry baby

Ricordati di me, cry baby

La cella era stretta e di pianta longitudinale, con il soffitto basso che dava l'impressione di soffocare. Le pareti erano ruvide e fredde; la luce lunare penetrava fievole dalla sottile apertura sul muro, in alto, sbarrata con grate nere che ostruivano la vista. Oltre la porticina di ferro non si udiva alcun rumore.
Probabilmente le guardie non stavano vigilando data l'ora tarda.
I suoi occhi neri discernevano distintamente ogni particolare di quella piccola prigione, come le piastrine diroccate del pavimento o lo stucco spaccato che penzolava dalle pareti, tanto le sue pupille erano abituate all'oscurità in cui viveva immerso da tre mesi.
D'un tratto un lamento acuto fendé violento l'aria. Fuori, nel corridoio, la porta di una delle numerose celle cigolò angusta. Seguì un'intimazione furiosa e una voce gridò con disprezzo: - Sbrigati, puttana - .
Un colpo secco, un urlo di dolore e sonori singulti.
Dopodiché il silenziò tornò a regnare lugubre sopra le cellette che si susseguivano l'una affianco all'altra. Ognuna di essa conteneva un prigioniero di guerra.
I passi della guardia si allontanarono, fino a sparire dal corridoio.
Shikamaru tese le orecchie e rimase in ascolto.
Quel pianto lo conosceva bene. Troppe volte l'aveva ascoltato durante gli allenamenti.
Da quando erano venuti a prelevarla dalla sua prigione, si domandava che cosa le avrebbero fatto o semplicemente se fosse tornata.
- Ehi, Ino - chiamò Shikamaru, la voce profonda.
Le pareti che dividevano le celle erano sottili, consentendo ai prigionieri di parlare tra loro, a notte fonda. Si davano man forte a vicenda, confortandosi l'un l'altro con vane parole di incoraggiamento e di speranza, che dopo tre mesi sembravano morire metri sottoterra, dove probabilmente sarebbero finiti i loro cadaveri sgozzati da un kunai.
La ragazza, qualche cella più giù, scoppiò in un pianto straziante.
- Che ti hanno fatto? - domandò mesto Kiba, che si trovava nella prigione accanto a quella di Ino.
La risposta fu un singhiozzo più atroce degli altri. Ino cadde in ginocchio, sbattendo i piccoli pugni contro la parete umida. - Voglio morire ... voglio morire ... Ti prego Dio, fammi morire - .
Ino aveva cominciato a strillare come un'invasata, toccandosi lo zigomo frantumato.
Quella dannata guardia l'aveva colpita in pieno viso per farla rientrare in cella.
Le sue grida isteriche provocarono un senso di angustia e sconforto nei suoi amici altrettanto prigionieri.
- Non dire così, ti prego - la supplicò Kiba, gli occhi lucidi. - Vedrai che prima o poi ci tireranno fuori di qui - disse, ma sembrava che cercasse di convincere più se stesso che la bionda.
Ino poggiò la fronte sudata contro la parete ruvida.
I singhiozzi le schiantavano il petto.
- Mi hanno picchiata. Ho uno zigomo fracassato - rivelò in un debole sussurro. "E mi hanno stuprata" .
Ma si vergognava a confidarlo e decise che quello sarebbe stato uno di quegli oscuri segreti che si portavano con sé nella tomba, perché si temeva di confessarli agli amici e forse anche a se stessi.
- Non disperarti. Magari adesso sei diventata più carina – la stuzzicò Temari, in tono di materna canzonatura.
Ino sbottò in una debole risata e smise di piangere, accasciandosi inerte sul pavimento. Serrò le gambe umidicce l'una contro l'altra e adagiò la testa sulle braccia ossute. Era dimagrita in maniera spaventosa in quei mesi di prigionia.
- Sei sempre la solita antipatica - rimbeccò con artificioso tono acido.
- Ti hanno picchiata per farti parlare, vero? - le chiese Kiba, portandosi istintivamente le mani alla cicatrice che correva sul suo avambraccio.
- Sì, ma io non ho detto niente - rispose lei, con il sangue che rifluiva sulla guancia tumefatta.
- Neanche io ho detto niente - sospirò Kiba. - Nemmeno Nara. Gli hanno chiesto di Naruto e Gaara, ma lui non ha parlato. E' stato un eroe! - esclamò, provocando una risata generale.
- Ma quale eroe! E' che alla fine ero talmente rincoglionito che non mi ricordavo nemmeno il mio nome - replicò Shikamaru, poggiando la schiena contro la parete che trasudava umidità.
