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Autore: Juls_Herm    06/08/2013    0 recensioni
"Ma non rifletto, io scrivo… e scrivo, non rifletto. Scrivo, un filo diretto mente-mano. Scrivo e sento la tensione sciogliersi, la mente rilassarsi… scrivi e incontri te stessa."
Genere: Introspettivo, Poesia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è mai tardi per capire la voce del mare. In solitudine camminando sulla riva, affondando i piedi nudi nella rena morbida, dove spume bianche fanno contorno, ascoltavo il mormorio continuo delle onde con tutti i suoi segreti…
Non avevo mai colto il senso di pace che può regalare il mare, fin da piccola aveva rappresentato un luogo di divertimento, il mare riportava alle vacanze, alla spensieratezza, al vocio sulla spiaggia… ai bambini che si rincorrono, al caldo afoso, ai castelli di sabbia… quanti castelli di sabbia ci sono nella vita di ognuno di noi? Ho cercato tante volte di realizzare dei sogni, lavorando e attenzionando ogni dettaglio per arrivare alla mia meta… e poi, proprio come con un castello di sabbia, arrivava un’onda più alta delle altre e disfaceva tutto il lavoro svolto fino a quel momento.  
Erano questi i pensieri di Victoria mentre passeggiava sulla spiaggia alla fine di una giornata che aveva risvegliato in lei moltissimi ricordi. In quel giorno di ottobre ricorreva il 10° anniversario della morte del nonno, una morte che lei non aveva compreso bene da piccola, ma che nelle ultime settimane tornava prepotente nella sua memoria. Si trovava sulla spiaggia proprio a causa di quella morte in effetti, poco prima aveva avuto una brutta discussione con la nonna:
“Non avrai niente del nonno! Finché io sarò viva la sua penna, i suoi blocchi per gli appunti e tutte le sue cose resteranno qui!”
“Ma nonna! Tu sai che amo scrivere, per me sarebbe davvero importante poter tenere gli oggetti del nonno! Pensare che con quella penna lui ha scritto i suoi romanzi…”
“Non pensarci nemmeno. La sua penna resterà qui.”
 
Così Vic aveva indossato il suo cappottino, si era buttata la borsa sulla spalla ed era uscita dalla porta che dava sulla spiaggia. Aveva camminato per un lungo tratto, si era fermata per sfilarsi le scarpe e sentire il contatto con la sabbia bagnata… poi aveva deciso di tornare in macchina e rientrare a casa, era davvero stanca. Cercò le chiavi della macchina e schiacciò il pulsante per l’apertura centralizzata, si fermò un momento a osservare la sua Mini: arancione metallizzato, con tetto e specchietti bianchi. L’aveva desiderata fin da quando, a 15 anni, era salita sulla Mini di una cugina… e adesso finalmente era riuscita a comprarne una tutta sua! Con un sorriso mise fine a questi sentimentalismi, salì in auto e si avviò sulla strada per il suo appartamento, era ferma al semaforo quando un manifesto attirò la sua attenzione: “Concorso di Scrittura Creativa! Le Tue Emozioni in Poche Righe!”. Il clacson dell’automobile dietro di lei la riportò alla realtà: non aveva mai scritto “poche righe”, lei scriveva racconti! Per tutta la notte non riuscì a riposare bene… lei amava scrivere… scriveva anche bene, lo dicevano in molti… no, non avrebbe partecipato… non voleva restare delusa, era già successo con il pianoforte. Aveva dedicato anni allo studio della musica e del pianoforte, aveva studiato in accademia e in conservatorio, aveva suonato in tanti teatri e tutti l’avevano apprezzata, ma quando aveva composto un brano suo e l’aveva proposto a un importante maestro, questi l’aveva derisa. Il suo errore, presa dalla confusione del momento, era stato non firmare lo spartito, infatti, 2 mesi dopo, quello stesso maestro aveva presentato lo stesso brano spacciandolo per proprio e ottenendo un enorme successo. No, non avrebbe partecipato. Non avrebbe permesso più a nessuno di ridere delle sue emozioni.
La mattina successiva, invece, era pronta a rischiare! Un buon caffè le avrebbe dato la carica! Tornò sulla spiaggia, si sedette sulla sabbia e si concentrò alla ricerca di un ricordo al quale ispirarsi… C’era quella volta in cui salutando il suo migliore amico, le era sembrato un estraneo… Prese il suo taccuino e scrisse:

 
“Non sei più mio,
una guancia fredda mi sfiora,
non sei più tu…
o forse sono io a non essere più io.

 
 Non andava bene, troppo breve. Si sdraiò sulla sabbia, chiuse gli occhi… Il rumore delle onde la cullava e la trasportava nel tempo… Il costante rimescolarsi del mare riportò Vic a un giorno di qualche anno prima, a un momento particolare: un abbraccio. Era corsa ad abbracciare un’amica che non vedeva da molto tempo, girò pagina e iniziò a scrivere:
 

Uno sguardo,
tutto intorno a noi scompare,
passi veloci,
un altro sguardo,
non ci servono parole,
parla il nostro abbraccio.

 
In una società nella quale in valori si stavano perdendo di vista, Vic, credeva molto nell’amicizia. Amava citare una canzone della sua cantante preferita che diceva “è come un grande amore solo mascherato un po’”, secondo Victoria era proprio così… certo, non con tutti si stabiliva un rapporto di amicizia importante, lei stessa poteva contare solo 5 persone che ritenesse amici sul serio, ma era contenta di averle nella sua vita… Un altro ricordo si disegnò nella sua mente, un abbraccio diverso, di un ragazzo che aveva imparato a conoscere poco prima che lui partisse per il servizio militare… un abbraccio che avrebbe voluto rivivere…
 

Chiudo gli occhi… mi sento ancora stretta nel tuo abbraccio, così protetta tra le tue braccia!
Sei ancora qui e già mi manchi.
Chiudo gli occhi e mi rivedo appoggiata alla tua spalla, le tue mani che mi accarezzano la schiena…
e penso che sia il tempo ciò che ci è mancato.

