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Autore: Kaho    14/02/2008    16 recensioni
Ispirò aria, e questa bruciò nella gola e nei polmoni.
Naruto strizzò gli occhi, dolorante, e si passò una mano sugli occhi che prudevano.
Non l’aveva nemmeno salutata…
“Ohi,” il suo compagno d’armi, Lucas, gli picchiettò sulla spalla.
“Che c’è?” ringhiò, di cattivo umore.
“Ma quella non è la tua donna, Uzumaki?”
[NaruSaku – AU]
Prequel/Spin-off della raccolta AU di bambi88, “Memories of the last war”
Per colmare una storia solo accennata! ^-^
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Disclaimer: I personaggi appartengono a Kishimoto.

AU legata alla fantastica raccolta “Memories of the last war” di bambi88. Ambientata negli USA, alla vigilia dell’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale.

Accenni LIME, che non necessitano il rating Rosso… però siete avvisati comunque! (con ‘sti due mi sfugge la mano… XD)

 

 

 

Per riempire questo momento prima della guerra, appena accennato.

Grazie mille, Roberta, per avermi lasciato il permesso di farlo!

 

 

 

I’ll stay toward the light

~ when I’ll think of you ~

 

 

 

 

Fooled by my own desires [Preso in giro dai miei stessi desideri]
I twist my fate
[Ho deviato il mio destino]
Just to feel you
[Solo per sentirti]
But you, turn me toward the light
[Ma tu, mi giri verso la luce]
And you're one with me
[E sei tutt’uno con me]
Will you run with me?
[Correrai via con me?]

 

          Stay with you, Goo Goo Dolls   

 

 

 

Sakura si grattò distrattamente il collo, ruotandolo piano nel tentativo di placare il lieve dolore muscolare. Tuttavia, nonostante continuasse a muoverlo, non riusciva a sgrovigliare i nervi tesi, anzi, il dolore si fece quasi più vivido.

“Un’infermiera che non è capace di curare se stessa…” sospirò tra sé con sarcasmo, congiungendo le due sottili sopracciglia chiare.

“Ha detto qualcosa, signorina?”

“Nulla.” rispose seccata al soldato steso sul lettino, per la mensile visita medica del campo militare dove lavorava. “È a posto, veda solo di evitare di alzare pesi troppo elevati.” Si premurò di avvisarlo, compilando distrattamente il modulo sul paziente.

“Quindi… nulla di grave…?”

Sakura sospirò, attenta a non farsi vedere, appoggiò cartella e stilografica, e scoccò un sorriso rassicurante ad un alto moro dalla fronte già stempiata.

“Solo uno strappo muscolare, è normale dato i vostri allenamenti, sergente Hilton.”

L’uomo grugnì, nascondendo l’imbarazzo scattando in piedi e rinfilandosi rigido la divisa militare dei Marines americani, parendole ridicolo piuttosto che attraente, come il sergente stava tentando evidentemente di apparirle.

Questo la divertì talmente che dovette tossire per reprimere una fragorosa risata, tutt’altro che sconveniente davanti ad uno degli uomini più influenti all’interno del Campo Militare.

Tossicchio che degenerò in tosse, dopo essersi quasi strozzata nella sua stessa saliva.

“Tutto bene signorina?”

Sakura annuì, arrossendo appena. “Oh, sissignore, un raspo in gola.” Spiegò imbarazzata, ridacchiando leggermente.

L’uomo sembrava discretamente preoccupato; le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla. Una vicinanza insolita tra un soldato e un’infermiera di campo.

Sakura rabbrividì di disgusto davanti al sorriso premuroso del sergente, indietreggiando istintivamente.

“Vuole che le dia una mano?”

Scosse la testa, in segno di diniego. “Non ce n’è bisogno, Signore. La prego di uscire, ho ancora un soldato da visitare…”

“Può aspettare dieci minuti, non crede Signorina Haruno?”

“Non credo proprio, Signore, con tutto il permesso.” Si divincolò dall’angolo in cui la mole del sergente l’aveva imprigionata, avviandosi decisa verso la porta. “La prego di uscire, sono certa che avrà altri impegni.”

