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Autore: marthiachan    06/08/2013    2 recensioni
"La mia vecchia vita non esiste più, devo costruirmene una nuova.
Dovrò ricostruirla da capo.
Le mie abitudini e i miei legami precedenti sono stati distrutti.
Detesto doverlo fare. Vorrei solo tornare ad avere quello che avevo tre anni fa. Perché, anche se non l’ho mai ammesso, in un modo assurdo e inspiegabile per tutti ma assolutamente logico per me, ero felice.
Voglio riavere quello che ho perso.
Voglio essere di nuovo felice."
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's Diary'
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In questo capitolo Sherlock dovrà affrontare un nuovo caso e non solo.
Da questo punto in poi la mia mania per il romanticismo ha preso il sopravvento, quindi probabilmente il "mio" Sherlock non sarà molto IC...
Spero di non avere esagerato.
Il caso che affronta Sherlock in questo capitolo me lo sono inventato, quindi se fa schifo è solo colpa mia.
Buona lettura.

4

Finalmente, dopo giorni e giorni di noia, un caso!
Un vero caso!
Non persone scomparse o stupidi furti, ma un vero caso d'omicidio!
Ieri notte ho ricevuto una chiamata di Lestrade. Mi ha invitato a recarmi sulla scena di un crimine. Una donna uccisa.
Era chiusa nel suo appartamento. Il corpo è stato trovato dal suo compagno quando è rientrato da lavoro. Il cadavere era seduto nella sua poltrona. Sul viso un'espressione di angoscia e dolore. Di per sé questo non sarebbe un caso particolare, se non fosse che è la quarta donna trovata morta nella stessa maniera.
Sono arrivato sulla scena trovando il solito Anderson con l'aria seccata. Probabilmente pensava di non vedermi più sulle sue scene del crimine, ma se lui continuava a dimostrarsi così inetto non avevo scelta.
Inoltre, è molto divertente vederlo annaspare con il suo piccolo cervello sottosviluppato.
Appena entrato in casa ho sentito l'odore di candeggina. L'assassino sapeva fare il suo lavoro, aveva cancellato qualsiasi possibile traccia di DNA. Mi sono avvicinato al corpo della donna e ho osservato con attenzione il cadavere.
Nessuna ferita. Nessun veleno o droga nel sangue. Emorragia petecchiale. È stata soffocata, come le altre vittime. Nessuna impronta, nessuna traccia. La casa era pulita in maniera maniacale, come se l'assassino si fosse occupato personalmente di pulire la scena. Il corpo si era irrigidito nel momento della morte, dando quindi un quadro esatto di come era in quel momento. Il viso atteggiato a una smorfia di dolore, le mani artigliate alla poltrona, le unghie conficcate nel bracciolo. Sembrava essersi battuta, forse sotto le unghie sarebbe stato possibile trovare tracce di DNA. Sui suoi vestiti non c'erano indizi, tranne il suo evidente cattivo gusto.
Mi sono guardato intorno. La porta di casa è stata trovata chiusa quindi ho osservato il balcone. Si trovava al primo piano, qualcuno sufficientemente atletico poteva essere riuscito ad arrampicarsi. Nessuna impronta nemmeno lì. L'assassino era bravo.
Ho girato per casa e alla fine ho trovato ciò che cercavo. Gli stracci e i detergenti per le pulizie. La candeggina era lì, accanto al secchio e a un paio di guanti di gomma usati di recente.
“Anderson, dimmi che non sei stato così idiota.” ho urlato verso gli uomini della scientifica.
“Che cosa vorresti dire?” ha risposto lui sulla difensiva come sempre.
“I guanti. Sono stati controllati?”
“I guanti?”
“Sì, i guanti.
“Non capisco...”
“Questo è ovvio, perché sei un idiota. L'assassino ha pulito tutto prima di andarsene, e indovina cosa ha usato?” ho detto indicando i guanti.
“Ma come fai a sapere che è stato l'assassino a pulire e non la vittima prima della sua morte?”
“Perché se così fosse ci sarebbero state le impronte di come l'assassino si è arrampicato sulla grondaia e poi è entrato in casa. Non essendoci, significa che le pulizie sono state fatte dopo, prima che andasse via, quando la donna era già morta. Ripeto: dimmi che non sei stato così idiota. Negli altri omicidi, c'era lo stesso odore di candeggina?”
