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Autore: funklou    06/08/2013    27 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Sadness.

Avril camminava. Camminava e basta perché, se le avessero chiesto di fare qualsiasi altra cosa, non ne sarebbe stata capace. Camminava con lo sguardo di quelle persone che si trovano ai bordi delle strade isolate, buie e silenziose. Quelle persone che sanno di non avere più niente, che vivono semplicemente perché sono nate. Avril, in quel momento, aveva tutto questo negli occhi. 
La vibrazione del cellulare la fece sussultare. Estrasse l'iPhone dalla tasca con quella poca forza che aveva e lesse il nome: Jason.

03/feb/2013 14:40
Ti chiamo. J

Solo leggendo quel messaggio, si sentì ancora di più sprofondare. Una spiegazione precisa non c'era, forse perché sapeva che non era più la stessa persona dietro a quel cellulare e, sotto a quel nome, non avrebbe più ricevuto messaggi in cui le ricordava la sua presenza. Sapeva bene, però, di non voler sentire più la sua voce, perché sarebbe stato tutto diverso. Avrebbe preferito di più ricordare quella voce mentre le sussurrava di essere l'unica ragazza al mondo, e non per darle spiegazioni di un fottuto bacio. Jason, evidentemente, capì, e per questo optò per un messaggio. La ragazza, dopo alcuni minuti, per la seconda volta, sentì il cellulare avvisarla di un nuovo messaggio e lo aprì.

03/feb/2013 14:42
Avril, so che è imperdonabile, ma almeno volevo spiegare. Il fatto è che io credo di non sentire più niente per te. Sei stata importante, sei importante, e se sono qui a dirtelo è perché andare avanti a bugie faceva male sia a me e sia a te. E non è tutto. Ecco, Sophie non è solo la mia migliore amica. Ecco, ehm... Io sono innamorato di lei. So che adesso ti sto distruggendo, ma non potevo continuare con le bugie.

Se prima l'aveva scaraventata a terra, ora l'aveva fatta sprofondare giù, nel buio, dove non c'è nessuno, dove sei solo, solo con te stesso. Ed era così che Avril voleva essere, ora.
Sola.
Perché se non aveva Jason, allora voleva restare senza nessuno. Troppi ecco in così poche righe, troppa distruzione in così poche parole.
Si sedette sul marciapiede, lanciando via l'iPhone e portandosi le mani sul viso. Singhiozzava per la strada, così, seduta tra i pezzi del suo cuore in frantumi, e non gliene importava dell'attenzione che le rivolgeva la gente che passava in bici, o in macchina. Non importava più. Quell'attenzione non era da parte di Jason. 
Aveva i capelli che le ricadevano sul volto, ed ora erano bagnati dalle lacrime. Sembrava una psicopatica riuscita a fuggire da un manicomio, e non le importava nemmeno questo.
Solo ora si rendeva conto di aver fatto lo sbaglio più grande della sua vita a rinchiudere tutte le sue certezze in una sola persona.
Guardava il tramonto e pensava che fosse il primo ad osservare senza Jason. Sembrava la reincarnazione della disperazione: aveva perso tutto ciò che avrebbe voluto tenere stretta a sé per sempre. 

Quella sera, Avril fu ritrovata solo alle 23 da sua madre che stava ritornando dal lavoro. Era sdraiata su una panchina, non lontana dal suo quartiere, quando le luci della macchina le puntarono contro. Subito la donna scese per raccogliere quel corpo freddo. Avril sembrava aver perso vita e pensava che sì, era vero, senza lui. Sua madre non le fece neanche una domanda. Si vedeva il nervosismo da come premeva le dita sul volante, da come ogni tanto lanciava occhiate al sedile posteriore, dove sedeva la sua Avril. Appena arrivate a casa, il silenzio iniziò ad essere invadente.
"Vuoi qualcosa?" chiese la madre e quasi sussurrava, come se avesse paura di farle male. 
"No." Fece un enorme sospiro che le si bloccò a metà. Stava per arrivare un'altra serie di pianti. "Vado in camera, voglio stare da sola." Le sorrise, ma gli occhi piangevano.
La donna che aveva davanti comprese la figlia e annuì sospirando. Era preoccupata.

