Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Ehybastaldo_    05/08/2013    5 recensioni
"Ho notato che abbiamo molto in comune." Aggrottai la fronte, mentre Louis fece scomparire il suo sorriso divertito dietro l'enorme tazza.
Eh no! Adesso doveva spiegarmi cosa avevamo in comune, e soprattutto come l'aveva capito se ci conoscevamo da solo... Venti minuti!
"Cioè?" Chiesi curiosa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

A Giorgia, perchè...
In effetti ci sarebbero molti motivi per cui le sto
dedicando questa os, ma dico solamente che avere un'amica come
lei è indispensabile nelle nostre vite.
Anche se non ci conosciamo 'veramente', sappi che sei riuscita
ad entrare nel mio cuoricino, ed è difficile uscirne :3
 
 
LOUIS TOMLINSON.
 
 
"Tommo? Ma dove sei?" Continuai a girare per casa, nella speranza di trovare quel pestifero di Tommo.
"Ma dove ti sei cacciato?" sbuffai entrando nell'ennesima stanza e constatando la sua assenza anche in quella. Ma allora dov'era?
Un verso, simile ad un miagolio, attirò la mia attenzione, portandomi direttamente verso la veranda di casa.
Spostai leggermente la tendina a fiori della finestra e un sorriso curvò le mie labbra.
"Che idiota." Sussurrai, aprendo velocemente la porta del retro e avviandomi al giardino.
Londra era meravigliosamente coperta da un cielo azzurrissimo. I gradi non erano alti, ma non c'era nemmeno traccia di freddo.
Indossavo, infatti, una semplice canotta verde acqua con dei leggings, finendo il tutto con le mie amate vans chiare.
Aggrottai la fronte, notando che Tommo, in realtà, non fosse solo. Così arrestai la mia camminata, osservando attentamente la scena: il gattino grigio stava leccando il manto pulito e arancione di un suo simile, forse più piccolo di qualche mese.
"Tommo..." Sussurrai, commossa da quella scena.
I due gattini mi sentirono e si voltarono nella mia direzione; Tommo era tranquillo, l'altro sembrava spaventato. Infatti fece qualche passo, allontanandosi.
"No, tesoro... Aspetta." Mi venne un'improvvisa idea e subito rientrai in casa, soddisfatta.
Aprii velocemente la dispensa della cucina, uscendone un cartone di latte e un piatto di plastica, dove ne versai una buona quantità subito dopo.
Prestai attenzione, mentre ritornai fuori, in giardino, cercando con lo sguardo dove fossero andati a finire i due gatti.
Notai Tommo venirmi in contro, capendo cosa tenessi tra le mani. Così, delusa, mi accomodai sulla scalinata della veranda e appoggiai il piatto a terra.
Tommo aumentò il passo, e poco dopo giunse davanti al suo pasto.
La sua lingua sgusciò fuori velocissimamente, assaporando il latte fresco che avevo comprato quella mattina stessa tornando a casa da lavoro.
Sorrisi, mentre cominciai ad accarezzare il manto grigio del mio gatto.
Era un ribelle, lui. Giocherellava con i bordi del divano, si arrampicava sulle tende, rovinandole e poi spariva quando trovavo qualche marachella in giro per casa.
Alzai distrattamente lo sguardo, notando non molto lontano da me il gattino misterioso guardare con occhi lucidi Tommo che mangiava tranquillamente.
"Vieni qui, micino. Mangia anche tu." E capii che solo se mi fossi allontanata, lui si sarebbe avvicinato.
Così feci.
Strisciando di sedere, lasciai avvicinare il gatto che ne approfittò subito per far compagnia al mio Tommo.
Sorrisi nel vedere quella scena così... Romantica.
Era una cosa che non vedevo spesso, forse troppo presa dal tempo passato sui libri che mi prendeva l'università. Così ne approfittai per fissarli in silenzio, mentre mangiavano tranquillamente, senza bisticciare.
Ed era anche strano per Tommo, visto che litigava con tutti i gatti che provavano ad entrare nel nostro giardino.
