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Autore: Be Only One    04/08/2013    1 recensioni
" La vita non è che un'ombra in cammino; un povero attore, che s'agita e che si pavoneggia per un'ora sul palcoscenico e del quale poi non si sa più nulla. E' un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e di furore, e senza alcun significato "
                                                                                   -William Shakespeare-
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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3
Mi risvegliai che dovevano essere le otto di sera.
Ero pulita le coperte erano cambiate e il vomito sparito mi sentivo ancora un po' stordita e un timido bussare alla porta mi fece tornare il mal di testa.
<< Avanti >> dissi indecisa non avevo voglia di vedere nessuno.
Mia madre entrò furtiva dalla porta come se temesse che un suo passo falso avrebbe fatto scoppiare una bomba. Aveva pianto probabilmente tutta la notte lo vedevo dai suoi occhi gonfi e dal mascara sciolto sulla guancia.
Ma mi sorrise ugualmente.
<< Hai dormito bene ? >> mi chiese come se nulla fosse.
Io mi limitai a fare un grugnito di assenso.
<< Ho visto che avevi vomitato e ho cambiato le coperte e poi ti ho cambiato il pigiama >> continuò sempre con il suo tono tranquillo che mi faceva impazzire di nervoso.
Mi guardai i vestiti. Era vero, avevo un pigiama nuovo.
<< Grazie >> riuscii solo a borbottare e provai a sorridere, ma credo che più che ad un sorriso somigliasse ad una smorfia.
Mia madre si sedette sul letto al mio fianco.
<< Sai Elis, mi è dispiaciuto molto per ieri sera >> incominciò il suo discorso ed io capii che sarebbe stato molto lungo.
<< Penso che tuo padre e te abbiate solo problemi di comunicazione, perché, bé, ecco tu sei diversa e lui è forse un po' troppo rigido su certe cose, ma questo non vuol dire che tu non hai sbagliato,perché hai fatto un grosso errore ieri sera, però noi genitori dobbiamo essere anche capaci di dimenticare... >> mia madre stava continuando il suo bel discorso che avrei scommesso era già formato nella sua mente.
<< Mi dispiace, mamma >> la interrompi << ma arriva al dunque >>.
Lei divenne rossa come un pomodoro e balbettò
<< Be...ecco.... ti sto cercando un lavoro... >>.
Rimasi allibita.
Io, un lavoro. Cercai di ricordare i miei ultimi lavori come erano andati.
Malissimo.
La barista, mi ricordo, era il mio preferito finché un giorno non fusi i bicchieri nel microonde. Oppure l'assistente, una volta avevo confuso tutti gli appuntamenti al dottore che si era trovato tre pazienti allo stesso orario. Io non ero proprio portata per lavorare. Ma allora per cosa sei portata? mi chiese una vocina maligna nella mia mente.
<< Bé ecco e come sta andando ? >> chiesi non troppo convinta. Mia madre sentì questa indecisione nella mia voce e mi rispose:
<< Elis pensaci hai bisogno di un lavoro ormai hai 24 anni, vedrai che andrà bene me lo sento >> e mi sorrise.
<< Bene allora >> risposi << e papà? >> aggiunsi.
Il suo sguardo si incupì, e io capii che non mi aveva ancora perdonato.
<< Si riprenderà vedrai e solo un po' stressato sai il lavoro >> mi rispose mia madre.
Io la guardai.
<< Un' ultima cosa forse è meglio che tu mangi qui oggi ti porto il cibo in camera ed oggi fammi il favore di non uscire fallo per tuo padre >> mi supplico quasi lei.
Stava già uscendo dalla stanza quando si batté una mano sulla fronte e disse:
<< Mi stavo quasi dimenticando, è arrivata Emily e ti vuole vedere la faccio salire>>.
Con queste ultime parole uscì dalla stanza in punta di piedi per preparare il pranzo.
Emily.
Questo nome mi restava sulla punta della lingua e mi bruciava un po' avrei sputarlo fuori, ma non ci riuscivo. La porta si spalancò prima voluto che io potessi essere pronta ad una sua visita e lei entrò. Non riuscivo ad alzare lo sguardo dai miei piedi. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e le piantai lo sguardo negli occhi. Il mio blu e il suo marrone si mescolarono in un unico insieme. La contemplai a lungo, non era cambiata da allora. Aveva le solite labbra carnose, il naso a patata e i capelli marroni di sempre. Era forse un po' ingrassata.
Mi guardava con aria di compassione. Non volevo essere capita, non volevo farle pena.
<< Ciao >> le dissi con voce roca.
<< Ciao Elis >> mi rispose lei. Il fatto che mi chiamasse con quel soprannome mi fece rifiorire molti ricordi.
<< Non pensavo che ti avrei mai più rivista >> continuai il discorso in modo vago.
<< Bé ecco io sono qui, per te >> mi rispose.
Scoppiai a ridere.
<< Dimmi cosa vuoi Emily e poi vattene. Come l'ultima volta del resto te ne sei andata >> risposi acida.
<< Ero giovane e spaventata di cosa eri diventata>> mi rispose in tono di supplica.
Mi sentivo spietata.
<< Io e te eravamo migliore amiche da quando siamo nate, dormivamo insieme, giocavamo insieme, mangiavamo insieme, facevamo anche la pipi nello stesso vasetto e poi io sono stata male e tu sei sparita e dopo quattro anni ecco che ti rivedo qui a casa mia. Cosa vuoi?>>
<< Tu ti drogavi, Elis, come puoi pretende che io non mi staccassi da te >>
<< Allora cosa ci fai qui vattene >> urlai.
