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Autore: malpensandoti    03/08/2013    11 recensioni
E c’era d’avere paura, ma questo non glielo dicevi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'amore che dai (ritorna)



Tu non sei bellezza che luccica, sei piuttosto bellezza che brucia,
brucia forte, egoista e ruvida, brucia finchè non mi consuma.

A Vincenzo. Ci siamo ancora da qualche parte.






 


 
 
Hai sempre detto “Non mi piace” ancora prima di assaggiare, hai giudicato qualcuno per il gusto della musica e hai pensato “Un giorno, poi..” tante di quelle volte da riempire il tuo futuro.
Ti sei creata da sola, fatta forte e fragile nei punti giusti, hai capito dove e come potevi abbassare la guardia, in che modo usare la voce per convincere qualcuno, come infilarsi le scarpe senza slacciarle, in quale situazione avresti potuto essere te stessa.
Hai bevuto alcolici al sapore di pesca con l’eccitazione adolescenziale della trasgressione, le tue gambe si sono allungate e i tuoi capelli schiariti.
Non parli molto con chi non vuoi conoscere, i tuoi occhi dicono fin troppo anche se tu non te ne accorgi. Tua madre vorrebbe averti più attiva, ma chiedi sempre per favore e ringrazi con un pigro sorriso.
Le tue dita hanno preso la forma degli anelli di poco prezzo, i tuoi polsi si sono stretti sotto bracciali di paesi diversi che quando si sono rotti hai sentito il peso sulla tua pelle.
Hai detto “Quanto pesa un’assenza?”
Ti sei resa indistruttibile, la corazza dappertutto, il “Non m’importa” usato come scusa e come arma. Lasci scivolare tutto sotto le suole degli anfibi, calpesti e non guardi nulla.
Ti sono bastati tre secondi e una stretta di mano forzata per stravolgerti. Le tempeste ti piacciono per il vento tra i capelli, ma l’aria che ti porta via come sabbia, a quella non ci avevi pensato.
La tempesta che hai trovato in un verde grigio, hai detto “A me il verde nemmeno piace”.
Sono le cinque di un inutile mercoledì ma Harry ci teneva a farti vedere lo smoking per il matrimonio di sua sorella. Vive davanti a te e tu neanche lo vedi.
“Non essere fredda” con un sorriso malandrino, la bocca storta e i capelli ricci. Ha detto che lavora in un edicola, ruba qualche pacchetto di sigarette ogni tanto e gli piacciono gli Oasis.
“Sono solo stanca” hai risposto.
E lui te l’ha chiesto, “Stanca di cosa?” con la sua voce bassa e l’accento della zona.
Stanca di cosa?
Di te, di tutto, del cane dei vicini che abbaia anche di notte, dei lampioni fuori dal parco mai accesi, degli aerei che volano per farti invidia, della C- meno perenne in matematica, di tua madre che urla, degli anfibi sporchi, del letto da rifare, i capelli da tagliare.
“Stanca di me”
Sei sempre stata in grado di lasciar correre gli altri, farli andare via ancora prima del famoso caffè, non c'è nessun secondo appuntamento né la famosa cena di rimpatriata. Te ne sei stata a guardare il mondo senza mai vederlo, con le caviglie incrociate e i capelli mossi, il viso inespressivo e l’iPod nelle tasche. Ti sono bastati due occhi verdi per farti spostare, tremare, urlare, sentire, percepire, mormorare, parlare, ridere, ribattere, sorridere, piangere, volare, guardare.
“Vorrei farti vedere quanto sei bella”
“Non m’importa”
All’amore non ci credi, i tuoi non sono durati e tua madre ancora urla. “Le ceneri”, hai detto, “le lascio al vento. Tanto non rimane più niente.”
Harry ti ha insegnato a sorridere senza importelo, ti ha mostrato come fare. Il suo sorriso è caldo e i denti sono dritti al punto giusto, “Non è difficile”
Non è difficile, è complicato e stancante. E fa anche un po’ paura.
Questo non gliel’hai mai detto, ma lui ha capito ugualmente.
A farti stringere in un abbraccio c’è voluto più tempo. Sei una brava fuggitiva. Non lo fai apposta, dici, sei fatta così.
Le sue mani sono grandi e gli occhi sempre fissi sulle tue guance che puntualmente mordi all’interno della bocca perché ti vergogni e non dovresti.
Lo smoking gli stava a pennello. Gli hai sorriso.
Harry non capisce, “Puoi avere paura della morte, degli insetti e dei film dell’orrore. Non si può avere paura di innamorarsi”
Avresti sempre voluto dirgli che ogni volta che ti guardava, c’erano i lampi e c’erano i tuoni, le farfalle nello stomaco e il tremito alle labbra. C’era da avere paura come le macchine che non si fermano, che aveva gli occhi più belli del mondo e c’era la tempesta. Volevi dirgli che le vertigini le sentivi anche coi piedi per terra, che era bello e faceva paura, che le sue mani pesavano come i braccialetti.
Ti ci sei abituata nello stesso modo, alla sua presenza e alle sue felpe, al suo profumo che si sente solo sul collo, ai capelli scuri, gli abbracci lenti per non spaventarti, la vicinanza ridotta, la risata bassa, lui.
C’era d’avere paura, pensavi, perché Harry era fatto per stare tra i tuoi polsi, con le dita lunghe e accoglienti. Doveva stare lì perché così poi non avresti potuto perderlo. Lo avresti stretto abbastanza per non farlo scivolare da qualche parte, perché i suoi colori erano i colori dei braccialetti che non hai più trovato.
E c’era d’avere paura, ma questo non glielo dicevi.
Gli prendevi la mano, lentamente.
Lui sempre paziente, tu col ritardo e l’attesa.
 Al primo bacio non ci avevi mai pensato seriamente, non credevi sarebbe rimasto. È durato poco perché ti ha sentito tremare, ma poi ha sorriso e ti ha accarezzata come solo lui poteva e può fare, “Non è così male”
L’amore non è mai un male, è complicato. Te ne sei resa conto dentro le sue magliette, con il suo odore addosso e la guancia sul suo cuscino.
C’era d’avere paura e ogni tanto ce l’hai ancora. Le assenze fanno fatica ad andare via. Il segno dei braccialetti e i polsi più stretti.
È complicato.
Harry è stretto abbastanza per non rischiare di perderlo.
“Ma comunque”, dice sempre, dopo aver fatto l’amore, “non me ne andrei lo stesso”.


 
  
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