La mascella del sergente si serrò, ferrea. “Lei non può ordinarmi di– ”

“Ehi là dentro! Avete finito?! Ho fretta, muovetevi! ‘tebbayo!”

Sakura alzò gli occhi al cielo, aprendo di scatto la porta. “Signor Uzumaki, adesso è il suo turno, la smetta di urlare!” lo ammonì, fulminandolo con gli occhi color menta.

Un giovane biondo incrociò le braccia dietro la nuca, sbuffando con l’aria capricciosa di un bambino.

“Non è colpa mia se tu sei lenta, honey.”

“Io?! Lenta?! Ripetilo, Uzumaki!”

“Lenta! Lenta, lenta, lenta!”

“Io ti– ”

Il sergente Hilton grugnì, irritato da quella scenetta ridicola e dal rifiuto della crocerossina; come sperato, l’attenzione di Sakura tornò su di lui, ma lo sguardo di lei non si raddolcì.

“Sono costernata per la scenata, signore.” Si scusò, decisa ma non sgarbata.

“Tsk. Veda di non ammalarsi, signorina Haruno.” Il tono del sergente era divenuto freddo e tagliente, ma non le dispiacque che provasse irritazione nei suoi confronti, nella speranza di non ricevere altre… avances.

Un cenno di capo di Hilton e Naruto Uzumaki si impettì, portando la mano destra rigida sulla fronte, nel consueto saluto militare.

“Buona giornata, Signore!” tuonò scattante, al passaggio del sergente, che non fece altri commenti se non un borbottio seccato.

 

Sakura si lasciò scappare un sospiro, avviandosi verso la finestra che dava sul campo militare.

“Entra e chiudi la porta, Uzumaki. Non c’è nessun altro dopo di te?”

“Sono l’ultimo, honey.”

Strinse le labbra tinte di un rosa tenue. “Devi smetterla di chiamarmi così, Uzumaki.” Lo rimproverò, abbassando la tapparella e accendendo le luci del suo piccolissimo studio. “Ora svestiti e cominciamo la medicazione.”

Sakura, voltata di spalle, smise di trafficare con carte e strumenti medici, avvertendo il fiato caldo del soldato tra i capelli.

“Devo togliermi la maglietta?”

Rabbrividì, mentre il ragazzo scostava i lunghi capelli rosati, accarezzando con i polpastrelli una porzione di pelle particolarmente sensibile al tocco.

“Naruto…” sussurrò a mo’ di minaccia, ruotando su se stessa per poterlo fronteggiare negli occhi.

Arrossì, vedendo il sorriso malandrino e sognante illuminare il viso abbronzato del suo ragazzo. Il pensiero, nonostante ormai fosse vicini alle tre settimane insieme, la faceva ancora sorridere.

“Devi smetterla di fingerti malato per venire qui!”

Naruto ridacchiò accarezzandole dolcemente una guancia, mentre circondava la vita stretta di Sakura con le braccia allenate.

“Ma la vita del soldato è dura e soprattutto causa molti dolori, Sakura-honey, ho bisogno di una medicina… e chi meglio di te può prescrivermela?”

Sakura sorrise, accarezzandogli il petto coperto dalla leggera camicia verde militare.

“Che frase clichè…” Giocosa, poirtò le mani sul bavero della sua camicia, trascinandolo verso di sé.

“Ridi pure delle frasi ad effetto! Intanto, sembrano funzionare…”

Le labbra di lei tremarono contro quelle di Naruto, nascondendo il suono di una risata; le dita di Sakura si contrassero sul colletto della camicia di lui, proporzionalmente all’intensità del bacio che si scambiarono, mentre una mano di Naruto era scesa verso la sua gonna, alzandola, e aveva cominciato a scandagliarle la pelle fresca e chiara.

“Naruto– ” mormorò raucamente, sfuggendo – seppur con rimorso – a quelle labbra morbide che si protendevano verso le sue “– la porta... bisogna chiuderla…”

Il ragazzo sospirò, fermandosi, e appoggiò la fronte contro la sua, tentando di calmare il respiro accelerato. Sakura lo osservò attentamente negli occhi cerulei, limpide pozze d’acqua, avvertendo nelle orecchie il battito frenetico del suo cuore.

Naruto sorrise malizioso, accarezzandole con fare casuale la pelle della gamba.