“Sì.”
“Ma non avete controllato i guanti o gli altri attrezzi per la pulizie.”
“No.”
“Bravo, Anderson. Hai appena raggiunto un nuovo picco di stupidità. Fate analizzare l'interno dei guanti, e reperite anche le prove degli altri casi. Portate tutti i cadaveri al Barth's, voglio che li analizzi Molly Hooper, altrimenti chissà che cosa combinerete voi...”
E così dicendo me ne sono andato tornando a casa.

Appena superata la porta d'ingresso, ho sentito la voce di Mrs. Hudson che parlava e rideva.
“Ma sì, ti dico che è rimasta qui a dormire! Era una cliente, una ragazza molto carina, si chiamava Anne Church. Le ha dato la stanza di John. La mattina dopo lei è andata via, ma io l'ho trovata comunque una cosa molto strana da parte sua. Sherlock non ha mai permesso a estranei di passare la notte qui. Tranne forse per quella donna, quella Irene, ma su di lei non mi esprimo perché sono una signora... Comunque, forse in questi tre anni ha imparato a gestire le donne...”
Mi sono avvicinato alla sua cucina e sono rimasto sull'uscio a osservarla mentre spettegolava su di me. Se non si fosse trattato di Mrs. Hudson credo che sarei stato furioso. Quello che volevo sapere era chi c'era dall'altra parte del telefono.
Non era John, questo era chiaro.
Mi sono schiarito la voce e lei si è voltata, arrossendo per essere stata colta in fallo.
“Oh, Sherlock, caro... Sei già tornato?”
“Sì, Mrs. Hudson. Posso sapere a chi racconta con tanto entusiasmo ciò che mi riguarda?”
“Ecco, io...”
In quel momento ho sentito distintamente il click della conversazione che veniva chiusa dall'altro capo del telefono.
“Non importa. La prossima volta può anche raccontare che Miss Church mi ha scritto dicendomi che si trasferisce in Francia dal suo fidanzato.”
E così dicendo sono salito al piano di sopra.

Come durante ogni mio caso, non ho dormito. Ho passato la notte a riflettere con l'aiuto del mio amato violino. Questo serial killer è particolare. Soffoca le donne. Tutte donne di estrazione diversa, zone diverse, età e aspetto diverso, non hanno niente in comune. Cosa lo spinge? È intelligente, molto intelligente, sa bene come eliminare le sue tracce, ma forse con i guanti ha commesso un errore. E forse sarà così che lo prenderò.
Alle cinque del mattino, ho messo via il mio violino, ho indossato il mio cappotto e mi sono recato al Barth's. Di passaggio, mi sono fermato a prendere due tazze di caffè da portar via e poi sono rimasto all'ingresso dell'obitorio ad aspettare.
Non ci è voluto molto, quasi come se fossimo sincronizzati, pochi minuti dopo ho visto la minuta figura di Molly uscire dalla metropolitana. Indossava dei semplici jeans e una felpa azzurro chiaro. Niente più strani colori o vestiti eccessivamente larghi e informi. Purtroppo. Ho sempre pensato che fosse una piacevole nota di colore nel grigiore dell'obitorio.
Aveva il viso pallido e gli occhi cerchiati, e non solo perché era l'alba. Era stanca e sembrava aver pianto. Perché? Se quel suo fidanzato le aveva fatto del male io...
Me la sono ritrovata di fronte e l'ho fermata immediatamente.
“Buongiorno, Molly. Caffè?”
“Oh, Sherlock!” ha sussultato sorpresa. “Cosa fai qui a quest'ora?”
“Ti aspettavo, ovviamente. Ecco il tuo caffè. Nero con panna e niente zucchero, giusto?”
“Sì, giusto. Ma... Non mi hai mai portato il caffè.”
“Ne sono consapevole.”
“Di cosa hai bisogno oggi, Sherlock?” ha chiesto afferrando la tazza di cartone e avviandosi all'interno dell'ospedale.
“Ti dovrebbero essere arrivati dei cadaveri, quattro. Un serial killer. E anche dei campioni da esaminare.” ho spiegato seguendola.
Non mi capita spesso di dover essere io a seguire qualcuno. Per avere delle gambe così corte, Molly riesce ad essere davvero veloce.
