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Autore: marthiachan    03/08/2013    1 recensioni
"La mia vecchia vita non esiste più, devo costruirmene una nuova.
Dovrò ricostruirla da capo.
Le mie abitudini e i miei legami precedenti sono stati distrutti.
Detesto doverlo fare. Vorrei solo tornare ad avere quello che avevo tre anni fa. Perché, anche se non l’ho mai ammesso, in un modo assurdo e inspiegabile per tutti ma assolutamente logico per me, ero felice.
Voglio riavere quello che ho perso.
Voglio essere di nuovo felice."
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's Diary'
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L'ultima settimana è stata davvero irritante. Ogni volta che uscivo di casa, giornalisti e fotografi erano fuori ad aspettarmi. Non ho avuto nessun caso e ho dovuto passare le giornate a casa a guardare la TV con Mrs. Hudson.
Davvero noioso.
Quando, di notte, riuscivo a scappare non visto, non sapevo dove recarmi. Avrei potuto andare da John, ma avrei spaventato lui o la sua fidanzata.
Due giorni fa, sono andato al Barth's sperando di distrarmi con qualche esperimento, ma prima di arrivarci ho visto Molly uscirne a braccetto con un uomo. Sono rimasto fermo dall'altro lato della strada a osservare.
Uomo sui 40 anni, vestito elegantemente, lavora in ufficio, probabilmente nella city.
Ha un autista per recarsi in ufficio ma per gli appuntamenti galanti utilizza la sua auto sportiva che ha comprato solo sei mesi fa.
E vi stava salendo insieme a Molly Hooper.
NO.
Ho attraversato la strada in tutta fretta e mi sono fermato a pochi passi da Molly proprio mentre lei si stava sedendo.
“Sherlock!” ha esclamato sorpresa rialzandosi. “Cosa fai qui?”
“Stavo venendo al Barth's.”
“Mi spiace, ho cambiato il turno con un collega, non posso aiutarti stasera. Se vuoi possiamo parlarne domani mattina.”
“Non sono qui per un caso.”
“No? E allora... Hai bisogno di qualcos'altro?” ha domandato con tono premuroso.
Sì. Ho bisogno che tu esca da quell'auto. Ho bisogno che mandi via questo ricco cafone che, tra l'altro, non ti renderà mai felice e che ha dei pesanti debiti di gioco.
“Sono scappato dai giornalisti.”
“Oh, capisco. Mi spiace, ma stasera non posso proprio aiutarti, ma se vuoi puoi usare il mio laboratorio.”
Nel frattempo, il suo fidanzato aveva girato intorno all'auto e mi si era piazzato davanti, guardandomi con irritazione.
“Chi è lei?”
“Preferisco non utilizzare il tuo laboratorio se non ci sei tu. I tuoi colleghi potrebbero essere fastidiosi.”
“Allora mi spiace, dovrai attendere domani.”
Chi è lei?” ha continuato a chiedere l'uomo con un forte accento del nord, sempre più irritato.
“Oh, mi spiace William. Lui è Sherlock Holmes. Sherlock, lui è William Milton, il mio fidanzato.” ha spiegato Molly sorridendo imbarazzata pur cercando di sembrare naturale.
“Sherlock Holmes? L'investigatore?”
“Consulente Investigativo.” ho precisato senza degnarlo di uno sguardo.
“E cosa vuole un consulente investigativo dalla mia fidanzata?” ha chiesto utilizzando un tono di disprezzo.
A quel punto mi sono voltato e l'ho guardato in faccia.
Gli occhi stretti in due fessure. Una vena del collo che pulsava. La mascella serrata in maniera innaturale. Le mani che si stringevano sino a far sbiancare le nocche. Un uomo con dei problemi a gestire la rabbia.
“Io conosco Molly da molto tempo prima che lei entrasse nella sua vita. Collaboriamo insieme. Lei è la migliore patologa della città. La mia patologa. Ed è mia amica. La mia amica. Ho tutto il diritto di parlarle. O di desiderare la sua compagnia nei momenti di solitudine. Lei, nonostante sia il suo fidanzato, non può certo impedirmelo. Pensi piuttosto a trovare i soldi per pagare i suoi debiti di gioco.”
Avevo appena finito la frase quando un pugno mi ha colpito in pieno viso, spaccandomi il labbro.
Ovviamente.
Un uomo rabbioso e violento. Perché Molly frequentava un uomo simile?
“William!” ha urlato lei spaventata.