“…forse dovrei davvero venirti a trovare solo di notte, di nascosto… almeno non interrompi, in camera tua…”

Sakura alzò gli occhi al cielo, cercando di non mostrare il suo divertimento.

You idiot… se ci beccano sono guai.”

“Tanto il tuo turno è quasi finito…”

“Ma non ancora.”

“Va bene,” si arrese Naruto, imbronciandosi per poi sorridere nuovamente. “Andiamo a chiudere la porta.”

Sakura alzò lievemente le sopracciglia, perplessa. “Andiamo?”

In risposta, avvertì le mani di Naruto posarsi con fermezza sui suoi glutei, facendola arrossire furiosamente; Sakura ebbe l’impulso di gridare e colpirlo con il palmo ben aperta, se lui, anticipandola, non l’avesse issata – in modo che potesse avvilupparsi con le lunghe gambe attorno ai fianchi di lui – e non le avesse premuto la bocca contro la sua, in un bacio a sciocco.

“Già così rumorosa?”

Le guance di Sakura si accesero ancora di più, a quell’allusione piena di malizia.

“Naruto…” lo avvertì, con tono minaccioso.

Il ragazzo non se ne curò; camminò tranquillo fino alla porta, tenendola senza sforzo, girò con una mano la chiave nella serratura.

Sakura era schiacciata tra la porta e l’ampio torace del biondo: la zazzera chiara del capo lievemente chinato di Naruto le solleticava il collo – che, per assurdo, non le doleva più, diversamente da altre parti del suo corpo, un dolore molto piacevole – e il suo fiato le accarezzava la spalla, quasi baciandola.

Sakura gemette sommessa, avvertendo il sangue pomparle nelle vene impazzito.

“Naruto…” lo chiamò rocamente, e di risposta ottenne una calda lingua che le bruciò il lobo dell’orecchio. “Ti avevo detto di svestirti…”

Le labbra del biondo si strinsero in un sorriso compiaciuto contro la sua guancia.

“Sissignora.”

 

 

*

 

 

Erano le dieci di sera.

Sakura salutò con un cenno una collega, e aprì la porta della sua stanza, in un edificio poco lontano dall’ospedale del campo statunitense.

Era uno dei punti strategici negli Stati Uniti, un campo di formazione per i giovani soldati che avrebbero volato sui mari e difeso la patria. Anche lei aveva voluto dare una mano, e, dopo un breve diploma di infermiera, era stata assunta come assistente medico, trasferendosi sola in quella piccola cittadina isolata nel deserto del Texas, stato in cui era nata.

Si buttò sul letto, senza badare al cigolio delle molle arrugginite, espirando aria: era stanca e aveva voglia di una tazza di caffè bollente, ma purtroppo, per via del regime rigido del campo, il caffè era permesso a giorni alterni. Una vera sfortuna, a cui Sakura non si era ancora abituata nonostante i tre mesi in cui si trovava al campo.

A casa sua, una piccola fattoria che coltivava cotone, il caffè era servito con puntualità nelle tazze dei suoi genitori e nella sua, insieme ai biscotti fatti in casa dalla nonna; il signor Haruno sosteneva il caffè era indispensabile per crescere forti, quindi non mancava mai sulla tavola, nonostante il reddito fosse strettamente legato alle annate e ai raccolti.

Ripensando a suo padre, Sakura lasciò vagare lo sguardo sulla stanza, soffermandosi su un piccolo tavolino, in cui vi erano un foglio macchiato d’inchiostro e una stilografica, una lettera mai finita e mai spedita.

Chissà se suo padre l’aveva perdonata, dopo la sua fuga con Jake…

Sì, Sakura era scappata di casa per inseguire un sogno d’amore, alimentato dalle favole che suo padre disprezzava ma che lei aveva ascoltato avida dalle labbra della madre. Quando Jake McFly, il dongiovanni e più carino del villaggio, le aveva dichiarato amore alla tenera età di diciassette anni, le era parso di poter toccare il cielo con un dito: non sono gli aveva dato tutto ciò che aveva (i risparmi, il sesso, la fiducia), ma, senza remore, era fuggita dalla prigionia forzata impostale dal padre.