Curiosa, mi piegai leggermente sulla schiena, scoprendo che in realtà il gatto, era una femminuccia.
"Hai capito il mio Tommo. Avevi voglia di nuovi incontri." Se qualcuno mi avesse sentita parlare con dei gatti, mi avrebbe presa per pazza. E non avevano tutti i torti, in fondo.
Mi avvicinai ai due gatti silenziosamente e per fortuna il nuovo arrivato non si accorse del mio avvicinamento. Appoggiai la mano sul manto chiaro, accarezzandolo.
Sembrò apprezzare il mio gesto, perchè per qualche secondo smise di leccare il latte e mi sembrò anche di sentirlo fare le fusa.
Poi tornò a mangiare.
Alternai le carezze da un gatto all'altro, poi continuai a parlare sola.
"E tu chi sei, micetta? Eh?" Chiesi, come se da un momento all'altro il gatto mi potesse rispondere davvero.
"Mia." Sobbalzai, girando di scatto la testa e scorgendo un ragazzo oltre la staccionata, non molto lontana da dove mi trovavo.
Aveva i capelli castani, gli occhi azzurrissimi e un sorriso che brillava. Ma era di sicuro il sole a mostrarmelo ricoperto da una strana luce chiara.
"Oh, scusa." Allontanai la mano dal suo gatto, alzandomi.
"E' entrato nel mio giardino. Scusami ancora." Tentai, diventando curiosa quando scoppiò a ridere.
Aveva una risata cristallina e bella. Una di quelle in cui ti perdi a sentirle e rischi di catapultarti in un mondo parallelo e senza farti capire più nulla.
Una risata vera. Una di quelle che ormai erano più uniche che rare.
Sorrisi involontariamente, troppo presa da quel suono.
"No, scusami tu. Volevo dire che il suo nome è Mia." Mi spiegò velocemente, appoggiando poi una mano sulla lastra di legno.
Guardai nuovamente i gatti, ora seduti sullo scalino, intenti a leccarsi l'un l'altro.
Poi fissai nuovamente il ragazzo, un viso che non avevo mai visto nei paraggi.
"Come sei entrato in casa dei Tomlinson?" Chiesi ovviamente curiosa, riconoscendo che il ragazzo si aggirava nel giardino del retro dei miei vicini di casa.
Lui alzò semplicemente le spalle, con nonchalance.
Per un momento pensai perfino di tornare dentro, chiamare la polizia e avvisarla di un ladro che si portava dietro un gatto per far magari intenerire le persone.
Poi invece parlò, facendomi riprendere dai miei insulsi pensieri.
"Semplice. Ci abito." Disse.
Ci abitava? E da quando?
Stavo io, in quella casa, da almeno due anni. L'avrei ricordato di sicuro un ragazzo così!
"Sono il nipote; passerò il mio tempo qui, almeno finchè non trovo un appartamento tutto per me." Si affrettò a dire, forse perchè la mia smorfia gli aveva fatto capire la mia confusione.
"Ah." Sbiascicai semplicemente, interdetta sul se continuare quella conversazione o mollarlo lì con una scusa banale.
Ma rieccolo all'attacco.
"Quello invece è il tuo gatto? Come si chiama?" Mentre indicava con l'indice alle mie spalle, mi voltai verso i due gatti adesso stesi al sole. Tommo con la testa sullo stomaco di Mia.
Era un bel nome.
Annuii, tornando poi a fissare il ragazzo, adesso anche con l'altro braccio appoggiato sulla lastra di legno, curioso.
"Sì, si chiama Tommo." Spiegai, sperando che non mi avrebbe preso in giro, proprio come aveva fatto papà, quando lo portai a casa, trovandolo sul ciglio della strada, impaurito.
Lui rise, incuriosendomi.
"Che buffo! Anche i miei amici mi chiamano così." Ridacchiò per qualche secondo, mentre io aggrottai la fronte.
"Che buffo davvero! Non immaginavo di parlare con un ragazzo dal nome di un gatto." Mi maledii mentalmente di quelle parole esattamente tre secondi dopo averle dette.
Infatti mi tappai la bocca con entrambe le mani.
Per fortuna rise. E non era una risata nervosa.
"No, no. Il mio vero nome è Louis, Louis Tomlinson. Per colpa del mio cognome, i miei amici mi chiamano Tommo. O Boo..." Scoppiai a ridere sul secondo nome. Ormai non mi potevo trattenere più.
