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Autore: Fireflie    13/02/2008    2 recensioni
"La ragazza dalla testa di rame lascia il suo sguardo volare via, fuori dalla finestra del minuscolo locale, lo lascia posarsi sulla gente che passa avanti e indietro di fronte al bar, e inventa storie, immagina mondi e vite dietro i visi di quelle persone, [...]"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avvertenze: Femmeslash, rapporti non grafici fra consanguinei, presenza di sangue e riferimenti ai riti che praticavano le Baccanti. Sì, non mi sono fatta mancare nulla. XD

Beta: Cialy



La Capriola dell’Immaginazione



È seduta in un bar qualunque, uno dei tanti dal nome esotico che spuntano ogni giorno nella città caotica che è Milano – agglomerato di culture differenti, di etnie spesso male accettate, etnie rivali, etnie dell’amore, etnie dell’odio.
Davanti a lei, appoggiato sul piccolo tavolino in legno ricoperto da una tovaglia ricamata con arabeschi dorati, c’è un bicchiere di tè freddo, speziato e forte, che sa d’incenso e di deserto.
La ragazza dalla testa di rame lascia il suo sguardo volare via, fuori dalla finestra del minuscolo locale, lo lascia posarsi sulla gente che passa avanti e indietro di fronte al bar, e inventa storie, immagina mondi e vite dietro i visi di quelle persone, crea mariti e figli e amanti e lo fa per suo solo diletto, come un Dio onnisciente che non giudica né critica.
Così, una donna dai ricci capelli neri diventa una principessa indiana, vestita di sete e ornata d’oro, la pelle del colore della terra bruciata. E la principessa ama non il suo principe, no, ma sua sorella che è bella e ha la pelle di sale e le labbra di rosa, che indossa abiti di seta e gira scalza su tappeti ricchi e colorati, i piedi dipinti con motivi floreali.
Si incontrano la notte, in gran segreto, e si amano appoggiate ad un muro, come un uomo e una donna. Poi, un giorno, loro padre le scopre e le separa, mandando la sorella dalla pelle d’ambra nelle terre del sud, in sposa ad un principe rude e girovago, e quella dalla pelle di latte su nel freddo e piovoso nord, nella giungla, sposa anch’essa di un principe, ma un principe dei serpenti, che beve veleno e sa curare le ferite della mente.
Nella sua storia, le sorelle vivranno per sempre divise, ma eternamente unite dentro il cuore.

Beve un altro sorso di tè e questa volta nota un gruppo di amiche che si stanno salutando.
Tra i loro baci e abbracci, lei immagina Baccanti che sacrificano un bue a Dioniso in un tempio dell’antica Grecia – colonne di marmo bianco e altari freddi come il ghiaccio –, il sangue rosso e denso che gocciola dalla gola squarciata dell’animale – una linea di fuoco, netta contro il bruno del pelo.
E nella sua visione, il liquido denso viene bevuto dalle sacerdotesse feroci, in nome di una divinità che le ama.
Gli uomini non capiscono l’adorazione verso quel Dio che ha viaggiato nelle sconosciute terre dell’Asia, oltre l’India, tra incenso e colori violenti come i popoli che l’abitano. Rimangono impotenti e inorriditi davanti alle verità di quegli atti selvaggi, ignorando che tutto viene fatto per la fede, per piacere degli Dei, perché l’amore di quelle creature immortali cada su di loro.
Gli uomini non hanno mai capito, solo le donne possono, perché sanno concedere tutte loro stesse.
Nel tempio, serpenti attorcigliati strisciano sul pavimento, impegnati in bestiali amplessi mentre si avvolgono in spirali attorno alle caviglie delle donne.
Orge e sacrifici si consumano in quel luogo sacro, mani sporche toccano i santi corpi nudi, corpi amati dagli Dei.
Nella sua mente, gli odori forti e ancestrali di quegli atti penetrano nelle mura, e si sentiranno per sempre, come echi millenari di una civiltà perduta.
Il passato non si cancella, come i favori degli Dei.

Lascia fluire via anche questo racconto, imprimendolo nella sua memoria, e si sofferma con lo sguardo su un uomo anziano, mentre appoggia il bicchiere di tè ormai vuoto sul tavolino di fronte a lei.
L’uomo ha capelli corti e radi, ed è vestito di stracci. Diventa un nobile decaduto nella sua immaginazione, che si guadagna da vivere rubando e trascorre le sue giornate davanti alla tomba della figlia, morta nell’incendio della loro villa – muri bianchi come la neve e finestre dai vetri colorati, che riflettevano un caleidoscopio di motivi sulle pareti della casa – anni addietro. Ogni giorno, le disegna Madonne sulla pietra fredda e chiara della tomba, perché lei era santa come la Vergine e aveva capelli del colore delle castagne. Ogni giorno muore un po’ di più, nell’attesa di raggiungerla e lasciare quella vita di dolori e stenti.
E ogni giorno, con lo sguardo rivolto al cielo, il madonnaro disegna sui marciapiedi, con gessetti spezzati rubati in negozi di gente maldestra, pregando che giunga presto la sua ora.

La ragazza fa vagare ancora un po’ lo sguardo sui passanti, dopo di che si alza, lisciandosi le pieghe della gonna per poi recuperare la sua borsetta e, salutando gentilmente, esce dal locale. L’aria di Milano profuma di estate, e lei la ama quella città dalle vie oblique e affollate.
Milano è la sua capriola dell’immaginazione, che compie un arco perfetto sopra la gente.



   
 
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