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Autore: kymyit    06/08/2013    1 recensioni
Qualcosa è in moto a Digiworld fin dai tempi della sua nascita e nonostante i tantissimi anni trascorsi, non si è mai risolto. Lucemon è tornato e i Demon Lords complottano per abbatterlo.
A due gemelli l'onere di custodire i suoi poteri: Yamato e Ylenia Ishida.
I due saranno loro malgrado l'occhio del ciclone, fra digimon che li vogliono morti o vivi tutti per il loro tornaconto. Se poi aggiungiamo nuovi prescelti problematici e vecchi prescelti i cui digimon sono nientemeno che i cari Dark Masters, le cose si complicano assai.
Chi la spunterà nel caos della battaglia? Lucemon? Daemon? I digiprescelti? O forse sarà solo un massacro totale?
Saga Attuale: Wrath's Showdown.
Dopo aver avuto a che fare coi redivivi Dark Masters, i digiprescelti devono affrontare il Demone dell'Ira per ostacolare il suo progetto di assorbire i poteri di Lucemon sfruttando il piccolo Risei.
Witchelny, la città magica, viene assediata. Riusciranno i prescelti a vincere salvando non solo il bambino, ma anche Ken Ichijouji e i fratelli Saiba? Perché il demone ha più di un asso nella manica.
[ATTENZIONE: Sto aggiustando la storia dai primi capitoli, cercando di non fare troppi cambiamenti drastici.
Modificato CAPITOLO 1]
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Yamato Ishida/Matt
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Light and Darkness' Quest'
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Capitolo 20: La via dell’Eremita: distruzione








This is my church of choice
Love`s strength standeth in love`s sacrifice
(Seven days to the wolves, Nightwish)





Cerberumon era un digimon terrificante, MetalGreymon non ne aveva mai visti di così insistenti.
Lo teneva schiacciato contro la parete, ma quello si divincolava come un ossesso, incurante delle leggi anatomiche e del dolore. Tale era il suo impeto da terrorizzare quel digimon coraggioso che era MetalGreymon. Taichi assistette a quell’orrendo spettacolo senza poter far nulla di concreto. La corazza del cane infernale strideva e scricchiolava, si spezzava in più punti, ma quello non accennava a cessare la propria resistenza, la sua forza di volontà, o forse la sua ossessione, erano invidiabili e al tempo stesso terrificanti.
-Hell Fire!!- latrò sputando le fatali fiamme verdi e ustionando il dinosauro arancione che per l’improvviso e lancinante dolore indietreggiò di scatto. Cerberumon colse al volo l’occasione e con un poderoso colpo di reni riuscì a liberarsi dell’artiglio che lo imprigionava contro la parete.
-MetalGreymon!- esclamò Taichi affranto e strinse i pugni intorno ai suoi chakram per poi accorrere in difesa del compagno, ma Cerberumon lo urtò con la spalla gettandolo a terra e si lanciò in direzione del corridoio imboccato da Yamato e gli altri. MetalGreymon lo respinse a sua volta con una poderosa testata, ricacciandolo contro il muro e gli sbarrò la strada.
-Lasciami passare.- latrò il canide, la sua voce furiosa era impastata di saliva, eppure strideva come la ghiaia.
MetalGreymon rifletté se fosse il caso di bombardarlo coi suoi Squali Nucleari in uno spazio così ristretto, avrebbe coinvolto Taichi, e la sua esitazione permise a Cerberumon di liberarsi nuovamente e scartare di lato.
Sarebbe di certo riuscito a fuggire se un dolorante digiprescelto del Coraggio non avesse lanciato uno dei chakram verso uno degli estintori appesi alla parete. Quello si squarciò e la schiuma bianca spruzzò dritta in faccia al l’avversario per alcuni secondi, accecandolo. Il canide infernale, colto di sorpresa indietreggiò di primo acchito e prese a scuotere il capo violentemente per liberarsi di quell’ostacolo schiumoso. La schiuma bianca lo accecava e inibiva i suoi sensori visivi, ma dopo quell’istintivo eccesso di furibondo panico il digimon si stabilizzò sulle zampe e fece fuoco nuovamente.
-HELL FIRE!-
Il getto ustionante delle sue fiamme verdi era talmente caldo da fondere le pareti tutte intorno e con sommo terrore di MetalGreymon, Taichi era sulla traiettoria. Che fuggisse a destra o a sinistra era inutile, le fiamme avevano invaso in larghezza tutto il corridoio e avanzavano come un minaccioso muro di morte verso il ragazzo che, indolenzito per il forte colpo subito, non riusciva a muovere un muscolo.
In quel momento Taichi capì e si sentì perfettamente inutile, ancora. Strinse i denti per la rabbia.
-Merda!- si lasciò sfuggire al colmo della frustrazione mentre le fiamme verdi continuavano la loro folle corsa verso di lui. Lo avrebbero investito in pieno, l’avrebbero ridotto in cenere e l’avrebbero costretto a subire i peggiori patimenti prima che quell’ardente tortura fosse giunta al termine, dopo aver consumato le sue carni del tutto.
Quando per un attimo pensò che sarebbe tutto finito, Taichi vide il suo Digivice brillare e lo scudo cromato di WarGreymon si frappose fra lui e le fiamme conficcandosi nel terreno.
-WarGreymon!- gridò il ragazzo accucciato dietro la sua protezione, il dinosauro guerriero non era da nessuna parte, fiamme verdi in ogni dove, eccetto in quel piccolo angolo riparato dallo scudo con inciso lo stemma del Coraggio.
-Wargreymon… - sospirò Taichi, sentendosi mancare per il calore insostenibile. Erano verdi, ma Hell Fire era un nome perfetto per esse: roventi come fossero bianche, avrebbero ridotto in cenere qualsiasi cosa.
Wargreymon urlò per il dolore lancinante che esse gli causarono ustionandogli ogni parte del corpo e poi cadde, inutile la sua resistenza. Privo del suo scudo a poco serviva la sua enorme forza, persino la sua armatura finiva più per ustionarlo che proteggerlo tanto il calore l’aveva resa incandescente.
Cerberumon rise malignamente, gustandosi appena lo spettacolo che aveva messo in piedi e poi si dileguò scomparendo fra le sue stesse fiamme, scansando i deboli tentativi del digimon del Coraggio per fermarlo. Scomparve imboccando il corridoio e quando il fuoco iniziò a spegnersi, WarGreymon, senza più forza di emettere un solo grido, cadde a terra ed involse in Agumon. Lo scudo scomparve, mostrando a Taichi quel’angosciante spettacolo.
-Agumon!- il digiprescelto corse verso l’amico e lo raccolse, timoroso di fargli male. Il suo corpo robusto era coperto di lividi e ustioni.
-Sto bene, Taichi, sto bene, devo solo dormire… e mangiare… e… - con un filo di voce, Agumon provò a tranquillizzarlo sogghignando e facendo il buffone come suo solito, ma le forze gli mancarono del tutto e perse i sensi.
-Agumon! Agumon!- Taichi lo scosse più volte, ma quello non reagì. Con grande sollievo del prescelto, però, non si scompose in dati, semplicemente dormiva, sconfitto. Il ragazzo emise un profondo sospiro e avvisò gli altri del fallimento, prima di dedicarsi alle cure del suo digimon.
-Fortuna che sto diventando previdente come Jou.- disse scaricando dal Digivice una pomata per le ustioni. Gliela applicò minuziosamente su tutto il corpo e lo portò via da quell’ambiente troppo caldo, speranzoso che si rimettesse presto. Le energie rimaste erano poche, la resistenza annullata, ma Wargreymon era un Mega e l’unico motivo per cui era stato sconfitto era lui: l’inutile Taichi Yagami.
“Se non riusciamo a sconfiggere un Evoluto come possiamo fare con un Mega?” si chiese affranto stringendo a se Agumon. “Come possiamo fare con Daemon? E Lucemon? Come?!” L’impotenza solcò le sue guance in forma di lacrime amare.