"Ehy, non ridere di me... Misteriosa ragazza." Sembrò perso sull'ultima parte, e in fin dei conti, pensai, lui ancora non conosceva il mio nome.
"Giorgia, mi chiamo Giorgia." Mi presentai.
Lui portò due dita alla fronte, imitando il saluto dei marines e io sorrisi leggermente.
Poi passò qualche secondo in silenzio, facendomi sentire in imbarazzo.
"Ehm... Ma perchè non vieni a casa mia? Così puoi venire a riprenderti ciò che è tuo." Con la testa indicai il gatto alle mie spalle, e lui annuì.
"Arrivo." Lo vidi scomparire dietro le sbatte di legno e solo allora mi accorsi che stavo trattenendo il fiato.
Come mai d'improvviso questa reazione?
Ricordai allora che il ragazzo stava entrando in casa mia; così corsi dentro, forse spaventando i gattini sulla veranda, e cominciai a raccattare tutto quello che potevo.
Posai i due piatti sporchi e la forchetta nella lavastoviglie, spostai qualche scarpa lasciata in giro la sera prima dietro il divano, alla fine mi dedicai alla montagna di libri ed evidenziatori -oltre tutti gli appunti- che avevo sul tavolo, rammendandoli come meglio potevo tutti da una parte.
Ma forse era meglio posarli in camera, no?
Fu troppo tardi per farlo, perchè il campanello di casa prese a suonare.
Guardai i libri, guardai la porta d'entrata scura. Avrebbe capito; mica erano lì per gioco.
"Arrivo." Urlai, correndo verso la porta e aprendola subito dopo.
La figura slanciata e magrolina del ragazzo mi si presentò davanti. Indossava una maglia a righe bianca e blu, dei pantaloni rossi con un risvolto alle caviglie e dei mocassini scuri.
"Prego, entra." Mi feci da parte, lasciandogli uno spazio per farlo entrare.
"Scusami per il disordine, ma non sono un tipo a cui piace l'ordine." Spiegai velocemente, mentre lo fissai di spalle guardarsi in giro, curioso.
"Dov'è Mia?" Mi chiese semplicemente, facendomi capire che non era venuto a casa mia per fare una chiacchierata davanti ad un thè.
Alzai il dito, puntando la porta del retro. Lo guidai fino alla veranda e ci trovammo a guardare i due gatti dormire al sole, spensierati.
Sorrise.
"Sarebbe da meschini interrompere il loro sonno." Disse sottovoce, e non potei che dargli ragione.
"Magari potremmo lasciarli dormire il tempo di un thè." Provai.
Lui mi guardò e annuì.
"Non è una brutta idea." Mi seguì nuovamente dentro casa.
"Fa come se fossi a casa tua." Lo avvertii, mentre cominciavo a rovistare tra le pentole, per trovare la teiera.
La riempii di acqua e la misi subito dopo sul fuoco.
Una volta sistemate due tazze e due bustine di thè sul marmo della cucina, mi andai ad accomodare sulla sedia accanto a quella di Louis.
"Sei nuova di qui? Non ti ho mai vista." Mi chiese mentre prendevo posto.
Spiegai velocemente la mia situazione: mi ero trasferita a Londra per frequentare l'università di veterinaria. Avevo un lavoretto part-time in un piccolo bar, giusto per racimolare qualcosa. Papà aveva versato le prime quote dell'affitto, per fortuna, aiutandomi anche con i pagamenti dell'università e tutte le spese che avevo da fare, finchè avessi avuto bisogno.
Non mi potevo lamentare, avevo tutto.
"E Tommo? Quanti anni ha?" Guardai oltre la finestra, notando i due gattini dormire ancora.
Poi tornai a fissare il ragazzo, rispondendo con un semplice "L'ho trovato circa sei mesi fa davanti casa mia tutto tremolante e abbandonato. Ma non so quanto abbia davvero."
Lui sorrise e guardò anche lui fuori dalla finestra.
Il fischio della teiera attirò la mia attenzione e scattai immediatamente in piedi.
Spento il fuoco, versai dell'acqua in entrambe le tazze pronte. Poi aprii la dispensa e presi qualche biscotto per accompagnare il tutto.
Mi riaccomodai al fianco del ragazzo, porgendogli la sua tazza.
