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Autore: Amy Tennant    03/08/2013    10 recensioni
L'ultimo Signore del Tempo ha perso la sua sposa e il dolore lo sta facendo impazzire. Un uomo che non è un uomo, sta diventando un terribile dio vendicativo. Desidera salvare l'unica cosa che per lui abbia senso a costo della sua anima e dei mondi. Ma va fermato. E ucciso.
Un universo parallelo a quello conosciuto mentre il tempo e lo spazio si stanno sgretolando.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Jack prese tra le braccia Rose e prima di lasciarla le diede un lungo bacio sulla bocca. Rose rimase un po’ sorpresa dal gesto e il Dottore guardò Jack con un mezzo sorriso.
-          Rose, dai un bacio al Dottore da parte mia  - disse con tono suadente e poi gli rivolse uno sguardo scherzosamente malizioso – anzi…Dottore, posso baciarti adesso?
-          Magari dopo, Jack – sorrise.
-          Dici sempre così ma non succede mai! – lo rimproverò allegramente puntando l’indice verso di lui.
-          Prima o poi succederà – disse il Dottore e Rose rise di entrambi.
Jack scosse il capo con un sorriso e poi si avvicinò a Martha che, un po’ distante, guardava in direzione del Dottore e Rose.
Donna stava cercando di spiegare qualcosa gesticolando e poi avanzando con le mani sui fianchi mentre lui la fissava con la solita aria stupita e fintamente indispettita. Uno di fronte all’altro avevano finito per prendersi reciprocamente in giro imitandosi a vicenda.
Era quello il momento in cui tutti, anche Martha, riflettevano su quanto misteriosamente si somigliassero, il Dottore e Donna Noble. Ed anche il preciso istante nel quale un misterioso pensiero si faceva largo in più di qualcuno: cosa sarebbe stato se…
-          Tu pensa ad un umano, beh… più o meno… che sia come Lui ma che somigli anche a Lei… - disse Jack quasi tra sé – cosa potrebbe essere?
-          Oddio ! – Martha rise .
-          Eppure ci penso spesso… - osservò perplesso.
-          Ad un figlio… loro?
-          No… non proprio ma… Se fosse successo, se si fossero messi insieme ed avessero avuto un figlio? Micidiale … - disse Jack con tono sinistro.
-          Addirittura!
-          Se almeno fosse stato bello come il padre – disse Jack guardando il Dottore – è che temo che Donna avrebbe rovinato tutto… - Martha, che stava bevendo qualcosa, mise una mano davanti alla bocca come stesse per sputarla. Jack le rivolse un brillante sorriso.
-          Sei terribile!
-          Sì, lo so.
-          E comunque… non…  è detto che un signore del Tempo e un umano possano …
-          Direi proprio di sì, visto che è successo – sorrise guardando Rose e pensando che fosse davvero bellissima e così diversa dalla ragazzina che aveva conosciuto tanti anni prima. Era così felice.
 E persino gli occhi sempre un po’ tristi di quell’antico signore del Tempo erano così caldi e così brillanti, quando la guardavano. Ma proprio in quel momento Jack si accorse che Martha taceva, impietrita dalle sue parole. Un lieve tremito l’aveva scossa. L’aveva trattenuto a stento ma non era stato possibile mettere da parte quell’emozione, con tutto il resto.
-          Martha…tu… non lo sapevi…?
-          Io… No… - mormorò – direi di no… Ma sono molto felice per loro… - non riuscì neanche a mentire. Jack scosse il capo. Pessimo il modo in cui glielo aveva detto. Le mise una mano su una spalla, chinandosi verso di lei.
