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Autore: Lily_and_the_Marauders    06/08/2013    2 recensioni
ATTENZIONE: Larry Stylinson [Louis Tomlinson x Harry Styles].
«Harry» bisbigliò, per non farsi sentire dagli altri. Harry borbottò qualcosa ma non aprì gli occhi.
«Harry, svegliati, ho bisogno di te».
«Sto dormendo» mugugnò.
Louis alzò gli occhi al cielo. «Lo vedo, scemo. Puoi aprire gli occhi per un momento, però?»
Harry si passò una mano sulla faccia per stropicciarsi gli occhi che, alla fine, si costrinse ad aprire.
Dalla finestra entrava fioca la luce di un lampione ma bastava a Louis per vedere i contorni del viso di Harry, i suoi occhi verdi facevano quasi a pugni con l’oscurità della stanza.
«Che vuoi, Lou?» chiese il ragazzo, scocciato.
«Ho paura del buio» confessò l’altro in un sussurro a mala pena udibile. «Lo so, è una cosa idiota e probabilmente mi starai dando del pazzo ma-»
«Dai, entra» lo interruppe Harry, si spostò un po’ per fargli spazio sotto le coperte.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Lily_and_the_Marauders.
Fandom: One Direction.
Coppia: Larry Stylinson [Louis Tomlinson x Harry Styles]
Rating: verde.
Avvertenze: PRE-SLASH, se non vi piace il genere non siete tenuti a leggere. Fluff a volontà *yeee*.
Desclaimer: Louis Tomlinson e Harry Styles non mi appartengono, con questo scritto non si vuole in nessun modo offenderli e non si tenta di stravolgerne il carattere.
 
Note autore: One-Shot senza capo né coda, scritta per puro divertimento e anche perché avevo un estremo bisogno di fluff. Parto dall’inizio di tutto, da xFactor.
Nella speranza che vi possa piacere, buona lettura. Per qualsiasi cosa mi trovate su Twitter, sono --> https://twitter.com/ohmycastieel (sì, sono anche talmente impedita che non so come mettere un codice ipertestuale lol Tra l'altro vi chiedo scusa in anticipo per gli eventuali errori di battitura che troverete)
 
 
 
 
 
 

I trust you.
 