"E di te che mi dici? Sono due anni che abito qui e non ti ho mai visto prima d'ora." Affermai, mentre cominciai a mangiare un pezzo di biscotto.
Giocò con il cucchiaio nella tazza, immerso nei suoi pensieri.
"Mi sono laureato qualche giorno fa. Non ho preso il massimo, ma il giusto per entrare a far parte del Sun. Lo conosci? E' una rivista importante." Si vantò felice, mentre io annuii sincera.
"Quindi sei un giornalista?" Chiesi a bocca piena, e mi accorsi di quanto potessi apparire stupida in quel momento quando scoppiò a ridere.
"Scusa." Nascosi la mia bocca dietro la mano, pulendomi come meglio potevo con l'altra. Maledetto zucchero a velo!
"No, tranquilla. Non sei sporca e... Ridevo per il semplice fatto che giornalista è una parolona. Mi piace scrivere, ecco tutto." Spiegò, passandomi poi un tovagliolino che avevo posato poco prima sul tavolo.
Lo accettai volentieri, pulendomi e finendo poi col sorseggiare un pò della mia bevanda calda.
Non esiste una buona scusa per rifiutare una buona tazza di thè, estate o inverno che sia.
Tenni stretta la mia tazza di thè tra le mani, appoggiandola poco dopo sul tavolo, mentre assaporavo il gusto del limone impresso nella mia bocca. Lo amavo.
"Ho notato che abbiamo molto in comune." Aggrottai la fronte, mentre Louis fece scomparire il suo sorriso divertito dietro l'enorme tazza.
Eh no! Adesso doveva spiegarmi cosa avevamo in comune, e soprattutto come l'aveva capito se ci conoscevamo da solo... Venti minuti!
"Cioè?" Chiesi curiosa.
Lui si guardò in giro prima di rispondere.
"Abbiamo entrambi un gatto. Lo so, lo so. Magari è solo una coincidenze e questa non vuol dire che abbiamo i gusti simili." Sorrisi, lasciandolo continuare.
"Poi, anche io amo il thè d'estate. Cioè, secondo me non c'è mai tempo per dire di no ad una tazza fumante di thè caldo. Poi se è al limone, ancora meglio. Siamo o no inglesi? Siamo conosciuti per questo dal resto del mondo, no?" Ridacchiai con lui, perchè aveva proprio ragione. Se l'avessi chiesto a Marghe, la mia migliore amica, mi avrebbe di sicuro mandato a quel paese dicendomi di portare con me anche il thè!
"E terzo, ho notato da alcune foto che ti piace il calcio. Io ci ho praticamente giocato per quasi dieci anni. Poi, per via degli studi, ho dovuto abbandonare tutto." Finì la sua frase con un tono triste, facendomi capire quanto gli mancava quello sport.
Potevo capirlo, anche io avevo dovuto abbandonare la mia squadra -oltre tutta la mia famiglia- per andare a studiare a Londra.
Così, instintivamente, allunangai una mano, appoggiandola sulla sua.
I suoi occhi azzurro cielo guardarono quel gesto con compassione, rilassato. Forse gli stavo infondendo un pò di serenità, un pò di amicizia...
Aprii bocca per spiegargli il mio gesto, ma un miagolio mi fece sobbalzare spaventata.
Lui scoppiò a ridere, mentre si piegò a metà per prendere in braccio il suo gatto.
"Ma cosa mi fai? Scappi di casa non appena sei arrivato? Vedo anche che hai fatto amicizia."
Guardai abbagliata quella scena del ragazzo parlare col proprio gatto a un palmo dal naso, mentre gli regala dei sorrisi e ci giocava con i baffetti.
Allora erano quattro le cose che avevamo in comune: essere presi per pazzi mentre si parlava con i propri gatti.
"Ma non è l'unico..." Finì dopo poco, stavolta spostando lo sguardo su me, facendomi arrossire lievemente da quelle parole.
"Sempre che a te vada bene." Disse poi.
Sorrisi, mentre tornai a guardare il gattino che ora si strusciava nella mia gamba.
Da quello che avevo imparato stando a contatto con un gatto, quello era un segno di apprezzamento, l'approvazione della tua simpatia verso il gatto.
"Sarà un'estate diversa, amico." Ammisi, tornando a sorridere col ragazzo che mi diede pienamente ragione.
Ed era bello.
 