- Gli ha detto bene a quei due bastardi! Si sono salvati il culo! - ridacchiò Kiba.
Temari sbottò a ridere di gusto.
- Sapete, era da tanto tempo che non ridevo di cuore. Quasi dimenticavo come si fa' - disse Temari, la voce squillante.
La sua era l'unica voce rimasta viva nonostante tre mesi di torture, e donava a tutti loro conforto e speranza. Le sue battute stuzzicanti erano sempre sulla punta della lingua, pronte a fuoriuscire ironiche e canzonatorie.
- A me invece manca farmi bella, gli appuntamenti con Sai ... insomma, mi manca essere una semplice ragazza - confidò Ino, gli occhi smorti.
Temari raccolse le gambe al petto, cingendosi le ginocchia con le braccia.
Dall'altra parte percepiva il calore del suo corpo.
- A me manca solo il mio ventaglio. I ragazzi non mi sono mai interessati - disse, asciutta.
- Ehi, seccatura - la chiamò Shikamaru.
Temari sussultò appena.
La cella di lui era quella subito dopo la sua.
- Prima dello scoppio della guerra, hanno aperto un chiosco di ramen vicino a casa mia. Quando usciamo di qui ti ci porto - disse annoiato Shikamaru, giocherellando con un detrito di mattonella.
Temari emise una risata canzonatoria.
- Primo: non uscirei mai con uno come te. Secondo: non usciremo mai di qui - .
- Vedrai che ci libereranno. L'Hokage, Naruto e gli altri non ci lasceranno marcire qui dentro - obiettò Shikamaru, fiducioso.
- Ci uccideranno, Shika. E' solo questione di tempo. Quando capiranno che non abbiamo intenzione di cedere alle torture, ci elimineranno per far sparire le nostre tracce - replicò Temari, in un pesante sospiro di risolutezza.
- Ci esci con me, seccatura? - domandò nuovamente Shikamaru, un ghigno sul viso livido. Si voltò a guardare il muro come se potesse vedervi attraverso e assaporare l'immagine di lei.
- No, Nara - replicò Temari, sorridendo soddisfatta.
Kiba scoppiò a ridere. - Ti ha dato due di picche! - .
- Quando usciremo di qui, cambierà idea. La realtà è che non resiste al mio fascino - esordì Shikamaru, sorridendo sornione.
- Ma sta' zitto! Scommetto che sei diventato un rammollito in questi tre mesi - rimbeccò Temari, digrignando i denti.
- Che ne dite di fare un po' di esercizio fisico? - propose Kiba.
In qualche modo non dovevano trascurarsi, perché nel momento in cui non avrebbero più reagito, si sarebbero arresi. E arrendersi e abbandonarsi a se stessi in quelle condizioni bestiali in cui li facevano vivere equivaleva a decidere di morire.
- No - tuonarono all'unisono Shikamaru e le due ragazze.
- Dai, forza! Siamo jonin. Se ci rammolliamo troppo, quando usciremo di qui perfino i genin del villaggio riusciranno a batterci - li spronò Kiba.
- No, non mi va - ribadì annoiato Shikamaru.
- Sei diventato ancora più pigro di prima, Nara - lo beffò il ragazzo dai capelli castani.
- A proposito, ti manca guardare le tue adorate nuvole? - domandò Temari, sorridendo.
Alzò lo sguardo su quella piccola fessura sbarrata che si apriva sul muro.
E quella secondo loro era una finestra? Non si vedeva un accidente!
- Sì - rispose Shikamaru, in tono piatto. - Ma mi manca di più guardare te, seccatura - .
A questa frase seguirono le risatine furbe da parte di Kiba.
- Non mi ricordo il tuo viso, Tem - le sussurrò Shikamaru.
Erano tre mesi che non la vedeva, nonostante fosse nella prigione affianco alla sua.
- Ce li hai ancora quei quattro buffi codini? - .
- Diciamo di sì ... fanno pena ... sono flosci - ridacchiò Temari, arrossendo leggermente.
All'improvviso una chiave girò nella toppa e una guardia comparve sulla soglia della cella di Shikamaru.
Il ragazzo sobbalzò, indietreggiando furtivo sul fondo della prigione.
Un silenzio irreale piombò sugli altri ragazzi, in attesa che quello parlasse. Temari, Kiba e Ino drizzarono le orecchie.
- Shikamaru Nara, sei libero. Un accordo con l'Hokage - si limitò a dire l'uomo.
Temari trasalì.
Shikamaru lo fissò smarrito. Non aveva ancora elaborato cosa fosse successo.
- Fottuto bastardo! Ti rilasciano! - gioì Kiba, piangendo di felicità.
