Ciao
ragazze!
Alloooora...
Il
capitolo sottostante riguarderà i chiarimenti di Ester
riguardo la verità da
lungo taciuta alla figlia. Una verità che ha interdetto
parecchie di voi, ma
che personalmente ritengo il tocco di originalità di questa
storia, altrimenti
banale e "già vista".
Vorrei
ringraziare Swaying_Daisies per avermi regalato un importante consiglio
riguardo la personalità di Brianna, che metterò
certamente a frutto in questo
capitolo.
Buona
lettura!
Liverpool Maggio
1981
Delusione.
Rabbia.
Frustrazione.
Oltre
la coltre impenetrabile di quelle travolgenti emozioni annegano i miei
sensi
indeboliti. Questi tentano invano di afferrare i lembi di quella
friabile
razionalità, ottendo unicamente la sua dispersione in quella
nuova e impensata
realtà. Palesandosi d'improvviso, impedisce ai miei muscoli
qualunque guizzo
stupito o l'assunzione di alcuna posa inquieta. Sul mio viso non pare
esservi
ospitalità per quelle introverse emozioni che limitano la
loro furia al
pensiero, senza permettere ad esso di plasmare i miei lineamenti.
Ma
ben presto la forza d'animo, quella che rivestiva i panni di
protagonista negli
elogi altrui riguardanti l'essenza della mia persona, abbandona
fiaccamente il
palco della mia coscienza sul quale ha tentato di recitare.
Ogni
effimera certezza donatami dalla mia vita abbandona il mio corpo
nell'unica
espressione che il mio dolore riveli; una lacrima.
Una
minuta rappresentante della solitudine in cui ho trascorso la mia
esistenza,
durante la quale quella goccia salata ha solcato sovente le mie guance.
Ora alcun orgoglio la
raccoglie lungo il
profilo delle ciglia, impedendole di rovinare contro il pavimento, non
degno di
subire la mia desolazione.
Ora
non permetto ad alcun sorriso di calcare con la sua figura le mie
labbra,
illuminato dai riflettori dell'ipocrisia.
Un'ipocrisia
che non sono in grado di dissimulare, poichè risulto
sprovvista di quel
coraggio, la cui unica menzione da parte di Paul è bastata
ad incitare il mio
desiderio lussurioso la notte precedente.
Quel
coraggio ora si dimostra un elemento fittizio delle convenzioni altrui,
e
affatto parte integrante del mio spirito.
Uno
spirito che ora si abbevera alla putrida fonte della verità,
come un assetato
reticente ad affrancarsi di quell'acqua fetida ma necessaria alla
soppravvivenza.
Un
brivido freddo e inospitale quanto quella sorgente fantastica percorre
la mia
schiena madida di sudore che, scivolosa come le pareti della mia
coscienza,
inditreggia progressivamente.
I
seguenti movimenti del mio corpo vengono sospinti dalla naturale
repulsione
verso quella donna, nella mia mente protagonista di una
verità celata.
Una
verità che offre ai miei ricordi di quella notte di passione
un ribrezzo
costante che la tramuta in una notte di orrore. In essa i sospiri
irregolari di
Paul, assumono i contorni di quelli paterni, placidi e silenti; le mie
urla
possiedono la puerilità di quelle capricciose di un bimbo. E
quel nostro
occasionale rapporto non preclude all'infedeltà le sue
caratteristiche ma anche
ad una realtà maggiore che neppure sono in grado di
pronunciare.
Affido
ai miei pensieri la formulazione di quella parola che rispecchia
l'inconsapevole natura della mia azione.
Incesto...
Questa
parola risuona sorda nella mia mente, come i rintocchi della chiesa di
Liverpool,
che scuotono ripetutamente le campane. Invidio d'improvviso le
vibrazioni
prodotte da quegli inusitati strumenti. Tali rintocchi vagano per
alcuni
impercettibili istanti all'interno del campanile per poi affievolirsi
lentamente finchè, della loro fuggevole esistenza non rimane
che il ricordo nei
timpani offesi dei paesani.
Quello
il destino che mi è stato negato.
La
morte rapida e indifferente in seguito a questa scoperta che dilania
crudelmente il mio corpo, come una bimba crudele, divertita dai suoi
nuovi
giochi.
Osservo
quella bambina impertinente senza poterle impedire di plasmare le mie
eventuali
reazioni sotto quelle manine perennamente insoddisfatte.
Le
mie membra intorpidiscono senza ulteriori indugi alla mia
immobilità, impedendo
anche quei movimenti istintivi che hanno condotto i miei passi verso la
porta.
Il
cigolio infastidito delle spalle che stento a rilassare ricorda quello
del
materasso del letto matrimoniale di Paul.
Il
letto di mio padre...
Il
letto in cui...
BASTA!
Impongo
questo divieto alla mia mente che ammutolisce, inquieta, come uno
scolaro
ripreso inaspettatamente dalla maestra. I miei ricordi si tingono dello
stesso
rossore imbarazzato, ma la vergogna che li caratterizza è
assai meno innocente.
Della puerilità non rimane in me che la rimembranza di un
passato, la cui
irrealtà è stata rivela con cotanta bruschezza da
quella donna che credevo una
madre amorevole.
L'affetto
incondizionato che ho da sempre nutrito per mia madre viene divorato da
quella
nascente scoperta con la stessa ingordigia che i passeri riservano alle
molliche di pane.
Ogni
pulsione affettiva che ho donato senza riserve a quella donna perde
d'importanza, soffocato da una verità impellente, che come
un'eclissi che ha
oscurato la mia già offuscata serenità.
L'ardore
inaspettato di quella confessione arde quanto il sole che sovrasta
senza remore
la luna, pallida e instabile quanto me.
Di
quest'ultima assumo il candore caliginoso che si dipana
progressivamente sul
mio volto. Lo avverto insinuarsi come un astuto trapezista oltre la mia
pelle.