 
 
TRE MESI DOPO.
 
 
 
"Cazzo Louis, credo sia arrivato il momento! Dove sei finito?" Urlai come una pazza, mentre sentii l'affanno del ragazzo oltre il telefono.
"Sto arrivando. Non ho potuto fare più veloce di così, Rob continuava..."
"Non mi interessa cosa voleva Rob, muoviti!" Staccai la chiamata velocemente, facendo avanti e dietro per la stanza con le mani alle tempie.
Puntai gli occhi sulla cesta posta ad un angolo del mio salotto, bloccandomi al centro della sala: Tommo era tranquillo, mentre continuava a leccare Mia al suo fianco con un ventre che sarebbe scoppiato da un momento all'altro.
"Vi siete dati alla pazza gioia, eh? E bravi i miei bambini." Mormorai avvicinandomi ai due.
Mi piegai sulle ginocchia, toccando appena il pancione di Mia, che subitò miagolò forte.
Le faceva male di sicuro, visto che da lì a poco sarebbero nati chissà quanti cuccioli.
"Spero solo per voi che la prossima volta usiate una protezione. Non ti ha insegnato nulla mamma?" Guardai Tommo, che in quel momento aveva smesso di leccare Mia.
Sorrisi, scuotendo la testa e ripensando quello che quei gatti ci avevano fatto passare in quei tre mesi.
Louis sempre presente in casa mia per riprendersi Mia. Il vaso che mi avevano rotto in una sfrenata corsa per inseguirsi e subito dopo il regalo di Louis: un vaso nuovo. La cena che Tommo lasciava da parte per il momento in cui sarebbe arrivata Mia, seguita da Louis che non sapeva più come scusarsi.
Fino al momento in cui non gli chiesi se ancora stesse cercando quell'appartamento. Alle mie parole si era paralizzato; poi gli spiegai che un coinquilino non mi sarebbe dispiaciuto, meglio ancora se fosse stato lui, il ragazzo che stavo conoscendo col tempo.
Per fortuna accettò senza troppe pretese e il giorno dopo venne ad abitare insieme a me. I gatti furono felici quanto noi.
Ma le cose cambiarono quando una sera ritornai dal mio turno di lavoro, stanca, e trovai una cena con i fiocchi pronta con tanto di candela al centro del tavolo.
Non era una cosa romantica -come l'aveva definita Louis- ma solo un gesto carino per tutti i miei sforzi e per averlo accolto in casa mia.
Almeno non fin quando ricevetti un mazzo di fiori con tanto di bigliettino anonimo, e quando provai a far ingelosire Louis dal mio ammiratore segreto, lui scoppiò a ridere ammettendo che quel gesto era stato da parte sua.
Inutile dire il broncio che gli tenni per quei giorni; a malapena lo salutavo la mattina prima di uscire.
Poi si fece perdonare, come se mi conoscesse da una vita. 
Mi bendò come nei film e mi portò ad un parco. Provammo tutte le attrazioni e alla fine mi comprò uno zucchero filato. Lo condividemmo e le nostre mani si sfiorarono per la prima volta, facendomi scatenare uno strano tormento di diverse emozioni nello stomaco.
Ma io, cosa volevo da Louis?
Lo capii solo quando la sera del quindici agosto, guardando le stelle mi venne da esprimere uno strano desiderio.
 
Voglio Louis al mio fianco... Per il resto della mia vita.
 
