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Autore: Nemainn    03/08/2013    8 recensioni
Neppure la più grande delle profetesse può vedere tutto. A volte accadono cose che possono sembrare maledizioni, ma lo sono davvero?
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello che Non Dicono i Sogni

 

 

Con il passo stanco la donna si diresse in un punto tranquillo delle grandi cucine del castello, incespicando appena per via della spossatezza.
Sospirando prese dalla culla appoggiata sopra un mucchio di legna la sua bambina addormentata, si sedette e guardando il piccolo viso roseo lentamente la donna si rasserenò. La stanchezza sembrò ritrarsi davanti a quell'amore che le illuminava il volto, mentre le mani dalle unghie spezzate scioglievano i lacci sul davanti dell'abito di semplice lana scoprendo un seno.
La piccolina di pochi mesi si agitò ed emise un gridolino deliziato quando la madre le coprì il viso di piccoli baci delicati.
Il suo piccolo tesoro.
Le piccole mani si tesero verso la donna che la cullò aiutandola a raggiungere il capezzolo e sorrise sospirando quando la sentì succhiare avidamente il latte.
La sua splendida bambina, viva e forte, si sentiva il cuore colmo d'amore per quella piccola vita che aveva tra le braccia, si sentiva esplodere tanta era la gioia di vederla al suo seno.
Eppure la stanchezza era tale che la donna si appisolò con in braccio la piccola vita, seduta in quell'angolo calmo e caldo della cucina, il sonno la abbracciò e i sogni cominciarono a sfiorare la sua mente.
Temeva i sogni, li temeva eppure in certa misura li desiderava perché erano tutto quello che le era rimasto di un'altra vita.
La vita di Macha la profetessa, poiché questo era stata. Era un tempo in cui non era la sguattera delle cucine, un tempo dove il suo viso incorniciato di ricci ramati splendeva orgoglioso.
Un tempo in cui perfino i re si erano chinati davanti a lei chiedendole consiglio, chiedendole sogni e visioni. Un tempo in cui nulla era più importante di lei e dei suoi sogni.
Eppure i suoi sogni non la fecero guardare al futuro ma al passato.
La sua arroganza, la sua vita ricca e circondata di comodità, tutto scomparso.
Aveva avuto tutto inizio quando aveva conosciuto lui, così bello.
Lo aveva amato e desiderato, aveva voluto quello che pensava fosse amore, glielo aveva ordinato.
Aveva avuto quello che chiedeva, come sempre aveva avuto tutto quello che desiderava, senza pensare alle conseguenze, senza pensare se anche lui la amasse e desiderasse davvero. Ma lui non la amava, aveva solo ubbidito al suo ordine.

Amami gli aveva detto, e lui la aveva amata.

Possiedimi, e lui ancora aveva ubbidito.

Sii solo mio, ama solo me. E ancora lui aveva condiviso solamente le sue notti.