Vittoria o sconfitta?
Chi si sarebbe affacciato nel corridoio?
Sora e Garudamon sussultarono quando dei passi rapidi e pesanti giunsero alle loro orecchie.
Vittoria o sconfitta?
Avvolta nel fumo dai bagliori verdognoli, una sagoma indistinta si mostrò loro. Il messaggio di Taichi fu solo la conferma ai loro timori prima che Cerberumon si gettasse con un balzo oltre il fumo.
Sora emise un grido sorpreso e Garudamon si preparò a difenderla. Come al solito, tutto come al solito. I digimon sono creature guerriere, anche il più debole deve lottare per sopravvivere, sia che si viva in pace, sia che la guerra dilaghi per ogni dove. Sora strinse con forza il suo ventaglio, sulle cui punte s’accesero fiamme smeraldine di fuoco gentile. Ma sarebbe stata davvero utile? Gli allenamenti in fondo erano stati solo un test per i Digivice, a che erano serviti in più? Erano poi stati veramente allenamenti? Daemon li aveva sorpresi troppo tardi perché potessero organizzarsi al meglio. Gennai avrebbe dovuto pensare ad una strategia migliore, avrebbe dovuto prepararli per affrontare delle battaglie tanto incisive. Sora in quel momento pensò che forse Gennai e gli altri stessero nascondendo loro qualcos’altro, qualcosa di fondamentale.
-Adesso!- esclamò Neo strappandola improvvisamente ai suoi pensieri.
Garudamon spalancò le ali senza esitazione e con un battito poderoso sparò la sua Shadow Wing che colpì il pavimento sotto il quale Cerberumon correva ferocemente. A fissarlo nell’occhio c’era da morire di spavento tanto l’iride gli ardeva di cieca furia omicida. Sora e Neo indietreggiarono per il calore del colpo del digimon uccello, il fuoco della Shadow Wing era così intenso da fondere il metallo. Cerberumon, purtroppo però, non si fece fermare da tale ostacolo e tentò nuovamente la corsa sulle pareti laterali. Sora agitò il ventaglio e le piume di fuoco e acciaio colpirono il ferro sotto le zampe del digimon canide che vacillò, perdendo l’equilibrio. Garudamon ne approfittò all’istante e caricò l’ennesimo colpo potente dall’alto.
-SHADOW WING!-
L’aquila fiammeggiante colpì il cane infernale sciogliendo la sua armatura, il digimon urlò e li maledisse, emise rantoli e latrati e precipitò diversi piani più sotto. Quando udirono il tonfo del suo corpo molti metri più in basso e un guaito di dolore, Sora tremò e si strinse fra le spalle, impaurita, cedendo alla tensione e al terrore.
-E’stato terrificante…- si scusò, lei di solito reggeva la paura, ma la furia di quel digimon l’aveva scossa nel profondo. -Perché quello ce l’ha con Yamato? Che cosa… cosa vorrà fargli?-
-Non abbiamo tempo per pensarci, colpiscilo ancora!- ordinò Neo a Garudamon. Questa annuì, poi si preparò a scagliare il colpo di grazia, quando una colonna di fiamme verdescenti la investì in pieno sfruttando come passaggio dal sottosuolo la stessa breccia che la digimon volatile aveva creato per cacciare il nemico nelle viscere della base.
-GARUDAMON!- gridò Sora in preda al terrore, anche lei assistete inerme alla terrificante vista del proprio digimon in fiamme. Si precipitò verso di l’amica ma Neo la afferrò per il polso e la trascinò via.
-Lasciami!- urlò lei, strattonandolo -Lasciami! Garudamon!-
Neo le impedì di gettarsi nelle fiamme, la strattonò con forza. -Vuoi morire?!- le gridò impietoso -Usa la testa!-
Sora tentò un’ultima, stupida, resistenza, poi però il suo sguardo cadde sul proprio ventaglio ed ebbe un’idea, un’idea alquanto sciocca, ma sperò che potesse funzionare. Istintivamente agitò il braccio, un gesto ampio e secco, e un’affilata lama di vento tagliò di netto la colonna di fiamme. Quella poi si rigenerò come se nulla fosse ma, incoraggiata da questo tentativo, la ragazza diede un altro colpo, più leggero, come un elegante battito d’ali, per spegnere il corpo di Garudamon. La digimon cadde in ginocchio davanti a lei e Neo facendo tremare il pavimento ed involse Pyomon.
-Scusami Sora…- pigolò accasciandosi a terra, ustionata e priva di energie. Sora la raggiunse e la raccolse fra le braccia.
-No, scusami tu, non sono riuscita a proteggerti come dovevo… -
Pyomon le sorrise e le elargì un colpetto al viso con l’ala.
-Perché non l’hai fatto, eh?- sorrise, poi perse i sensi.
-Pyomon? Pyomon?-
-E scappato.- disse mestamente Neo toccandole la spalla.
Sora sussultò -Devo… devo avvertire Yamato… subito…-
Pyomon giaceva priva di sensi, Agumon era privo di sensi, persino Bearmon. Koushirou sarebbe stato una preda succulenta, poiché era il fulcro della missione, ma Cerberumon voleva Yamato e Sora, anzi, nessun’altro oltre il diretto interessato sapeva perché. C’era qualcosa in quell’occhio truce che andava oltre i semplici ordini di qualcuno, c’era ira, troppa da contenere in corpo, energia primitiva ed efficace.
Il Domatore prese il DigiTerminal delle mani della ragazza e le lanciò un’occhiata eloquente. Sora ricambiò quello sguardo frustrata.




Cerberumon era furioso, molto furioso, ma avrebbe coltivato la sua ira verso quel maledetto uccellaccio e il dinosauro solo dopo che avrebbe serrato fra i denti aguzzi il braccio di quel ragazzino smunto. Solo dopo averglielo strappato, averlo fatto urlare, solo dopo essersi beato della sua disperazione e aver bevuto il suo sangue reso saporito dal terrore, avrebbe cambiato obbiettivo. Era il suo stile, il suo unico difetto, uno dei motivi per i quali Daemon lo teneva sotto controllo. Lui odiava essere rinchiuso dentro la teca, ma al risveglio era rinvigorito anima e corpo, la sua furia alimentata dall’inerzia. Non doveva uccidere ancora il ragazzino, ma poteva fargli scontare fino all’ultima goccia di sangue l’impudenza di cui si era mostrato capace.