Era stata sciocca, lo ammetteva solo ora che di anni ne aveva diciannove, di cui uno passato in città a lavorare come sguattera per mantenersi e frequentare il corso da infermiera.

Però, tutto sommato, la sua vita ora non era così male.

Svolgeva una professione che la soddisfaceva abbastanza, aveva vitto e alloggio, si trovava bene con le sue compagne (beh… con la più parte di esse) e da tre settimane era la fidanzata di Naruto Uzumaki, il primo ragazzo che la faceva sentire veramente a suo agio, nonostante fosse un buffone yankee della peggior specie.

Sakura si ritrovò a ridere, stringendo il cuscino a letto, pensando che suo padre sarebbe inorridito ad immaginarla tra le braccia di uno yankee di New York, acerrimi nemici dei Sudisti.

Era un po’ all’antica, il signor Haruno, ma era buono, questo Sakura lo sapeva e sperava di aver preso da lui la generosità. Inoltre, era quasi certa che – se avesse parlato con Naruto – gli sarebbe piaciuto subito: energico e un gran lavoratore; forse un po’ troppo allegro per un uomo stoico come il padre.

Pensando al ragazzo, le balzò subito alla mente il suo sorriso.

Quel sorriso che non abbandonava mai il volto di Naruto, mai.

Sorrideva quando la salutava, quando la baciava, quando discutevano sulla guerra dall’altra parte del globo (che pareva così lontana, sebbene si trovassero in un campo militare); aveva sorriso perfino mentre le aveva raccontato della sua infanzia, passata da un orfanotrofio ad una famiglia adottiva (che lo teneva solo per i soldi), un ciclo che aveva avuto fine a quindic’anni, quando era andato a lavorare per guadagnarsi il pane, fino a finire nei marines.

Era stato un sorriso malinconico, che l’aveva invoglia a cullarlo tra le braccia, passando le dita tra i corti capelli biondi morbidi – ma che, anche, l’aveva messa quasi in soggezione.

Sapeva di lui quasi tutto, eppure si conoscevano da così poco tempo…

Si era trovata a chiedersi come faceva Naruto a nutrire quella fiducia senza misura in lei… e si era sentita in colpa, perché non riuscita a contraccambiare.

Non si esponeva più con nessuno, ormai.

 

Un piccolo bussare la distolse dai suoi pensieri, e, girando il capo verso la finestra, vide Naruto appollaiato sul ramo della quercia vicino alla sua stanza, che le scuoteva davanti agli occhi la sua borraccia da soldato.

Gli occhi di Sakura si illuminarono immediatamente e, svelta, scivolò giù dal letto, aprendogli la finestra per farlo entrare.

“Ehi honey!”

La salutò lui, chinandosi sulle sue labbra per baciarla lievemente.

“Ehi eroe,” rispose lei, ridacchiando. “Che mi hai portato?” domandò curiosa, rubandogli di mano la borraccia.

“Direttamente dalle mense di noi soldati, il caffè signorina!”

Sakura sorrise istantaneamente, anche se si rigirò un paio di volte la borraccia tra le mani.

“Siamo sicuri che tu non voglia niente in cambio?” scherzò, svitando il tappo del contenitore e annusando l’aroma forte del caffè.

Naruto ghignò. “Nulla che tu non voglia…”

La mano di Sakura gli schiaffeggiò scherzosa una spalla. “Idiot.”

Gli voltò le spalle e camminò sin al tavolino; indugiò qualche secondo, poi prese la lettera e la capovolse dalla parte pulita, senza darle (per il momento) peso. Versò il liquido scuro ancora tiepido in un bicchiere, e se lo portò alle labbra, gustandolo soddisfatta.

Sentiva su di sè gli occhi di Naruto; appoggiò la schiena la tavolo, in modo da poter ricambiare lo sguardo.

La spalla di Naruto stava sullo stipite della finestra; aveva le braccia incrociate, strette in maniera quasi morbosa al torace, e gli occhi cerulei stavano sul suo viso, senza però fissarla negli occhi.

Sakura si accigliò leggermente, e scostò il bicchiere dalle labbra.

“Naruto?” lo chiamò, vedendolo distratto e teso, per una ragione di cui non era a conoscenza. E questo le diede un po’ fastidio.