Lei iniziò a piangere.
<< E' successo quattro anni fa, mi arriva una tua chiamata ed erano le tre di notte. Io vengo lo stesso nel luogo che mi hai indicato e poi mi ritrovo davanti un ospedale di riabilitazione per drogati come posso averla presa >> mi dice tra i singhiozzi.
Ricordo la faccia delusa di Emily mentre mi guardava dall'altra parte dell'atrio insieme a una dottoressa, ricordo la sua voce << Io e te abbiamo chiuso per sempre >> mi ricordo l'odio con cui era scappata da lì....
<< Sei mesi sono stata lì dentro e neanche una merda di telefonata >> le dissi.
<< Però ora sei guarita vero ? >> mi chiese disperata.
<< Certo non ero un caso grave era solo da due mesi che andavo avanti e loro mi hanno aiutata molto, ora sono uscita dal giro >>
<< Sono molto contenta di questo, ma ti prego accetta le mie scuse, sono le scuse sincere di una bambina che rivuole la sua amica, per giocare, per mangiare il cioccolato insieme, per tuffarsi nel fango, per truccarsi e cantare al karaoke, stare sveglie la notte per parlare dei ragazzini e volerci bene come due sorelle... >> mi disse tutto questo con le lacrime agli occhi.
<< Ora non so però ti farò sapere >> le dissi in tono freddo.
<< Ho notato che conservi ancora la nostra foto del liceo, ne sono molto contenta >> disse indicando il quadretto sulla parete.
La fulminai con lo sguardo.
<< Sappi che io sarò sempre pronta a riaccoglierti con le braccia aperte. Ti lascio il mio numero >> mi diede un piccolo pezzo di carta sul quale erano scarabocchiate delle cifre.
<< Bene ciao allora >> le dissi.
<< Ciao >> lei si asciugò le lacrime in una manica del giubbotto e poi mi lanciò un' ultima occhiata prima di sparire oltre alla porta.
Mi coricai sul letto esausta e non ebbi neanche il tempo di pensare che la porta si spalancò di nuovo.
Era Giorgia che mi stava portando la cena. Era elegante. I capelli rossi erano sciolti sulle spalle aveva del leggero trucco sugli occhi e portava un vestitino che non arrivava al ginocchio.
<< Dove vai vestita così ? >> le chiesi curiosa.
<< Esco >> mi risponde semplicemente.
Posai la cena sul letto.
<< Dove ? >> le chiesi.
<< Vado in discoteca >> mi rispose.
<< Vengo anche io >> dissi e mi stavo già preparando quando lei mi fermo.
<< Tu no, non puoi, devi mangiare la cena e poi papà ha detto di no >> mi disse severa.
<< Ho ventiquattro anni e faccio quello che voglio e comunque non avevo fame >>.
<< No tu non vai da nessuna parte >>.
<< Non sarai certo tu ad impedirmelo Giorgia >>
Mi vestii in fretta ed uscii. Mio padre era sul divano e stava dormendo, mia madre non c'era.
Giorgia mi rincorse in silenzio.
<< Alice pensaci un attimo non puoi, non farlo >>. Giorgia mi aveva raggiunto ed era arrabbiatissima.
<< Invece posso vieni >> ribattei io. Scendemmo le scale insieme, io ero motivata dalla rabbia contro Emily.
Arrivai alla mia macchina e salii. Giorgia non si muoveva.
<< Non ti permetterò di farlo >> mi disse.
<< Ed invece si. Giuro che a mezzanotte saremo a casa. >> la guardai supplicando.
<< No >>.
<< Bene allora vai con la tua macchina alla festa, io ci vado comunque con o senza di te >>.
<< Che cattiva >>.
Alla fine lei si fece convincere e salì in macchina. Restammo zitte per tutto il viaggio e quando parcheggiai notai che era ancora nervosa.
<< Cosa c'è ? >> le chiesi.
<< Ho paura che se la prendano con me>> mi disse in ansia.
<< Non lo faranno se ti diranno qualcosa tu digli che sono venuta da sola... Io ti voglio molto bene Giorgia non potrei avere avuto sorella migliore di te >> le dissi.
Lei mi abbracciò e mi disse << Anche tu Elis anche se delle volte fai davvero delle cazzate come questa sera >>.
Scendemmo dalla macchina ed entrammo nella discoteca.
La musica mi travolse. Le luci multicolori illuminavano tutti gli angoli della sala che era enorme.
Una massa informe di ragazzi ballavano e urlavano. Iniziai ad adattarmi alla musica e piano piano mi dimenticai di tutti i miei problemi, di mio padre, di mia madre, del lavoro, di mia sorella, di Emily,del mio problema con l'alcool, di tutto. Ricominciai a bere, perché i vizi non muoiono.
Era notte fonda ormai io mi ricordo delle stelle e la luna che brillava e poi. Scrosci di ricordi offuscati. Ragazzi che saltavano, ballavano, tiravano in alto le mani, bevevano, danzavano,ridevano.
Ballavo con un bicchiere di vodka in mano e cantavo.
Ballavo e bevevo.
Bevevo per dimenticare, per ballare meglio, per sorridere, per ridere.
Mi ricordo solo che dovevo uscire, dovevo vomitare.
E poi svenni e tutto finì.  
  
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