-Occupati di lui.- Daemon diede l’ordine, divertito. Oh eccome se si sarebbe svagato, lui pregustava già il sangue, si leccava le labbra mentre il ragazzino davanti a lui tremava di paura. Cerberumon era solito nutrirsi degli avanzi degli esperimenti del suo padrone, quando questi non lo inviava a compiere qualche massacro o catture od omicidi particolari, perciò amava cacciare queste prede sfiancate per rendere il proprio servizio più spassoso. Certo, quel moccioso era così gracile che appena sfiorato si sarebbe spezzato in due, ma almeno avrebbe assaporato della carne umana molto tenera. Chissà che sapore aveva e che consistenza avevano i suoi dati.
Il bambino indietreggiò, impaurito. Il volto era contratto in un’espressione che voleva mostrarsi coraggiosa, ma la sua pelle trasudava paura da tutti i pori. Daemon lo aveva gettato nella sua arena e aveva dato ordine preciso di non ucciderlo finché il rituale non sarebbe stato compiuto.
Cerberumon si avvicinò al bambino e ghignò malvagio. Tentò di colpirlo con la zampa, ma il ragazzino era lesto, si abbassò e schizzò via di lato. Lesto, ma non così resistente, la prigionia sfianca persino gli animi più forti, figurarsi il corpo di un moccioso ridotto all’osso. Con un balzo il digimon gli fu nuovamente davanti e per il tremar del terreno il bambino perse l’equilibrio e cadde di schiena. Cerberumon rise d’un riso crudele e gutturale e lo colpì con la zampa. Il corpo minuto volò per diversi metri, schiantandosi poi a terra. Lo udì gemere appena, il respiro smorzato dal dolore, vide il sangue colargli dal naso e dalla bocca. Il bambino cercava di trascinarsi via. Lo afferrò con le unghie per un lembo della canottiera e lo agitò in aria con fare derisorio.
Poi un urlo, un urlo infantile, che gli spaccò i timpani per quanto era acuto. Veniva dalla sala dove il grande Daemon stava effettuando il rituale. Fu in quel momento che il marmocchio che ciondolava inerte fra le sue unghie affilate ebbe una reazione del tutto inaspettata. Tremò tutto, da capo a piedi. Spalancò gli occhi e si voltò verso Cerberumon con uno scatto fulmineo e l’ultima cosa che il suo occhio sinistro vide furono le unghie del marmocchio che affondavano nella palpebra con forza, rabbia, paura e urgenza. Cerberumon lasciò andare la presa e il ragazzino sgattaiolò via, lo inseguì, ma il dolore della ferita era lacerante. Fu la prima volta che si sentì così umiliato e sofferente, che non provò gusto nella strenua difesa di un nemico già sconfitto.
Fu la prima volta che Daemon lo punì severamente, alimentando la sua sete di vendetta.