- No, io non me ne vado senza di voi - ribatté Shikamaru, inflessibile.
- Non dire stupidaggini, Nara. Sei libero - disse Temari, cercando di nascondere il tremore della voce.
Non voleva rimanere sola in quel posto, senza di lui. Se aveva resistito a tre mesi di infernali torture era stato solo grazie alla sua presenza, ai suoi confortanti sussurri durante la notte, alle sue dolci parole che le permettevano di dormire, nonostante la prigionia. Tuttavia amare significava privarsi. E Temari per il suo bene era pronta a farlo.
- No, io non me ne vado. Io non vi lascio - sbottò Shikamaru, caparbio.
- Sei sordo? Vai! - incalzò la guardia, acchiappandolo per il colletto della maglia e trascinandolo fuori a forza di strattoni.
Al ninja nemico non era costata alcuna fatica sollevarlo da terra e sbatterlo fuori.
Shikamaru era talmente debole che non si reggeva in piedi. Non a caso i ninja di cui erano caduti prigionieri gli rifilavano per pasto un liquido marroncino che avevano il coraggio di chiamare minestra.
- Ehi Nara, saluta gli altri da parte mia - gridò Kiba, sbattendo i pugni contro la porta fredda. Le lacrime cominciarono a sgorgare copiose dai suoi occhi. Almeno Shikamaru si sarebbe salvato.
- Shika, saluta i miei genitori e, per favore, digli che sto bene - singhiozzò Ino, drizzandosi col busto.
La lunga coda bionda, un tempo splendente, ricadeva intrisa di sangue sul pavimento. Le gambe ammirate dai ragazzi di Konoha erano rovinate da cicatrici, e la bella e candida pelle bianca butterata da escoriazioni su tutto il corpo.
La guardia spintonò il ragazzo lungo il corridoio. Shikamaru s'impuntò con i piedi per fermarlo. Quello lo guardò, lanciandogli un'occhiata bieca. Shikamaru indicò una cella con un brusco movimento del capo.
- Posso vederla? Solo cinque minuti - .
I suoi occhi verdi ... avrebbe desiderato vederli solo un'altra volta.
La guardia si guardò intorno, nervosa. - Solo cinque minuti - decretò infine, infilando una chiave nella serratura della porticina. Essa si aprì con uno stridio acuto.
Shikamaru entrò titubante, procedendo lentamente verso di lei.
L'aria era ammorbata dal sudore della giovane e dall'odore putrido del sangue.
Lei era irriconoscibile, ma per lui rimaneva sempre la sua bellissima seccatura.
Temari se ne stava rannicchiata in un angolo in penombra. Le gambe nude erano annerite dalla caligine; i capelli una volta dorati erano sudici, e le vesti lacere e luride. Il suo corpo non era più ben tornito come qualche mese fa, prima che la catturassero. Il suo viso era smunto e livido, le gambe ridotte a pelle e ossa. I grandi occhi verdi un tempo ridenti, erano ora offuscati dal dolore della guerra.
Shikamaru s'inginocchiò davanti a lei, alzandole il mento con una mano.
Temari stava piangendo.
Le scansò con un gesto delicato i fili di frangia dorata per guardarla dritta negli occhi.
- Vattene, Shikamaru. Sei libero - incalzò lei, cercando disperatamente di tener ferma la voce e di apparire contenta.
Lui restò in silenzio a contemplarla per catturare ogni particolare del suo bel volto, ogni curva, ogni difetto.
- Sono brutta, vero? - fece Temari, accortasi che il ragazzo la stava fissando.
- Per me sei sempre bellissima, Tem - .
- Non sono più una donna - disse lei, con durezza.
- Ehi seccatura, allora ci esci con me a mangiare il ramen? - domandò Shikamaru, sorridendo.
A Temari sfuggì una risata.
- No, Shika. Non posso - rispose, tornando seria.
- Perché no? Non ti piace il ramen? - fece Shikamaru, in tono ironico.
Temari levò lo sguardo su di lui. Il suo viso fu attraversato da un'ombra funerea.
- Quando sono arrivata qui mi hanno violentata, Shikamaru. Sono sporca. Non ho niente da offrirti - gli disse, guardandolo intensamente negli occhi neri, rosa dalla sua umiliazione.
- Non m'importa - protestò sicuro lui. - Anzi, quando esci di qui ti sposo direttamente - .
La giovane scosse il capo, mordendosi un labbro.