Le sue evoluzioni vengono osservate minuziosamente da mia madre, gli
occhi
sgranati e le mani adagiate in grembo, come la spettatrice di uno
spettacolo
circense in procinto di applaudire.
Ma
nulla merita gratitudine e riconoscimento in quella stanza satura di
parole
rinchiuse fra le labbra, che urlano il loro diritto di essere liberate.
Quella
loro prigionia dilania ciò che resta della mia anima
permettendo solo una
apatica domanda, troppo spossata per possedere un accento
interrogativo.
-Cosa
stai dicendo, mamma?-
La
mia voce arrochita dal silenzio riporta alla mente i toni gutturali dei
miei
gemiti sensuali, causando il grottesco ritorno di quel recente passato.
Rinuncio
ad allontanarlo, poichè avversaria scadente in quella
battaglia contro le
emozioni che, d'improvviso si riverano dalla mia bocca senza alcun
ritegno.
Ormai
ho dimenticato la natura di qualunque sentimento che non sia il rancore.
-Cosa
cazzo stai dicendo?!-
Mia
madre si protegge le orecchie con le mani, come a proteggere l'udito
dalle mie
grida.
Queste
scuotono le pareti con malagrazia mentre il suo corpo si rannicchia in
posizione fetale su se stesso.
Alcun
fremito sospinge le mie mani ad una rassicurante carezza a quel volto
stremato,
il quale si atteggia ad un'espressione timorosa.
Qualunque
sentimento compassionevole nei confronti di quel viso scema
rapidamente,
sostituito da una rabbia incontrollabile e famelica. Affamata di
spiegazioni,
motivazioni a quella che pare un'affermazione inspiegabile a quella
mente che
ne è rimasta cotanto turbata.
Inclino
il capo mentre un'incipiente balbuzie difetta nella sua voce. O
ciò che è
rimasta di essa, un fiato flebile e impecettibile.
-I...io...
m... mi dispiace, io... a... avrei dovuto...dovuto dirtelo prima,
capire.. quanto
sarebbe stato importante, per... per te...-
Fra
quelle mura non pare sopravvivere nulla della piccola e speranzosa
famiglia in
cui sono cresciuta. Di quest'ultima non resta che un ricordo
probabilmente non
così fedele come avevo creduto.
Credere.
Una
parola improvvisamente priva della speranza di cui è stata
colmata in anni mai
pienamente vissuti poichè privi della rivelazione della
reale identità paterna.
Le
parole di mia madre mi permettono di riflettere su quella mancanza,
della quale
sono stata inconsapevolmente privata per anni.
-Importante?!
Importante?! è così che definisci una cosa
simile? Importante?-
Sospingo
le mie retincenti emozioni attraverso parole roventi, la cui corsa
verso
l'esterno non intendo interrompere.
Avvolgo
le braccia attorno al busto, come nell'intenzione di cullare il mio
animo
turbato in una pace inesistente che il tepore delle mie membra non
riesce a
ricreare.
Avverto
sotto i polpastrelli il calore della mia pelle, il cui fremito scuote
le mie
dita. Oltre la mia carne grava il giogo del dolore che impedisce
qualunque
reazione. La fiera domata delle mie membra pare appartenere
improvvisamente ad
un'identità diversa dalla mia, da quella che ho da sempre
forgiato. Il mio
cuore non gode ormai più di quel coraggio del quale sono
stata accreditata
durante gli anni dell'adolescenza; quel muscolo pulsante deperisce fra
le ossa
fragili di quel torace che troppe volte si è gonfiato di un
orgoglio che non
possiede. Orgoglio utile unicamente alla prosecuzione serena della mia
esistenza; orgoglio che ha abbandonato il mio profondo desiderio di
lotta al
dolore, rivelando la mia natura debole ed indifesa.
La
realtà mi osserva.
La
percepisco nascosta negli occhi vitrei di mia madre, le cui lacrime
costituiscono l'unico velo pudico a celare i sentimenti in essi
racchiusi. La
percepisco in quelle pareti, scarne di gioie concrete ma ricche di
ricordi
effimeri. Ricordi il cui protagonista ho ritratto servendomi dei
lineamenti di
Thomas Richards. Mio padre, l'uomo che ha allietato e annientato la mia
vita;
due termini rimati ma assai dissonanti nella poesia che è
stata la mia
esistenza. Un componimento malinconico, i cui personaggi si avvicendano
repentinamente nella mia mente, prima di urlare a gran voce un'unica
domanda,
che richiede una spiegazione altrettanto chiara e comprensibile.
Tento
di dare voce a questa questione che assale le mie instabili certezze,
con
evidente rassegnazione.
-Perchè?
Perchè? Quando pensavi di dirmelo? Quando? Non quando ero
una bambina
spensierata. Non quando ero un'adolescente amante della musica e del
divertimento ai quali ha dovuto rinunciare per il tuo sostentamento.
Non quando
mi sono dovuta trasferire a New York alla ricerca di un lavoro. E non
quando ti
ho avvertita del mio nuovo ed importante incarico. E allora
perchè, mamma?
Perchè adesso? Cosa ti fa credere che ora sia
così forte da riuscire a superare
tutto? Cosa ti fa credere che io sia sempre stata una ragazza forte?-
Scuote
il capo boccheggiante, le parole vagano fra i suoi denti tremanti, con
la
stessa confusione delle lacrime che rigano in torrenti sconnessi le
guance.
Tale
precarietà è avvertibile anche nelle sue parole,
che odo appena.
-Perchè...
perchè sei una donna, Brianna. Perchè meriti di
sapere la verità... da sempre.
Ma io... io non ho mai avuto il coraggio di dirlo a te e neppure a
Thomas...
lui... sapeva che non eri figlia sua ma non ho mani avuto la forza di
confessargli la vera identità del tuo padre biologico. Un
uomo orribile,
Brianna, che lasciata sola una bambina di sedici anni con il ventre
colmo della
presenza di un figlio e la mente piena di sogni che credeva
realizzabili. Io...
non avrei dovuto tacerti tutto questo e ho appurato da tempo di aver
sbagliato.