Il ragazzo sussultò leggermente, e allora la guardò negli occhi. “Uhm?”

Sakura sospirò, appoggiando il bicchiere quasi vuoto sul tavolo, focalizzando l’attenzione su di lui. “C’è… c’è qualcosa che non va…?”

Dal modo in cui serrò la mascella, Sakura intuì di aver fatto centro.

“Nulla, nulla!” si affrettò a ridacchiare Naruto, grattandosi la testa, fingendosi imbarazzato. “Sono solo un po’ distratto, domani ho un test e– ”

“Puoi dirmi tutto, lo sai.” Lo fermò lei, avvicinandosi fino ad poggiare le mani sui suoi fianchi. Avvertì un leggero fastidio, in quella sua dimostrazione d’affetto, qualcosa che avrebbe potuto classificare come… disagio. Se ne stupì: era la seconda volta che si sentiva in quei termini con Naruto. La prima, era stata durante la sua confessione. E la seconda ora, in quel contatto più… più… personale, forse. Affettivo.

Non si soffermò molto su quelle riflessioni, deconcentrata dalle mani di lui sulla sua vita e da un seguente sospiro.

“Mi hanno convocato per partire in Europa, come avevo richiesto, honey.” Le confessò, accarezzandole dolcemente la schiena.

Sakura si irrigidì immediatamente. “Ma, io… non mi avevi detto che saresti andato…” deglutì, tentando di rimettere insieme le informazioni. “…insomma, non sapevo avessi fatto domanda per andare a combattere in Europa.”

Le mani di lui si fermarono qualche secondo, e il suo volto si era fatto pensieroso.

“Dicono che le cose non vadano bene per noi, laggiù. Il mio migliore amico, Kiba, è già stato spedito in diversi campi e dalla sua lettera – da quel che ho capito – è stato mandato in Europa. Io ho mandato una richiesta un mese fa… e mi hanno accettato!”

C’era qualcosa, in quel tono, che le fece intuire che mancava un tassello. Una parte che Naruto non le aveva ancora confessato. Sakura si morse le labbra, e appoggiò l’orecchio contro la divisa calda di Naruto, annusando il suo profumo; e d’istinto strinse le dita attorno alla camicia, scossa da una strana sensazione, a metà tra tristezza e ansia.

“Quando parti?” domandò infine, con un sospiro.

“… Venerdì.”

“Cosa?!”

 

La testa di Sakura scattò verso l’alto, e Naruto si accorse di non riuscire quasi a parlare, paralizzato dall’espressione preoccupata e turbata di lei.

“Venerdì, questo venerdì? Tra due giorni?”

Naruto deglutì, desiderando non indossare la divisa che lo stava strozzando (o forse era soggezione?), e azzardò un piccolo sorriso.

“Vedi Sakura io– ”

Sakura  sgusciò via dall’abbraccio, e i suoi occhi di giada lo fulminarono, lucidi e traditi.

“Da quanto lo sapevi?!” fu subito attaccato.

Naruto si passò una mano tra i capelli biondi, sbirciandola la sua reazione di sottecchi.

“Quattro giorni.”

Un silenzio pensate calò nella stanza; Naruto aspettava uno schiaffo o qualcosa del genere, ma Sakura non fece altro che mordersi il labbro inferiore e chiudere le palpebre.

Desiderò prenderla tra le braccia e rassicurarla, dirle che l’amava da quando l’aveva vista, ma si trattenne, comprendendo che non era il momento giusto.

L’avrebbe spaventata e basta. Sakura era già abbastanza angosciata senza aggiungerle altri pesi sulle spalle.

Nulla stava andando come aveva immaginato: Sakura non si era messa a piangere, non aveva gridato, non l’aveva schiaffeggiato. Rimaneva in silenzio, e lo guarda per la prima volta con occhi scuri di rabbia, accusatori.

Naruto strinse istintivamente i pugni, avvertendo qualcosa che si spezzava, in quel momento. E che non voleva andasse perduto. Non prima di averle promesso una vita diversa, migliore, insieme a lui.

“Non… non mi hai chiesto perché ho fatto la domanda.”

Sussurrò infine, incerto.

Sakura tremò, e strinse le labbra soffici. “Ha importanza?”