Lo sentiva, sentiva il suo odore, la sua voce, la sua paura, era sopra di lui.
-Hell Fire!- Cerberumon ripeté la stessa tecnica utilizzata più volte. Le sue infernali fiamme verdi risalirono per diversi piani fondendo il metallo dei pavimenti, distruggendo qualunque cosa incontrassero, poi l’ultimo ostacolo si accartocciò sotto il calore del fuoco. Cerberumon ebbe quasi un orgasmo al grido di terrore che si levò oltre la volta distrutta e galvanizzato risalì i vari piani, entrando finalmente in scena. Atterrò esattamente di fronte agli obbiettivi del suo Maestro e a Metalgarurumon. La sua bocca spalancata ruggì d’una risata malsana nell’incontrare gli occhi spalancati del ragazzo. Si gettò su di lui e neppure considerò Metalgarurumon, lo scagliò via come un fuscello. Il ragazzino aveva appena trafficato col gingillo che teneva al polso, ma non se ne curò affatto. Anzi, si scagliò su di lui a fauci spalancate e gioì quando questi imprecò -Un bastone?! Come cazzo faccio a difendermi con un bastone!?-
Afferrò coi denti il legno col quale il moccioso avrebbe voluto difendere se stesso e l’altra ragazzina e lo morse con forza.
Avrebbe voluto spezzarlo come uno stuzzicadenti, ma non ci riuscì e questo lo fece infuriare. La sorpresa e il senso d’umiliazione durarono un attimo. Stringendo la presa sull’arma, il digimon la strattonò con forza, sbalzando il ragazzo da terra. Yamato rimase,, però saldamente aggrappato al bastone e tentò di colpire il digimon con un calcio. Il colpo infastidì Cerberumon che soffiò un piccolo beffardo vortice di fuoco e il digiprescelto dell’Amicizia dovette lasciare la presa per non farsi colpire. Atterrò diversi metri più in là, riuscendo a tenersi in equilibrio e fissò il suo avversario, intimidito e sconsolato.
-Cosa credevi di fare?- gli domandò il digimon sputando il bastone dall’altra parte della sala. Questo cadde con un rumore secco e rotolò per diversi metri, lontano dal suo proprietario.
Metalgarurumon si mise nuovamente fra Cerberumon e il suo partner. Yamato strinse i pugni, infuriato.
Un bastone… la sua arma era un bastone… volevano forse ucciderlo? Era un semplice bastone in legno con una curva in cima e al centro di questa una pietra colorata tagliata grezzamente.
Un’arma davvero micidiale, eh!
Già il nome The Hermit avrebbe dovuto fargli sorgere qualche sospetto, ma lui come al solito si era fidato e non gli restava che confidare in Metalgarurumon e proteggere Ylenia. La ragazza era accorsa per dargli manforte, ma lui le si parò davanti e la costrinse ad indietreggiare, mentre il canide infernale seguiva ogni loro movimento, ancora una volta ignorando Metalgarurumon.
La digiprescelta della Memoria, a dispetto delle raccomandazioni del fratello di indietreggiare e mettersi al sicuro, fece divampare la propria Luce in forma di freccia, pronta a colpire.
-Ferma.- le disse il gemello abbassandole la mano -Se lo colpisci ti farà a pezzi.-
-Non se lo ucciderò.- ribatté lei.
Yamato la fissò dritta negli occhi, chiedendosi se pensasse davvero ciò che diceva. Uccidere? Lei? Quale concetto aveva di uccisione lei che sapeva così poco del mondo?
-No.- le disse, al che fu fulminato dallo sguardo penetrante della sorella, ma non abbassò del tutto il braccio.
-Tu cosa proponi, fratellone?- chiese Ylenia sarcastica.
-Io lo distraggo e tu fuggi.-
-Non fa una piega, ma col cagnetto davanti mi viene un po’ difficile.- alzò la mano -Posso?-
-Nooo!- fu la risposta esasperata del ragazzo -Non devi provocarlo, devi starne fuori, hai capito?-
-Perché sei così testardo?!-
-Oh, senti chi parla.- rispose piccato -Ce l’ha con me perché l’ho accecato. Tu non puoi ucciderlo e se provassi a farlo, ti ucciderebbe.-
-Mi ucciderebbe comunque.- rispose la ragazza perfettamente consapevole e Yamato non poté ribattere, anche se voleva impedirle a tutti i costi quel gesto, pur sapendo che lei non aveva tutti i torti.
-Hell Fire!- Cerberumon sputò ancora una volta le sue fiamme verdi verso i due fratelli, ma Yamato fu veloce e strattonò Ylenia scampando al fuoco. -Torna qui!- sbraitò il digimon infastidito e corse verso di loro. Fu Ylenia a tirare via suo fratello al secondo attacco, ma più tentavano di schivare gli attacchi, più i due si resero conto di essere esausti e in netto svantaggio in fatto di velocità. Metalgarurumon caricò allora contro il cane infernale, colpendolo ad un fianco e ruzzolò con lui per diversi metri. I due, avvinghiati, lottarono ferocemente fra loro con morsi e graffi. I ragazzi rimasero come paralizzati dal terrore da quello scontro, perché mai era capitato loro di trovare un avversario di tale insistenza. Cerberumon spinse via Metalgarurumon, un Mega, con una poderosa testata e lo imprigionò fra il suo corpo e una parete.
-Hell Fire!-
Il lupo cibernetico ululò di dolore fra le fiamme che, a quella distanza ravvicinata erano ancor più ardenti e dolorose. Il cane infernale ripeté l’attacco, inchiodando nuovamente il lupo contro la parete. E ancora, ancora. Era così veloce ed incalzante, che Metalgarurumon non aveva tempo di scostarsi e ogni colpo era talmente tremendo da intontirlo. D’improvviso, un fascio di luce bianca sfrecciò al fianco di Cerberumon, ferendolo al muso e conficcandosi nella parete.
Inferocita, la belva si voltò di scatto verso la fonte di quell’attacco che non aveva visto arrivare, perché portato sul suo lato cieco.
Ylenia fece in tempo a scagliare un altro colpo, ma il canide generò l’ennesimo turbine rovente delle sue fiamme e la ragazza dovette rinunciare all’attacco e scappare.
Approfittando di quell’opportunità, Metalgarurumon si rimise sulle zampe e tentò di allontanarsi dal nemico che l’aveva tenuto in scacco, ma Cerberumon, avvertito il movimento, si gettò nuovamente su di lui scagliandolo a terra.
-Fatti forza!- gridò Yamato al suo digimon. Sentiva di non poter fare altro. Il terrore era tanto, in più sentiva sempre quel terribile ronzio. Gli sembrava di avere la testa bloccata in un alveare, circondata da migliaia di insetti impazziti.
Cerberumon gli lanciò un’occhiata assassina e fu in quel momento che Yamato, mandando al diavolo le api nella sua testa e la paura che gli rammolliva le ginocchia, prese una decisione folle.
Il canide aveva ripreso a stritolare Metalgarurumon fra il proprio possente corpo e la parete, colpendolo anche con le sue fiammate a distanza ravvicinata. Il lupo cibernetico urlava di dolore, ma resisteva, doveva resistere.
-Cocytus Breath!- ululò, straziato, ad un certo punto, riuscendo a diminuire l’efficacia dell’attacco nemico e sbilanciandolo.
Cerberumon si scostò da lui, scuotendo il capo e il corpo per levarsi di dosso il ghiaccio dal muso e dai sensori visivi.
-Forza, Metalgarurumon!- gridò nuovamente Yamato alle spalle dei due, sudando freddo. Cerberumon ringhiò, infastidito. -Forza!-
La belva per un attimo ignorò il suo avversario e latrò ferocemente verso il ragazzo che tanto odiava e Metalgarurumon ne approfittò per gettarsi su di lui e avvinghiarsi al suo corpo, infilzando la sua robusta corazza con i suoi artigli.
I sensori che aveva sul muso, i suoi “baffi”, s’attivarono e, come a suo tempo distrussero le spade di Piemon, iniziarono a disintegrare mega per mega i dati della corazza ammaccata del cane infernale che latrò per il dolore e la furia e lottò impennandosi, scalciando e agitandosi come un cavallo impazzito, come un toro meccanico fuori controllo. Metalgarurumon ce la mise tutta per restargli avvinghiato addosso e continuò a scaricargli contro getti ghiacciati insieme alla distruzione dei dati.
Yamato strinse i pugni, contento del risultato ottenuto distogliendo l’attenzione del digimon e corse a recuperare il suo bastone. Poco prima si era lasciato prendere dallo sconforto, ma a pensarci in maniera razionale, c’erano troppe cose in gioco per mandarlo al macello con un bastoncino.
Quell’arma doveva valere qualcosa.
Doveva!
Arrivò a pochi passi da The Hermit, quando Ylenia urlò -Attento fratellone!-
Lui non fece in tempo a reagire.
Fu investito in pieno dal corpo di Metalgarurumon scagliato a tutta velocità nella sua direzione e volò, col suo digimon, per diversi metri prima di ruzzolare a terra rovinosamente. Si lasciò a malapena scappare un gemito forzato, mentre un inequivocabile crack risuonò appena percettibile sotto il clangore del metallo che cozzava qua e là.
Metalgarurumon era un digimon robusto e tenace, in quel momento, disperatamente aggrappato alle poche forze che gli restavano in corpo, lottava per non involvere. Si alzò appena, a fatica, per liberare Yamato dal proprio peso.
-Yamato!- esclamò -Stai bene?-
Il digiprescelto mugugnò qualcosa, trascinandosi via dall’amico con una mano stretta sul braccio sinistro.
-Ho avuto giorni migliori… -borbottò. Era quasi libero quando, con una forte zampata, Cerberumon pestò Metalgarurumon rimandandolo a terra e bloccando il ragazzo, il cui piede era rimasto ancora sotto il corpo del compagno. Yamato urlò, Metalgarurumon gemette. Ylenia corse verso di loro, ma il cane infernale generò un turbine rovente di fiamme verdi ed erse un muro infernale fra la ragazza e la propria vittima. Calpestando il lupo cibernetico sotto di lui, Cerberumon avanzò verso il ragazzo, il muso contorto in ghigno vittorioso degno di un demòne. Yamato tentò d’indietreggiare, ma col piede schiacciato fra il proprio digimon e il pavimento non poté muoversi.
E Cerberumon incombeva su di lui.
Il digiprescelto sudò copiosamente, in preda al terrore, memore del brutto quarto d’ora che il mostro digitale gli aveva fatto trascorrere quando Daemon aveva deciso di liberarsi di lui, quando era andato tanto vicino al compimento del suo piano, quando aveva quasi assorbito Risei.
L’urlo di terrore che il bambino aveva lanciato quel giorno riecheggiò nuovamente nelle sue orecchie, come un assordante sirena di vetri infranti all’infinito.
Il digiprescelto dell’Amicizia provò, in quell’istante così vicino alla fine, quando Cerberumon stava per azzannargli la spalla, rabbia.
Incontenibile rabbia.
La mano corrispondente al braccio leso incontrò il legno ruvido del bastone e il ragazzo lo afferrò saldamente, incurante del dolore, ergendolo contro il digimon come ultima difesa. Urlò con quanto fiato aveva in gola aggrappandosi a quella sua ultima ancora di salvezza e la gemma grezza intagliata al centro di esso s’accese e brillò accecante di una luce rossastra che avvolse arma e proprietario e accecò il nemico.
Cerberumon guaì rabbiosamente e scattò all’indietro portandosi a distanza di sicurezza da quell’inaspettata, quanto seccante novità.
Il prescelto dell’Amicizia aprì gli occhi e, con sua grande sorpresa, s’accorse che il suo bastone non era più un bastone. Il manico era fatto di metallo blu scuro e la gemma sulla sommità era incastonata non fra curve legnose, ma fra le lame affilate di un’ascia bipenne.
-Ma… - avrebbe voluto dire: “Ma che cosa succede?”, ma la sorpresa era troppa per spiccicare parola. Metalgarurumon, lentamente e con fatica, si alzò e si frappose nuovamente fra l’amico e il digimon nemico. Il cagnaccio sputato dall’inferno, purtroppo per loro, si era già ripreso dalla sorpresa e avanzava a passo lento e calcolato, pronto a colpire di nuovo, ancora più furente di prima. Ogni secondo che lo separava dal compimento della sua vendetta lo rendeva più furioso e pericoloso di prima. Yamato strinse la sua arma in pugno e indietreggiò di qualche passo.


Nel frattempo, mentre i latrati feroci del digimon dell’esercito di Daemon riempivano l’aria accompagnati dai gemiti sofferenti di Metalgarurumon e le grida di Yamato, Ylenia aveva cercato col potere della Luce di avere ragione sulle fiamme verdi del digimon.
Ci provò con tutte le forze, con tutta la buona volontà che aveva, memore degli insegnamenti ricevuti, ma era troppo inesperta e i suoi fasci luminosi non potevano nulla contro una barriera così alta e resistente.
Quando sentì l’urlo tremendo di suo fratello, la ragazza fu presa dal panico e fece per gettarsi fra le fiamme, incoscientemente.
Non le importava di farsi male.
Non lo considerò un problema.
Si ricoprì il corpo della sua Luce e prese a correre.
Una mano l’afferrò a pochi metri dalla parete di fiamme e la strattonò all’indietro.
-Ferma!-
Era Neo Saiba.
-Lasciami!- esclamò lei voltandosi.
-Vuoi morire?!- le disse lui strattonandola verso di sé.
-Ma Yamato… - iniziò lei, poi sentì un gran frastuono provenire da oltre la barriera e sentì Cerberumon urlare per il dolore. La terra tremò sotto i loro piedi, mentre il muro di fiamme fu investito da detriti che provenivano dal campo di battaglia oltre ad esso.
Il metallo delle pareti si scioglieva a contatto con le fiamme, ma qualche frammento riusciva a superare la murata, cadendo a terra con clangore, contorto e fuso, incandescente. La ragazza fissò attonita lo spettacolo, per poi assistere al disfacimento totale della parete e a ciò che accadeva oltre ad essa.