-          Io speravo che tu…
-          Che l’avessi superata? – disse lei con un amarissimo sorriso e i suoi occhi si voltarono verso il Dottore che sorrideva e guardava Rose come avrebbe sempre desiderato che guardasse lei – guardarlo, Jack. Come potrei? Io… ho viaggiato con Lui, gli sono stata vicina, amica. Ho sperato e disperato, per lui. Non riesco ad arrendermi, non lo faccio mai  - accennò ad un sorriso triste - non mi sono arresa con lui neanche quando, dopo la nostra prima avventura, sembrava essere morto…  – Jack scosse il capo con un sorriso – Lui è un incredibile uomo con due cuori…  – Martha fissò gli occhi chiari del capitano – un incredibile uomo con due cuori… che non si arrendono anche quando sembra che sia tutto finito…
 
-          Anche quando tutto sembra che sia finito tu non ti arrendi, MAI! – gli urlò con rabbia colpendolo forte sul petto per l’ennesima volta. Ma il Dottore restava immobile.  Jack non poteva accettare fosse finita a quel modo, di non aver fatto in tempo; di averlo… ucciso. Aveva quindi fatto come Martha, quella volta. Sperato che l’essere capace di sgretolare i mondi fosse così forte da opporsi ancora una volta alla morte. Continuò a soffiare aria nei suoi polmoni, a spingere sui suoi cuori con furia. Gli aveva chiesto di svegliarsi, disperato, sempre di più, fino ad urlare.
 Aveva sentito rompersi le sue ossa per i suoi colpi ma quando un rivolo di sangue aveva bagnato le sue labbra si era fermato. Arreso.
Lui non aveva emesso un lamento.
Jack scosse il capo con un sospiro e lo guardò con angoscia infinita e gli occhi umidi di pianto. Era finita. Si chinò su di lui, fissò ancora quegli occhi così belli e tristi, aperti nel vuoto e lo accarezzò, dopo averlo colpito così forte, come per chiedergli scusa. Prese quindi una sua mano tra le sue e la strinse forte.
Era ferita, tagliata. Tutto il suo corpo sembrava essere stato percosso, reduce da uno scontro fisico lunghissimo e logorante.
Dopo tanto dolore non ce l’aveva fatta.
E aveva scelto di non rigenerarsi. Gli aveva detto una volta che lo avrebbe fatto. Aveva deciso di farlo: di morire con Rose.  Ma forse l’aver avuto troppo poco tempo con lei, la perdita del figlio e quella malattia che l’aveva straziato fino a quel punto, gli avevano impedito di farlo subito. Sarebbe stato più giusto per tutto l’universo e persino per quell’uomo che aveva sofferto tanto. Inutilmente.
Come tutti.
Jack scosse il capo e gli sfuggì una lacrima, per ogni cosa, per quella fine.
Si era chiesto perché il Silenzio insistesse per volerlo morto. Cosa poteva cambiare, ormai. Era per odio? Per un certo senso di giustizia estrema? Per questo continuavano ad uccidere Rose Tyler in ogni mondo? Non sarebbe stato più giusto, migliore, fargli incontrare colei che amava e farlo fermare?
Non era comprensibile molto di ciò che accadeva. Forse era tutto legato a questioni che non sapeva e per questo così oscuro ma le rose bruciate in tutti i mondi, le canzoni, il dolore, i simulacri di quel dio solitario e annientato dal dolore della perdita, erano la traccia indelebile di quella rottura estrema del Tempo e di ogni sempre.
Persino Jack conosceva “La rosa della tempesta”, parole tristi, sinistre…
ma come aveva detto il Dottore del futuro, piene di comprensione profonda. Anche per colui stava distruggendo ogni cosa.
Jack sentì annientante la sensazione di inutilità. E stavolta per davvero. Il Dottore del futuro l’aveva mandato lì, da Lui, per salvarlo; ormai l’aveva capito. Ancora non gli era chiaro come sapesse del rimedio trovato da Martha ma ogni cosa doveva avere un senso più importante in chissà quale disegno del Dottore e non essere solo la speranza di una donna che non smetteva di amarlo, che non si era mai arresa.
-          Ma è stato troppo tardi – disse come avesse potuto sentirlo – perdonami…  - in quel momento l’angelo nero, colui che chiamavano la Tempesta sembrava solo un uomo. Un uomo che aveva sofferto molto. Consumato da un male che lo aveva dilaniato nel corpo e nell’anima, si era spento come l’ultimo fuoco rimasto dopo un incendio disastroso. Jack lo guardava e pensava che fosse impossibile, che non poteva essere, che non doveva essere così.
Quell’essere non era fatto per distruggere ma per salvare. Era per quel motivo che i signori del Tempo disprezzavano gli umani? Per paura di poter esistere come loro?
Certo lui li aveva molto amati. E poi distrutto ogni cosa, ogni mondo.  Per lei.