“Questo spiega il caffè. È un tentativo di corruzione, giusto Sherlock? Ma sono quasi certa di avere altri casi da gestire, quindi potrei non farcela a esaminare i tuoi.”
“Non hai altri casi. Quelli che avevi li ho fatti trasferire ai tuoi colleghi.”
“Cosa?” ha esclamato fermandosi e guardandomi sorpresa.
Vedevo la sua carotide pulsare. Il suo petto si sollevava rapidamente. Rabbia.
“Ho pensato fosse meglio che fossi libera di...”
Tu ti sei intromesso nella gestione del mio lavoro? Io non lavoro così. Non faccio in modo che altri debbano occuparsi dei miei casi. Non è professionale.”
“Ma loro lo fanno con te.”
“Loro possono fare ciò che vogliono, ma io non mi comporto così. Inoltre, così sembra che io abbia qualche agevolazione collaborando con il grande Sherlock Holmes. Come se io fossi una privilegiata.”
L'ho osservata con attenzione. Non l'avevo mai vista così fiera e orgogliosa.
Per l'amor del cielo, era splendida.
“Capisco. Perdonami, Molly Hooper.”
Lei ha sospirato e ha ripreso a camminare con passo deciso dirigendosi al suo laboratorio.
“Per questa volta esaminerò quei campioni e quei cadaveri, ma si farà a modo mio.”
“Scusa?”
A modo mio. Tu puoi assistere ma non puoi toccare nulla se non sono io a darti l'autorizzazione.”
“Ma...”
“Niente ma. Prendere o lasciare.”
“In passato abbiamo sempre fatto a modo mio e non è mai stato un problema.”
“Le cose sono cambiate. Allora? Accetti le mie condizioni?”
Ho esitato per un secondo. Questa donna così minuta, così remissiva e dolce, mi stava guardando con autorità dal suo metro e cinquantacinque centimetri. Avrei potuto ribattere che non ero obbligato ad accettare perché ero stato incaricato del caso direttamente da Scotland Yard, quindi non avevo bisogno della sua autorizzazione, ma non l'ho fatto. Ho semplicemente annuito.
“Bene.” ha confermato lei riprendendo a camminare.
“Comunque, non ti ho portato il caffè per corromperti. L'ho fatto perché sapevo che questa settimana hai fatto tre volte il doppio turno.”
“Hai di nuovo spiato i miei turni?”
“Sì, anche se non ne avrei avuto bisogno. Ti si legge in faccia. Come so che hai passato la notte in lacrime.”
Lei si è fermata proprio nel momento in cui poggiava la mano sulla maniglia della porta del suo laboratorio. Improvvisamente, ha perso tutta la sua sicurezza. Ha tenuto lo sguardo basso e ha sospirato.
“È stato lui? Ti ha fatto del male?” ho domandato sinceramente preoccupato.
“No. William non mi ha fatto nulla. Non lo vedo da lo scorso week end. È all'estero per lavoro.”
“Allora, cosa...?” ho chiesto sentendomi stranamente confuso.
Perché in presenza di Molly finisco per sentirmi sempre così stupido?
“Ci sono cose della mia vita che non conosci e che, sinceramente, non ti riguardano, Sherlock. Ora, scusami, ma ho quattro cadaveri da analizzare, grazie a te.
E così dicendo è entrata nel suo laboratorio e ha sbattuto la porta dietro di sé.
Era arrabbiata. Di nuovo. Con me. Cosa avevo detto? Ho semplicemente cercato di essere gentile, le ho chiesto come andava, se stava bene, le ho anche portato il caffè! Cosa avevo sbagliato?
Molly non mi ha più rivolto la parola per tutto il giorno. Mi ha permesso di assistere alle autopsie, ma a mala pena ha emesso dei monosillabi. Non ha pronunciato il mio nome, mai. Quando doveva mostrarmi qualcosa, me la indicava.
Generalmente non amo le chiacchiere inutili, quindi il silenzio per me è davvero d'oro. In questo caso, però, non era solo silenzio.
Era mutismo.
Una presa di posizione.
Un rifiuto.
Molly mi stava rifiutando.
Non era mai accaduto prima, e non mi piaceva.
Alla fine delle autopsie siamo passati ad analizzare i campioni inviati da Scotland Yard e, senza che avessi bisogno di specificarlo, Molly ha esaminato eventuali residui sotto le unghie delle vittime, comprese quelle che erano state già analizzate.
