Camelia
Una pioggia di foglie anticipò il suo arrivo.
Gli occhi seguirono il suo elegante movimento
nell’atterrare in quel giardino, ed ergersi in tutta la sua elevata altezza; i
muscoli palpitavano da sotto la calzamaglia carbone, persino da sotto il
corpetto perlaceo della divisa ANBU.
La sua bocca si tirò in un lungo sorriso, sornione,
mentre lui si sfilava la maschera, mostrandole il bel volto diafano
incorniciato da lunghi ciuffi eburnei.
Lo shinobi si leccò le labbra.
-Mi accogli già così?-
Il suo sguardo passò lungo il kimono dalle sfumature
violetta e ciclamino, provocanti e sinuose cosce che sbucavano intrecciate da
sotto di esso.
-Mi piace vedere il tuo sguardo eccitato.- confessò,
padrona di quella sicurezza così azzardata di colei che sa di averlo in pugno;
solito tono, che a lui piace placare, per ridurre quella geisha ai suoi soli
comandi. Le si avvicinò, lasciando la maschera e la katana sulla balaustra in
legno a delimitare la piccola villa, casa del suo piacere; e le si sedette
accanto, affondando il volto nell’incavo del collo; audace odorò i capelli
sciolti sulle spalle, solo un piccolo fermaglio con una rosellina candida a
fermarli dietro l’orecchio; ma qualche filo dorato scappò via dalla sua
pettinatura, perché mosse con avvenente eccitazione il collo, preda della sua
lingua; arrossì vistosamente, benché quel piacere l’avesse provato già molte
volte.
-Mi piace l’odore di te.- confessò lui, baciandole la
spalla lasciata nuda dal kimono calato giù, ed indugiando sulla scollatura del
prosperoso seno.
-Del mio sesso, vorrai dire.-
-Anche.- gli piaceva quel tono così malizioso,
alludente ad attimi di puro erotismo. Le mani guantate passarono a tastare la
leggerezza della seta cucita su di lei, mani abili che sapevano quel che
facevano, mani che volevano liberarla dalla stretta della fascia nera, e
lasciare andare quel kimono a terra, e vederla ancora nuda, fresca e bianca,
piena della bellezza di un fiore giovane.
Le mani tue, strumenti su di me,
che dirigi da maestro esperto quale sei...
-Vai di fretta?- gli occhi color del mare lo
colpirono, in tutta la loro purezza, maggiore anche di quel che si ricordava.
-Come ho potuto resistere in guerra, secondo te?!-
scosse il capo, sbuffando con un sorrisetto. –All’odore di morte, sangue e
piscio; alle ferite, all’ansia che ti distrugge, alla paura di perire che ti
diventa fedele come la tua puttana innamorata…-
-Ahi, ahi, Uchiha…- la mano delicata si posò sul suo
viso, e gli carezzò le labbra con le unghie perfettamente smaltate. –Mai
innamorarsi di una geisha.-
-Come se tu non l’avessi già fatto.-
-Solo perché sei il mio unico cliente?-
-Ti concedi solo a me.-
-La fila è lunga; ma sei l’unico alla mia altezza.-
-Dovresti raccontare meno cazzate, Yamanaka; sulle
labbra di una donna stonano decisamente.-
E chiuse quelle labbra in un bacio, rapace, che la
catturò, una violenta passione eppur eccitante e rispettosa, imprigionando
anche quel respiro che divenne crescente al ritmo di un petto che palpitava,
l’intreccio di due lingue che si desiderano, mani che premono con forza sulla
pelle, una lotta a chi procura più dolore come se esso rappresentasse la
passione; quando tutto finì, (sempre per volere dell’Uchiha; perché lui era il
capo lì, lui stava sopra quando scopavano, lei doveva solo ribellarsi e fallire
per rendere il gioco più eccitante) quando lui decise di concludere quel bacio,
lei lasciò la presa; le regalò un ultima carezza sulle labbra con la lingua,
eccitante, avvertendola di ciò che voleva farle.
Con la rudezza tipica di un mecenate ANBU del suo
carico, l’afferrò per la vita sottile, prendendola in braccio; l’appoggiò sulla
spalla con violenza, provocandole un colpo alla bocca dello stomaco; e la
geisha si ribellò come al solito a quel trattamento da bastardo, ricevendo una
risata in risposta, risata di chi sa che ha il coltello dalla parte del manico.
Tra i suoi gridolini decisamente fastidiosi aprì la porta scorrevole con uno
scatto; la richiuse alle sue spalle con altrettanta veemenza, ricevendo un
rimprovero anche per quello.
Ma presto i rimproveri finirono; perché seppe
sostituirli con sospiri e parole morte in gola per l’emozione. Due ombre,
attraverso la carta sporca che chiudeva quell’ambiente nell’intimità, avvolte, in un movimento continuo che si
proiettava sul selciato del giardino; una lotta furiosa eppur sensuale, ritmata
dal crescere delle risate, tappati da labbra unite, o contrastati da urli
eccitati.
E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai,
dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi.
Tanto sai che quassù male che ti vada avrai
tutta me, se ti andrà per una notte...
Tutto finì in un sospiro.
Tutto in due corpi nudi e caldi, coperti di perlaceo
sudore, presi da spasmi di stanchezza e da tachicardia accelerata.
Con gli occhi socchiusi da un formicolio piacevole in
tutto il corpo, stiracchiandosi nella lunghezza delle agili e lattee braccia,
osservò il ninja rialzarsi a sedere; sempre fiero e composto, come se pochi
attimi prima non avesse trasgredito l’articolo 25.
Un ninja non dovrebbe provare sentimenti.
Eppure, lui, peccò d’amore.
