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Autore: aelfgifu    03/08/2013    6 recensioni
«“And now repeat after me: Jag kommer alltid att minnas dig, Stefan”.
Akai esita, non è sicuro di quello che sta accadendo, non vuole fare una brutta figura.
“Repeat: Jag kommer alltid...”
“Ja komeru aruti...” inizia Tomeya arrossendo.
“... att minnas dig... Stefan”.
“...atu minasu dei” sillaba Tomeya “... Revin-san”
“No” protesta Stefan “not Levin-san. Stefan. I’m Stefan for you. Say: Stefan”.
La faccia di Tomeya è diventata di un pericoloso rosso cremisi.
“Say: Stefan” insiste Levin.
“S-te-fa-n...”
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Stefan Levin, Tomeya Akai, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Come fa il ghiaccio quando s'incrina'
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Remember this day

 

Disclaimer. I diritti sui personaggi e la trama di Captain Tsubasa appartengono al maestro Yoichi Takahashi e alle case editrici che pubblicano la storia nei rispettivi paesi.

 

Questo raccontino è il seguito della mia one shot La via di Damasco e, per quello che vale, è dedicato a Releuse.

 

Tomeya

 

Abbiamo vinto. La semifinale è nostra.

I ragazzi saltano, ballano, strillano, pazzi di gioia. Il pubblico ci fa eco con i suoi cori. L’odio, la violenza, la rabbia sono andati via; è finita.

Matsuyama si avvicina, sorridendo, i lembi del suo hachimaki gli svolazzano sulle spalle. Ci abbracciamo con trasporto.

Grazie!” esclama.

Grazie a me? Tu dici grazie a me?

Matsuyama ha le lacrime agli occhi, quanti sentimenti ha attraversato oggi? Paura, senso di colpa, sollievo, desiderio di riscatto... esaltazione?

Dietro di lui fa capolino la zazzera bruna del capitano, emerge il suo sorriso simpatico.

Hai combattuto una buona battaglia, soldato”.

Non ho parole, né per l’uno né per l’altro. L’unico modo decente che ho per ringraziarli della loro stima è inchinarmi. Non appena raddrizzo la schiena, li vedo scambiarsi un’occhiata d’intesa; poi la testa castana di Matsuyama e quella corvina di Ozora vanno giù, contemporaneamente, all’unisono, ricambiando il mio inchino.

Sono proprio senza parole.

Intanto arrivano anche gli altri, ed è un subisso di abbracci, complimenti, spintoni e gomitate affettuose. Ahi, maledizione, fate piano... sono rotto come un piatto rotto... ma non importa.

Shingo mi saltella intorno fuori di sé dalla felicità:

Gliel’avevo detto, io, al mister! Gliel’avevo detto!”

Il signor Gamo mi mette una mano sulla spalla, stando attento a non farmi male:

Sei stato bravo, ragazzo. Hai fatto fronte a un compito scomodo nel modo migliore!”

Anche a lui non posso che inchinarmi.

Con la coda dell’occhio realizzo la presenza di un crocchio pochi metri più avanti, alla mia destra. Wakabayashi, in tutta la sua mole, sta parlando amichevolmente con Levin, che è alto dieci centimetri meno di lui e senz’altro meno possente, ma lo guarda senza nessuna soggezione.

Sento le loro voci alternarsi emettendo suoni che non capisco. Ma certo, parlano in tedesco... con me Levin ha usato l’inglese... ha una così bella voce. Chissà com’è quando parla nella sua lingua...

In mezzo a quel groviglio di sillabe sconosciute, lo sento pronunciare il mio nome.

 

Genzo

 

Gli dico, ridendo: oggi mi sono vendicato per la mano che mi hai distrutto durante HSV-Colonia.

Lui scuote la testa, addolcisce lo sguardo.

Sag Akai, es tut mir leid, dass ich ihn verletzt habe... sag Matsuyama, ich bin froh, dass es seiner Freundin besser geht ... und deinem Kapitän... sag ihm, ich bin ihm dankbar. Er hat mich erinnert, dass ich Fußball mag...” (1)

Con un gesto del capo lo invito a continuare.