Sorrise, con falso entusiasmo. “Ma certo! È tutto la motivazione per cui l’ho fatto!”

La osservò riflettere qualche secondo, poi rilassarsi leggermente e sospirare, massaggiandosi a disagio un braccio.

“E… perché vuoi andare in Europa a combattere, oltre che per la tua fissazione di essere un eroe americano?” sbuffò neutra, ma con tono quasi soffice.

Le scoccò un largo sorriso disarmante, e tirò fuori dalla tasca un piccolo sacchettino di velluto. “Ta-daaaan!” esclamò soddisfatto, allungando il pacchettino. Sakura alzò un sopracciglio, fissandolo diffidente (non riusciva mai a convincerla del tutto a fidarsi).

“Prendilo e aprilo!” Gli occhi verdi di lei si posarono sul suo viso, incerti. “Forza!” la incoraggiò nuovamente lui, sorridendole con calore.

Sakura allungò le dita e prese il sacchetto, tastandolo.

“Cos’è?”

Naruto sogghignò leggermente, portandosi le mani dietro il capo, provando un’enorme soddisfazione davanti agli occhi ora brillanti di Sakura.

“Aprilo!”

“Posso?”

“Certo, ‘tebbayo!”

Sakura slegò il nodino che teneva chiusa la stoffa, e fece scivolare sul palmo della mano il piccolo cerchio d’argento. Gli occhi di lei si spalancarono e lo guardarono come per chiedergli sostegno, quasi… spaventati.

“Naruto non posso acc– ”

“Ti ricordi che mi hai chiesto le motivazioni della mia scelta?” Sakura annuì e, davanti alla sua titubanza, Naruto si sentì vagamente spavaldo. “L’ho fatto per la patria, per i soldi e per te, honey. Questo anellino sarà tuo alla fine di questa guerra… quando tornerò, saremo ricchi e ti sposerò, dattebayo! (*)

“Ma… io…” balbettò smarrita lei. “E se non dovessi tornare? E se dovessi… cambiare?”

Naruto rise, senza molta allegria in realtà, e la zittì premendole un dito sulle labbra.

“Staremo in contatto, Sakura, ti scriverò ogni giorno. E guadagnerò un sacco di soldi in Europa, ci ho pensato molto prima di fare questo passo. Cosa guadagno qui? Praticamente nulla, la grana vera te la danno solo in missione… e io voglio poterti dare la possibilità di avere un tetto, un televisore, e, perché no?, potresti anche laurearti in medicina! Ti immagini tu in veste di dottoressa?! Il mio sogno erotico preferito…” sospirò teatralmente, ridacchiando appena.

“Stai fantasticando…” bisbigliò lei, scuotendo lievemente la testa. “Naruto… non so… non è troppo… presto?”

Il sorriso di Naruto vacillò leggermente. “Cosa intendi, honey? Hai paura?”

Sakura strizzò gli occhi, chiudendo le dita sull’anellino.

“Un po’.” Confessò, muovendo agitata gli occhi per la stanza. “Sono promesse troppo grandi per due giovani come noi… e poi… Naruto, tu vai in guerra! C’è il rischio di morire, !” tentò di farlo ragionare. “Non voglio che tu vada!”

Sakura di accorse solo allora che stava piangendo copiosamente, e si passò le mani sulle guance, con un gesto secco, per asciugarle.

“Honey…”

“Non chiamarmi così!”

Sakura sussultò leggermente, trovandosi premuta contro il torace di Naruto. Una mano le stava accarezzando dolcemente i capelli, un piccolo bacio sulla nuca, tutti gesti affettuosi che la facevano sentire fisicamente male per non avere la stessa fiducia in quella promessa che, invece, lui aveva riposto.

Si aggrappò quasi con disperazione alla camicia di lui, e singhiozzò contro il suo petto.

“Non posso accettarlo, non posso accettarlo!” ripeteva sconnessa, senza tuttavia lasciare cadere il piccolo oggetto d’argento.

“Ma certo che sì, Sakura. Puoi averlo… in fondo, è solo un semplice simbolo, no?”

Tirò su con il naso, affranta. “Non tutti mantengono le promesse, Naruto…”

“Io sì.” La contraddisse lui, alzandole il mento per guardarla negli occhi. “Se ci rincontreremo, Sakura, se tu sarai ancora mia… io ti sposerò.”