Apprezzo il fatto che sia così scrupolosa.
È per questo che è la migliore.
È per questo che è insostituibile.
Era comunque molto stanca, quindi mi ha consentito di analizzare alcuni campioni e, finalmente, abbiamo trovato qualcosa.
“Cellule epiteliali!” ho esclamato soddisfatto. “Abbiamo del DNA.”
“Altre cellule epiteliali sotto le unghie dell'ultima vittima.” ha replicato lei con tono piatto.
È stata la prima frase di senso compiuto che ha pronunciato dalla mattina. Ora credo di capire come si sente John quando sono io a comportarmi così.
Da un successivo esame, abbiamo riscontrato che il DNA presente nei guanti e sotto le unghie era di una donna, ma di sicuro non apparteneva alla vittima.
Un serial killer donna.
“Bene. Forse avremo un nome entro oggi.”
“Forse.” ha commentato lei conservando i campioni negli appositi contenitori sterili. “Ora, dato che ho finito, vado a casa. Sono esausta.”
“Molly...” ho detto cercando di fermarla mentre si metteva la giacca.
“No, Sherlock, lasciami stare. Te ne prego.” mi ha chiesto con tono implorante, senza guardarmi negli occhi.
Ho annuito. Era meglio aspettare che le passasse, poi le avrei parlato e le avrei spiegato che il suo comportamento era decisamente illogico.
“Buonanotte.” ha detto lei e ha lasciato il laboratorio lasciandomi solo e, di nuovo, confuso.

Una volta consegnato i risultati a Scotland Yard, sono passato allo studio di John. A quell'ora lui è sempre impegnato con le scartoffie, quindi è solo e possiamo parlare. Passo spesso da lui in quell'orario. Ormai si aspetta la mia visita.
“Un serial killer donna. Raro. Affascinante.” gli ho detto sedendomi di fronte a lui.
“Bene, non ti sarai annoiato.” ha replicato senza nemmeno alzare lo sguardo da i suoi documenti.
“Molly è arrabbiata con me, ma non so il perché.”
John finalmente ha alzato lo sguardo, arcando un sopracciglio. Ancora quello sguardo malizioso.
“Smettila, John. Usa il cervello, non fare come tutti gli altri. Molly è la mia patologa. Se è arrabbiata con me, non collabora. Inoltre, siamo... amici. Non è mia intenzione rovinare la nostra proficua relazione.”
Proficua relazione?” ha domandato John tentando di non ridere.
“Sì. Ci aiutiamo a vicenda, ci sosteniamo e, in alcuni momenti, ci confidiamo. Non dovrei definirla una proficua relazione?”
“E quando sarebbe stata l'ultima volta che tu hai aiutato lei?” ha chiesto divertito mentre io gli lanciavo sguardi glaciali. “Davvero ti confidi con lei? Tu che ti confidi con qualcuno?” ha detto con tono incredulo.
“Oh, John, che meraviglioso senso dell'umorismo che possiedi! Potrei anche ridere se solo avessi un quoziente intellettivo pari a quello di una scimmia!”
John ha fatto una smorfia, seccato, ed è tornato a leggere i suoi documenti.
“È vero, non mi capita spesso di poter essere d'aiuto a Molly, ma non significa che non lo farei in qualsiasi momento. E quando dico che mi confido, intendo dire che ogni tanto le esprimo i miei dubbi. Le mie inquietudini. Come faccio con te. O con il teschio.” ho continuato spiegando meglio cosa intendevo.
“Bene, quindi la povera Molly è passata dall'essere pari al tuo cellulare o al tuo violino a essere pari al tuo teschio.”
“No, è passata a essere pari a te.”
John non ha replicato, mi ha guardato incuriosito e poi ha scosso la testa.
“Povera Molly, non è facile capirti, anche se credo che ce la metta tutta. Se tu fossi un uomo normale, ammetteresti che lei non è solo un'amica. Tu non puoi comportarti con lei come ti comporti con me. Lo capisci?”
“Siete entrambi miei amici.”
“No. Io sono tuo amico. Lei è qualcosa di diverso.”
“Non essere sciocco, John. Non attribuirmi triviali atteggiamenti da soap opera.”
“Ti attribuisco atteggiamenti di un uomo emotivamente infantile. Un uomo che non ha mai imparato a comportarsi con le donne, soprattutto quelle a cui tiene.”