Passò la notte sveglia, a fissare il soffitto con occhi diversi rispetto a quelli della ragazza che si era appena trasferita a Sydney. Quegli occhi, adesso, erano come quegli sgabuzzini colmi di oggetti inutili, dimenticati e pieni di polvere, che se apri la porta ricadono fuori, poiché compressi in uno spazio troppo piccolo. I suoi occhi erano colmi di tristezza, di rancore, di male. E allora apriva la porta, come per gli sgabuzzini e lasciava scendere le lacrime.
Era sempre stata quella che amava di più, ecco qual era il suo problema.
Questa era una nuova Avril: impaurita, ferita e di certo, da ora in poi, non si sarebbe più fidata di nessuno.
E chi se ne frega dei locali e della musica a tutto volume, dei tacchi, dei cocktail e delle sigarette: per la sua serata perfetta, sarebbe bastato Jason.

La sveglia suonò, ma lei era già sveglia. Il cuscino era bagnato. Era lì che aveva soffocato tutto il suo dolore. Si alzò dal letto e compì tutto il rituale che ogni mattina faceva. Mentre si pettinava i capelli, pensava che quella fosse la prima mattina che si svegliava senza Jason. Ormai tutto doveva essere senza Jason, e questa era una novità che bruciava. Scese al piano terra e vide sua madre prepararsi un tè caldo. Quando si accorse di lei, le sorrise. Anche Avril lo fece, ma probabilmente era il sorriso più falso che avesse mai fatto.
Nessuna domanda nemmeno quella mattina.
"Buona scuola." 
"Grazie, mamma." Le rispose.
Vicky era lì, non aveva suonato. Tutti avevano paura della fragilità di Avril, ora, e avevano paura anche di un semplice avvertimento di fare presto.
La ragazza entrò in macchina come sempre, ma si sentiva la diversità. 
"Ciao Avril" la salutò.
"Ciao." Nn altro sorriso forzato.
"Come stai?" chiese Vicky, mentre mise in moto.
Avril sembrò bloccarsi e continuava a fissare la strada. La verità era che stava terribilmente male, ma non voleva dirlo ad alta voce. Così rimase in silenzio.
"Senti, per qualunque cosa, io sono qui, per consolarti. Okay?" 
Non rispose neanche questa volta la cugina, si limitò ad annuire con la testa, senza staccare gli occhi da tutto ciò che passava al di fuori del finestrino. 

Quando arrivarono a scuola, Avril vide Luke e si ricordò di lui solo in quel momento. Il dolore aveva prevalso, annebbiando ogni cosa, persino lui e i suoi amici. Cominciò a camminare più velocemente, lasciando indietro Vicky, che stava parlando con le altre ragazze e non si accorse di nulla. 
Troppo tardi.
Appena svoltato a destra, Luke la trovò, seguito anche da Calum e Michael. Avril si sentì una mano sulla spalla e automaticamente si girò, ritrovandosi faccia a faccia con loro. 
Tre contro uno. 
Luke le sorrise cattivamente e "Avril" la chiamò.
La ragazza guardò prima Michael, Calum e poi posò gli occhi che tralasciavano tutto il panico sul biondo. Non trovò la forza di rispondere, così Luke continuò il suo discorso.
"Ieri te ne sei andata" le ricordò. "E lo sai cosa significa?" 
"No." Deglutì, restando inerme. 
"Che ho vinto io."
Lo disse con un modo trionfante e malizioso, facendo intendere ad Avril di averla in pugno.
Cazzo, la scommessa. 
Se ne era dimenticata. E quando pensi che peggio non possa andare, succede esattamente il contrario. Una sensazione di paura cominciò ad innescarsi in lei, pensando a quale punizione potesse farle fare il ragazzo misterioso.
"Te ne eri per caso dimenticata?" Lentamente la sua mano raggiunse il mento di Avril e il pollice prese ad accarezzarle la guancia. 
"No" mentì. "Ieri è successo un imprevisto, la scommessa dovrebbe essere annullata. Non vale così." stava cercando di convincerlo, restando apparentemente calma e indifferente a quella vicinanza e a quel contatto. Apparentemente.
Luke ritrasse la mano ed emise un misto tra una risata ed un verso, facendo intendere ad Avril che non era riuscita a convincerlo. Vide poi Michael sorridere e le salì il nervoso: quel ragazzo era seriamente odioso con quei suoi sorrisi da presa per il culo.
La campanella suonò proprio in quell'istante e i tre, dopo aver guardato per un'ultima volta la loro preda, si allontanarono. 
Avril sospirò sul posto, per poi dirigersi in classe. 

