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Autore: BazookaChest93    03/08/2013    3 recensioni
Ritsuko Harada è una ragazza di appena 20 anni, figlia di un operaio e una casalinga costantemente preoccupati per lei poiché essa è sempre stata considerata una calamita per i guai. Sin da piccola, infatti, Ritsuko sembrava cacciarsi in pericoli molto più grandi di lei ma, nonostante tutto, riusciva sempre a cavarsela con le sue forze. Andando avanti con il tempo, in lei venne riconosciuto il dono innato di maneggiare le Armi. Tutto ciò fece sì che la ragazza, per il suo ventesimo anno di vita, si iscrisse a un'Accademia surreale; là gli studenti avevano il compito di svolgere delle missioni per migliorare le loro tecniche e, con esse, anche di potenziare le proprie e fidate Armi.
Ritsuko dovrà ambientarsi al luogo e adattarsi alle rigide regole dell'Accademia, affrontando ogni giorno prove sempre più difficili. Non considerata dai compagni di classe, riuscirà comunque a farsi delle amicizie, anche se qualcosa di strano sta per accadere...
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia ruppe quel silenzio mattutino, interrompendo così anche il riposo e i sogni che la ragazza sotto le fresche coperte colorate stava facendo. Esse si mossero a scatti e una mano sbucò dal nulla, tastò ripetutamente la superficie del comò adiacente finché non riuscì a trovare il tasto per spegnere quell’arnese infernale. Il braccio rimase scoperto a penzoloni giù dal letto, mentre la testa rimase coperta sotto il cuscino; si poteva intravedere solo qualche ciocca di capelli scombinati e in disordine.
«Ritsuko! Tesoro, alzati!»
Una voce squillante risuonò per la casa mentre il rumore dei passi si faceva man mano sempre più forte e vicino. Improvvisamente la porta si aprì e una donna fece il suo ingresso nella buia stanza.
«Oh, andiamo… non vorrai mica fare tardi il tuo primo giorno di Accademia, vero?»
La ragazza sotto le coperte si mosse appena ed emise un mugolio.
«Ancora qualche minuto, mamma…»
La donna, nel frattempo, aprì le tende colorate e spalancò la finestra. Ritusuko emise ancor di più un qualche tipo di lamento; la madre le si avvicinò e le tirò via le coperte dal letto.
«Mamma…!»
«Sh, sh, sh! Alzati e basta, è gia abbastanza tardi.»
La giovane donna abbandonò la stanza lasciando, però, la porta aperta. Dopo pochi istanti la ragazza portò i propri piedi fuori dal letto e si alzò con molta calma; si stropicciò gli occhi e sbadigliò rumorosamente.
«Accidenti che noia!», si disse mentre si trascinava al piano di sotto per la colazione. Si sedette pesantemente al tavolo della cucina e sdraiò su di esso sia le braccia che la testa.
«Su, su! Ci sono delle regole molto severe, non puoi assolutamente arrivare tardi.»
Dopo aver proferito, la madre passò alla figlia una tazza di latte con dei cereali e un bicchiere di succo d’arancia. Ritsuko alzò gli arti e la testa, sempre lentamente, e, sbuffando, si avvicinò la tazza con il bicchiere.
«Perché, che ore sono…?», le chiese con un mezzo sbadiglio.
«Be’, le 8:30…»; la ragazza sobbalzò e urlò «AAAAARGH! MA È TARDI!»
In tutta fretta scolò la ciotola con i cereali e il bicchiere di succo d’arancia, si alzò di scatto e salì di corsa le scale chiudendosi in bagno. “Ma perché non è venuta a svegliarmi prima…!”, pensò mentre si lavava i denti e contemporaneamente si spazzolava con furia i corti capelli violacei. Indossò in tutta fretta la divisa accademica: una camicetta bianca a maniche corte alla “marinara” con bordi e fiocco azzurri, una gonnella altrettanto corta a pieghe di un azzurro più scuro e un paio di calze lunghe e del medesimo colore della gonna da indossare obbligatoriamente sotto ai mocassini. Passando per lo stretto corridoio, prese al volo la borsa scolastica: una specie di ventiquattrore con una tracolla molto più lunga e comoda; corse giù per le scale salutando di sfuggita la madre e si diresse il più veloce possibile verso l’Accademia.