 
I giorni ad xFactor procedevano veloci, ormai. Louis alloggiava alla residenza dei partecipanti da circa due settimane ma si sentiva già come a casa sua. Certo, non era sempre una pacchia lì, doveva lavorare sodo, però ne valeva la pena. La sensazione che provava quando saliva sul palco era immaginabile, difficile anche da descrivere. Stare in piedi davanti alla folla e cantare era magico, la prima volta che erano andati in diretta Live, Louis aveva pensato che era proprio quello che voleva fare nella vita: esibirsi.
Così  lui e i suoi compagni avevano iniziato a lavorare duramente sotto la guida di Simon, se c’era bisogno restavano a provare anche la notte. Poteva sembrare dura –in realtà lo era- ma gli amici rendono sempre tutto più semplice, no? I suoi compagni di ‘squadra’.
Ormai erano diventati la sua seconda famiglia, dei fratelli. Louis aveva davvero bisogno di componenti maschi nella sua vita dato che aveva praticamente cresciuto una moltitudine di sorelle femmine –quattro, per l’esattezza-.
Staccare un po’ e vivere tra ragazzi era una boccata d’aria. Aveva un anche migliore amico a casa, Stan, e gli mancava, ma in quei quattro sbandati aveva trovato un porto sicuro.
Era bastato poco per socializzare, non che lui fosse uno timido, ed erano diventati inseparabili. Si scambiavano anche le mutande.
Metteteci poi il fatto che condividevano una stanza abbastanza piccola, beh, in contatto sarebbero dovuti entrare per forza! Parlando della stanza: era un disastro. Nessuno oltre loro ci metteva piede, anche perché era quasi impossibile vedere il pavimento con tutta quella roba sparsa sopra. Forse era anche quello il motivo per cui sembrava più piccola rispetto alle altre. Ma, d’altro canto, era meglio così; quello era il loro rifugio. Tra pizza e videogiochi c’era da spassarsela. Diciamo che, dopo le cucine e la sala prove, era la stanza in cui passavano la maggior parte del loro tempo.
Tutta quella situazione a Louis sembrava quasi una vacanza, l’unico compito da svolgere era portare avanti il suo sogno. Bella roba, magari avessero fatto così anche a scuola.
La scuola… meglio non pensarci per il momento.
Beh, comunque alla fine erano le notti a passare lente per Louis. Se ne stava lì, sdraiato a pancia in su sul suo letto a castello –dormiva nel posto in alto- a fissare il soffitto.
E’ che aveva paura di chiudere gli occhi, Louis. Aveva paura del buio.
Cavoli, diciotto anni e aveva ancora il terrore che qualche mostro potesse uscire dalla penombra per saltargli addosso. Più ci pensava e più si rendeva conto di quanto fosse tristemente ridicolo. Però era così, era vero, al buio lui si sentiva così piccolo in confronto al mondo. Non vedeva nulla e non vedere gli dava enormemente fastidio, così restava allerta e attendeva fin quando le palpebre, pesanti, non si chiudevano di loro spontanea volontà. Restava impotente a sentire i respiri dei suoi compagni di stanza, di Harry soprattutto che dormiva nel letto sotto al suo.
Harry aveva un modo buffo di respirare mentre dormiva. Lui, al contrario di Niall, non russava: inspirava dal naso e poi espirava dalla bocca, silenziosamente, emettendo solo qualche sbuffo ogni tanto.
Era anche ritmato, in un certo senso. Louis si concentrava molto spesso solo sul suo respiro, lo rilassava.
Harry Styles era un sedicenne di Holmes Chapel, nel Cheshire, e si erano incontrati per la prima volta nei bagni di xFactor; Louis aveva capito subito che era speciale –per quanto uno stupido bagno possa farti capire queste cose-, fatto sta che alla fine se l’era ritrovato nel gruppo ed era diventato il suo migliore amico, tra i quattro. Louis voleva bene a tutti, davvero, ma con il ricciolino aveva stretto un legame particolare da subito. Loro chiacchieravano molto, per la maggior parte del tempo, e Harry lo capiva al volo.
Scherzosamente, tutti i concorrenti del programma li chiamavano “anime gemelle”.
Harry era un ragazzino dolce, con un visetto tenero e delle guanciotte da pizzicare. Aveva una massa di capelli ricci che gli copriva la testa, un paio di fossette e gli occhi di un verde acceso. Sembrava piccolo –perché effettivamente lo era, a sedici anni non sei tanto grande- ma era incredibilmente intelligente e profondo per uno della sua età, anche se tutti conoscevano il suo lato da pazzo che gira nudo ovunque (questa è un’altra storia, però).
La sua voce era la cosa che ti destabilizzava di più, all’inizio, perchè era profonda e calma. Al contrario di quella di Louis, che era particolarmente acuta. Louis era caos, Harry era pace. Due caratteri diversi, completamente, ma andavano d’accordo come pochi. In sostanza, non c’era niente di Harry che a Louis non piacesse.
Oltretutto, sentiva di potersi fidare ciecamente del ragazzo e, forse, fu anche questo fatto che una notte delle tante lo spinse a scivolare fuori dal letto per precipitare poi in ginocchio accanto al suo.
Dormiva beato e, nel sonno, sembrava ancora più piccino. Louis si sentì piuttosto in colpa pensando a quello che stava per fare. Esitò prima di posargli una mano sulla spalla e scuoterlo, dolcemente.
«Harry» bisbigliò, per non farsi sentire dagli altri. Harry borbottò qualcosa ma non aprì gli occhi.
«Harry, svegliati, ho bisogno di te».
«Sto dormendo» mugugnò.
Louis alzò gli occhi al cielo. «Lo vedo, scemo. Puoi aprire gli occhi per un momento, però?»
Harry si passò una mano sulla faccia per stropicciarsi gli occhi che, alla fine, si costrinse ad aprire.
Dalla finestra entrava fioca la luce di un lampione ma bastava a Louis per vedere i contorni del viso di Harry, i suoi occhi verdi facevano quasi a pugni con l’oscurità della stanza.
«Che vuoi, Lou?» chiese il ragazzo, scocciato.
«Ho paura del buio» confessò l’altro in un sussurro a mala pena udibile. «Lo so, è una cosa idiota e probabilmente mi starai dando del pazzo ma-»
«Dai, entra» lo interruppe Harry, si spostò un po’ per fargli spazio sotto le coperte.
Ancora una volta, Louis si trovo ad esitare. «Grazie» fece poi alla fine, sgusciando accanto a lui.
Si sistemarono alla bell'e meglio –i letti erano da una sola piazza-.
«Non dormi?» domandò Louis a Harry, dopo un po’. Il riccio aveva gli occhi spalancati.
«No, mi hai svegliato e mi ci vorrà un po’ per riprendere sonno. E poi sto un po’ scomodo» aggiunse alla fine.
Louis si girò su un fianco e stese un braccio verso Harry. «Per forza, stai sul ciglio del letto, accostati. C’è spazio».
Questa volta fu Harry ad esitare ma, vinto dalla posizione scomoda che la sua schiena aveva assunto, si spostò verso di lui lasciando che il suo braccio gli circondasse le spalle e facendogli da cuscino.
«Mi dispiace averti svegliato, non avrei dovuto» mormorò dopo qualche minuto Louis.
«Perché no? Se ti fa stare meglio va bene» lo tranquillizzò Harry.
Louis sospirò. «Dormo male da quando siamo arrivati, a casa non mi succede più da un po’, deve essere l’agitazione…»
«Casa è pur sempre casa» osservò saggiamente il riccio. «Ma perché non me lo hai detto prima?»
«Perché è una cosa totalmente scema, Harry, ad una certa età queste paure dovrebbero svanire, non ho più cinque anni».
Harry scosse la testa leggermente. «Guarda che le paure non scompaiono magicamente nel momento in cui si diventa “adulti”, Lou».
«Sì, forse questo è vero, però, insomma… ho altre quattro persone in stanza ma appena spegniamo le luci mi sembra di essere quasi totalmente solo».
«Ti serve solo un po’ di contatto umano, allora. Sapere che hai qualcuno vicino fisicamente migliora le cose, no? Voglio dire, sai che le possibilità di venire rapito dall’Uomo Nero calano del cinquanta per cento» ridacchiò.
Luis gli diede una spintarella giocosa poi, istintivamente, tuffò la mano libera tra i suoi capelli. «Mi rilassa» spiegò e Harry non si oppose, chiuse gli occhi.
Dopo qualche minuto di silenzio, interrotto dal respiro pensante di Niall a pochi metri da loro, il riccio fece una domanda che Louis non si aspettava: «Perché sei venuto a svegliare me, ‘sta notte?»
«Perché so che avresti capito» disse, sincero, dopo qualche secondo. «Voglio dire, mi fido di tutti voi, Harry, ma con te è diverso. Con te sento di poter parlare di ogni cosa, anche –e soprattutto- delle mie paure».
Harry annuì. «Grazie».
«E per cosa?»
«Per esserti fidato di me, non tutti si fidano di un sedicenne».
Louis ridacchiò. «Sei molto più intelligente e affidabile di tutti i sedicenni che io abbia mai conosciuto, Harry».
Harry annuì ancora e, per la seconda volta, fece un gesto inaspettato: prese la mano libera di Louis –quella che ancora vagava libera tra i suoi capelli- e fece in modo che la stringesse a pugno lasciando solo il pollice fuori, in su verso l’alto. «Sai cosa vuol dire questo gesto nel linguaggio dei segni?»
«Umh, che è tutto a posto, che va bene?» azzardò Louis, confuso.
«Anche quello» rispose Harry. «Ma, mi pare di averlo letto da qualche parte, significa anche un’altra cosa. Significa “sei mio” o roba del genere*» spiegò. «Ora, con questo non voglio dirti che tu mi appartieni nel vero senso della parola» ridacchiò e chiuse a pugno anche la sua mano e la fece scontrare con quella di Louis. «Più che altro possono essere mie le tue paure o le tue preoccupazioni; è più facile portare in due il peso di una cosa brutta, non credi? Quindi posso assicurarti che sarò la tua spalla, sono abbastanza forte da sorreggere anche te nei momenti di difficoltà, sempre che tu lo voglia».
Louis fece segno di sì con la testa e diede un altro colpetto al pugno di Harry, come per dirgli che anche per lui era la stessa cosa. L’altro sembrò afferrare il concetto perché annuì a sua volta.
«Okay» Louis sbadigliò. «Ora che siamo ufficialmente l’uno la spalla dell’altro e che mi hai dato implicitamente il consenso di venirti a disturbare anche alle due di notte –qui Harry alzò gli occhi al cielo con una risatina- possiamo dormire,che dici?»
«Oh, sì, approvo»
«Bene, buona notte, Harold» sussurrò l’altro.
«’Notte».
 