Erano passate quattro ore e non se ne rese neanche conto: non aveva ascoltato neanche una frase. E adesso era ora di pranzo. Di solito, le due cugine si aspettavano a vicenda fuori dalla mensa per entrare insieme, ma quel giorno, appena la bionda uscì dall'aula di biologia, vide Calum spuntare da destra e prenderla per mano. Sussultò, presa dallo spavento e cercò di ritrarsi a quella presa, ma niente da fare.
"Calum! Che cazzo stai facendo? Lasciami!" gridò, in preda alla rabbia mista alla paura per ciò che sarebbe successo.
"Per Dio, Avril, non urlare e calmati." 
La gente li guardava corrugando la fronte, poiché nessuno si avvicinava più a Calum da anni.
"Mi stai facendo male!" continuò a lamentarsi.
Calum, che stava ad un passo davanti a lei, si girò a guardarla per un secondo ed Avril sentì la presa alleggerirsi. Ne rimase abbastanza sorpresa, ma rimaneva lo stesso incazzata. 
Iniziarono a salire delle scale che alla ragazza erano sconosciute.
"Dove mi stai portando?"
La domanda era inevitabile.
Lui non rispose, Avril s'impaurì.
"Calum," lo richiamò. "per favore. Dove mi stai portando?" 
Ma ormai erano già arrivati. Ora si trovavano in un corridoio stretto, dove c'era solo una finestra con i vetri sporchi, il pavimento con qualche mattonella rotta e una porta. C'era Michael, affacciato a quella finestra, con una sigaretta tra le mani che, non appena sentì i passi dei due, si voltò.
Sempre lo stesso sorriso.
Buttò via il mozzicone, aprì l'unica porta presente e ci entrò. 
Il moro non aveva lasciato la mano di Avril, anzi, ora si faceva più stretta per condurre anche lei in quell'aula. Gli occhi della ragazza vagavano da tutte le parti, cercando qualcosa di familiare, ma niente. Pensò che quella fosse una vecchia classe, ormai non più usata: c'erano tre banchi, un armadio grigio e due finestre, una delle due rotta. E infine, su un banco, erano seduti Luke e Michael. Anche Calum si affrettò a sedersi vicino a loro, ma il primo si alzò dopo poco per raggiungere Avril, che al momento si ripeteva di non avere paura.
"Ci si rivede, piccola."
Era così vicino che poté accarezzarle una ciocca azzurra.
Ma le sue punte azzurre non andavano toccate. Nessuno poteva. Non le importava della paura. Non le importava nemmeno se l'avrebbe ammazzata, proprio in quel pomeriggio, in quella stanza dimentica. Se la sua vita era Jason, che senso aveva continuare a vivere, adesso?
"Non sono piccola, ho la tua età, stronzo. E non toccarmi i capelli." e ora fammi del male.
Voleva dirgliela, quella frase. Ma non ci riuscì.
Luke bloccò improvvisamente la sua mano, guardando con occhi spalancati la ragazza. Non c'era nessun rumore. Anche gli altri due erano in religioso silenzio.
"Sai cosa? Ho deciso la tua punizione" annunciò. "E c'è una parte a tuo vantaggio e una a tuo svantaggio. Quale vuoi sentire per prima?" le domandò con un sorriso strafottente. 
Ma Avril non parlò e anche Luke capì che non avrebbe concluso niente, così decise lui da dove iniziare.
"Okay, decido io. Quella a tuo svantaggio è che dovrai usare le tue belle mani davanti a noi tre."