E fu così. Quella sera ci baciammo e cominciammo a guardarci con occhi diversi. Occhi da innamorati.
Il campanello di casa suonò, facendomi sobbalzare.
Corsi ad aprire immediatamente, sapendo chi si nascondesse dietro i centimetri di legno scuro.
"Muoviti, entra. Non vorrai perderti il momento in cui diventi nonno, vero?" Lo presi per un braccio, tirandolo dentro.
Lo sentii ridere, mentre camminavamo entrambi con passo svelto verso la cesta.
 
Mia era stremata si vedeva e poco dopo la sentimmo lamentare.
"Eccolo." Sbottò d'improvviso Louis. Scattai dalla sedia e non vidi semplicemente due gatti, ma ben... Due e mezzo.
"Oh Dio, è una cosa tenerissima." Dissi con una vocina stridula. 
Poi tornai seria, ripensando che Louis dovesse sapere una cosa importante.
"Lou Lou?" Lo richiamai e lui lasciò prontamente perdere i gatti per guardarmi curioso.
Erano rare le volte che lo chiamavo in quel modo; lo facevo di più quando dovevo confessargli qualcosa.
"Dimmi, amore." Ogni volta che mi chiamava in quel modo, mi scioglievo. E lui lo sapeva.
Sorrisi come meglio potevo, mentre mi infilavo tra le sue braccia e affondavo la testa nel suo petto caldo.
Mi baciò la testa, come a rassicurarmi.
"Ho un ritardo di una settimana." Sussurrai appena, mentre lo sentii irrigidire sotto le mie braccia.
Poi riprese a respirare in modo regolare, accarezzandomi la schiena e tranquillizzandomi.
"Adesso ho capito da chi hanno preso esempio." Sdrammatizzò, facendomi ridere.
"Non mi abbandonerai, vero?" Chiesi, più per sicurezza.
Mi strinse ancora più forte tra le sue braccia, facendomi intendere la risposta.
"Come lo chiamiamo?" Mi staccai con la testa dal suo petto, guardandolo male per la domanda appena fatta.
Avevo detto di avere una settimana di ritardo, non di essere incinta di sei mesi!
"Mancano ancora nove mesi, sempre se sono incinta." Infatti dissi, sperando capisse che ancora ci fosse tempo per pensare ad un nome. Oltretutto, ancora non potevamo nemmeno sapere il sesso. Potevamo fare solo ipotesi.
Lui scoppiò a ridere e io mi persi a guardarlo.
"No, amore. Intendevo come dovremmo chiamare il gattino." E mi indicò la cesta.
Scoppiai a ridere pure io, beandomi del tocco di Louis sulla mia schiena. Poi alzai le spalle.
"Boo ti piace?" Provai a chiedere.
In un primo momento fece una smorfia di disappunto, poi però si lasciò convincere e optammo per quel nome.
Le labbra di Louis si posarono sulle mie, finendo per tirarmi sul divano non molto lontano da dove eravamo.
Sorrisi, sentendolo gemere di dolore quando gli conficcai sbadatamente un gomito nelle costole. Mi fece accomodare sul suo petto e le nostre labbra si unirono di nuovo in un bacio che di casto aveva ben poco.
Un rumore attirò la mia attenzione: Tommo era salito sul tavolino vicino e ci fissava intensamente.
Pensai che finalmente eravamo una grande famiglia. La mia.
 

    
 
 
HOLAAAAAAAAAAAAAAS(?)
Non chiedetemi del perchè di questa os.
Cioè, odio profondamente i gatti. Mi danno un senso
di superiorità(?) e sono stronzi -al contrario dei 
cani che amo profondamente, soprattutto quando si 
fanno fare le peggio torture lol.
Comunque, dovevo scriverla, però, visto che la dedica è
fatta ad una persona che vive per i gatti... Almeno, per il
suo Tommo (si, si chiama così. Quindi salutate il signor gatto lol)
 
Ps. per evitare di sparare ancora minchiate, vi lascio dicendo
se vi è piaciuta un pochino -ma ne dubito- lasciate una piccola
recensioncina? :3
 
Sofia.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Ehybastaldo_