C’era un varco nel muro alle spalle di suo fratello e Metalgarurumon. E davanti a loro, come uno scudo gigante, si stagliava fiero AtlurKabuterimon, in tutta la sua imponente stazza.
-Scusate il ritardo.- disse il digimon, come se nulla fosse.
-Non importa.- ribatté il compagno di battaglia, barcollando al suo fianco male come poteva -Meglio tardi che mai.-
Koushirou, si era portato immediatamente accanto a Yamato.
-Stai bene?-
-Non saprei…- rispose quello, sinceramente. Yamato non glielo disse, ma sentiva di stare molto meglio di prima. Il braccio non gli faceva poi così male e riusciva a muoverlo e impugnare la sua arma. In più, con essa fra le mani si sentiva come più sicuro. Provava molta rabbia, ad ogni modo, fomentata dalle preoccupazione. Però il ronzio sembrava come diminuito d’intensità, per fortuna. Gli sembrava d’impazzire, fra le altre cose, almeno quello!
-Sei riuscito a recuperare qualcosa?-
Koushirou sorrise debolmente.
-Non è molto, hanno cercato di cancellare ogni traccia, perciò ho faticato parecchio per riesumare qualche dato, ma alla fine sono riuscito ad ottenere qualcosa su cui lavorare e in più… - il digiprescelto della Conoscenza continuò a sorridere e nel frattempo digitò qualche comandò sul suo computer portatile.
D’improvviso, scattò un allarme e dall’alto venne giù acqua a catinelle.
-L’impianto antincendio.- disse mettendosi fuori portata per evitare che il portatile si bagnasse.
-Non mi ero accorto.- ribatté il prescelto dell’Amicizia ricambiando il sorrisino dopo avere evitato un getto d’acqua. Ci mancava solo un gavettone.
L’acqua fece il suo dovere.
Non era una normale pioggia da impianto antincendio, era come una doccia dieci volte più potente che spruzzava getti potentissimi d’acqua nei punti critici dello spiazzo. Il pavimento ormai era completamente allagato, anche se molta acqua defluiva nel buco che il digimon aveva scavato per risalire in superficie. Impedirgli di muoversi sfruttandola sarebbe stato utile, ma di difficile applicazione perché sarebbe stata d’ostacolo anche agli alleati. In ogni caso, il muro di fiamme, seppure con sfrigolii e vampate furiose, morì soffocato dal suo naturale nemico.
Cerberumon ringhiava sommessamente, conscio di dover rimandare la propria vendetta per levarsi dalle palle tutti i nemici che si erano radunati intorno a lui.
Li squadrò uno ad uno.
C’era il digiprescelto del Coraggio, appena soggiunto con i suoi Chakram e pronto a fare nuovamente la sua seccante piccola parte.
C’era la prescelta dell’Amore, col suo ventaglio.
C’era l’umano che gli aveva fatto lo scherzetto del pavimento.
La prescelta della Memoria, con le sue fastidiose frecce luminose.
E c’erano quei due digimon, AtlurKabuterimon e Metalgarurumon, unici rilevanti ostacoli alla sua vittoria.
Ma prima di ogni altra cosa doveva occuparsi del moccioso col computer, che si era intromesso all’ultimo momento e aveva persino neutralizzato le sue fiamme con della misera acqua! Koushirou si accorse dell’attenzione del nemico nei suoi confronti e digitò rapidamente altri comandi nel suo portatile.
Improvvisamente, i digimon dei ragazzi sentirono le forze ritornare gradualmente.