L’istituto si trovava fuori città, ma non vi erano mezzi pubblici per raggiungerlo; Ritsuko si trovò a correre a perdifiato in mezzo alla folla, la quale si stava muovendo verso il lavoro o i negozi. Le lezioni iniziavano alle 9:00, ma lei era sicura di non arrivare in tempo: in tutto quello che faceva si poteva distintamente capire che la ragazza era svogliata e lamentosa. Dopo qualche minuto, non a caso, decelerò e cominciò a sbuffare, anche se aveva il respiro pesante e affannato per l’eccessivo sforzo.
«Ah, che noia! Ma perché dovevano fare questa pseudo scuola così lontana…»
Il tempo di abbassare lo sguardo e notò sul display del suo telefono cellulare che erano le 8:56. Un altro urlo, che, tra l’altro, spaventò i passanti, e riprese a correre anche se controvoglia. Dopo pochi istanti, Ritsuko riusciva a intravedere la famosa Accademia alla quale era stata iscritta per adempire al proprio compito: conservare quella sua dote e svilupparla per il meglio, fino a diventare una vera e propria esperta nel maneggiare l’Arma che rivela la sua natura.
L’istituto, situato su di una collina facilmente raggiungibile, era circondato da delle alti e possenti mura, il cancello in ferro era maestoso; tra le sbarre si poteva intravedere il giardino ricco di imponenti e folti alberi, aiuole piene di fiori colorati e profumati, dei lampioni decorati in nero e oro e dei viali di ghiaia che portavano a varie entrate. Aveva tutta l’aria di essere uno di quei vecchi castelli medievali europei, l’area all’interno delle mura era molto vasta, tanto che la ragazza non riusciva a vedere la fine di tutte quelle recinzioni. Rimase a bocca aperta di fronte a tale magnificenza; perfino le finestre avevano un nonsoché di misterioso e allo stesso tempo affascinante, erano sbarrate da delle ringhiere bianche, ma non opprimevano o nascondevano la grande vetrata. L’intero istituto era ricoperto di mattoni e i giardini che lo circondavano erano estremamente puliti e di un verde quasi accecante; Ritsuko assaporò questo momento in tutto e per tutto, non vi era nessuno fuori, così poté ammirarlo senza distrazioni.
«Però, che meraviglia…», disse al vento appena prima di guardare nuovamente il display del proprio cellulare. Trasalì. Terrorizzata all’idea di essere in pieno ritardo, corse dentro alla stessa velocità con la quale raggiunse il luogo in questione. Ad accoglierla all’interno trovò solo un enorme atrio vuoto sorretto da delle altissime colonne; alzò gli occhi al cielo e, mentre camminava, poteva ammirare l’architettura della struttura: era pieno di archi e affreschi, ghirigori su ghirigori dorati. Abbassò lo sguardò e si diresse verso la bacheca principale piena di fogli, diede una veloce occhiata e strappò via il foglio con gli orari delle matricole; sempre correndo, si diresse verso l’aula assegnata per la prima ora.
 
«…Harada.», silenzio tombale. «Harada Ritsuko?», ancora niente. «La signorina Harada è assente…»; in quel preciso istante la porta dell’aula si spalancò facendo sobbalzare gli studenti che fissarono dritti e perplessi quel piccolo varco.
«No, sono qui!», esordì la ragazza affannosa e con un sorrisetto nervoso. L’insegnante la osservò dall’alto al basso inespressivo.
«Signorina Harada, non le hanno detto che le lezioni iniziano alle 9:00?»
«Sì… mi scusi, mi sono alzata tardi e…»
«Non comprometta la sua posizione. Qui noi seguiamo delle regole, e le sarei grato se potesse farlo anche lei. Vada a sedersi mentre io prenderò nota di tutto ciò.»