La baciò lievemente sulle labbra, gli occhi più scuri del solito, malinconici.

Dejà-vu.

“Ora vado… e pensa all’anello, ok? Io aspetto una risposta.” Le pizzicò scherzosamente il naso; poi aprì la finestra, e si calò dall’albero.

Sakura lo seguì con lo sguardo, rigirando tra le dita l’anellino, che pesava nella sua mano come un macigno.

 

 

*

 

 

Sakura allungò il braccio verso la lampada della propria camera, osservando l’anello brillare contro la luce.

Ributtò il braccio sugli occhi stanchi a causa delle due nottate passate insonni.

Venerdì mattina, ore cinque e mezzo.

Naruto sarebbe partito tra una mezz’oretta, lasciando il Texas per sempre, combattendo tra socialisti e tedeschi.

Un brivido le percorse la schiena, e d’istinto si raggomitolò su se stessa.

L’anello continuava a fare attrito contro la sua pelle, mentre lo fissava, quasi ossessionata, senza decidersi a provarlo sull’anulare.

Sospirò stancamente, chiudendo le palpebre.

Il sorriso di Naruto continuava a perseguitarla come una fantasma; nonostante lo avesse evitato per tutto giovedì, la sua presenza si era fatta più costante, quasi martellante.

Si sentiva stupida, perché non si meritava una come lei che non credeva a quella promessa. E si sentiva ancor più stupida, perché rischiava di perderlo.

E lei perché rimaneva lì ferma? Cosa ci guadagnava, a crogiolarsi nelle proprie insicurezze, come una bambina?

Sakura non desiderava altro che tutto ciò che Naruto le aveva promesso.

Desiderava solo una casa, una vita felice, un uomo che le volesse bene.

Sospirò nuovamente, e guardò fuori dalla finestra.

L’alba. Il pullman con i soldati sarebbe partito da un momento all’altro.

E non l’aveva nemmeno salutato, aveva solamente frignato contro la sua spalla.

Sakura scattò in piedi, senza badare molto a com’era vestita, si infilò le scarpe e uscì di corsa dalla porta.

Doveva vederlo.

Le dita si contrassero, e l’anello premette contro la sua pelle.

 

“Uzumaki, salga.”

“Ma sergente Hilton io– ”

“Le ho detto di salire.”

Naruto sospirò, e salì su un pullman scolorito. Si buttò su d’un sedile, posando il mento su d’una mano.

Non era venuta. Non ne rimase stupito, in effetti doveva averla spaventata un po’ con la proposta di matrimonio. Forse aveva esagerato, ma non si era potuto fermare dal dirle la verità.

Nessun rimorso gli gravava sulle spalle, se non quello di non averle detto prima della prossima partenza, rimandando sempre di giorno in giorno.

Non poteva negare che perfino lui aveva paura del domani, ma si era fatto coraggio. Aveva scelto la sua strada, e sapeva di aver bisogno l’appoggio di Sakura, di avere un legame più stabile con lei.

Ispirò aria, e questa bruciò nella gola e nei polmoni.

Naruto strizzò gli occhi, dolorante, e si passò una mano sugli occhi che prudevano.

Non l’aveva nemmeno salutata…

“Ohi,” il suo compagno d’armi, Lucas, gli picchiettò sulla spalla.

“Che c’è?” ringhiò, di cattivo umore.

“Ma quella non è la tua donna, Uzumaki?”

Con il cuore in gola, Naruto aprì gli occhi e vide Sakura correre verso di lui, piangendo, gridando qualcosa che non riusciva a capire.

“Chi conosce il labiale?!” gridò agitato, attirando le occhiate curiose dei suoi compagni.

“Io, ma– ”

Naruto si fiondò su Lucas, prendendogli il mento con una strana determinazione negli occhi.

“Lucas, ti offro una birra appena ci fermiamo, anche tre, ma dimmi cosa sta gridando Sakura.”