Quando ho saputo del tuo nuovo incarico ho capito che avresti dovuto
conoscere
davvero l'uomo che avresti intervistato. E allora ho deciso di dirtelo,
certa
che la tua maturità e la tua forza d'animo ti avrebbero
permesso di accettare
appieno la verità e...-
-Non
nominare la mia forza d'animo, mamma, ti prego.-
Esclamo,
portando una mano ai capelli, la maschera di un sorriso sarcastico
imposta alle
mie labbra pallide quanto il mio viso.
Assumo
un'espressione delusa che adombra i miei lineamenti.
-Limitati
a raccontarmi l'origine di questa "verità". E poi lasciami
andare via
di qui.-
Ester
Hoffman portò le mani al volto, nel tentativo di celare
l'espressione terrea su
esso dipinta.
Deglutisce
visibilmente, gli zigmi acuti e tesi sotto la pelle delle gote.
-Io...
lo conobbi a quindici anni. Ero una bambina e mi ero trasferita a...
Liverpool per...
impegni lavorativi di tuo nonno...-
Sospiro
infastidita da quelle interruzioni ricche di drammatici sottintesi che
ognuna
di noi interpreta differentemente.
-Era
il padrone di una fabbrica che raggiunse il fallimento dopo la sua
morte a
causa della cattiva gestione. A Liverpool incontrai... incontrai
Thomas, un
vecchio amico di invanzia che poco tempo prima aveva abbandonato
Preston per
trasferirsi a Liverpool e cominciare a... vivere di
un'attività propria. Aveva
aperto un bar piuttosto redditizio e appena venni a saperlo andai a
trovarlo e
così... trascorremmo parecchie ore a parlare di noi e del
poco tempo trascorso
a distanza. Aveva molte cose da raccontarmi e amavo passare del tempo
con
lui... era l'unica persona che conoscevo in paese e.. la sua compagnia
era
assai più gradita di quella... silenziosa e arcigna di mio
padre, la cui
presenza era rara in casa.
Trascorrevo
la mia adolescenza in un silenzio spensierato, privo dell'affetto di
una madre
morta prematuramente e di quello di un padre assente e incomprensivo
delle mie
esigenze... finchè...-
-Finchè?-
La
incalzo con la mia voce tremula, ansiosa di conoscere maggiormente quel
passato
la cui matessa sta districandosi lentamente e come un filo d'Arianna mi
sta
conducendo oltre il labirinto dell'inconsapevolezza.
Deglutisce
nuovamente, come imitando un vizio inveterato.
-Finchè
non... non conobbi... non conobbi... Paul nel... nel 1959. Viveva poco
lontano
da me e dopo una chiacchierata circostanziale capii che...
frequentavamo la
stessa scuola. Lui era... era più grande di me e... lo
vedevo così
affascianante, maturo e responsabile... cominciammo a frequentarci
regolarmente... all'insaputa di mio padre che non avrebbe approvato una
mia
relazione con un ragazzo considerato
scansafatiche dall'opinione altrui a causa... della sua passione per la
musica.
E pensare che è stata proprio quella sua passione a farmi...
a farmi...
innamorare di lui. Le sue mani che sfioravano le corde della chitarra,
la sua
schiena ricurva verso lo strumento, il suo profilo concentrato, il suo
sorriso
su queslle labbra schiuse...-
Scuote
la testa, proteggendola con le mani e scatenando un'irrefrenabile
tempesta di
riccioli chiari che sferzano i miei capelli neri.
Neri
come quelli di Paul.
Scaccio
infastidita quel paragone dalla mia mente, permettendo con un cenno del
capo a
mia madre di proseguire.
Lei
deglutisce e approva il mio tacito consiglio.
-Parlavo
spesso di lui a Thomas, chiamandolo con il suo nome, il primo che mi
rivelò e
che scrivevo sul mio diario, attorniandolo di cuoricini e frasi
romantiche:
James.
Thomas
approvò i nostri incontri seppur con reticenza, in quanto
egli provava da
sempre per me un affetto profondo che credeva sconfinasse l'amicizia.
Ero
estasiata. Estasiata dalla vita che pareva così bella, dalla
presenza di Paul
che regalò alla mia adolescenza il primo amore.
Quando
decisi di passare la mia prima notte d'amore con lui, credevo di
sognare;
finalmente mi sarei unita carnalmente con il ragazzo che possedeva il
mio
cuore. è stato tutto... perfetto. Credevo di non poter
essere più felice di
così...-
Tormenta
la veste con le unghie prima di proseguire a fatica, trattenendo le
lacrime che
soffocano le parole in gola.
Passo
una mano sul collo, immaginando mia mano avvolta nell'abbracio caloroso
di
Paul, accarezzata da quelle stesse mani che la sera prima hanno
provocato i
miei gemiti soddisfatti.
Ignoro
quell'infido ricordo, portando le dita alle tempie.
Un
sorriso apatico sfiora le labbra smorte di mia madre.
-Ci
amammo per parecchi mesi. Partecipavo come spettatrice alle sue prove
musicali
e... lo vedevo così bello e perfetto in ogni occasione.
Ero... ero innamorata
di lui...- sussurra l'ultima frase, donandole uno stupore tipico delle
scoperte
insospettabili. Quella sorpresa lieve, nella cui delicatezza freme
un'eccitazione contenuta.
-Provavo
per lui un sentimento... impossibile da descrivere a parole. Quel
sentimento
che... che ti fa ridere di gusto, che ti fa arrossire di imbarazzo,
quel
sentimento che... che ti spoglia di ogni vergogna che... che molti
definiscono... amore. Un amore giovane che causa... parecchie follie.