L’uomo aveva dei folti capelli neri e delle spesse sopracciglia; nonostante la sua età, non più tanto giovane, rimaneva comunque affascinante; il suo sguardo di ghiaccio conquistava e penetrava all’interno degli occhi altrui, lasciando una sensazione di inquietudine. Egli abbassò lo sguardo e prese dalla sua scrivania un taccuino, la penna e iniziò a scrivere. Ritsuko, rimasta impressionata da tale rigore, chiuse la porta dietro di sé e si sedette nell’unico posto rimasto libero: in fondo alla stanza.
«Accidenti, che maniere. Poteva anche farmi parlare…», disse a denti stretti mentre raggiungeva quello che sarebbe stato il suo posto ufficiale. Una volta seduta, poggiò i gomiti sul banco e sui palmi delle mani vi poggiò la testa; mentre il professore stava spiegando il piano di studi da seguire, lei osservava distratta il resto della classe. C’erano un sacco di persone strane, nonché lei fosse da meno! “Che noia…”, pensò dopo parecchi minuti di spiegazione; si guardò di nuovo attorno e notò che tutti gli altri compagni avevano foglio e penna e che tutti erano intenti a prendere appunti. Per paura di essere ripresa ancora, aprì la sua cartella e mise sul banco un foglio di carta bianco e una penna; ma la sua concentrazione era quello che era! Infatti iniziò a scarabocchiare il foglio con delle firme e delle stelle, sentì qualcosa riguardante i poteri magici, poi la sua mente intercettò la parola “Arma”, subito dopo “allenamento”.
«…ed è così che queste importantissime pietre interagiscono con il vostro organismo. Adesso passerò e ne distribuirò uno a ciascuno di voi.»
L’insegnante prese uno scatolone pieno di bracciali ornati da una sola e unica gemma di forma sferica e trasparente come il vetro; iniziò a passare tra i banchi e a distribuire a ogni studente l’ornamento dal quale non avrebbero mai dovuto dividersi. Come l’insegnante aveva appena spiegato, l’unica pietra presente nel bracciale cambiò forma e si pitturò del colore che più caratterizzava il portatore. Quella di Ritsuko assunse una forma schiacciata e rettangolare dagli angoli arrotondati, era di un chiaro color lilla. A quella trasformazione la ragazza sobbalzò e osservò meravigliata il bracciale, a sua volta, però, percepì lo sguardo penetrante del professore su di lei, intento a scrutarla in malo modo.
«Signorina, perché tanto stupore? Ho appena spiegato il motivo per cui la pietra si comporta a quel modo.»; la ragazza alzò lo sguardo avvampando, osservò imbarazzata tutti i suoi compagni di classe che la fissavano senza capire.
«Ehm… no, no! Cioè, sì! Chiedo scusa…»
L’insegnante si limitò ad ammonirla con lo sguardo e tornò alla scrivania, vi poggiò sopra lo scatolone e guardò la classe.
«In questa prima settimana, per farvi ambientare, le lezioni si terranno soltanto fino alle 12:00; come insegnante di Magia, ci terrei molto a portarvi nella nostra Aula Privata. Là potrete osservare come gli studenti più brillanti riescono a evocare le proprie armi e come si svolge un normale Duello del Torneo.»; questa fu l’unica parte che la ragazza ascoltò attentamente, si trovava lì da appena un’ora e già si era fatta notare da tutti come la peggior studentessa dell’Accademia. Comunque era confortante sapere che in quella prima settimana avrebbero assistito agli allenamenti degli alunni più meritevoli e che sarebbero usciti da lì solo alle 12:00, anziché alle 18:00.
Ritsuko prese tutte le sue cose e seguì il resto della classe fuori dall’aula; la massa si spostò, poi, fuori dall’istituto per inoltrarsi, dopo aver svoltato per svariati viali, all’interno di una stanza molto grande, gigantesca. Aveva le fattezze di una palestra liceale, ma era decisamente più enorme; la forma che avevano gli spalti era molto curiosa, essi proseguivano a ellissi, quasi per ricordare il famoso monumento italiano: il Colosseo; sembrava una vera e propria arena. Ritsuko osservava il tutto strabiliata, anche se per via della sua ripetuta distrazione, non faceva altro che sbottare i compagni di classe che, da come si era visto, non si erano minimamente interessati a lei; era come esclusa dal gruppo, cosa per la quale la ragazza soffriva: davanti a sé vedeva che comunque i suoi coetanei si erano già formati dei gruppetti. Improvvisamente l’insegnante fece cenno di sedersi e tutti lo accontentarono.