Ogni notte lui andava nelle sue stanze, quando nella casa del tempio tutti dormivano la visitava.
Con la bellezza e la forza di un Dio riempiva le sue notti. Lei si aggrappava alla sua schiena ampia e forte, sentiva il suo corpo caldo e lo scambiava per l'ardore dell'amore scaturito dal cuore. Affondava il viso in lui, sussurrava il suo nome, lo tratteneva quando dalle sue labbra sarebbero solo uscite grida di passione.
I giorni passavano e lei lo desiderava sempre di più. Persa nel suo egotico convincimento di vivere un idillio amoroso a due non vide mai davvero gli occhi dell'altro. Occhi che mai le avevano mentito.
Quando infine era accaduto l'ovvio, una nuova vita nel suo grembo, si rese davvero conto di cosa aveva fatto.
Aveva tradito il suo giuramento, aveva tradito la parola data a uomini e Dei.
Aveva giurato di prestare servizio al tempio, dedicandosi solo agli Dei e di non concedersi a nessuno fino a ché non fosse scaduto il suo servizio. Lo aveva giurato a meno di quattordici anni ma questo non la scusava, non la avrebbe salvata dalla fine che gli spergiuri, sopratutto una spergiura come lei, facevano.
Non la avrebbe risparmiata dalla punizione, non aveva modo di salvarsi rimanendo al tempio dove la sua colpa sarebbe stata entro pochi mesi sotto gli occhi di tutti.
Quella notte aveva pianto disperatamente supplicando l'uomo di portarla via con lui, promettendogli una nuova vita insieme, giurandogli amore e fedeltà eterni.
Alle sue parole lui aveva riso.
Aveva scosso la testa fiera e solo allora lei aveva finalmente visto oltre il velo delle sue illusioni, aveva visto quello che gli occhi dell'uomo le avevano sempre detto senza menzogna.
Solo in quel momento aveva capito che non era mai stata amata, solo ubbidita. Non era mai stata tra le braccia dell'amore, solo del dovere.
Tremando lo aveva scacciato dalle sue stanze, sconvolta dalla realtà che finalmente vedeva nella sua interezza.
Aveva poi raccolto il poco che poteva portare da sola e scappò dal tempio dove aveva vissuto come una regina fuggendone come una ladra nella notte.
In quella notte di terrori e spaventi, di lacrime e disperazione, improvvisamente la consapevolezza della dimensione della sua cecità la aveva colpita.
Piena di ego aveva dato per scontato che i suoi sentimenti fossero ricambiati. Non aveva mai neppure pensato che potesse non essere riamata.
Eppure lui aveva riso. Aveva riso di lei e nel tempo di un respiro tutto era svanito. Certezze, sicurezze, illusioni d'amore.
Nel sogno ripercorse i lunghi e faticosi mesi, mendicante e incinta, umiliata e disperata.
Giorni senza fine in cui vagava cercando un lavoro, lei che non aveva mai fatto nulla nella sua vita, trovando fin troppo spesso solo porte chiuse e occhiate beffarde.
Fino a quando una donna secca e dallo sguardo arcigno non la aveva guardata al mercato mentre mendicava, talmente affamata da essere sul punto di vendersi per un pezzo di pane.
Una sguardo affilato, duro e gelido, occhi in cui non compariva alcuna pietà.
Parole sbrigative e graffianti ma che suonarono splendide.
Il suono di quelle parole divenne vivo nel sogno.
-Mi serve una sguattera, qualcuno che lavi i piatti, la paga sarà il cibo che mangi.- Niente di più da quella donna magra e dritta come un fuso, eppure era stata la sua ancora di salvezza. Nel sogno l'angoscia la abbandonò, era sempre stanca e le sue mani rovinate ma aveva trovato qualcosa che non aveva mai avuto prima, qualcosa di talmente grande eppure di talmente impalpabile che neppure aveva capito di sentirne l'assenza.
Aveva trovato una famiglia per quanto particolare.
Aveva trovato l'amore.
Essere finalmente amata, semplicemente, per quello che era.
Macha la profetessa era dimenticata, Macha la maga abbandonata.
Ora era Macha che componeva poesie e le cantava dolcemente per la sua bambina. Macha che rideva assieme a quella strana famiglia che erano diventati per lei tutti quelli che lavoravano in quelle cucine. Macha la sguattera dalle mani rosse e rovinate dal lavoro. Macha la donna.
Una mano la scosse e Macha si risvegliò, il viso della donna dei suoi sogni che la guardava. Ma ora lei sapeva cosa celava lo sguardo arcigno e severo e la amava come una madre, con un grande senso di pace nel cuore sorrise al volto chino su di lei.
-Scusa mi sono appisolata, metto nella culla la piccola e finisco.- La donna scosse la testa.

-No oggi finisce Neelith tu vai e riposa.- Senza dire altro la donna impettita tornò alle sue pentole, all'impasto del pane che doveva lievitare.

Tornò a governare il piccolo regno di padelle e fuochi, dove i sudditi erano tutti suoi figli del cuore. Un cuore talmente grande che aveva accolto anche lei.
Macha diede un lieve e rapido bacio sulla testa appena coperta di peluria ramata della piccola che aveva tra le braccia e si avviò alla stanza che divideva con altre donne che lavoravano al castello, era ancora presto e sarebbe stata sola ancora per un po'.
A volte si chiedeva se quella piccola vita che era ora il suo mondo intero fosse stata una benedizione degli Dei nonostante il suo spergiuro.
Nulla era stato facile da quando era fuggita spaventata e sola dal tempio, aveva vissuto la stessa alterigia che lei aveva sempre riversato sugli altri considerandoli inferiori sulla sua pelle. Aveva provato la fame e il disprezzo, aveva avuto freddo, aveva assaporato l'amaro calice dell'umiliazione, aveva mendicato e maledetto, ma aveva anche finalmente capito cosa era l'amore.
Lo aveva capito guardando dietro uno sguardo arcigno, stringendo al seno la sua bambina mentre emetteva il suo primo suono sfidando la vita, lo aveva provato guardando ogni persona e ogni essere.
Aveva capito cosa voleva dire amare ed essere amati. Aveva imparato una lezione che nessuno dei suoi sogni profetici le aveva mai potuto neppure farle intravedere.
L'amore muoveva il mondo e lei se ne sentiva colma.
Un sorriso splendente apparve sul suo volto mentre decideva finalmente che tutto quello che le era successo era una benedizione degli Dei, una benedizione dura e difficile, ma piena di tutto quello che davvero nutre l'anima e il cuore.

 

Camminando per i corridoi il passo della donna era sempre più sicuro, il viso dai tratti dolci illuminato da un sorriso luminoso e sereno. Erano i passi di una donna che portava nel suo cuore la vita, che camminava lungo la sua strada senza rimorsi o rimpianti. I passi di una donna che aveva conosciuto il lato peggiore della sua anima e ne era uscita entrando nel lato luminoso, illuminando così ogni cosa attorno a lei.

 



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Grazie di leggere e, se vipiace, ricordate che i commenti fanno bene all'autostima dell'autrice! XD

 

   
 
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