 
Il tempo… questo veder scorrere la vita senza poter far nulla. Rendersi conto che abbiamo sprecato tempo e sapere di non poterlo recuperare, deprimente! Comunque, non era soddisfatta… la scrittura era ispirazione e l’ispirazione è improvvisa, lei la stava cercando e questo non andava bene. Chiuse il taccuino e tornò verso la sua auto. Pensò di telefonare a sua sorella, avrebbero passeggiato in centro e fatto colazione insieme… Paola, a soli 13 anni, era una personcina per la quale avrebbe dato la vita. Avevano 8 anni di differenza e Victoria l’aveva sempre coccolata, forse perché aveva desiderato tanto una sorellina… Decise che non le avrebbe telefonato, sarebbe andata a prenderla a scuola facendole una sorpresa! Erano solo le 10:00 del mattino, si era svegliata presto e si sentiva già stanca, ma il sorriso della sua piccolina e l’espressione sorpresa dei suoi occhi la fecero sentire meglio. Si fermarono a fare colazione nel loro bar preferito: cornetto e cappuccino per entrambe. Poi andarono a fare compere e tornarono a casa per pranzare con i genitori. Mentre sistemava la cucina con la mamma, Victoria, raccontò che stava cercando di scrivere qualcosa per partecipare a un concorso di scrittura, poi scese in salone e si sedette al pianoforte… quante ore aveva passato a esercitarsi su quel pianoforte a mezza coda che amava, mentre suonava un brano di Chopin sentì squillare il cellulare… era sua nonna. Le diceva di aver trovato un appunto del nonno che voleva mostrarle e le chiedeva di passare da casa per prendere un tè insieme.
Dopo l’incontro con la nonna, Victoria aveva in mente le parole che aveva letto in quel foglietto consumato dal tempo: scrivendo conosco me stesso. Non aveva mai considerato quest’aspetto della scrittura: le piaceva raccontare le storie della gente, inventare trame e colpi di scena… e invece, adesso, iniziava a capire che poteva scrivere di se stessa lasciando libero sfogo alle sue emozioni e non facendole trasparire solo attraverso i personaggi che creava. Quante cose aveva da scrivere! Era una ragazza che stava diventando una donna, una ragazza che si guardava allo specchio la mattina e osservando i suoi occhi notava un’espressione più matura… l’espressione di una donna. E quella donna a volte tornava bambina e si rifugiava fra le braccia del suo Papy quando rientrava dal lavoro, ma altre volte si sorprendeva a pensare al futuro… all’uomo che l’avrebbe accompagnata nella vita, ma che non aveva ancora incontrato… Ripensava a quell’abbraccio di dicembre, a quel ragazzo che partendo l’aveva lasciata alla stazione con gli occhi lucidi... i tre mesi trascorsi insieme le avevano lasciato tanti, troppi ricordi: quegli occhi verdi che s’illuminavano incontrando i suoi, le mani che si cercavano e poi si sfioravano in modo automatico, ma soprattutto la certezza che fra loro era nato qualcosa, qualcosa che non erano mai riusciti a dichiararsi e che ora la lasciava naufraga a pensare e scrivere sdraiata sul letto.
Poi, d’improvviso, seppe cosa scrivere! Magari non sarebbe stata apprezzata, ma era ciò che voleva spedire al concorso:
 

La mia stanza, il mio rifugio. Il mio taccuino, la mia vita.
Scrivi, scrivi perché certe cose, certe domande puoi farle solo a te stessa e solo tu stessa puoi darti delle risposte. Con carta e penna, grazie a quella magia che si crea quando scrivi, fai domande che non sapevi nemmeno di avere dentro. E trovi risposte che non immaginavi.
Silenzio.
Rifletto.
Ma non rifletto, io scrivo… e scrivo, non rifletto.
 Scrivo, un filo diretto mente-mano.
Scrivo e sento la tensione sciogliersi, la mente rilassarsi… scrivi e incontri te stessa.
Una persona che non conosci nemmeno tu. Una persona che esiste dentro di te, ma che resta nascosta agli occhi dei più. Una persona che si fa conoscere da se stessa, un concetto assurdo in effetti, perché nemmeno noi ci conosciamo fino in fondo.
E allora scrivo, scrivo e faccio amicizia con me.

 
Dopo aver finito si sentiva soddisfatta. Di sicuro non avrebbe vinto, ma aveva trovato un altro modo di raccontarsi. Un modo che prescindeva dall’inventare personaggi che in parte la rappresentavano, un modo che prescindeva dalla musica attraverso la quale spesso si esprimeva, un modo diretto grazie al quale mettere a nudo le proprie emozioni e rilassare la mente.
La nonna non le aveva regalato la penna, ma le aveva fatto un regalo molto più importante.
Il giorno dopo, Victoria, spedì la busta contenente “le sue emozioni” e decise di tornare lì dove tutto era cominciato. Prese le chiavi della Mini, mise in moto e guidò fino al parcheggio vicino alla spiaggia, scese e passeggiò su e giù per la piccola baia… poi si fermò e si sedette ad ascoltare la voce del mare. 
  
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