 
 
Louis spalancò gli occhi improvvisamente, dopo una corsa burrascosa in uno dei suoi sogni, accorgendosi che c’era abbastanza luce nella stanza da poter essere quasi l’ora della sveglia.
Harry aveva ancora la testa poggiata sul suo petto e con un braccio lo stringeva a sé.
Louis sarebbe potuto rimanere lì anche per sempre, in quella quiete che lo stordiva, tenuto al caldo da una persona e non dalla solita trapunta.
Però, alla fine, si costrinse ad alzarsi facendo in modo di non svegliare Harry.
Lo coprì per bene perchè l’aria pungente dell’autunno iniziava a trapassare anche le pareti e, con delicatezza, gli posò un bacio sulla fronte coperta dai capelli.
Non aveva voglia di tornare a dormire perciò andò a ripescare il suo iPod dalla borsa e si sedette per terra, accanto al letto. Lanciò uno sguardo al riccio poi, sorridendo, si infilò le cuffiette sprofondando in quell'universo di piacere che è la musica.
Riproduzione casuale.
Oh, The Fray, ottimo modo per cominciare una giornata.
                                                                                             
 
 
 
 
 
*questa è una cosa totalmente campata per aria, non sono riuscita a trovare documenti che provino se il significato di questo gesto sia effettivamente “sei mio” dunque mi sono affidata alle “voci di corridoio”. 

   
 
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