Mi sono ritrovato a terra, in men che non si dica mi sono rialzato, pronto a restituire il colpo e a fargli davvero molto male, ma mi sono ritrovato davanti Molly con sguardo implorante.
“No, ti prego Sherlock, no.” mi ha pregato quasi in lacrime.
Mi sono ritrovato a guardare i suoi occhi lucidi e a notare quanto fossero grandi rispetto al resto del viso.
Troppo grandi. Sproporzionati.
In un attimo avevo perso il desiderio di restituire il pugno a quell'uomo. Non so come, ma gli occhi sproporzionati di Molly mi avevano calmato.
Con un movimento secco mi sono allontanato da lei.
“Fossi in te lo lascerei. Può anche sembrare un buon partito ma è pieno di debiti di gioco ed ha un problema con la gestione della rabbia. Ed è violento. Potrebbe farti del male durante una banale discussione. Ora, se non ti dispiace, vado a farmi medicare.”
E così dicendo mi sono allontanato senza voltarmi, dirigendomi al Barth's.
Mi sono introdotto nel laboratorio di Molly alla ricerca del disinfettante. Ero furioso. Quel tizio mi aveva colpito! Solo perché avevo svelato alla sua fidanzata che lui non era la moderna versione del Principe Azzurro? Come si era permesso? John spesso mi aveva detto che il mio modo di fare poteva scatenare qualcosa del genere, ma era la prima volta che mi succedeva sul serio.
Pochi minuti dopo, Molly mi ha raggiunto. Sembrava sconvolta.
Respiro accelerato. Guance arrossate. Il trucco degli occhi leggermente sbavato per delle lacrime. Il suo petto continuava ad alzarsi e riabbassarsi. Aveva corso per raggiungermi.
“Perché sei qui? Intendo, sul serio.” ha detto con tono che poteva essere definito come autoritario.
“Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare.”
“Perché io? Perché non John?”
“Non volevo spaventare la sua fidanzata a quest'ora di notte. E pensavo che tu fossi di turno stanotte.” ho spiegato con sufficienza visto che per me era fin troppo ovvio.
“Mi dispiace per William.”
“Quell'uomo è pericoloso.”
“No, non lo è. Sta andando da un terapista per i suoi problemi e non gli capitava una cosa del genere da mesi, ma sai, tu tendi davvero a mettere alla prova le persone. Era così dispiaciuto di aver ceduto alla sua rabbia che ha annullato il nostro appuntamento e se n'è andato mortificato. Mi ha pregato di farti le sue scuse.”
Così dicendo si è tolta la giacca e mi ha raggiunto, ha preso del disinfettante dal mobiletto accanto a me e mi ha fatto cenno di sedermi in modo da potermi medicare.
Avrei potuto protestare che non avevo bisogno del suo aiuto, ma non l'ho fatto. Mi sono seduto e lei è rimasta in piedi davanti a me, i nostri visi alla stessa altezza, e ha potuto quindi concentrarsi sulla mia ferita al labbro.
E io... Io ho potuto osservarla ancora.
Le sopracciglia aggrottate, osservava la mia ferita con estrema attenzione, come quando fa le autopsie.
Non avevo di fronte la dolce Molly ma la Dottoressa Hooper.
E sinceramente non saprei dire quale delle due preferissi.
Entrambe speciali.
Entrambe importanti.
Entrambe mie amiche.
“Sai, so dei suoi debiti di gioco, ma ha smesso. E a breve riceverà un'eredità e li estinguerà. È un brav'uomo, nonostante quello che ritieni di aver dedotto.”
“Ti tratta bene? Sei felice?” le ho chiesto d'impulso.
Lei si è fermata, con la mano a mezz'aria, e mi ha fissato perplessa.
“Sì, certo.”
“Tu lo ami? Lo ami davvero?”
“Se non lo amassi non lo sposerei.”
“E allora perché non me ne hai mai parlato? Perché ho dovuto scoprirlo da solo?”
Lei ha poggiato il disinfettante e si è seduta in uno sgabello di fronte a me. Teneva lo sguardo basso, imbarazzata.
“Sherlock, il nostro rapporto, quello che tu hai poco fa definito come amicizia, non è un vero rapporto, e credo che tu lo sappia. Non è amicizia essere semplicemente la scialuppa di salvataggio di qualcun'altro. Non è amicizia essere considerata solo quando hai bisogno di me. Non è amicizia essere il bersaglio dei tuoi repentini e assurdi cambi d'umore. Io non sono tua amica, sono uno strumento che tu utilizzi. Come il tuo cellulare o il tuo violino. Sono uno strumento con uno scopo, nient'altro.