Meine Kumpels beauftragen mich, es dir im Namen der ganzen schwedischen Mannschaft zu sagen: gewinnt bitte die Meisterschaft für uns auch”. (2)

Wir werden’s tun!” rispondo, sicuro al cento per cento della mia affermazione. (3)

So Hals- und Beinbruch, Wakabayashi” (4)

Hals- und Beinbruch, Levin” (5)

I suoi gli si stringono attorno, lo abbracciano, gli danno pacche sulle spalle, non sembra che abbiano appena perso una partita importante. Mi saluta con un gesto della mano e si avvia verso la sua panchina, circondato dai compagni che sembrano impazienti di parlargli, di sapere... sapere cosa?, ma appaiono felici, come chi ritrova qualcuno che si crede perduto, là fuori, nel buio.

Torno verso la nostra panchina camminando meditabondo, guardandomi la mano sinistra ancora chiusa nel guanto. Te ne ricorderai a vita di Stefan Levin, eh? la interrogo scherzoso.

Che vi siete detti?”

Akai, malconcio ma sorridente, mi affianca.

Ci siamo reciprocamente augurati buona fortuna” rispondo. “Mi ha incaricato di portare dei messaggi... uno è per te”.

Per me?”

Ti manda a dire che gli dispiace molto di averti ferito”.

OH!”

Sulla faccia di Akai si dipinge la sorpresa, e mezzo secondo dopo due inquietanti chiazze rosse gli tingono le guance.

 

Stefan

 

Wakabayashi e io ci separiamo, io mi dirigo verso la nostra panchina, lui verso la sua. Con la coda dell’occhio vedo che viene raggiunto da Akai, si scambiano alcune battute, Akai sembra ansioso di sapere... sapere cosa?… Cammina un po’ curvo e con la spalla sinistra contratta, il mio marchio sul suo corpo. Chissà come mi ricorderà tra vent’anni: come lo stronzo che ha provato a mandarlo all’ospedale o come l’avversario che lo ha preso tra le braccia per portarlo fuori dal campo?

Chissà se si ricorderà di me, tra vent’anni!...

Avrei voglia di andargli incontro ridendo, di abbracciarlo come si fa con un amico, cancellare tutto il male che gli ho fatto. Sarebbe bello accarezzare quel visetto sporco e sbucciato per causa mia, una volta, due volte, con tutto il palmo della mano, senza dire niente: gli chiederei scusa così.

 

***

 

La squadra svedese sta rientrando negli spogliatoi; Stefan chiude la fila, è rimasto molto più indietro rispetto agli altri. Procede pensieroso, cercando di mettere ordine nel caos che gli è piovuto addosso durante questa partita. L’esplosione della sua furia cieca, Akai spezzato come un bicchiere, l’ira di Ozora, il viso sanguinante di Katarina, il pallone buttato fuori, il dolore e il rimorso davanti al suo avversario atterrato... nelle prossime ore, nei prossimi giorni dovrà fare i conti con tutto questo. Come quando accade quando si è colti da una febbre violenta, la sua mente dovrà rimanere a riposo, sotto una coltre di quiete, fino a che la temperatura non scenderà e lui non saprà guardare fuori con occhi nuovi...

Revin-san! Please wait, Revin-san!”

La storpiatura del suo cognome nella pronuncia giapponese gli strappa una smorfia divertita. Si gira per capire chi lo stia chiamando; Akai viene avanti cercando di raggiungerlo, zoppica visibilmente. Sorpreso, si ferma ad aspettarlo.

Yes please?”

Akai frena di colpo davanti a lui; ancora senza fiato per lo sforzo, si piega in due, appoggiando le mani alle ginocchia:

Revin-san... I would like to tell you it has been an honour to mark you... and moreover, you have been so kind to me”

Tomeya, ancora piegato sulle ginocchia, alza lievemente il capo e si trova davanti gli occhi gentili, curiosi e lievemente ironici del suo avversario.

But I have injured you seriously” obietta Levin.

No matter” risponde Tomeya.

I see” mormora lo svedese.

Rimangono un lungo istante così, immobili, il difensore giapponese ancora piegato sulle ginocchia e lo sguardo all’insù, come un bimbo che stia rivolgendosi al papà o a un fratello maggiore; il capitano della Svezia con la testa lievemente inclinata, come per osservare meglio il suo interlocutore.