Mi sono alzato in piedi di scatto, ho poggiato i palmi sulla sua scrivania chinandomi verso di lui e l'ho fissato.
“John, io so come comportarmi con le donne, ma questo non è l'argomento in discussione. Io voglio capire perché Molly ce l'ha con me. Voglio capire cosa ho detto di sbagliato per rendere la mia migliore amica fredda e scostante.”
“Sul fatto che tu sappia come comportarti con le donne, mi devo fidare della tua parola. In merito a Molly, probabilmente avrai fatto qualcuna delle tue fin troppo precise deduzioni che l'hanno fatta sentire a disagio. Magari su qualcosa che lei voleva tenere segreto.”
Mi sono raddrizzato. John ha ragione. Non era arrabbiata sino a che non ho dedotto che ha passato la notte in lacrime. E lei ha detto che non dipendeva da William. Per qualche ragione, non voleva che sapessi questo fatto.
“Vado a parlare con Molly.” ho concluso uscendo dallo studio in tutta fretta.

Mezz'ora dopo, ero di fronte all'appartamento di Molly. La luce della sua finestra era soffusa, ma ancora presente. Stava sicuramente per andare a dormire.
Sono entrato dal portone mentre un altro inquilino usciva e mi sono diretto immediatamente al terzo piano.
Ho suonato il campanello. Nessuna risposta. L'ho suonato nuovamente, più a lungo. Ho sentito qualche rumore. Ombre dietro la porta. Lo spioncino si è oscurato per qualche secondo.
“Molly, ho bisogno di parlarti. Non costringermi ad abbattere la porta.”
La porta si è aperta leggermente, ma era presente ancora la catena. Molly indossava un pigiama di colori sgargianti.
Almeno quando dorme è ancora se stessa.
E poi ho visto i suoi occhi.
Ancora rossi. Ancora lacrime.
“Sherlock, sono molto stanca. Stavo andando a dormire. Passa domani al Barth's.”
“No, devo parlarti. Ora.”
Lei ha sospirato. Poi ha richiuso la porta per togliere la catena, ha riaperto e mi ha fatto entrare. Mentre richiudeva la porta mi sono guardato intorno.
Tv accesa. Un dvd di un film sentimentale in pausa. Una ciotola di patatine. Una birra. Cioccolato. Una coperta sul divano. Molly era depressa. Perché?
“Allora, cosa c'è di così urgente?”
“Qualsiasi cosa abbia detto di sbagliato oggi, mi dispiace. Non era mia intenzione offenderti. A quanto pare stai passando un periodo difficile. Perdonami.”
Lei ha sbuffato e si è seduta sul divano, facendomi cenno che potevo sedermi sulla poltrona di fronte.
“Sherlock, il fatto che tu sappia tutto delle persone non ti da il diritto di parlarne.”
“Volevo essere gentile. Magari persino premuroso.”
Lei è scoppiata a ridere, ma i suoi occhi sono rimasti tristi.
“Sherlock, non è da te. Lascia stare.”
“No, aspetta. Perché non sarebbe da me? Io posso farlo. Sono in grado di gestire questo genere di cose.”
“No, non lo sei. Non hai filtri, non sai quando fermarti.”
Ha ragione. Io non so mai quando è il momento di stare zitto. Me lo dice sempre anche John. Devo sempre avere l'ultima parola.
“Forse è vero. Ma vorrei davvero sapere cosa ti fa piangere.”
Lei ha abbassato lo sguardo, e quando lo ha rialzato, i suoi occhi erano lucidi.
“Sherlock, non posso parlarne, e di certo non con te.”
“Perché?”
“Perché riguarda la mia vita, le mie scelte, il mio futuro.”
“Intendi il tuo futuro marito?”
“Sì.” ha confermato dopo un profondo sospiro con voce tremante. “Non sono sicura delle mie scelte. Ho paura di aver fatto degli errori di valutazione.”
“Allora avevo ragione io? Lui non ti rende felice.”
“Ti sbagli. Lui mi rende felice, ma io non posso rendere felice lui.”
Sentimenti. Questo genere di cose sono troppo complicate, soprattutto per me.
“Io non posso renderlo felice perché ci sarà sempre qualcun'altro che amerò più di quanto amo lui.”
Avrei voluto ribattere, ma forse per la seconda o terza volta in tutta la mia vita, non sapevo cosa dire.