E in questi mesi, il mio scopo è stato quello di tenerti informato sui tuoi amici. I tuoi veri amici. Rispondevo a tutte le tue domande. Eppure tu non hai mai chiesto di me, di cosa mi capitava. Mai.” Si è fermata per un secondo alzando gli occhi al cielo per ricacciare indietro le lacrime e sospirare. “Avrei voluto esserti amica, davvero. Avrei fatto qualsiasi cosa per te. E ancora lo farei e lo rifarei mille volte. Ma l'amicizia non può essere a senso unico. Non posso essere sempre io quella che... dimostra di tenerci. Tu non lo fai mai. Mai una volta mi hai scritto per chiedermi “come va?”, mai una volta ti sei preoccupato di quello che ho passato dopo la tua “morte”. Quando sei venuto a trovarmi la scorsa settimana, hai notato subito l'anello, so che lo hai fatto, ma non hai detto nulla, non hai chiesto nulla. Era ovvio che non ti importava. Dopo i discorsi di circostanza, che riguardavano principalmente solo te, sei fuggito via. E questo non è un problema per me, sei tu, sei sempre stato così, e non mi ha mai disturbato. Quello che mi disturba è che tu, di punto in bianco, inizi a lamentarti se io non ti racconto spontaneamente fatti della mia vita che in realtà non ti interessano. Mi disturba se devo sentirti giudicare le mie scelte. Non ne hai il diritto.”
Era la prima volta che Molly mi parlava così a lungo, e senza balbettare una sola volta.
Tutto quello che aveva detto era vero, apparentemente. Ma non significava che io non tenessi a lei.
“Forse è vero, sei solo uno strumento, come il mio cellulare e il mio violino.” ho detto alzandomi dallo sgabello e avvicinandomi a lei sino a esserle di fronte e costringendola ad alzare il viso per riuscire a vedermi in volto. “Ma tu sai bene che sono strumenti molto importanti e senza i quali io non posso vivere. Alla stessa maniera, io non posso vivere senza di te, Molly Hooper.”
L'ho vista sobbalzare un secondo per la sorpresa. E poi sorridere.
“Ma sono pur sempre uno strumento. Sono certa che non consideri John uno strumento.”
“In realtà in passato l'ho paragonato più volte al teschio che ho sul camino.”
Lei è scoppiata a ridere. Non penso di averla mai vista ridere così. Spontanea.
“Molly, io posso essere un disastro a dimostrare il mio affetto. Al diavolo, so bene di esserlo! Il punto è che, il mio modo di dimostrarlo può essere anomalo. Anticonvenzionale. Strano.”
Lei mi osservava concentrata, aggrottando le sopracciglia come qualche minuto prima quando mi stava disinfettando il labbro. Cercava di capire.
“Avrei potuto chiedere a Mycroft un resoconto dettagliato di quello che succedeva a John o a Mrs. Hudson o a Lestrade, ma l'ho chiesto a te. Perché volevo comunicare con te. Volevo che fossi tu il mio legame con la mia vecchia vita, e nessun altro. Perché sei la mia unica vera amica.
“Oh, Sherlock...” ha mormorato lei in lacrime prima di gettarsi fra le mie braccia.
Mi sono irrigidito per qualche secondo, non sapendo bene come comportarmi.
Abbracciala! Avrebbe detto John, e così ho fatto.
E in quella maniera mi sono ritrovato i suoi capelli proprio all'altezza del mio viso, del mio naso, e ho respirato il suo profumo. Vaniglia e cocco.
Quando lei si è allontanata da me, il suo viso era rigato di lacrime e il trucco era colato ovunque, anche sul mio cappotto, eppure credo di non averla mai vista così bella.
Questo non è da me. Non mi interesso a queste cose.
Tre anni fa le avrei semplicemente elencato i difetti del suo fidanzato e avrei ignorato tutti gli altri discorsi. Non avrei passato del tempo a discutere di amicizia e sentimenti. Tantomeno avrei lasciato che mi abbracciasse. E di sicuro non avrei pensato a quanto fosse bella o a quanto avrei voluto annusare la sua pelle senza l'ostacolo dei vestiti.
Cercando di ritrovare la mia fredda compostezza, mi sono allontanato il più possibile da lei.
“Grazie, Molly Hooper. Buonanotte e rifletti se sia davvero il caso di dividere la vita con quell'uomo. Ripeto: è pericoloso.”
Lei non ha replicato. Ha solo annuito e io me ne sono tornato a Baker Street.


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