Solo per Rose Tyler, una ragazza nata e cresciuta nella periferia di Londra, una città a caso nel mondo. Un atomo, nell’universo. Ma una piccola fiamma poteva scatenare l’incendio ed era stata questo, per Lui: la luce, il fuoco. Che lo aveva scaldato. Che lo aveva bruciato dentro.
Jack sfiorò il viso del Dottore e chiuse i suoi occhi poi si chinò su di lui.
-          Dai un bacio a Rose da parte mia… - gli sussurrò e gli sfiorò dolcemente le labbra con le sue.
Poi lo guardò un lungo momento in quella penombra rossa. Dopo chissà quanto tempo stava piangendo. Non si chiese da quanto ciò non accadesse, non lo sapeva.
Certamente era stato prima di incontrare nuovamente il Dottore. Aveva creduto che dopo tutto quello che aveva visto e passato, fosse per lui impossibile piangere ancora. Si sbagliava.
Ricordò le parole del Dottore futuro: lui era umano. Gli umani non smettevano mai.
Di capire? Di sperare?
... di soffrire.
Tutto taceva in modo strano. Il Tardis sembrava sospeso in uno strano silenzio. Immaginò che anche Lei lo avesse sentito arrendersi, avesse sentito quell’ultimo respiro. Ad un tratto sentì la testa girare, vorticosamente e poggiò una mano sulla console per sorreggersi.
Un rumore sordo, dentro. Qualcosa di profondo, profondissimo.
… ROSE…
Jack spalancò lo sguardo sulla luce confusa.
Da dove veniva quella voce? Era…
-          Ma cosa…?  - urla confuse, urla di rabbia. Fu come se tutto gli stesse piombando addosso ed infatti si sentì schiacciare da una pressione interna fortissima. Il Tardis vibrava.
Sembrava che ogni cosa si stesse spezzando. Jack capì che qualunque cosa stesse sentendo era incastrata in un altro tempo. La sua voce. La voce del Dottore che gridava il nome di Rose in preda ad una sofferenza che sembrava una tortura. Lo ascoltò come da altrove, chiamarla centinaia di volte e nello sconforto, nella disperazione, nel pianto. Sentì la testa quasi scoppiare. E poi… tutto sfumare.  
Un sussurro.
Molto più vicino, gentile. Incoraggiante.
Dolce come chi cerca di svegliare qualcuno profondamente addormentato. Amorevole.
La risposta. La risposta di Rose, la voce di Rose.
…Dottore…
Le parole si mescolavano, si spezzavano.
Addii, parole d’amore, richieste d’aiuto.
… non lasciarmi…
Torna da me, devi tornare…!
Fu allora che il capitano sentì un lungo gemito di dolore. Un gemito che parve anche di paura e rabbia insieme.
Jack piegò il capo con una smorfia, tutto girava ancora ma si rimise dritto e guardò dietro di sé, dove giaceva il corpo del signore del Tempo. Spalancò lo sguardo.
-          Non è possibile…  - sussurrò incredulo e subito si chinò su di lui, ansioso. Il Dottore sembrava essersi svegliato dopo una corsa lunghissima, il respiro breve, veloce.  Soffriva molto – Dottore! – lo chiamò sollevandolo tra le braccia. Gli fece ancora male, lo capì dal tremito del suo corpo freddissimo, ancora più freddo di quanto era sempre stato. Gli occhi oscuri dell’angelo Nero furono nei suoi. E Jack capì che lo stava guardando, che diversamente da prima era cosciente.
Non c’era in lui quel buio gelido che lo aveva spaventato. Sembrava più quieto, persino il suo viso più dolce. Il Dottore sollevò a fatica un braccio e poggiò la mano tremante sulla spalla del capitano che gli sorrise.
-          Jack…  – sussurrò a fatica.
-          Sì, sono io.
-          Lo so… lo sento… - Jack rise tra le lacrime del suo tono quasi sarcastico.
-          Dottore, tu non immagini neanche come abbia fatto ad arrivare qui…
-          Invece sì. Penso di sì - sorrise appena.  Jack sgranò gli occhi vedendolo.  