Una di
queste riguardava la... la sua partenza per... per... per...-
-Amburgo...-
Ipotezzo,
ricordando gli impegni musicali dei Quarrymen riguardanti quel periodo.
Rammento naturalmente gli avvenimenti concernenti gli artisti che
preferisco,
cogliendoli nel dedalo delle mie preoccupazioni.
Mia
madre annuisce, coprendo il volto con le mani. Queste ultime scivolano
lungo il
profilo ovale del viso, saggiandone il pallore.
-Esatto..
A.. Amburgo. Mi chiese di partire con lui, che non poteva neppure
immaginare
di... affrontare questa avventura senza di me. Io... sospettavo
già da alcune
settimane di essere incinta. Non ero affatto spaventata... ero...
eccitata...
un'eccitazione infantile causata da... da una certezza altrettanto
puerile.
Quella di avere al mio fianco l'uomo che amavo con il quale costruire
una
famiglia. Ma... ma... avevo dimenticato che quello non era affatto un
uomo ma
un diciottenne imberbe capace di pensare unicamente a se stesso.-
Sveste
quella maschera di dita con cui ha celato il volto, plasmato da un
rancore
antico, riafforato o probabilmente mai scomparso.
-Mi
convinse a partire di nascosto assieme a lui, nonostante la presenza di
mio
padre e la sua chiara avversione nei confronti di.. di Paul e della sua
disoccupazione, non adatta alla sua età... matura...
Accettai, guidata da
quell'entusiasmo ingenuo, decidendo di confessargli il mio segreto al
momento
della nostra partenza. Avevo pianificato tutto; lo avrei seguito
ovunque,
avremmo... avremmo cresciuto amorevolmente quel bambino, quella
creatura tutta
nostra. Io... io lo volevo, Brianna. Lo volevo tanto...-
Il
suo sguardo penetra i miei occhi, in cerca di una compassione che non
sono in
grado di elargire.
-Decisi...
decisi di assecondare questo mio desiderio, partendo all'alba di una
domenica
mattina... raccolsi i miei vestiti in una valigia, la stessa che avevo
colmato
dei miei essetti personali durante il trasloco da Preston a Liverpool.
Prima
di giungere al luogo dell'incontro con Paul e... imbarcarmi assieme a
lui e ai
componenti del gruppo per Amburgo decisi di offrire un ultimo saluto a
Thomas.
All'apice
dell'eccitazione giunsi a casa sua, lo svegliai e gli comunicai con
gran foga
le liete notizie. Rimase... rimase interdetto da entrambe; della mia
gravidanza
si preoccupò, ricordandomi quanto un bambino non fosse un
gioco bensì un
impegno per la vita. Lo rassicurai, dicendogli che amavo James e che
ero
certa... certa che... che avrebbe accettato questo bambino.
Inizialmente Thomas
non era concorde con la mia decisione ma mi credeva una ragazza matura
e
responsabile perciò... mi salutò con un abbraccio
e un augurio di buona
salute...-
Gli
occhi di mia madre rincorrono i ricordi lungo la parete bianca e
silente di fronte
ad essi.
-Mi
recai al luogo dell'appuntamento all'alba di una domenica mattina.
Ero...
circondata da un'aura di felicità e ingenuo entusiasmo che
avrebbe fatto
sorridere malinconicamente qualunque anziano. Lui... era già
giunto al luogo
dell'appuntamento e appena mi vide... mi baciò in quel modo
trascinante e
intenso che sapeva fare solo lui. L'ultimo bacio che... che ci
scambiammo.
Godetti appieno di quell'attimo prima di... prima di confessargli il
mio
segreto. Lui... lui...-
Deglutisce
nuovamente in un gesto ripetitivo ed incalzante, assassino della mia
pazienza
indebolita.
-Lui...
non so cosa accadde. In un istante tutti i miei sogni, i miei desideri
vennero
offuscati dai suoi lineamenti, che improvvisamente assunsero
un'espressione...
trragicamente frustrata. Io... credevo scherzasse. Credevo fosse
soltanto una
maschera utile a celare la felicità per quella
paternità forse un po'
prematura. Ricordo... ricordo... ogni gesto che anticipò le
sue parole. Le mani
fra i suoi capelli che inseguivano il vento, i suoi passi che... che si
allontanavano progressivamente per me. Cominciò a... urlare
frase
sconclusionate. Inizialmente mi... mi accusò di averlo
tradito, che lui era
stato attento, che non era possibile che fosse suo. Ma io lo amavo
troppo per
tradirlo e cercai di spiegarglielo ma... non volle sentire ragioni...
Poi parve
tranquillizzarsi e mi domandò cautamente se ne fossi
certa... io gli dissi che
avevo il sospetto da alcune settimane e che non vedevo l'ora di
cominciare la
nuova vita che mi aveva promesso. Assieme a lui e... al nostro
bambino...
Provai... provai ad abbracciarlo e a rassicuarlo... gli dissi che ce
l'avremmo
fatta, che avremmo cresciuto assieme quella creatura...-
Scosse
il capo sconsolata.
-Ma...
avevo dimenticato che stavo parlando con un diciottenne immaturo e
spaventato
dalla vita che si stava mostrando a lui con tutte le sue
difficoltà.-
Quel
barlume di lucidità abbandona mia madre, la quale prosegue
il suo racconto, la
voce rotta dai ricordi amari.
Ignoro
le emozioni che si avvicendano nella mia mente, per permettere ai miei
sensi di
cogliere appieno le parole della donna.
-Paul...
lui... mi allontanò e cominciò a... ad
innervosirsi, a dirmi che... che non era
pronto... non era pronto a sacrificare la sua vita per un bambino della
cui
esistenza non era neppure certo, lui... lui voleva... cantare. Cantare,
cantare, cantare; continuava a dirmi che non aveva intenzione di fare
altro
nella sua vita e... un bambino non era nelle sue priorità di
adolescente alla
ricerca delle sue passioni. Tutto quell'amore che credevo prvasse per
me... si
allontanò assieme a lui in quella mattina d'agosto...-
Le
lacrime sono asciutte sulle sue gote, il ricordo del pianto impresso
nel
rossore della sua pelle. La mia è intirizzita da un freddo
innaturale che non
concerne l'ambiente in cui risiedo, bensì il mio animo
turbato scosso da
subitanei tremori.