Agumon aprì gli occhi.
-Dove… dov’è Taichi?- si chiese.
-Si è svegliato!- esclamò Bearmon -Pyomon, si è svegliato!-
La volatile si fermò di scatto e tornò sui suoi passi, verso gli altri due amici.
-Che è successo?- domandò Agumon alzandosi in piedi e sentendosi stranamente rinvigorito.
-Non lo sappiamo.- rispose Pyomon. Sora e Taichi devono averci lasciati qui mentre eravamo svenuti. All’improvviso- -D’improvviso ci siamo svegliate in forze. Kabuterimon e Koushirou non c’erano più, così mi sono messa a cercare Ylenia e vi ho trovati. Per fortuna stai bene- finì per lei l’orsacchiotta, guardando preoccupata il dinosauro.
Agumon si guardò le zampe. Le sue ferite stavano rimarginandosi rapidamente, il che era inspiegabile.
Il fracasso della battaglia non tardò a ricordare ai digimon intermedi che quel senso di stranezza andava accantonato.
-Sto bene, grazie.- disse rivolto all’amica con un sorrisino irriverente. Poi le carezzò la guancia teneramente. -Adesso andiamo!- esclamò.
Le due digimon annuirono e, senza perdere tempo, i tre iniziarono a correre per raggiungere Taichi, Ylenia e Sora e quando, finalmente, riuscirono a trovarli, dopo avere attraversato alcuni corridoi, assistettero alla strenua lotta fra i loro compagni e Cerberumon.
Questi, a differenza degli amici, sembrava piuttosto affaticato, ma non per questo meno furioso e pericoloso.
Metalgarurumon tentò di colpirlo nuovamente con un Cocytus Breath, ma quello schivò il colpo con un balzo e si aggrappò alla zampa di AtlurKabuterimon coi denti affilati. Lo morse con forza, come un cane il suo osso, e il digimon insetto urlò scuotendolo per liberarsi di lui. Scagliò il cane infernale diversi metri più avanti e lo fulminò scaricandogli contro il suo Mega Blaster. Cerberumon si contorse per il dolore mentre le scariche elettriche gli attraversavano e devastavano il corpo cibernetico più di quanto non fosse stato martoriato dai vari e numerosi attacchi e dalla propria imprudenza.
Si dimenò per istanti che parvero infiniti ai ragazzi e poi si accasciò nel pavimento sollevando alti spruzzi d’acqua.
Finalmente, fu il pensiero collettivo.
Ma durò poco.
Il tempo di un sospiro di sollievo e quello tornò alla carica, con più rabbia.
Puntò verso Yamato, nuovamente, ma Metalgarurumon, rinvigorito, si gettò su di lui. I loro corpi cozzarono con clangore metallico. Si ruppero in più parti, ma nessuno dei due cedette nel tentativo di respingere l’altro. Metalgarurumon era assolutamente terrorizzato all’idea che quel mostro dallo sguardo accecato d’ira potesse fare del male a Yamato e Cerberumon, invece, in testa non aveva nient’altro che quell’obiettivo.
In quel momento, neppure gli ordini di Daemon avevano valore.
Esigeva vendetta e sangue e se avesse ucciso il moccioso per averli, poco importava!
Il cane infernale ruggì e il suo urlo gutturale si diffuse facendo vibrare l’aria circostante.
Continuò a spingere contro Metalgarurumon, per spazzarlo via, ma il lupo era animato dall’Amicizia, dall’affetto che lo legava al suo compagno. E con le forze che aveva rinnovate, anche il suo spirito era tornato ad essere forte. Neppure volendo avrebbe potuto cedere il passo.
Sparò i suoi missili contro il nemico, a distanza ravvicinata.
Cerberumon fu colpito in pieno, urlò, ringhiò, scomparve nel fumo gelido delle esplosioni incessanti. Metalgarurumon gli scagliò contro colpi su colpi, finché non fu troppo esausto per continuare a sparare e cadde in ginocchio.
-L’avrà sconfitto?- si chiese Taichi stringendo i suoi chakram. Erano insanguinati. Si sforzò di ignorare quello scabroso dettaglio: aveva combattuto per proteggere i suoi amici, non per piacere personale e per Yamato e Sora era lo stesso. Per un attimo invidiò Koushirou, che non si era sporcato le mani direttamente.
Yamato si precipitò dal suo compagno e s’inginocchiò accanto a lui.
-Stai bene?- gli chiese.
-Sì… - rispose quello -E’ morto?- domandò poi, speranzoso, guardando prima l’amico, poi verso la cortina di fumo e gelo che avvolgeva Cerberumon.
L’attesa fu interminabile e carica di tensione. I prescelti e i loro digimon, con circospezione, si allontanarono dall’epicentro della battaglia e si riunirono strategicamente verso lo squarcio creato dal digimon insettoide al momento della sua eclatante entrata in scena.
Quando il fumo si diradò, svelò il corpo di Cerberumon, imprigionato nel ghiaccio. Immobile.
-E’ fatta!- esclamò Ylenia stringendo i pugni trionfante.
Crack.
Uno scricchiolio secco riecheggiò nell’aria, seguito da tanti altri, in rapida successione. Da una prima piccola crepa nel ghiaccio, se ne propagarono altre, sempre più lunghe e spaventose, finché la bara gelida non ne fu totalmente ricoperta.
Taichi scosse il capo, incredulo. -E’… un mostro… - disse.
-Scappiamo!- suggerì Koushirou e scrisse nuovamente qualcosa nel suo computer. -Presto!-
Tutti i getti d’acqua si mossero verso il cane sputato dall’inferno e irrorarono nuovamente il blocco di ghiaccio che Metalgarurumon rafforzò nuovamente colpendolo con il suo turbine glaciale. Il ghiaccio imprigionò nuovamente Cerberumon e i ragazzi non persero tempo a controllare che se ne rimanesse buono buonino a marcire.
Se la diedero a gambe di volata.
O meglio, salirono sulla schiena di AtlurKabuterimon e questi volò via più veloce che poté, attraversando rapido corridoi e sale, seguendo le indicazioni che Koushirou gli forniva.
Metalgarurumon, esausto per lo sforzo, si accasciò e regredì di livello.
-Questa non ci voleva… - sospirò Yamato mordendosi il labbro.
-Scusami… - rispose Gabumon. Il prescelto gli sorrise. -E di che?- gli chiese -Se non ci fossi stato tu… - non finì la frase. A Gabumon bastò la carezza che gli fece sulla testa.
I digiprescelti, finalmente, ebbero un attimo di respiro e Taichi ne approfittò per avvicinarsi a Koushirou.
-Che stai facendo?- gli chiese, incuriosito, mentre quello smanettava come un pazzo con il suo portatile. Nello schermo si susseguivano mappe, comandi e codici a velocità pazzesche e l’amico sembrava riuscire a capirli e leggerli come se nulla fosse. Ok, che era un genietto ma... Taichi di certo non ci capiva nulla e non poteva neppure volendo, poco ma sicuro, però una scritta attirò la sua attenzione.
The Chariot.
Proprio lì, in alto sulla finestra del programma che il rosso stava utilizzando.
La indicò.
-Esatto, ho attivato anch’io il programma Arcana.- spiegò quegli -Posso accedere a mappe, codici e quant’altro, sfruttare il territorio a mio piacimento, elaborare i dati e trasferirli velocemente. E’ uno strumento portentoso.- gli brillavano gli occhi e le sue dita pigiavano i tasti con rapidità tale che quasi toglievano fumo.
-Sei stato tu a rifornirci di energia?- domandò allora Gabumon.
-Sì.- rispose il prescelto della Conoscenza -Ho semplicemente sfruttato la composizione dell’edificio e le diverse strutture che contiene. Daemon è un mago, ogni locale è disposto strategicamente secondo certi criteri esoterici. Io li ho utilizzati a nostro vantaggio.-
-Sei un grande!- esclamò Ylenia dandogli un’altra pacca alla spalla e facendolo arrossire oltre che quasi volare giù dal proprio digimon.
-Perciò, hai usato il programma anche poco fa? Prima di entrare in scena?- chiese Yamato massaggiandosi il braccio.
-No, perché?-
-No, nulla… - rispose il prescelto dell’Amicizia, turbato.
Non sentiva più dolore.
Però tutti sentirono un gran fracasso e, colmi di terrore, intravidero Cerberumon in lontananza.
Questi, cieco di rabbia come non lo era mai stato, in un primo momento non li vide e passò oltre in un corridoio laterale.
Sospirarono.
Poi, però, fece dietrofront e si rimise ad inseguire nuovamente le sue vittime che impallidirono.
-Ancora?- esclamarono esauste Ylenia e Bearmon.
-Più veloce, più veloce!- urlò Sora ad AtlurKabuterimon e questi scattò in avanti, aumentando la propria velocità.
Purtroppo per loro, qualcuno, un certo demone incappucciato, osservava tutto da molto tempo. E, stanco di come si stavano mettendo le cose, ben decise di ostacolare la loro corsa. Daemon sogghignò crudelmente mentre due spesse pareti di metallo calarono pesantemente al suolo, imprigionando fra due fuochi i suoi nemici.
I ragazzi urlarono in preda al terrore e Neo trattenne il fiato. AtlurKabuterimon dovette arrestare il suo folle volo di scatto e, di contro, i prescelti e i digimon sulla sua groppa persero l’equilibrio.
Ylenia non riuscì a reggersi, non fece in tempo.
Scivolò lungo il guscio rosso e liscio del digimon della Conoscenza.
Taichi non riuscì ad afferrarle la mano, cadde nel vuoto.
Bearmon urlò.
Cerberumon si muoveva ormai solo per cieca furia, zero raziocinio.
I suoi sensori danneggiati registrarono esclusivamente Il colore dei capelli di lei.
Biondi.
E anche il taglio era simile.
Il cane infernale saltò verso la ragazza a fauci spalancate. Un enorme, terrificante, furia nera. Ylenia spalancò gli occhi e urlò di terrore, raggomitolandosi su se stessa a mezz’aria. Il ruggito furioso del digimon sovrastò le grida dei ragazzi e dei loro compagni digitali.
“E’ la fine...” pensò la ragazza.
“E’ la fine.” pensarono tutti.
“No!”pensò Yamato.
In quel momento, in quel brevissimo istante, sentì qualcosa svegliarsi in lui. C’era furia, c’era terrore, c’era sete di sangue. La sua ascia pulsava fra le sue mani come assetata di quel liquido scarlatto, ma lui non percepiva quella vibrazione.
Gridava.
-Nooooooooooooooooooooooooooo!-
E gridava!
Gridava come mai aveva gridato prima.

Taichi non riuscì ad afferrare neppure lui mentre si lanciava sul digimon nemico. Non poté trattenerlo e urlò anche lui un -No!- che gli morì ben presto in gola. Yamato sapeva solo che doveva fermare Cerberumon, a costo di ucciderlo. Sentì il potere scorrere nelle sue vene e fuoriuscire dal suo corpo, lo raccolse nelle lame della sua ascia e colpì.
Cerberumon non serrò mai la bocca sul corpo di Ylenia.
L’ascia lo tagliò in due parti nel senso della lunghezza.
Un taglio netto e pulito, fulmineo.
Rigagnoli del suo sangue scorsero sulle lame e gocce scarlatte schizzarono sul volto del ragazzo prima di dissolversi in dati, insieme al resto del corpo del digimon.
AtlurKabuterimon, nonostante lo stupore, fu lesto ad afferrare i due ragazzi a pochi metri dal suolo, impedendo loro la rovinosa caduta.
Poi, stremato, anche lui involse.
I ragazzi e i digimon si guardarono, stremati e sconvolti.
Erano proprio messi male.
Taichi rise, dapprima fra se e se, poi sommessamente, poi mal celatamente si lasciò scappare risatine, poi scoppiò a ridere istericamente. Agumon lo seguì a ruota poco dopo, poi anche Ylenia, Bearmon, Sora. Era contagioso, persino Neo si lasciò scappare un sorrisino, poi però si fece pensieroso.
Quando le risate si spensero, nessuno parlò più per diversi minuti.