- Promettimi una cosa, Shika. Promettimi che quando sarai fuori di qui ti rifarai una vita, che sposerai una donna né bella né brutta, che avrai dei figli, che ti costruirai una famiglia ... Vivi anche per me, Shika - sussurrò Temari, fra i singhiozzi. - Io muoio serena, perché me ne vado con la consapevolezza di aver servito la patria, che tu sei libero e vivrai, e ... - .
La voce le si spezzò.
Shikamaru la guardò.
C'erano troppe cose da dire, ma non ne avevano tempo.
E pensare a tutte le occasioni che per orgoglio o vergogna aveva sprecato per rivelarle che l'amava.
Shikamaru poggiò le labbra su quelle di lei. Erano umide a causa delle lacrime, così come le sue guance.
Un bacio lungo un'eternità, una passione rattenuta che doveva essere consumata in fretta. Temari godette ogni immenso attimo passato stretta fra le sue braccia e Shikamaru cercava di trasmetterle tutto l'amore che aveva represso in fondo al suo cuore.
- Ehi, tu! Una mossa! - gli intimò la guardia, picchiettando una mano sulla porta.
Shikamaru e Temari allontanarono i loro visi, ponendo fine alla struggente dolcezza di quel primo ed ultimo bacio.
Temari protese una mano scheletrita, tanto che si vedevano la vene bluastre sotto la pelle, e gli accarezzò con il fianco una guancia. Lui la strinse a sé.
- Ti chiedo solo una cosa - singhiozzò Temari, premendo la bocca sulla sua spalla - Ricordati di me, cry baby. Ricordati di me - .
Shikamaru le poggiò una mano sulla testa bionda, in segno d'affetto. - Come potrei dimenticarmi della mia seccatura preferita? - .
- Quando le persone se ne vanno, si dimenticano - mormorò Temari.
- Rilasceranno anche te, Kiba e Ino. Vedrai - .
Temari scosse la testa, risoluta e rassegnata.
- A noi ci uccideranno, Shika. Hanno accettato l'accordo con l'Hokage e ti liberano, quindi saranno costretti a cambiare rifugio e lo sai che fine fanno i prigionieri in questi casi ... - .
- Tornerò a prenderti, Tem. Fosse l'ultima cosa che faccio - le sussurrò all'orecchio Shikamaru, determinato.
Quest'ultima frase aveva lasciato Temari completamente spiazzata. Non si sarebbe mai aspettata un'affermazione del genere dal più pigro ninja di Konoha.
Si sciolsero forzatamente dal loro abbraccio.
Era l'ora di separarsi. Questa volta per sempre.
Shikamaru la guardò un'ultima volta in quegli occhi verdi e sinceri.
Lei sorrise con dolcezza per rassicurarlo.
La guardia chiuse la porta con un tonfo sordo, sottraendo la deliziosa visione di Temari dai suoi occhi.
Fu a quel punto che Shikamaru iniziò a piangere, conficcandosi le unghie nella carne delicata dei palmi delle mani.
- Non frignare, cry baby. Mi hai capita? Non frignare - lo rimproverava gridando Temari, da dietro la porta, con la voce incrinata a causa del pianto.
Shikamaru venne condotto fuori dall'area delle celle, e mentre si allontanava contro la sua volontà sentiva le voci forti di Kiba e Ino che invocano supplichevoli il suo nome, e lei che continuava a gridare fino a sgolarsi: "Ricordati di me, cry baby" .
Shikamaru si voltò indietro: - Rilasceranno anche voi ... Vedrete che vi libereranno ... - urlò in risposta.
La guardia lo strattonò, facendogli rigirare la testa.
Non l'avrebbe mai dimenticata.
Non avrebbe mai dimenticato quei grandi occhi verdi, quel sorrisetto soddisfatto, quei quattro buffi codini che spuntavano davanti alle porte del villaggio, all'alba, quando lui andava ad accoglierla sbadigliando che era una seccatura. Non avrebbe mai dimenticato il loro continuo provocarsi. Quello gli sarebbe mancato più di qualunque altra cosa.
Avrebbe custodito per sempre l'immagine della sua bellissima seccatura nel cuore.

"Tornerò a prenderti. Fosse l'ultima cosa che faccio" .




***

Non chiedetemi come mi è uscita fuori questa storia ... Comunque credo che la colpa sia della struggente ora di chimica, quindi prendetevela con la prof!! Per "Beautiful Bore" dovrete aspettare un po' , non aggiornerò oggi!! Il quarto chappy è già pronto ma devo ripulirlo, e dato che la mia ispirazione ha deciso di andarsi a fare una luuuuunga passeggiata, dovrete aspettare qualche giorno!! Un bacio, Lily_90

  
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