«Usate queste ore per apprendere, non prendetele come uno svago…», proprio a quella parola, il dirigente della classe si voltò a fissare Ritsuko. L’aveva già inquadrata. «Questo sarà l’esame finale che ognuno di voi dovrà sostenere al termine dei corsi. Chi di voi non dovesse passare, sarà come non ammesso agli studi successivi e gli verrà inflitta una penalità. Credo che, per ora, possa bastare. Godetevi lo spettacolo!», disse con un gran sorriso alzando le braccia verso l’arena; improvvisamente una barriera trasparente avvolse gli spalti, lasciando la ragazza dai capelli violacei molto sbalordita; perché i suoi compagni non lo erano? Fu proprio in quel momento che Ritsuko si accorse di non essersi mai interessata alla questione della sua dote. Tutti gli altri sembravano già sapere quello che dicevano di fare, lei era all’oscuro di tutto. Allora perché sceglierla? Tutti questi dubbi le assalirono la mente, tanto che nemmeno si accorse che due studenti erano entrati nell’area da combattimento e stavano, in qualche modo, richiamando le proprie armi. Non seguì molto di quello che stava succedendo, al contrario l’intera classe si era già schierata per l’uno o per l’altro combattente. Facevano il nome di Kyle e il nome di Coma, per quanto si sforzasse, la ragazza non riusciva a capire chi dei due fosse chi e come facevano gli altri a sapere i loro nomi.
Il tempo passava lentamente e Ritsuko non aveva mai smesso di sbuffare, guardò di sfuggita il display del cellulare e notò con piacere che erano le 11:49; sarebbe tornata a casa e si sarebbe messa a dormire. Poco prima dello scoccare del mezzodì, il professore si alzò di nuovo, intento a parlare un’ultima volta alla classe.
«Prima che voi andiate, voglio mettere in chiaro un semplice ma essenziale punto…», un silenzio tombale cadde tra le risa di alcuni ragazzi. «Il vostro scopo non è semplicemente raggiungere il livello massimo di perfezione per le vostre Arti e Armi. Dovete evitare che succedano conflitti irreparabili; dovete aiutare la gente del vostro Paese a difendersi da eventuali attacchi nemici. Il bracciale che vi ho consegnato saprà cosa fare: nelle vicinanze di una persona pericolosa si illuminerà rilasciando un leggero calore, segno che il vostro potere è pronto all’azione, Violare questa regola e, quindi, utilizzare le Armi per scopi personali e non affini al vostro compito, comporterà l’immediata espulsione dall’Accademia. Con questo potete andare; ci vediamo domani, matricole.»
Mentre alcuni studenti passavano da quell’uomo di mezza età per chiedere ulteriori informazioni, Ritsuko se la svignò. Si ritrovò a percorrere il viale di ghiaia da sola, tutti gli studenti più grandi erano a lezione e i suoi compagni si trovavano ancora dentro a quella sorta di Arena dei Gladiatori.
«Non credevo fosse così difficile… uffa!», disse sottovoce sbuffando come era suo solito fare; si ritrovò su una delle vie principali della città e, sempre assorta nei suoi distratti pensieri, percorse con calma il tragitto che l’avrebbe riaccompagnata a casa.

•Salve a tutti! Questa è la mia prima FF, ma se è brutta ditelo lo stesso, non mi offendo davvero! :) A ogni modo, mi sono ispirata a un personaggio che mi è balenato in mente... essendo una Roleplayer, ho fatto il profilo Facebook di Ritsuko (https://www.facebook.com/ritsuko.harada.58) e, subito dopo, mi è venuta in mente tutta questa storia. Dopo varie esitazioni ho deciso di pubblicarla.
Abbiate pazienza, non so se per voi questo capitolo è lungo, ma vi assicuro che gli altri sono più corti. Buona lettura e grazie per chi dovesse leggere tutta la mia storia!•
  
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