Appena e tristemente; ma aveva sorriso e poi trattenuto a stento un gemito di dolore. Il dolore di cui parlava Martha. Quella cosa che gli aveva iniettato dentro stava facendo effetto infatti lo sentì scattare, i muscoli contratti e un altro lamento.
-          Sono qui per aiutarti…
-          Credevo fossi qui per seppellirmi – disse il Dottore in un sussurro.
-          Ti sembra il momento di citare “Il Signore degli Anelli”… ?
-          Ricordi ancora… quel libro? – mormorò con tristezza. Jack lo fissò annuendo e forzando uno dei suoi  soliti sorrisi ma con gli occhi ancora lucidi di pianto. Troppe cose da dire e spiegare ma non in quel momento.
Lo sollevò ancora un po’ e quindi lo prese in braccio. Era spaventosamente leggero, sottile. Lo sentì abbandonare il capo sulla sua spalla. Doveva essere svenuto di nuovo. Almeno sperava.
Si era svegliato dal nulla. Come accadeva a lui ogni volta che moriva. Ma il Dottore era tornato in modo diverso. Jack capì d’istinto che era successo quando  passò per i corridoi del Tardis.
Lo ricordava davvero diverso, più grande. Sembrava si fosse contratto, stesse persino nascondendo le sue dimensioni. Non comprendeva, non del tutto. Neanche il senso di quella voce lì, in quel momento.
-          Dev’essere stata Lei… per svegliarlo, per non farlo cedere… - il Tardis l’aveva richiamato usando la voce di Rose? Eppure, per un momento, gli era parso di poter sentire qualcosa di più. Una presenza fisica, umana. Aveva sentito…
Che cosa? Forse le crepe negli universi facevano risuonare la voce di Rose in quella che era diventata quasi una macchina paradosso. Il Tardis era l’unico luogo affacciato su un abisso di nulla che stava divorando tutto davanti all’indifferenza triste di quegli occhi che, pensando fosse finita, Jack aveva chiuso?
Il Dottore non si lamentava e questo lo preoccupava persino più del fatto che la navigazione fosse sospesa chissà come e per dove. Ma nulla era importante come cercare di salvarlo.
Era lì per quello.
Cercò una stanza in cui portarlo in quella luce fioca, e percorse i corridoi. Il suo corpo non trattenne un brivido istintivo. Lunghe strisce di sangue, solchi profondi sulle paratie. Guardò l’uomo che aveva tra le braccia.
Il Tardis non si riparava perché il Dottore non guariva? Se lo chiese davvero.
-           C’è stata una guerra qua dentro e …  hai combattuto –  pensò affranto.
Intanto vide davanti a sé, dove prima era certo si trovasse una parete cieca, una porta che si apriva. Jack comprese che era la stanza dove doveva portarlo.  Anche lì la luce era bassa ma più aranciata, più calda. Quando fu dentro si guardò attorno ed ebbe un brivido.
-          Mio Dio… – mormorò sconvolto.
Una camera da letto. Le lenzuola zuppe di sangue. Vestiti ovunque. Dovevano essere…
… i vestiti di Rose, non poteva essere altrimenti.
Mise il Dottore su quel giaciglio che sapeva di morte e nonostante tutto, tutto quello che aveva subito, tutto quello che aveva visto ed ogni cosa che lo aveva terrorizzato nella sua lunga vita, Jack pensò che quello che era in quella stanza fosse davvero la cosa più straziante che potesse aver avuto davanti.
Si chinò su di Lui, respirava appena e sentì che solo uno dei suoi cuori batteva e lentamente.
-          Non Puoi arrenderti adesso, Dottore…   - lo sentì tremare. Era ancora più freddo di come dovesse essere, lo aveva già notato. Era un gelo di morte anche quello, forse.  Jack prese le coperte in parte a terra e le mise su di Lui. Lo accarezzò sul capo quindi si sollevò e guardò ancora intorno, afflitto.
Si avvicinò a quelle cose. Accigliò la fronte mentre, con le dita sfiorava dei vestiti che erano intrisi di sangue fino ad essere rigidi. Prese in mano una giacca e vide che era trapassata da parte a parte. Poi gli occhi si posarono su una borsa strappata sempre da un colpo d’arma.  Vestiti diversi, tutti indossati da qualcuno che…
Vide uno zaino pieno di libri in uno stato simile. Aprì la prima pagina e scarabocchiato il nome di Rose Tyler. Quarto anno dei superiori. Accigliò la fronte. I libri scolastici di Rose. Cosa ci facevano nel TARDIS?