So, tell me... are you well now”

Tomeya annuisce più volte, con un sorrisone che gli taglia la faccia. Il suo corpo è provato ma in questo momento lo spirito è tra le stelle.

I’m glad...” mormora Stefan. Il visetto bruno così vicino al suo gli ricorda i pensieri di poco prima... Gli hanno applicato un grosso cerotto sul naso, qua e là si notano ancora tracce di sangue e terra. Che razza di mostro sono stato? si domanda Stefan. Eppure mi ha seguito fin qui, dolorante, zoppicando, per ringraziarmi... ringraziarmi! e dirmi che è stato un onore...

Muove la destra, quasi automaticamente, e la posa sulla tempia di Tomeya, facendola scivolare fino a che tutta una guancia del difensore non è contenuta nel palmo della sua mano. Scusami, dice la carezza di quelle dita.

I’m so glad, really... you’re a redoubtable opponent”

Tomeya gli getta le braccia al collo.

Thank you, Revin-san...”

Dopo momento di incertezza, Stefan ricambia la stretta, allacciando dolcemente le braccia attorno alle spalle del giapponese:

Shhh... why you crying now...”

Non gli giunge nessun suono di risposta, se non il respiro sincopato di Akai.

Il visetto sporco e sbucciato per causa sua, il visetto che ha potuto accarezzare chiedendogli mentalmente scusa per tutto, premuto contro la sua spalla...

Io ti ricorderò sempre e anche tu mi ricorderai.

Avvicina la bocca all’orecchio di Tomeya e gli sussurra in un soffio:

I’ll remember this day”

Tomeya si stacca dall’abbraccio, lo fissa con un’espressione scintillante, febbricitante, spiritata, ed esclama:

Say it in Swedish!”

Stefan non può fare a meno di sorridere, alla sua maniera, allargando gli occhi e increspando appena appena gli angoli delle labbra.

Jag kommer att minnas idag”.

Tomeya sente il cuore schizzargli via dal petto. È come sospettava, la voce di Levin è ancora più bella quando parla nella sua lingua.

Levin ripete:

It sounds like that in Swedish: jag kommer att minnas idag”.

Mentre lo dice, prende le mani di Tomeya, che gli pendono inerti lungo i fianchi, e guardandolo con intensità ride:

And now repeat after me: Jag kommer alltid att minnas dig, Stefan”. (6)

Akai esita, non è sicuro di quello che sta accadendo, non vuole fare una brutta figura.

Repeat: Jag kommer alltid...”

Ja komeru aruti...” inizia Tomeya arrossendo.

... att minnas dig... Stefan”.

...atu minasu dei” sillaba Tomeya “... Revin-san”

No” protesta Stefan “not Levin-san. Stefan. I’m Stefan for you. Say: Stefan”.

La faccia di Tomeya è diventata di un pericoloso rosso cremisi.

Say: Stefan” insiste Levin.

S-te-fa-n -”

OK. Good”. Stefan non può fare a meno di fargli un’altra carezza, stavolta leggera leggera, col dorso della mano. Poi, d’istinto, piega il collo e lo bacia su una guancia.

 

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(1) Di’ ad Akai che mi dispiace averlo ferito... di’ a Matsuyama che sono contento che la sua ragazza stia meglio... e al tuo capitano... a lui di’ che gli sono grato, mi ha fatto ricordare che amo il calcio...

(2) I miei compagni mi incaricano di dirti questo a nome di tutta la squadra svedese: vincete il campionato anche per noi.

(3) Lo faremo!

(4) Allora in bocca al lupo, Wakabayashi.

(5) In bocca al lupo, Levin.

(6) Mi ricorderò sempre di te, Stefan.

 

Nota al testo. In questa piccola storia i nostri eroi rompono alla grande le convenzioni sociali tanto giapponesi quanto svedesi! Questo anche per sottolineare il grado di vicinanza emotiva originata dalla lotta per-la-vita-e-la-morte intercorsa tra loro. Revin è ovviamente la pronuncia giapponese di Levin.

  
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