E si mise a sedere pure lei, osservandolo infilarsi
con estrema cura i pantaloni scuri, mentre faceva scivolare le braccia dalle
cosce fin sotto il ginocchio, per abbracciarsi le gambe; nuda come una bambina,
sguardo innocente, a studiare i movimenti delle mani nell’allacciarsi i sandali,
le sue mani sempre sporche di terra e maleodoranti di sangue altrui, eppure
mani molto esperte nel manovrare il suo corpo.
Lo shinobi afferrò finalmente il corpetto, alzandosi
per sistemarselo alla perfezione; e quello scorcio che offrì forse non fu casuale,
perché le punto quasi alla vista la spalla sinistra, le puntò addosso il
tatuaggio simbolo degli ANBU, marchio degli assassini, una promessa cucita
sulla pelle.
Non dimenticare: lui è servo della guerra, ed un
giorno morirà per essa.
-Te ne vai già, Sasuke?- non lo ripeteva spesso, quel
nome; eppure a lui piaceva il modo in cui lo diceva, schioccando la lingua con
una s troppo strascicata.
-Domanda retorica.- incrociò il suo stesso sguardo
nella piastrina sul palmo del guanto, mentre si allacciava la spallina del
bustino.
-Mh.- non risposte, lasciandosi andare con la testa
accoccolata sulle gambe.
L’Uchiha si chinò, raccogliendo la sacchetta che
posizionò sul retro… e si fermò un attimo, come per riprendere fiato. Sempre
così, quando se ne andava; in fretta e furia, come senza pensarci, come se il
fermarsi l’avrebbe impigrito e dunque fatto desistere dal suo dovere. Si voltò,
guardando quell’angelo che sembrava bimba innocente, eppure fosse la sua
puttana.
-Ho qualcosa per te.-
La testolina scattò provocando la danza dei suoi
capelli di miele nell’aria, ed il nasino all’insù lo puntò; sinuosamente e nuda
gattonò vicino a lui, ma dimenticandosi per una volta del suo ruolo di
seduttrice; e si posò delicatamente a sedere, osservandolo trafficare nella
borsetta ed estrarre un qualcosa, che tenne chiuso in due mani. Si inginocchiò,
avvicinando i pugni chiusi al suo viso, in una lentezza ed apatia di movimenti
che creò suspance; ed aprì le dita.
Io non so l'amore vero che sorriso ha...
Pensieri vanno e vengono, la vita è così...
Accoccolata tra le sue mani, perfetto accostamento
con lui.
Una corona di petali color latte, sgualciti da un
viaggio troppo lungo, eppur ancor freschi; sorella della rosa, nobile ma più
umile, delicata come essa ma orgogliosamente più forte.
-E’ una camelia.-
-Simbolo di perfetta bellezza; da regalare ad una
persona che si stima.-
-Sapevo che tu l’avresti capito, Ino.- una i allungata,
tipica di un accento meridionale; eppur suono dolce, perché chiamata per nome
per la prima volta.
La geisha accolse il fiore tra le mani, trattenendo
il respiro in due guance che si colorarono di maturo rossore, genuino. Avvicinò
a sé il fiore, quasi volendolo odorare, utopia impossibile vista la poca
delicatezza della conservazione; eppur, ad un olfatto esperto, non poteva
sfuggire la lieve essenza di lui che si era prepotentemente impadronita di
essa.
-In un paese lontano da qui, ad ovest, oggi è il
giorno della festa degli innamorati.- scostò di poco il capo, quasi preda di un
infantile imbarazzo per essersi esposto così. –E’ tradizione portare un dono.-
Si rialzò sotto lo sguardo incantevole di lei; un
piccolo brilluccichio negli occhi, come una gemma. Posò con delicatezza il
fiore in grembo, afferrandogli le mani e portandosele vicino alle labbra, come
baciandole in segno di rispetto.
-Grazie.- in un battito di ciglio, la gemma scese
sulla sua guancia.
Un amore detto tra le righe è uno dei regali più belli, per San
Valentino.
**************************
Deliberatamente ispirata ad una fanfiction di Kaho,
“Welcome to Madame Tsunade’s – How much does a good fuck cost?” ù.ù
[Pubblicità occulta: chi può leggere una lemon lo
faccia, se non vuole perdersi un capolavoro! U.U consiglio da amica, su!] Ammetto,
la mia tessò mi ispira una cifra... troppo, ti odio quasi per questo XDDDD
Diciamo quasi su richiesta della Koi-chan. E mia,
perché mi sono detta: no Rael, non dormire sugli allori, produci anche tu
qualcosa per San Valentino ù.ù
Volevo qualcosa di un poco OOC ma non troppo, per
permettermi qualche licenza con Sasuke ed Ino; ed uno scenario sempre
“giapponese”, sempre ninja, ma più intrigante, inaspettato per una shot nel
giorno della festa degli innamorati.
Ecco come è nata “Camelia”.
Dedicata ad una sola ed unica persona: il mio
Sasuke-kun, ovvero il mio ragazzo. Perchè mi è stato sempre vicino,
sostenendomi, facendomi da primo beta (credetemi, non è facile XD),
sopportandomi (cosa ancor più difficile, sono capricciosa come la Yamanaka
U.U).
E perché il 14 di un anno e tre mesi fa mi ha fatto
capire che “sorriso l’amore vero ha” (citando la canzone “Minuetto” di Mia
Martini, usata anche come theme song a supporto della shot… semplicemente un
incanto).
Grazie davvero a chi leggerà. Un grazie in più a chi
commenterà.
Vi auguro una bellissima giornata… e per i single
tranquilli, domani è il vostro turno XD
La vostra Rael