Accanto altri volumi, arricciati dall’acqua, come caduti in una pozzanghera e schizzati di bruno. Libri di poesia, libri universitari. Si guardò attorno angosciato, non capiva.  Ogni cosa in quella stanza sapeva di morte. Erano tutte cose… Poi comprese e sconvolto rivolse lo sguardo al Dottore che aveva aperto nuovamente gli occhi e lo fissava silenziosamente aggirarsi tra quegli oggetti.
-          Sono… cose di Rose – sussurrò con un velo di voce e sembrava prossimo al pianto – lei è morta qui. E’ morta qui…
-          Molte volte, non è vero? – ci fu un lungo momento di silenziosa comprensione reciproca. Jack prese in mano il libro di poesie che aveva davanti, una pagina era piegata. Non sarebbe stato “da Rose”, forse, leggere quei libri; ma non nel tempo che conosceva.
Una delle sue vite era stata diversa almeno in quel senso.
Vide il signore del Tempo afferrare qualcosa che cedeva scricchiolando e poi finalmente gridare.
Jack lasciò il libro di fretta e fece per andare da lui che però all’improvviso gli rivolse uno sguardo terrificante, affilato come una lama.
-          Non avvicinarti… - ringhiò evidentemente sofferente – cosa, cosa è quello che mi hai dato…?
-          Un rimedio. La cura alla tua malattia.
-          COME…! – Jack  sentì quel qualcosa che lui stringeva, spezzarsi.  Percepì chiaramente quel rumore, così simile a quello che avevano fatto le sue ossa ogni volta che si erano rotte; e così le costole del Dottore quando lo aveva colpito – dimmi, come è possibile che ci sia una cura?  Io non…
-          Martha l’ha trovata – il Dottore schiuse le labbra per la sorpresa – sì… è viva. C’è anche lei. La nostra Martha, quella del nostro tempo, Dottore…! Lei ha trovato la cura per te. E’ risoluta a salvarti anche se tutti vogliono che tu muoia…
-          Non può essere stata lei, Jack… - disse il Dottore tenendo la voce il più ferma possibile. Fece una smorfia di dolore. Doveva essere terribile, proprio come aveva detto Martha.
-          Lei…
-          La cura l’ha trovata chi ti ha inviato qui, Jack – disse in un soffio, gli occhi lucidi ma più umani in quel momento – solo una persona sa come trovare il Tardis con un manipolatore. Solo una persona poteva trovare una cura dove io ho fallito.
-          Dottore, tu… - e Lui sorrise ancora una volta, come se l’accenno ad altre parole non dette fosse stata la risposta completa. E lo era.
-          Sì... Il Dottore… io. Nel futuro. Una parte di me sperava accadesse. L’altra invece che tutto finisse e basta…
-          Speravi che accadesse…?
-          Che esistesse ancora. Perché voglio essere fermato  – sussurrò stringendo i denti – solo Lui può farlo ed io voglio essere fermato! – gridò. Jack lo fissò inorridito – esci, esci da questa stanza, fallo subito!
-          Io…
-          Fallo perché altrimenti ti ucciderò e visto che sei immortale lo farò continuamente e non so per quanto tempo…! – si sollevò a fatica dal letto ma Jack capì che era vero, che desiderava farlo ma Lui non voleva, farlo - Esci… - ripeté.
Morire era terribile, non voleva morire. Annuì quindi e aprendo la porta se la chiuse velocemente alle spalle ma vi rimase dietro, lasciandosi cadere di schiena contro di questa, la testa tra le mani per non vedere quelle tracce di furia che lo circondavano.
La luce era troppo rossa e c’era troppo freddo nel Tardis.
Quando Lui cominciò ad urlare Jack chiuse gli occhi con una smorfia di dolore.
Una furia disumana. Una sofferenza mostruosa.
Lo sentì piangere, per la prima volta. Piangere e chiamarla, disperato.
Non credeva in nulla, Jack Harkness. Nulla che fosse oltre. Ma se avesse creduto in qualcosa avrebbe cominciato a pregare. Per il Dottore.
 
  
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