Le
parole di mia madre svelano, come i componenti di un mosaico
raccappricciante,
quella realtà a lungo taciuta, la cui essenza scuote
profondamente la mia
coscienza. Questa ricerca vanamente le fondamenta solide su cui ho
costruito
con difficoltà il mio futuro, preceduto da un passato ancor
più incerto.
-Non
sapevo cosa fare... tutta l'allegrezza, le speranze e le gioie erano
improvvisamente scomparse. L'unica cosa a cui... riuscissi a pensare
era... mio
padre, che certamente al suo risveglio aveva scoperto la mia assenza.
Non
riuscivo ad immaginare come sarei riuscita a spiegargli la presenza del
bambino
nel ventre di quella ragazzina che credeva ancora pura, e...
ripiombai... nella
realtà che... compresi presto non fosse così
sognante e spensierata. Tornai...
tornai a casa quel giorno. Incontrai mio padre ancora in pantofole che
fumava
nervosamente... attendeva da me una spiegazione... se la confessione
della mia
gravidanza fece arrossare l'estremità del suo sigaro, la...
rivelazione
dell'identità di tuo padre... ne fece consumare buona parte,
che macchiò il
pavimento. Ricordo perfettamente quella polvere ai suoi piedi, scura
come il
suo volto sul quale... la sua bocca sprigionò parole..
ingiuriose contro di me
e Paul, peccatore insidioso che mi aveva sedotto per poi abbandonarmi
una volta
saputa la verità. Mio... mio padre... mi ha intimato di
lasciare la casa,
proprio come avevo progettato con Paul... ma lo avrei fatto da sola,
senza
alcun aiuto, senza nessuna... prospettiva del futuro radioso che avevo
progettato... Mi cacciò di casa, ignorando il mio bambino e
le mie richieste di
perdono... il mio era... stato un atteggiamento arrogante nella sua
ingenuità e
avrei dovuto pagare per le mie azioni... queste furono le... ultime
parole di
mio padre... io non... non lo rividi mai più da quel
giorno...-
Alcuna
compassione sfiora la fortezza della mia consapevolezza, appena
rinvigorita da
quell'agghiacciante scoperta. Come il ghiaccio, infatti, indurisce la
superfice
della mia pietà, strozzandola in una morsa assassina. Non
tento di salvarla,
limitandomi ad osservare mia madre da sotto le lenti degli occhiali.
Li
stessi che Paul ha sfilato maliziosamente con i denti la sera
precedente.
Quei
denti sotto ai queli probabilmente il labbro inferiore di mia madre
è ceduto.
Quei
denti oltre i quali Paul ha liberato un sibilo rabbioso contro quella
donna che
portava in grembo sua figlia.
Una
figlia che ha respinto, alla quale non ha donato le carezze ora
riservate a
James, gli sguardi dolci offerti a Mary e Stella e quelli complici che
sovente
scambia con Heather. Il volto di quest'ultima si riflette nella mia
mente,
offrendo l'inspiegabile immagine di una ragazza adottata da un uomo che
vent'anni prima ha rigettato una creatura propria. Un'invidia puerile
attanaglia il mio orgoglio con una domanda pressante che richiede
urgentemente
una risposta che non ha ricevuto dal racconto non ancora terminato di
mia
madre. Ad ella riferisco il mio quesito appena sussurrato:
-Perchè...
perchè non mi ha cercata? Perchè non... non ti ha
raggiunta dopo il tour ad
Amburgo, chiedendoti di me e... di perdonarlo, perchè...-
Mia
madre mi interrompe a mezza voce:
-Paul...
lo ha fatto...-
Passa
le mani fra i capelli in un gesto frustrato che imito automaticamente,
balbettando parole vane che interferiscono con la sua spiegazione
flebile.
-Hai
bisogno di sapere tutto chiaramente... e io... devo farti capire.-
Liscia
la gonna con le mani, con la cautela di una massaia inesperta che
intesse per
la prima volta la tela del passato, impolverata e ormai lisa ma ancora
vivamente colorata.
-Priva
di una casa e di una protezione per quel bimbo che... avvertivo
crescere dentro
di me attimo dopo attimo... decisi di me... chiedere aiuto all'unica
persona di
cui potessi fidarmi a Liverpool...-
-Thomas
Richards...-
Esclamo,
l'ombra della verità che sorride incoraggiante ai miei
tentativi di svelarne il
volto.
Annuisce
desolata.
-Thomas...
si infuriò con me. Mi disse che era certo che non sarebbe
potuto accadere
altrimenti che io e questo James eravamo stati degli incauti, degli
sciocchi a
sfidare il destino con una gravidanza indesiderata... Io... gli chiesi
di
perdonarmi e... di aiutarmi. Thomas... accettò senza remore
di aiutarmi,
rimembrando il forte affetto che ci legava. Decise di ospitarmi
temporaneamente
nella sua casa, quella che anni prima aveva comprato con i risparmi
donategli
dal padre. Avrebbe impiegato i mesi della mia gravidanza alla ricerca
di una residenza
dove io e il bambino avremmo potuto... sopravvivere, grazie al lavoro
che
Thomas mi avrebbe aiutato a trovare. Ma... il momento del... del parto
si
avvicinava e Thomas avvertì la mia comprensibile ansia,
causata dalle future
rivelazioni che avrei dovuto farti. Non... non sapevo come comportarmi,
come
rispondere alle tue eventuali domande riguardanti tuo padre. Cosa avrei
potuto
inventare? Una morte accidentale in una collutazione automobilistica?
