IL SIPARIO DELLA VERGOGNA
Capitolo 1
Scrivere è
un arte per pochi,…ora qui me ne faccio promotrice e cerco di raccontare ciò
che posso, sfruttando la forza delle mani che dirigono la mina della matita
come fosse il musicista d’un orchestra; veloce corre sul foglio e così sono
veloci i pensieri che mi riportano al passato. Stanchi gli occhi, consumati
dalle lacrime che hanno solcato il bianco viso. Ormai è un corpo che non mi
appartiene più e per questo mi rivolgerò agli eventi come fossi un estranea. Il
motivo? Sono stanca…e il trucco è colato via.
Guarda fisso
lo specchio, che pulito continuamente mostra un immagine limpida, senza
storpiature. La mano di lei, si alza a fatica e con leggerezza sfiora le scure
labbra tentando di migliorarne la stesura del rossetto. Ora, voglio riportarvi
indietro, cosìcchè possiate condividere e capire quanto accadde.
Lei era una
ragazza bellissima, dai lunghi capelli biondi, gli occhi verdi, grandi..che
sognavano un brillante futuro. Lei era L. L amava recitare. Non riesco nemmeno
a contare le volte che guardando Al Pacino era scoppiata in lacrime. Sapeva che
non avrebbe mai potuto incontrarlo e fu per questo che decise di dedicare la
sua arte completamente a lui, che mai avrebbe saputo della sua esistenza e mai
l’avrebbe amata. L aveva 17 anni. La sua famiglia non poteva permettersi di
pagarle gli studi di recitazione e così, fu costretta a trovarsi un lavoro.
Cercò ovunque, ma nessuno era disposto a dare un impiego ad un’adolescente
inesperta; così L iniziò a girare in locali notturni della peggior specie. Le
offrirono un posto da intrattenitrice e come si può lasciare intendere non era
il sogno che si ha da bambine. Odiava quello schifo, ma era determinata. Voleva
farcela da sola, arrivare alla vetta. Essere felice. La sua famiglia ce l’aveva
messa tutta, ma purtroppo il divorzio era una cosa di tutti i giorni in quel
periodo e quell’affetto, quel calore che solo i genitori possono darti, era divenuta
l’immagine fredda di un film.
Ogni sera,
prima di entrare in sala, piangeva, mentre di fronte a lei aveva il riflesso di
quelle labbra, contornate dall’apparisciente matita, volte a soddisfare i
piaceri degli uomini. Aprì la porta e, ad accoglierla, c’erano le rosse luci
soffuse che si appoggiavano sui corpi delle sue ‘college’. Il priopietario le
indicò il suo tavolo: ad attenderla, un uomo sulla trentina, occhi scuri
sguardo serio che fissava le sue giovani forme. Si sedette di fianco a lui e
gli versò da bere… lo scotch e il rum non mancavano mai. Quella sera, qualcosa
non andò come al solito. L’uomo aveva pagato profumatamente il padrone affinchè
illegalmente, avesse libero potere sulla ragazza. L non poteva sapere. Lui le
sorrideva e, a differenza di altri era gentile e poco invadente. Le chiese di
uscire per una sigaretta e così, fuori dal locale i due parlarono a lungo. Lei
era a suo agio, ma nonostante ciò non riusciva a rispondere alle domande
riguardanti la sua vita; il privato non doveva mischiarsi con quella merda. Si
siederono su una panchina poco distante dal night e a quel punto L non stava
bene; desiderava solo finire la seconda Marlboro, prendere i soldi e sparire,
ma sapeva che avrebbe dovuto guadagnarseli e così rimase calma e gentile.
L’uomo le sfiorò le gambe: pian piano le sue dita scivolarono più su e per
tranquillizzarla le continuava a parlare. Cercò di resistere, lo allontanò
delicatamente e a quel punto, lo sguardo di lui cambiò completamente: la
afferrò con forza e la immobilizzò.. lei si agitava e cercava di gridare… da lì
partì, il primo pugno nello stomaco. E non fu l’ultimo. Si sbottonò i
pantaloni. Il verde degli occhi di L era immerso nelle lacrime.
Da qui in
poi il buio.
Scusatemi
davvero, ma questo punto non riesco a proseguirlo… è troppo per me.
L era
distrutta. Questo periodo della sua vita, fu costretta a passarlo in ospedale.
Tra la vergogna e le lacrime, abbandonò la famiglia. Troppa l’umiliazione. Non
riuscì mai a parlarne con nessuno. I suoi sogni erano offuscati dal pianto. Lo
sguardo era spento e in quel momento le tornarono alla mente le luci che
illuminavano quel teatro. Le immagini scorrevano rapide e d’improvviso, le mani
di quello stronzo che la stringevano. Gridò tra le lacrime.. singhiozzò tutta
la notte. L era sola.