Il soldato annuì, e si concentrò sulla ragazza. “Sta… si sta scusando…” Naruto accanto a lui ascoltava avidamente e si mangiava la figura di Sakura sempre più vicina, che sventolava il braccio febbricitante, creando così uno strano luccichio contro il sole appena sorto. “E promette che… vi rivedrete… e qualcosa su d’un anello, non ho ben capito…”

Gli occhi di Naruto si illuminarono. “Ho capito io… grazie Lucas!” Correndo, Naruto si portò vicino al guidatore – che aveva appena acceso il trabiccolo - e al sergente.

“Signore, la prego di farmi scendere e di attendere un minuto.”

“Uzumaki, siamo in partenza.”

“Ma signore– ”

“Niente ma né però. Sono stato chiaro?!”

Naruto fece uno smorfia. “Sissignore.”

 

Il pullman era ormai lontano. Sakura posò le mani sulle ginocchia, tentando di riprendere fiato, avvertendo gli occhi bruciarle.

Non aveva fatto in tempo… però Naruto l’aveva vista, e l’aveva salutata dalla fine del pullman, gridando.

Fortunatamente Sakura conosceva il labiale, altrimenti non avrebbe mai compreso ciò che lui le cercava di comunicarle.

Ti amo, honey.

Sakura tirò su con il naso, commossa e nello stesso tempo ancora titubante per quella dedizione che Naruto aveva per lei.

La conosceva, perchè l’aveva provata sulla sua pelle, e le aveva fatto solo male.

Ma lei… non avrebbe fatto del male a Naruto, vero?

Osservò l’anellino che aveva infilano nell’anulare. Le venne spontaneo un sorriso, mentre il fantasma delle carezze di Naruto la fece rabbrividire.

Mi proporrò per andare in Europa, si disse, e nei momenti bui penserò a te e a questa promessa. Sarai la mia luce, Naruto. Anche se questo è un po’ un clichè… ma sembrano funzionare, vero?

 

 

 

 

 

 

*^*^*

 

 

(*) Citazione dalla one-shot SasuSaku della raccolta

- Honey = Dolcezza, tesoro. Il mio personale sinonimo americano al –chan di Sakura-chan! XD

- You idiot = Idiota. ‘you’ davanti enfatizza solamente lo stupido. (credo che lo sapevate tutti, ma l’ho messo lo stesso XD)

 

 

Questo è il risultato di lunghe meditazioni, di due pagine cancellate e riscritte, di cambiamenti vari… Doveva essere più triste, ma poi mi sono lasciata andare alle smielatezze… le parole si scrivono da sole con questi due, non riesco a fermarle! >_<

Inoltre, mi sono resa conto di essere stata un po’ troppo… emotiva. Non so perché, ma ci ho messo molto (forse troppo) di mio, in questa shot. La amo e la odio per questo. >.<”

 

È la mia personale (direi mooolto personale, dato che questo panorama è decisamente difficoltoso XD) interpretazione della vita di Sakura e Naruto prima di essere separati dalla guerra; non sarebbe MAI nata se Roberta non mi avesse dato un terreno fertile su cui idearla… grazie ancora Rò! *_* Vi consiglio caldamente di leggere “Memories of the last war”, perché davvero merita! Una raccolta originale e scritta benissimo… merita.

 

E, dato che sto facendo pubblicità (come se ne avesse bisogno XD), leggete la spin-off SasuSaku di Cami (ergo, arwen5786), perché è qualcosa di indecentemente emozionante! *-* Diciamo che la mia è il prequel della raccolta, quella di Cami un sequel… e, come avrete capito, Naruto e Sakura non si sono trovati più… *sospira*

 

Insomma, questa one-shot è dedicata a Cami e Rò. per tutto ciò che fanno, tipo scrivere storie bellissime e sopportare i continui vai-e-vieni della mia linea! X°D (L)

E un pensierino a Silvia, che è stata la prima a leggerla e a rassicurarmi… sei troppo buona! E grazie per quei due errori di svista! *-*

 

Ora mi zittisco, e mi ritiro in attesa del giudizio. >.>”

Spero che vi sia piaciuta! ^^

 

 

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Criticismi, commenti e segni del vostro passaggio sono sempre graditissimi! *_*

 

 

 

Bye,

Kaho

 

P.S =Ah, Rò, una cosa: non ti senti un po’ in colpa per averli separati, questi due piccioncini? Eheheh? +_+

 

 

 

  
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