“E se quella persona venisse da me e mi dicesse “fuggi con me”, non esiterei un istante a dire a William “addio”. Questo non capiterà mai, ma io lo sto per sposare sapendo che passerò il resto della mia vita sperando che capiti. Come potrei renderlo felice con queste premesse?”
Una parte di me mi stava dicendo di andarmene. Sfuggire tutto questo sentimentalismo. Restare significava illudere Molly, e combinare molti più danni di quanto avessi ipotizzato qualche ora prima.
Ma c'era un'altra parte di me che voleva restare. Che voleva abbracciarla. Accarezzarla e baciarla. Perché nessuno al mondo, nessuno, mi ha mai amato tanto quanto lei. E nessuno mi ha mai fatto sentire così emotivamente instabile.
“Non dovresti sposarlo. Interrompi il fidanzamento. Subito.” ho detto cercando di ignorare la confusione che mi stava travolgendo. “Lui non è un uomo adatto a te, in ogni caso.”
“Nessuno lo è. Significa quindi che dovrò passare la vita da sola?”
No. Tu hai me. Avrai sempre me.
“Essere soli non è così male come sembra. Io sono solo e sto benissimo.”
“Tu non stai bene solo, Sherlock. Se così fosse, tu non avresti bisogno di andare da John quasi ogni giorno. O di prendere il tè con Mrs. Hudson. O di venire al laboratorio del Barth's per combattere la noia. Tu non stai bene solo.”
Ancora una volta, lei mi leggeva dentro. Ancora una volta, Molly Hooper mi lasciava senza parole. Ancora una volta, avrei voluto cedere e seguire il mio istinto.
“Allora, forse, potremmo essere soli insieme. Cosa ne pensi?” ho detto prima di rendermi conto di cosa esattamente le mie parole significassero. Molly ha sussultato.
Le labbra dischiuse e gli occhi spalancati per la sorpresa. Rossore alle guance e pupille dilatate. Carotide pulsante. Petto che si solleva velocemente.
“Sherlock, stai scherzando, vero?” ha detto con voce rauca.
Al diavolo, tanto valeva andare sino in fondo.
“No. Sono serio.”
Mi sono alzato, le ho preso la mano e l'ho costretta ad alzarsi, a starmi davanti.
Ci separavano meno di cinque centimetri. I suoi occhi fissi sui miei. Il suo petto si alzava sempre più velocemente e riuscivo a intravedere una sagoma sensuale attraverso il sottile tessuto del suo pigiama.
“Molly, qualsiasi cosa accada, non sarai sola. Perché potrai sempre contare su di me, come spero di poter sempre contare su di te. Forse saremo le persone più sole al mondo, ma avremo sempre l'un l'altro.”
Lei mi ha guardato per qualche secondo, come interdetta. Poi si è alzata sulle punte e mi ha baciato. Un piccolo, delicato, casto bacio sulle labbra. Per un attimo sono rimasto pietrificato. Poi, ho smesso di pensare, l'ho stretta a me e l'ho baciata dando sfogo a tutta la passione che avevo tenuto a bada da quando ero tornato.
Lei mi ha allacciato le braccia al collo, rispondendo alle mie effusioni, e per qualche secondo ho creduto che avremo potuto fonderci in un'unico essere, poi si è improvvisamente staccata e si è allontanata da me.
E ho sentito freddo.
Mi stava rifiutando di nuovo.
“Mi dispiace, Sherlock, non posso.”
“Non capisco.”
“Pensavo che avrei potuto mandare tutto all'aria per te, ma non ci riesco. Non così. Devo prima parlare con William. Devo essere sincera. Lui merita almeno questo.”
Non potevo nascondere il mio disappunto.
“Non devi nulla a quell'uomo.”
“Sì, invece. Tu forse non riesci a capirlo, ma gli devo almeno questo. Devo essere onesta.”
“Allora mi hai mentito. Avevi detto che bastava una mia parola e tu... Non era vero, dunque.”
“Era vero. È vero. Ma voglio essere corretta.”
“Va bene, Molly Hooper. Capisco quando vengo rifiutato. Torna pure da lui. E, ti prego, dimentica tutto quello che è successo stasera. Ci vedremo al Barth's quando sarà necessario.”
E così dicendo ho lasciato il suo appartamento senza voltarmi indietro.



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