Un lungo
viaggio alla deriva dei continenti dal quale non vi sarà
ritorno? Thomas mi...
propose una soluzione. La nostra convivenza indeterminata, nella quale
lui si
sarebbe assunto la responsabilità di... fare le veci di Paul
e di crescerti
come se fossi figlia sua fino al momento in cui io non mi sarei sentita
pronta
a svelarti la realtà. Thomas... provava... un forte affetto
e una notevole
compassione per quella sedicenne incinta e abbandonata dal proprio
compagno,
e... non trovò altra risposta ai miei problemi,
perciò... accettai... fedele
che quella nostra farsa sarebbe durata, che almeno Thomas non avrebbe
avuto il
coraggio di abbandonarmi. Ma neppure... il rifiuto e la rabbia di Paul
mi
avevano spogliata di quella... quella immaturità che... che
ancora mi fa... mi
fa impazzire...-
I
singhiozzi di mia madre causano le mie domande spazientite:
-Perchè
hai affermato che Paul mi ha cercata? Cosa non... non mi hai ancora
detto,
mamma?-
La
sua schiena si appiana come una collina erosa dagli eventi atmosferici
che da
secoli imperversano su di lei.
Proprio
di quelle colline muschiose il volto di mia madre assume la tinta
olivastra.
Trattiene
il labbro inferiore fra i denti prima di proseguire a stento.
-Tu...
nascesti in un meraviglioso pomeriggio di primavera del 1961(1).
Eri
così bella, proprio come ora. Avevi le guance tonde e
arrossate tipiche dei
bambini e i capelli... diversi dai miei... neri e folti... come... come
quelli
di Paul. Io ero entusiasta per la tua nascita e per la mia nuova
aventura
materna ma in ogni istante della tua crescita... vedevo in te, nel tuo
aspetto,
nel tuo modo di sorridere... le caratteristiche di... quell'uomo che ha
ucciso
la mia adolescenza.-
Sorride
amaramente
-Uomo...
quello non era un uomo, ma solo uno stupido ragazzino. L'unico uomo che
credevo
abbastanza maturo da essere considerato tale era... Thomas. Giocava con
te, ti
faceva ridere con le sue smorfie divertenti... nonostante non fosse il
tuo
padre biologico e non provasse per me altro che un profondo affetto...
riusciva
a donarci la serenità di cui avevamo bisogno. E non... non
si lamentava mai...
Io... credo che fra noi stesse nascendo un profondo sentimento, al
quale la
nostra convivenza forzata non ha dato modo di germogliare. Eravamo
giovani e...
avevamo bisogno di coltivare quel nostro eventuale amore in modo...
equilibrato,
attraverso una relazione costante e non così...
affrettata...-
Massaggia
con le mani il collo arrossatto dall'imbarazzo.
-Sembrava
procedere tutto per il meglio. Il rapporto fra me e Thomas si
intensificò anche
se... con credo che lui sia mai riuscito a... ad amarti come una figlia
propria
e nè ad amare me come una compagna... ma in quel momento non
importava... tu
eri importante... finchè... finchè Paul non
tornò quando tu avevi tre mesi.
Quel giorno... ero uscita a fare compere, mentre Thomas occupava il suo
giorno
libero accanto a te... io... lo incontrai quasi casualmente in una via
del
centro. Mi riconobbe subito e mi fermò. Mi disse che era
appena tornato dal
tour e che aveva trascorso i mesi passati a... riflettere. A riflettere
su di
noi e... sul bambino. Disse di essere corso a cercarmi nella a casa mia
ma
appena mio padre conobbe la sua identità lo
cacciò in malo modo, intimandogli
di... non mettere mai più piede nella sua casa. Aveva
rinunciato alla
possibilità di parlarmi poichè trovarmi in quella
seppur piccola città gli
sembrava impossibile. Fino a che non mi incontrò durante
quella passeggiata per
lui ormai priva di meta. Mi prese...- mia madre tocca convulsamente le
braccia.
-...
le spalle, mi disse che aveva capito tutto. Aveva capito di essere
stato un
bambino privo di senno, che era cambiato ed era pronto a ricominciare.
Con me
e... con il suo bambino che appurò avessi partorito.
Promise... di darmi una
vita felice di amare me e quella creatura che aveva ripudiato. Promesse
vane
alle quali... non potevo credere. Ero stata ingannata, Brianna. Ferita
da quel
ragazzino che credeva che amalgamare i cocci di una vita perduta fosse
semplice
quanto distruggerla. Io... gli dissi di lasciarmi andare, che non avevo
bisogno
di lui, che ora avevo qualcuno che mi stesse accanto e che mi aiutasse
a
crescere mia figlia. Un uomo in grado di fare le veci di un padre che
per la
mia bambina non era mai esistito. Ero... ero così giovane,
Bri. Non potevo
dargli un'altra possibilità, mi sentivo delusa, umiliata da
lui. Gli... intimai
di imbracciare la sua chitarra, le sue ipocrite frasi d'amore... e mi
lasciasse
condurre la mia vita. Aveva perso un'occasione, non gliene avrei
concessa
un'altra. Mi chiese... mi chiese di... dirgli almeno il tuo nome, di
modo che...
potesse sapere quale... parola sussurrare durante i suoi pianti
addolorati...
glielo negai... non aveva il diritto neppure di sillabare il tuo nome,
quel
verme che ha distrutto la mia adolescenza...-
Mi
allontano progressivamente da lei, le mani immerse nei miei capelli
aggrovigliati. Il tremulo labbro inferiore ricorda con ripulsa i baci
famelici
di Paul, che anni prima avevano appagato la bocca di mia madre. Una
bocca che
aveva pronunciato parole ingiuriose nei confronti di quel giovane
ragazzo, il quale
considerava maturata la sua coscienza, finalmente in grado di
sopportare il
fardello di un figlio. Se la voce di mia madre avesse plasmato un tono
comprensivo e accondiscendente quel giorno estivo del 1961, forse Paul,
l’idolo
della mia adolescenza, la mia passione a lungo trattenuta, sarebbe
vissuto
accanto a me, mi avrebbe insegnato a parlare, a cantare, a suonare il
mio primo
strumento. Forse non sarei mai stata incaricata di svolgere con lui
un’intervista; forse non sarei rabbrividita al tocco furtivo
delle sue dita
sulla mia schiena, non riconoscendo altro in quel gesto se non un
affettuoso
abbraccio paterno; forse mia madre non avrebbe sofferto invano per il
tradimento di Thomas, il quale avrebbe osservato la nostra vita da poco
lontano,
la distanza prossemica di un amico fraterno che non avrebbe nuociuto ad
alcuno.