Gliele prese lentamente e "Non sto qui a spiegarti per cosa. La parte a tuo vantaggio è che sarai tu a scegliere uno di noi." continuò, girandosi verso gli altri due per indicarli e poi ritornò a fissarla.
Avril ritrasse le mani e fece un passo indietro, sconvolta.
"Stai scherzando? Non lo farò mai!" chiuse le mani a pugno, altrimenti lo avrebbe preso a schiaffi e dopo avrebbe peggiorato la situazione.
"Dai, Avril. Questo è il minimo, avrei potuto anche scegliere una punizione peggiore. Mi stai dicendo che non hai mai fatto una sega?" le chiese, ma sembrava più una provocazione. 
Avril iniziò a pensare che l'aveva fatto solo con Jason, che lui era stato la prima volta in tutto, per lei. Mentre lui chissà da quante mani era stato toccato, a parte da quelle di Avril. E magari, anche ora il suo corpo stava appartenendo ad un'altra ragazza. Fu questo pensiero a convincerla, ché tanto non aveva nulla da perdere. Perlomeno, dopo l'avrebbero lasciata in pace.
Un senso di disgusto invase Avril, che fece una smorfia.
"Okay." fu tutto ciò che disse.
"Brava, piccola. Quindi, chi scegli?" 
Ci stava riflettendo sopra, quando pensò che Calum fosse quello meno odioso di tutti e tre. Si spostò dalla posizione in cui era, sotto gli occhi di tutti, e si avvicinò a Calum. Questi non disse niente, semplicemente si alzò dal banco e ci si appoggiò con la schiena, restando in piedi. Avril gli si avvicinò ancora di più. Ora erano a pochi centimetri di distanza.
La prima mossa fu di Calum. Le poggiò dietro alla schiena la mano, facendo diminuire ancora di più la distanza. Avril prese coraggio e gli appoggiò una mano tremante su petto.
Per le bugie di Jason.
Scese fino ad arrivare all'altezza dell'ombelico, arrivando al bottone dei jeans. 
Per l'amore falso di Jason.
Appoggiò la mano sul cavallo dei pantaloni e sentì Calum lasciare un verso smorzato nell'aria. Il ragazzo le si avvicinò all'orecchio e "Mi dispiace." le disse a bassa voce, con il respiro irregolare. Sentendo l'erezione di Calum, si ricordò che quello era il primo ragazzo che toccava dopo Jason.
Jason, Jason, Jason.
"Non posso farlo." Tolse la mano di scatto. Aveva il cuore che sbatteva forte contro il petto, le girava la testa e l'unica cosa che voleva fare era vomitare.



Hei people!
Ho pianto troppo scrivendo questo capitolo, ché qui dentro ci sono io. C'è tutto quello che ho passato, ogni singola cosa che trovate verso l'inizio fino a metà capitolo, l'ho provata sulla mia pelle. Persino i messaggi che ho inserito sono reali. Probabilmente vi avrò annoiati con le mie considerazioni. E' un capitolo piuttosto triste, però mi andava di scriverlo così. E boh, rivivere queste sensazioni per scriverle mi ha messo un po' di cattivo umore. Spero che vi piaccia e di non aver deluso nessuno.
Volevo ringraziare tutte le persone che hanno aggiunto la storia nei preferiti fino a farmi arrivare quarta nei popolari :) 
Un ringraziamento speciale a Martina che mi s(o)upporta sempre, che mi da consigli.
Vi voglio bene.

il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr

  
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