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Autore: Zaccaria_Zann    05/08/2013    2 recensioni
[Il Libro del Destino]
Credo che pochi di voi abbiano letto "Il Libro del Destino" di Elisa Rosso. In questa Fan Fiction riprendo gli stessi personaggi e la stessa quest, ma modifico radicalmente gli eventi. Spero che piaccia a chi non ha letto l'originale, e che chi invece lo conosce già ci si ritrovi e lo apprezzi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 1: Eynis e Bedwyr.
 
Eynis incespicava dietro al fratello Ferde lungo la pista ripida e fangosa in mezzo al bosco. Il giovane invece marciava spedito, abituato a sentieri come quelli sin da quando era bambino; e i suoi capelli biondi dondolavano a ritmo dei suoi passi, insieme alle due lepri morte che aveva in spalla, legate per le zampe posteriori. Anche portava alcune prede: due scoiattoli e un coniglio.
C’era freddo: mancavano poche ore al tramonto, e la notte prima aveva nevicato anche se la neve si era sciolta quasi del tutto per mezzogiorno. L’inverno stava arrivando, ed Eynis, insieme ai fratelli, stava aiutando la sua famiglia a mettere da parte le ultime provviste: la mamma e Giada erano a casa ad affumicare e salare la carne dei maiali che avevano tenuto quella primavera, mentre suo padre e suo fratello Garen erano al mercato di Batilan per vendere o scambiare con altri prodotti alcune pelli che lei e Giada avevano conciato durante l’estate.
“Quanto manca ancora?” domando Eynis con un sospiro. Si sentiva la testa pesante ed erano ore che aveva i crampi ai polpacci.
Lei e Ferde avevano passato l’intera mattinata a piazzare trappole per i conigli, e ora stavano finendo di svuotarle: le prime tre erano risultate vuote e Ferde aveva deciso di lasciarle per la notte, mentre le altre avevano dato i loro frutti.
“Siamo quasi arrivati, ne sono sicuro” rispose Ferde, voltandosi verso di lei e sorridendole.
“Sbrighiamoci. Non è sicuro stare fuori troppo a lungo”.
“Lo so, sorellina. Ma non siamo così lontani dalla città. E poi stai tranquilla, ci sono io a proteggerti” la rassicurò.
Ma Eynis non si sentiva affatto tranquilla. Non poteva essere tranquilla, non con gli amorphi di Malbrek che attraversavano indisturbate il regno di Ahina Sohul per raggiungere il fronte e dar manforte ai loro soldati. Si diceva che occupassero delle città che incontravano sul loro cammino, prendendo degli ostaggi tra i cittadini più influenti per evitare le rappresaglie del popolo, e che spesso le razziassero come dei comuni predoni. A Batilan non era mai successo, ma sua sorella Rebecca, che abitava a Balbe col marito, aveva chiesto loro del denaro per riparare ai danni subiti a causa degli amorphi già due volte.
“Ferde, ti prego” Eynis gli tirò un lembo della cappa. “Sono stanca. È tutto il giorno che camminiamo”. La ragazza si fermò in mezzo al sentiero e incrociò le braccia sul petto.
“Non lascerò che una possibile preda ci sfugga, Eynis”. Ferde si voltò verso di lei e la fissò con un sopracciglio alzato. “Puoi fermarti qui, se ti va. Torno più tardi a prenderti”.
Ferde si incamminò di nuovo per il sentiero, ma Eynis rimase ferma, mordicchiandosi un labbro. Poi il giovane scomparve dietro una curva e lei si avvicinò ad un albero. “Silf”, chiamò a voce bassa. Con una scintilla, una piccola figura di donna fatta di fiamme comparve a pochi centimetri dal palmo della sua mano tesa. “Per piacere” disse la ragazza, avvicinando la creatura alla ruvida corteccia dell’albero. Silf ridacchiò sommessamente e si lanciò a gambe e braccia aperte verso il tronco, spegnendosi contro di esso e lasciandoci incisa sopra una X fumante.
Eynis si voltò nella direzione in cui era scomparso il fratello. “Ferde! Aspettami!” gridò, mettendosi a correre.
 
Bedwyr impugnò il lungo bastone con entrambe le mani e, ruotando il busto a sinistra per darsi lo slancio, assestò un fendente diretto alla testa di Rooth. L’alto e robusto giovane di fronte a lui intercettò il colpo all’altezza della fronte tenendo il proprio bastone alle due estremità e spinse via Bedwyr. Il quale fu sbalzato all’indietro e, non riuscendo a rimettersi in equilibrio, cadde con un grido.
“Morto!” esclamò Rooth, punzecchiandolo allo stomaco col bastone.
“Non vale” borbottò Bedwyr, fulminandolo con lo sguardo. Si aggrappò al bastone dell’amico, che lo aiutò a tirarsi su. “Non puoi tenere una lama vera in quel modo. Rischieresti di reciderti un tendine” continuò, massaggiandosi il fondoschiena e guardandosi intorno. Per fortuna avevano scelto di allenarsi all’inizio del bosco e non vicino alla città: non avrebbe sopportato che qualcuno l’avesse visto cadere come un frutto maturo.
“Sono solo bastoni, amico. Quando avremo spade vere ci penseremo” ribatté l’altro, dandogli una pacca sulla schiena.
Bedwyr alzò gli occhi al cielo e recuperò il proprio bastone da terra. “Ma stiamo fingendo che questi lo siano”.
“Senti, non sei il mio Custode. Non devi dirmi tu come combattere”.
“A proposito, il governatore ti ha detto quando arriveranno i Custodi?” domandò Bedwyr, facendogli l’occhiolino.
“Papà dice che arriveranno entro la prossima settimana” disse Roth, aggrottando le sopracciglia. “Spera di organizzare la cerimonia il giorno del solstizio, così non dovrà spendere soldi per organizzare due feste”.
“È una notizia fantastica!” esclamò Bedwyr, raccogliendo il mantello da terra e scostandosi il ciuffo di capelli castani dalla fronte. “Torniamo a casa? Si sta facendo buio”.
“E casa sia” concordò Roth con un sorriso.
Bedwyr si mise il bastone in spalla e si incamminò fischiettando. Non vedeva l’ora che arrivassero i Custodi: erano alcuni dei migliori cavalieri del regno, che quando ci si preparava ad una guerra si occupavano di prendere sotto la loro protezione giovani delle più importanti famiglie di ogni città, per addestrarli ad alti livelli affinché andassero a ingrossare le fila della cavalleria del regno. Bedwyr sognava di diventare cavaliere sin da quando era bambino, e aveva trasmesso il suo sogno anche a Rooth: era stata questa loro aspirazione a forgiare e temprare la loro amicizia, e il ragazzo sperava ardentemente di avere un Custode in comune con lui.
Bedwyr cominciò a fischiettare. “Come mai così allegro?” domandò Rooth.
“Ma perché quando avremo il nostro custode, io sarò di sicuro migliore di te!”
  
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