Si accasciarono tutti a terra, stremati, con la schiena al muro e ripresero fiato. Attesero che i loro cuori impazziti d’ansia e terrore si placassero. Sperarono che tutto fosse finito, sul serio e, d’istinto, guardarono le pareti che avevano ostacolato la loro fuga e, ironia della sorte, stroncato per sempre la folle corsa di Cerberumon.
-Idea folle, la tua… - fece il prescelto del Coraggio rivolto all’amico.
-Non sono stato io.- rispose quello, ansimando per riprendere fiato dopo lo spavento di poco prima.
-Lo immaginavo.- ribatté il castano storcendo un po’ le labbra. -Perciò, chi è stato?-
Neo non rispose, lui credeva di conoscere la risposta e quando incrociò lo sguardo di Taichi comprese che anche lui la pensava allo stesso modo.
-E adesso?- chiese Pyomon.
-La buttiamo giù.- rispose risoluto Agumon, alzandosi in piedi.
-Aspetta, non sprecare forze, dobbiamo tornare dagli altri per aiutarli.- lo fermò il prescelto della Conoscenza e si rimise a trafficare col suo computer. Normalmente Taichi l’avrebbe redarguito di non staccarsi mai da quell’affare, ma tacque: Koushirou Izumi aveva parato il culo a tutti, poteva anche concedergli di stare qualche oretta attaccato al suo aggeggio. Specialmente se quel suo aggeggio li avrebbe aiutati a buttare giù quelle pareti e li avrebbe fatti tornare in tempo per aiutare sua sorella e gli altri ragazzi.
Il rosso si mise a lavorare di buona lena e continuò così per diversi minuti che Taichi trascorse facendo ridere i compagni, scimmiottando Neo ai tempi della sua avventura in solitaria. Il ragazzo coi capelli bianchi, seppur piccato non poté che lasciarlo fare, anche perché quello ignorava le sue proteste e continuava imperterrito.
-Io sono un domatore di serie A! E tu Taichi Yagami sei solo una mezza tacca di serie Z!- lo beffò amichevolmente.
-Ok, ok, ammetto che non ero molto simpatico.- ribatté il domatore -Ma almeno non ero una velina fallita.-
-Solo perché sei geloso delle mie doti artistiche. Perché non provi anche tu la danza della vittoria?- esclamò e infilò il braccio sotto il suo, afferrandolo e trascinandolo in un mezzo giro del suo amato stacchetto post battaglia, ma Neo si oppose. Si oppose troppo fermamente e bruscamente che Taichi pensò di aver tirato troppo la corda.
-Dai, si scherzava… - gli disse, imbarazzato, ma Neo lo guardava preoccupato.
-Non sentite questo strano odore?-
Era gas.
Neo impallidì e sudò freddo. Che cavolo stava facendo Daemon? Voleva asfissiarli? Farli saltare in aria? Perché c’era gas in quel luogo?
Koushirou Izumi era ancora concentrato nel suo lavoro, ma sudava comunque freddo anche lui e sembrava procedere spedito nel suo operato, chiedergli d’intervenire avrebbe sottratto loro tempo prezioso, ma che fare nel frattempo?
“Vuole uccidere anche me?” si chiese il domatore “Ma allora a che scopo… Rei… ”
Purtroppo per lui era difficile entrare nella testa di uno come Daemon, non era solo uno perennemente incazzato. Era l’Ira. Lui ci conviveva con le incazzature, non era un digimon totalmente irrazionale. Supporre che lo fosse, era un errore colossale.
Qual’era il suo vero piano?
Che cosa pensava davvero di fare e come?
-Yamato.- disse d’un tratto Taichi, attirando l’attenzione di tutti.
-Non sono stato io.- rispose quello sfoggiando un sorrisetto strafottente.
Al diavolo le preoccupazioni, ci avrebbe pensato una volta fuori da lì. Daemon voleva uccidere anche lui subito? Senza avere la garanzia di poter ritentare l’esperimento? No, tramava qualcosa, era tempo di rompergli di nuovo le uova nel paniere.
-Sì, certo, tu non le fai.- gli disse, fingendo di crederci e battendogli la mano sulla spalla.
-Fammi da scaletta, te che sei alto.- disse poi, serio.

Yamato obbedì. Taichi si tolse la giacca e l’appallottolò, poi s’arrampicò sulla mano dell’amico e gli salì sulle spalle. Quello si sollevò lentamente, mentre tutti gli altri, intorno a loro, iniziavano a tossire per il gas che aveva ormai invaso l’ambiente. Il prescelto del Coraggio ficcò la propria giacca nel piccolo condotto, per ostruirlo completamente.
-Questo dovrebbe farci guadagnare tempo.- disse -Kou, a che punto sei?-
-Ancora un minuto.- disse quello.
Ormai l’ossigeno rimasto era pochissimo, i ragazzi e i digimon si misero a sedere a terra trattenendo a fatica il respiro. L’attesa parve infinita, ma la verità è che il prescelto della Conoscenza impiegò esattamente quaranta secondi per far partire il comando decisivo.
Fu un lavoraccio.
Lui non conosceva il sistema, il laboratorio di Daemon era come un intricato labirinto di dati e alcuni dei suoi macchinari erano ancora in funzione, per lo più telecamere e sistemi di difesa. E c’era qualcuno, che si stava divertendo ad azionarli a distanza. Avrebbe voluto rintracciare il segnale, ma il tempo stringeva, si concentrò sul bloccarlo, sul trovare il codice inverso alla chiusura delle porte. Una volta trovato, poi fu un gioco da ragazzi lasciare che The Chariot terminasse l’opera. Premette invio e le pareti si sollevarono.
Ci fu un sospiro generale, esausto e gratificato al tempo stesso.
-Andiamo via.- urlò Taichi, aiutando la propria ragazza ad alzarsi in piedi.
Tutti lo seguirono, lanciandosi in una corsa disperata, senza fermarsi mai. Via, fuori da quella trappola, da quel laboratorio, da quella landa desolata.
Attraversarono il varco magico che li ricondusse al luogo di partenza. Le fogne, o quello che restava di quelle.
I prescelti si ritrovarono improvvisamente a precipitare nel vuoto.
-Oggi basta emozioni… - bofonchiò Ylenia.
-Ci penso io!- esclamò Pyomon. -Pyomon shinkaaaaaaaaaaaaaa…. Birdramon! Birdramon chou shinka…. Garudamon!-
L’enorme digimon raccolse gentilmente gli amici nei palmi delle mani e spiccò il volo. In alto, sempre più in alto e sempre più veloce.
“Hikari, ragazzi, stiamo arrivando.” Pensò Taichi.