Forse mia madre non sarebbe ricorse all’abuso di quei
maledetti tranquillanti;
forse non avrei cercato conforto da Paul, prima di consumare con lui la
notte
più bella e immorale della mia vita. Forse non avrei sorriso
dei baci audaci di
quel padre inconsapevole dell’azione che stava compiendo.
Forse
non avrei fatto l’amore con mio padre e lui non mi avrebbe
mai assecondata.
Forse…
Forse…
Forse…
Le
ipotesi che germogliano nella mente contaminano quelle fragili certezze
che la
mia vita ha tentato faticosamente di erigere. Ora le
possibilità invadono quali
edera rampicante la mia esistenza, soffocando la realtà
effimera su cui ho
intessuto il velo delle mie speranze.
Esse
scivolano dalle mie labbra, raggiungendo le mie parole che occupano
seppur con
accento flebile la stanza.
-Perché
lo hai fatto? Perché non gli hai dato almeno una
possibilità? Avrebbe potuto
rimediare…-
-Non
lo sapevo, Brianna. Ero una ragazzina di sedici che conviveva con un
uomo che
si era offerto di dare una famiglia a me e alla mia bambina. Questa era
l’unica
cosa che importasse davvero. Come potevo fidarmi di un ragazzino che
appena un
anno prima mi aveva abbandonata. Come potevo, Bri?-
Colgo
un’impellente richiesta di comprensione nella sua voce, che
non ho intenzione
di ascoltare.
-E
Thomas? Perché mai non gli avresti rivelato che il suo idolo
era mio… padre?-
-Io…
non volevo che… l’identità di tuo
padre… distruggesse la… quiete
familiare…-
Il
mio tono sarcastico compromette l’improvviso silenzio che
regna in quel luogo,
custode di un passato a me sconosciuto.
-Certo…
la quiete familiare è sempre stata così stabile
che sarebbe stato davvero
sgradevole interromperla con la verità…-
-Io…
supponevo che Thomas si… sarebbe stancato di me…
di noi… aveva bisogno di… costruire
una vita con qualcuno che amasse davvero e non con una donna, verso la
quale
troppe volte aveva tentato di instaurare un legame affettivo
maggiormente
duraturo. Non eravamo… innamorati, e ho presto capito che la
nostra convivenza…
non sarebbe sopravvissuta a lungo, in assenza di un
sentimento… prevedevo l’abbondono
di Thomas, e… non ho sofferto, ho tentato in tutti i modi di
offrirti ciò di
cui la tua adolescenza aveva bisogno, non volevo che quella improvvisa
svolta
della nostra vita ti nuocesse…-
Trattengo
le lacrime, indicandola rabbiosamente, ritirando il labbro superiore
che freme
contro il compagno.
-Beh,
hai sbagliato i tuoi calcoli! Nonostante questa tua… ipotesi
riguardo l’abbandono
di pa… di Thomas, non hai fatto nulla per evitarlo! Non gli
hai ricordato ciò
che ha fatto in passato per te, non è così?! Non
gli hai neppure ricordato che
sotto questo maledetto tetto viveva una ragazzine ignorante delle
vostre
congetture, che non avrebbe accettato la fuga di quello che considerava
suo
padre!-
-Non
mi avrebbe dato ascolto, credeva che tu fossi abbastanza adulta,
credeva che
dopo la sua partenza ti avrei confessato tutto e lo avresti
perdonato…-
Quel
lieve sussurrò istiga la mia ira, che ribolle sulla
superfice delle mie parole,
arse dalla delusione.
-Perché
non lo facesti?! Perché permettessi che la mia
gioventù andasse a rotoli per
colpa di un samaritano bastardo che ha deciso di lasciarti proprio nel
momento
in cui avevi bisogno di lui?! Quale “vero uomo”
farebbe questo?!- esclamo
imitando l’intonazione che mia madre ha offerto alla
pronuncia di quell’aggettivo
che a suo parere avrebbe descritto Thomas.
-Un
vero uomo è colui che compie azioni riprovevoli e che
domanda perdono in seguito
ad esse. Un vero uomo non abbandona la sua famiglia per “la
ricerca del vero
amore”, pur sapendo quanto l’economia del nucleo
famigliare priva del proprio
capostipite sarebbe scivolata in malora! Un vero uomo non avrebbe
costretto sua
figlia ad abbandonare gli studi per trasferisti in una città
a lei sconosciuta
dove ricominciare tutto da zero per contribuire al sostentamento
familiare, al
quale la tua condizione psicologica degradata non ha donato altro che
grane.
Sai una cosa?! Non credo proprio che le tue strazianti urla notturne e
la tua
assunzione di psicofarmaci possano testimoniare il tuo superamento
riguardo l’abbandono
di Thomas. Non è così?!-
In
quella donna d’improvviso intimorita dalle mie urla non
riconosco più l’oggetto
della mia serenità, che ho abbracciato affettuosamente pochi
istanti prima.
Di
fronte a me ho solo un’estranea, il volto celato da un
segreto da troppo tempo
inconfessato, che con la sua confessione negata ha inconsapevolmente
permesso
alle mie mani di scivolare maliziosamente sul corpo di Paul.
