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Autore: Kwonniee    03/08/2013    1 recensioni
Dopo il trasferimento in Corea iniziano le avventure della piccola Nana e del fratello Ren, abituati alla solita vita giapponese.
Tutto pare essere troppo tranquillo, ma allo stesso tempo circondato da timore e uno strano senso di ansia che perseguita entrambi, fino ad un incontro che cambierà ogni cosa.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Kyung, U-Kwon/Kim Yukwon, Un po' tutti, Zico/Woo Jiho
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente l'incubo sembrava essere finito.
Dopo tutto quel tempo trascorso fuori casa, l'uomo non stava più nella pelle al pensiero di ritornare a casa e riabbracciare i propri cari, nonostante sapesse che non per tutti il suo rientro fosse cosa gradita.
Nana e Ren si erano avvicinati molto di più, per quanto già non lo fossero.
Lui aveva cresciuto la sorella nel vero senso della parola. Le stette vicino negli anni più critici della sua vita.
Ormai Nana era prossima ai quindici anni, mentre Ren ne avrebbe fatti diciotto a breve.
Lui e la sorella, non potendo uscire molto per via del quartiere in cui vivevano, trascorrevano gran parte della giornata assieme, e questo comportò la fermezza del loro rapporto.
Durante un caldo pomeriggio d'estate, Nana si trovava sola a casa.
Iniziò a canticchiare una canzone di Miyavi, uno dei suoi cantanti preferiti, e Ren, tornando inaspettatamente a casa a quell'orario, la sentì cantare.
Lei era una ragazza molto timida ed impacciata.
Questa timidezza era stata provocata dagli insulti dei compagni di scuola, da un padre violento ed alcolizzato.
Si vergognava della sua vita, ma Ren le era vicino, sempre.
 
"Ren, sei tu?" chiese la ragazza, aspettandosi l'immediata risposta
"Se fossi un ladro, credi che avrei bussato?" 
Scoppiarono a ridere e Ren riprese il discorso con aria seria.
"Perché non me lo hai mai detto?"-continuò 
"Detto.. cosa?" sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Nana sapeva che per Ren la musica era tutto. Suonava la chitarra prima di trasferirsi, poi il padre dovette venderla per pagare le riparazioni della catapecchia in cui vivevano attualmente.
"Hai una splendida voce, non tenerla nascosta." si rivolse verso il viso arrossato della sorella.
Da quel giorno Nana e Ren iniziarono a suonare e cantare insieme, scrivendo canzoni ispirate alla loro vita.
Nel frattempo il padre tornò a casa qualche settimana prima del diciottesimo compleanno di Ren.
Era finalmente guarito, ma questo non gli bastava.
Si sentiva colpevole di qualsiasi cosa.
La moglie picchiata, i figli che lo odiavano e lo squallido quartiere in cui vivevano.
Era tutta colpa sua.
Di buono c'era che avendo imparato la lezione, sapeva che l'alcool non era la soluzione.
Quindi, si mise a cercare un lavoro.
Fece colloqui ovunque e la risposta fu sempre la stessa : "la richiameremo''. Sapeva benissimo cosa significasse così, stanco e disperato, decise di ricorrere ad una sorta di lavoro sicuro.
La Yakuza era solita assumere personale e pagava bene..
Così la sera stessa si recò al capannone. Non fu affatto difficile trovarlo, dato il quartiere in cui abitava.
Si ritrovò dinanzi ad un capanno enorme, pieno di grandi casse e pacchi probabilmente contenenti armi oppure oggetti da consegnare alle varie bande.
Ormai sono qui, non posso tirarmi indietro- pensò- però non ho ancora incontrato anima viva e nessuno mi ha visto..
Si decise a farlo, chiedere l'aiuto di persone che con un dito avrebbero potuto salvarlo, e con un altro distruggerlo.
Ma a lui poco importava di se stesso. Ci stava ripensando più che altro, per la sua famiglia. Erano tutto ciò che aveva.
"Chi è lei? Esca subito, questa è una zona addetta ai lavoratori." Gli urlò contro un uomo di grande stazza ed altrettanta altezza. Indossava una giacca di pelle con un jeans attillato e degli occhiali da sole, cosa abbastanza bizzarra dato l'orario e il luogo.
"I.. Io dovrei parlare con il responsabile.." Disse con voce incerta, mentre l'uomo iniziò a perquisirlo, cercando armi. Poi sorrise e proseguì ridacchiando.
"Non avrei dovuto nemmeno perquisirla, dati i suoi indumenti dubito che le sarebbe possibile comprare delle armi."
Rimase zitto perché aveva davvero bisogno di quell'impiego, e in fondo quell'uomo non aveva tutti i torti.
La Yakuza controllava praticamente tutto il giappone ed era una delle mafie più potenti al mondo.
"Si sieda qui e attenda." si rivolse a lui quell'uomo alto e minaccioso.
Aspettò per circa una ventina di minuti, e notò un cartello fatto di cartone con su inciso una scritta in rosso acceso :" Chi entra non torna indietro. Non vivo."
Leggerla dentro di se gli fece venire la pelle d'oca ed i brividi in tutto il corpo.
"Entri pure."
Si tolse di capo il capello ed entrò, deglutendo quel poco di saliva che la tensione non gli aveva ancora prosciugato.
"Masaru Kimura, quarant'anni, due figli, nato a Kyoto, appena uscito dall'alcolismo. Residente a Kabukicho, quindi deduco tu sia qui per soldi, o per vendetta."
Quell'uomo, del quale nome era conosciuto solo da qualche parente ancora in vita, conosceva tutto, e Masaru sembrava sconvolto ma allo stesso tempo se lo sarebbe aspettato.
"Soldi.."
"Immaginavo, una vendetta costa parecchio, sai ingaggiare un killer, pagare lui e pagare me, non è roba da quattro soldi. Ad ogni modo, penso di avere qualche buco per te, delle missioni se così si possono chiamare, per un uomo della tua età."
"Si signore" disse l'uomo a testa bassa "ma non voglio che la mia famiglia sappia tutto questo."
"Qui le regole le detto io, comunque non siamo soliti coinvolgere i membri della famiglia, se non in casi eccezzionali. Domani mattina fatti trovare qui, alle quattro in punto."
"Non mancherò"
"Me lo auguro per te."
  
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