°



Daemon schioccò la lingua, seccato.
-Poco male.- disse, alzandosi dal suo scranno e lasciando la sala MetalPhantomon, seguimi.-
-Signore?- domandò quello obbedendo.
-I digiprescelti stanno per riunirsi ai loro compagni, dobbiamo inviare i rinforzi al nostro esercito.- disse, nonostante la gravità della situazione non sembrava turbato. I due percorsero rapidamente i corridoi che li separavano dalle celle delle cavie del Signore dell’Ira.
Questi si fermò davanti ad una delle porte e sogghignò maligno.
-Signore, se permette… crede sia il caso di testarlo adesso?-
-Quale occasione migliore?- domandò il digimon, allargando a dismisura il suo sorriso malefico -Stiamo testando l’altro, prendiamo due Parrotmon con una fava.-






°






DeathMeramon non si era fatto attendere, non aspettava altro lui stesso.
Passò brevemente in rassegna i suoi schieramenti. Centinaia, che dico, migliaia di digimon erano allineati in ordinate fila. La maggior parte di questi erano tozzi esseri dai corpi tondeggianti di gomma grigia scura. Il volto era formato da maschere d’acciaio collegate tramite tubi dello stesso materiale ad un serbatoio che avevano agganciato sulla schiena. Il loro nome era Troopmon, prototipo del soldato perfetto, efficiente nell’esecuzione degli ordini. Privi di sentimenti, impugnavano i loro lanciafiamme e tacevano, guardando fissi il loro obiettivo. Il riflesso della capitale magica, Witchelny, si rifletteva sinistramente nelle loro lenti scure.
Fra questi digimon, vi erano anche molti altri: digimon diavoli, digimon macchine, digimon mostruosi di vario tipo, ma in minor numero rispetto ai piccoli, tozzi, Troopmon.
In ogni caso, gli occhi di costoro e le loro carni stesse reclamavano il sangue e i dati, si trattenevano esclusivamente perché il fallimento non era contemplato. Obbedire agli ordini era il modo più sicuro per vincere e riportare gloria e onore e al tempo stesso attirarsi la benevolenza del loro signore.
Fra le truppe si distinguevano cinque digimon, fieri ed impettiti, che scrutavano pensierosi il futuro campo di battaglia. Come lui portavano appuntato sul petto o sulle zampe una stella d’argento capovolta con inciso al centro un occhio. DeathMeramon fece loro segno di avvicinarsi e questi si riunirono intorno a lui.
-I Cristalli sono pronti?- domandò.
-Vanno solo installati, olè!- esclamò un’eccentrica creatura dagli abiti variopinti. Matadormon, questo il suo nome, portò platealmente in alto la lama che costituiva la sua gamba e con il braccio artigliato si colpì svenevolmente la fronte -Non posso attendere oltre, che il massacro inizi, olè!-
La digimon al suo fianco, indossava un’armatura scura, con una maschera volpina a coprirle gli occhi e lunghi capelli neri acconciati come una coda di volpe. Portava con sé una lancia d’argento la cui punta era collegata all’asta tramite un anello nel quale erano infilati a loro volta, in pari numero per parte, tre anelli più piccoli.
-Smettila, non ti sopporto.- ringhiò sommessamente rivolta all’eccentrico parigrado.
Questi fece per ribattere, ma DeathMeramon li zittì con un gesto della mano.
-Atteniamoci agli ordini, riprenderemo le discussioni per quando avremo compiuto questa missione. Il Grande Daemon si aspetta molto da noi, dimostriamogli che la sua fiducia in noi è ben riposta.- disse, sottolineando quel “noi”.
Gli altri annuirono.
-Molto bene. Matadormon, occupati dei Cristalli, Kuzuhamon, tu tieniti pronta a- -Lo so.- lo interruppe quella con uno sbuffo. -Cercate di non intralciarmi.- disse arrogante abbandonando il capannello di ufficiali.
Dokugumon, un gigantesco digimon ragno, ridacchiò sguaiatamente nell’osservarla ancheggiare, poi si rivolse a DeathMeramon.
-Torcetta, non montarti la testa solo perché ti abbiamo accordato la leadership. Quando questo incarico sarà portato a termine, scordati che staremo ai tuoi ordini.-
DeathMeramon annuì, non era per nulla toccato da quelle parole di scherno. Rise sommessamente fra sé.
-Me lo ricorderò. Adesso ognuno al suo posto.- li fissò negli occhi uno ad uno, lanciò persino un’occhiata a Kuzuhamon che era già nella sua postazione e avanzò verso le truppe, che si misero sull’attenti.
Il capannello si sciolse velocemente e ognuno degli ufficiali si affrettò ad occupare il posto che gli era stato designato al momento della pianificazione. DeathMeramon accese il suo trasmettitore e rivolse nuovamente lo sguardo verso le alte mura che circondavano la città magica.
-Che gli dei della guerra vi siano propizi.- disse con gli occhi baluginanti che ardevano bramosi di versare sangue.
Alzò il braccio per aria e poi lo abbassò, in direzione della capitale.
Al suo segnale, le truppe di Daemon lanciarono un urlo tremendo, un boato assordante reclamante sangue scosse la terra.
I digiprescelti e i digimon in posizione accanto alle mura avevano assistito, anche se a distanza e senza poter udire una parola, alla riunione fra gli ufficiali nemici. Credevano di essere pronti quando l’assedio sarebbe iniziato, ma non lo erano.
Quelle urla di guerra raggelarono loro il sangue nelle vene.








Fine Capitolo 20




Note: Signori e signore, ben ritrovati. So che è passato molto tempo dall'ultimo capitolo. Questo è stato un periodo tormentato in cui non riuscivo a trovare ispirazione per le mie care vecchie long. Davvero terribile. E questo capitolo, nella fattispecie, era piuttosto delicato, con Cerberumon e tutto il resto.Ho cercato di rendere il capitolo veloce. Moto veloce. Anche troppo @.@ quel digimon non la finiva di correre.
Vedrete comunque che la battaglia ha lasciato il segno.

Come vedrete altre belle cosette (spero uhuhu) .
Dovrebbe essere più breve dei capitoli precedenti, perché mi sono concentrata semplicemente sulla "Via dell'Eremita". Avevo abbozzato anche l'inizio della battaglia, ma è troppo complicata e troppo agguerrita, La gusterete, spero, al prossimo aggiornamento. Che spero di poter fare prima dell'anno prossimo, ispirazione permettendo. Per ora sono messa bene da quel punto di vista.
Twins' War mi era mancato.
Comunque, vi devo spiegare delle cose. In realtà vorrei spiegarvi tutto ciò che mi ha portato a scegliere le armi dei ragazzi, in particolare quella di Yama e di Kou, che in un certo senso sono state le più complesse.

1. Per Yama avevo già scelto l'ascia, è una mia fissa. Ma voi avete mai visto un eremita con un'ascia? Io no. Dovevo spiegarla bene sta cosa. E sorprendentemente ci sta d'incanto.
Dunque, la carta dell'Eremita vuole che questi sia un individuo, oltre che solitario, che da le spalle al passato e rivolga il viso verso il futuro ignoto. E' la nona carta, un numero estremamente critico in confronto della carta precedente, l'ottava. L'otto è un numero perfetto. L'eremita porta con sé un bastone, simbolo del cammino che si è scelto: Yama in questi due capitoli ha scelto il suo cammino. E' passato dalla riflessione confusa all'azione. Dalla tormentata meditazione alla via del sangue. L'ascia bipenne, con le sue due lame è simbolo della dualità divina: luce e oscurità. Ora, Yamachan è puccio e carino, ma non è certo una divinità XD però sceglie il cammino degli uomini, un cammino fatto di sangue.
La luce che l'Eremita porta con sé l'avete vista anche voi, è la pietra incastonata nel bastone: è la luce della Conoscenza, in questo caso di sé. Lui ha capito che non doveva più scappare, anche se lo desiderava (e chi non lo desidererebbe con quel mostro attaccato al deretano?!).

2. Per Kou non sapevo che cacchio di pesci pigliare. Ma secondo voi uno come lui impugnerebbe un'arma? o.o
Il Carro rappresenta una guida. E' chi lo guida a condurre le bestie, così come è l'intelligenza di Kou a parare il cu... fondo schiena agli altri. Non sarà un'arma sanguinaria, ma tant'è u.u


Più avanti vi spiegherò gli altri, ma questi due mi parevano ostici da capire di primo acchito.

Bene, al prossimo capitolo e che gli dei della guerra vi siano propizi, olè! *alza la gamba*
   
 
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