Quel
corpo aitante e desiderabile che ancora non accenna ad isolare i miei
pensieri
dalla sua presenza.
Quella
che non riesco più a definire mia madre, tenta di replicare
alla mia accusa.
-Io…
gli psicofarmaci, le mie… crisi notturne che parevano
essersi placate negli
ultimi anni e che si sono… ripresentate
ultimamente… non sono… causate da
Thomas, ma… da Paul…-
-Che
cazzo stai dicendo?!-
La
mia carne trasuda rancore senza posa, la mia intenzione di interrompere
tale
flusso pare vana.
-Da
quando… mi hai avvertita del tuo… nuovo incarico,
io… ho ricordato Paul, tuo
padre, l’uomo che presto avresti frequentato per ragioni
lavorative… il ricordo…
di lui, del suo rifiuto nei tuoi confronti ha riaperto un ferita che
credevo…
rimarginata da tempo. Non potevo sopportare l’idea che tu
parlassi con lui,
assistessi alla sua vita, affiancassi i suoi figli senza…
senza sapere che
anche tu fai parte della sua famiglia… questo pensiero mi
uccideva giorno dopo
giorno e… credevo che i tranquillanti che assunsi dopo
l’abbandono di tuo padre
potessero sortire la stessa serafica sensazione di allora, che mi ha
permesso di
andare avanti… ma non avevo capito che eri tu
l’unico motivo per cui lottavo
ancora. L’unica persona al mondo che è stata in
grado di risollevare il mio
spirito, di farmi comprendere quanto il mio giudizio riguardo gli
antidepressivi fosse errato, l’unica che con la sua
incredibile voglia di vita
mia ha fatto dimenticare Thomas e il suo abbandono e l’unica
che mi ha fatto
capire quanto i ritorno alle vecchie abitudini non si che una discesa
infernale
verso la depressione…-
Si
avvicina a me, negli occhi lacrimosi intravvedo l’immagine di
Paul che da essi
non è mai fuggito. Ma tale immagine si rivela
improvvisamente al mio sguardo
finalmente consapevole, che rifiuta con sgarbo la figura di mia madre
che tenta
di unirsi alla mia in un abbraccio.
-Ti
prego… perdonami. Non avrei dovuto tenerti
all’oscuro di tutto. Avrei dovuto
confessarti l’identità del tuo padre biologico
alla partenza di Thomas ma
temevo mi avresti abbandonata… sapevo quanto amassi la
personalità artistica di
Paul, e… ero certa non avresti accettato la
verità… mi avresti lasciata sola e
io… non avrei potuto sopportarlo… ti prego,
perdonami…-
Scuoto
il capo, amareggiata e colma di un’indescrivibile
frustrazione.
-Come
potrei… Ester?- pronuncio il suo nome fra i denti, in un
suono stridente e
privo dell’affatto di cui credevo quella parola fosse foriera.
-Tu
mi hai delusa. Tu mi hai presa in giro durante tutta la mia miserabile
esistenza che ho condotto con un unico scopo; tu. La tua
felicità era il mi
appagamento. Non capivo quanto la tua serenità fosse frutto
di un egoismo
radicato nel profondo della tua ignobile persona, la quale ha negato la
realtà
alla propria figlia. L’amore che dici di provare per me on
è nient’altro che
una bugi, l’ennesima. E sai perché?
Perché l’amore si dimostra con la
fedeltà e
con la fiducia… quella fiducia che mi hai negato, credendo
la mia mente
adolescente troppo immatura per poter comprendere le tue parole.
Sai
che ti dico? Che non lo saprai mai; non saprai mai come avrei reagito e
non
saprai neppure quale sarebbe stato il riscatto di Paul al suo tremendo
errore.
Non potrai mai sapere se io sarei stata abbastanza adulta da accettare
tutto o
Paul abbastanza coscienzioso da rimediare ai suoi errori. Continuerai
a…
crogiolarti nel tuo egoismo e io… non
interromperò certo questo tuo lungo bagno…-
Mi
dirigo verso l’uscita, le lacrime offuscano la mia vista e
annientano la mia
effimera forza d’animo che dubito di possedere.
Mia
madre, tenta di raggiungermi e forse di imitare il tono di voce dei
bimbi
capricciosi che non hanno intenzione di perdere un giocattolo
divertente.
Perché
è questo ciò che credo di essere sempre stata per
mia madre; un giocattolo
privo di animo.
-No,
no, no, no, no, no! Ti prego! Ti prego, ti prego! Se mi lascerai in non
avrò
più alcun motivo per sopravvivere…-
Sibilo
sul suo volto ravvicinato al mio l’unica frase che riesca a
formulare.
-Un
motivo lo avresti, l’unico che ti ha davvero permesso di
proseguire la tua
miserabile vita e di celare a tua figlia la verità: te
stessa.-
Con
quelle parole ruoto il pomello dell’uscio e mi allontano da
quella che non è
mai stata la mia dimora, in quanto custode di arcani la cui pressante
mole mi
ha improvvisamente impedito di avvertire famigliari quelle mura.
(1)La
modifica riguarda l’età di Brianna che per
questioni storiche non
ha ventun anni come precedentemente affermato ma solo venti.
Angolo
autrice:
*sospiro
soddisfatto*
Finalmente
sono riuscita a scrivere questo benedetto capitolo. Non immaginate
quanto sia
stato faticoso per me terminarlo… XD
Vorrei
come sempre ringraziare i miei lettori sempre così fedeli ai
quali si è
aggiunta a mia sorpresa Quella che ama i Beatles… la
ringrazio per a fiducia
che ha avuto nella mia storia e che l’ha spinta a leggere. Il
prossimo sarà il
penultimo capitolo, spero di non fare scivoloni ma credo che il finale
sia
equilibrato.
Un
bacio a tutti e un abbraccio e un grazie immenso alla mia gemella. Lei
sa che
sto parlando di lei :*
Peae&Love
Giulia