Fanfic su artisti musicali > Beatles
Segui la storia  |       
Autore: _SillyLoveSongs_    07/08/2013    10 recensioni
Ed ecco(finalmente) la mia fanfiction a capitoli. Anche questa volta McCartney sarà uno dei protagonisti principali della storia. Dopo alcuni mesi dalla morte dell'amico John, Paul decide di raccogliere i suoi ricordi del grande musicista in un libro intervista, che si occuperà di scrivere Brianna, una giovanissima giornalista... leggete e, mi raccomando, fatemi sapere! ogni recensione è davvero gradita.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao ragazze!

Alloooora...

Il capitolo sottostante riguarderà i chiarimenti di Ester riguardo la verità da lungo taciuta alla figlia. Una verità che ha interdetto parecchie di voi, ma che personalmente ritengo il tocco di originalità di questa storia, altrimenti banale e "già vista".

Vorrei ringraziare Swaying_Daisies per avermi regalato un importante consiglio riguardo la personalità di Brianna, che metterò certamente a frutto in questo capitolo.

Buona lettura!

 

 

 

 

Liverpool     Maggio 1981

 

Delusione.

Rabbia.

Frustrazione.

Oltre la coltre impenetrabile di quelle travolgenti emozioni annegano i miei sensi indeboliti. Questi tentano invano di afferrare i lembi di quella friabile razionalità, ottendo unicamente la sua dispersione in quella nuova e impensata realtà. Palesandosi d'improvviso, impedisce ai miei muscoli qualunque guizzo stupito o l'assunzione di alcuna posa inquieta. Sul mio viso non pare esservi ospitalità per quelle introverse emozioni che limitano la loro furia al pensiero, senza permettere ad esso di plasmare i miei lineamenti.

Ma ben presto la forza d'animo, quella che rivestiva i panni di protagonista negli elogi altrui riguardanti l'essenza della mia persona, abbandona fiaccamente il palco della mia coscienza sul quale ha tentato di recitare.

Ogni effimera certezza donatami dalla mia vita abbandona il mio corpo nell'unica espressione che il mio dolore riveli; una lacrima.

Una minuta rappresentante della solitudine in cui ho trascorso la mia esistenza, durante la quale quella goccia salata ha solcato sovente le mie guance.

 Ora alcun orgoglio la raccoglie lungo il profilo delle ciglia, impedendole di rovinare contro il pavimento, non degno di subire la mia desolazione.

Ora non permetto ad alcun sorriso di calcare con la sua figura le mie labbra, illuminato dai riflettori dell'ipocrisia.

Un'ipocrisia che non sono in grado di dissimulare, poichè risulto sprovvista di quel coraggio, la cui unica menzione da parte di Paul è bastata ad incitare il mio desiderio lussurioso la notte precedente.

Quel coraggio ora si dimostra un elemento fittizio delle convenzioni altrui, e affatto parte integrante del mio spirito.

Uno spirito che ora si abbevera alla putrida fonte della verità, come un assetato reticente ad affrancarsi di quell'acqua fetida ma necessaria alla soppravvivenza.

Un brivido freddo e inospitale quanto quella sorgente fantastica percorre la mia schiena madida di sudore che, scivolosa come le pareti della mia coscienza, inditreggia progressivamente.

I seguenti movimenti del mio corpo vengono sospinti dalla naturale repulsione verso quella donna, nella mia mente protagonista di una verità celata.

Una verità che offre ai miei ricordi di quella notte di passione un ribrezzo costante che la tramuta in una notte di orrore. In essa i sospiri irregolari di Paul, assumono i contorni di quelli paterni, placidi e silenti; le mie urla possiedono la puerilità di quelle capricciose di un bimbo. E quel nostro occasionale rapporto non preclude all'infedeltà le sue caratteristiche ma anche ad una realtà maggiore che neppure sono in grado di pronunciare.

Affido ai miei pensieri la formulazione di quella parola che rispecchia l'inconsapevole natura della mia azione.

 

Incesto...

 

Questa parola risuona sorda nella mia mente, come i rintocchi della chiesa di Liverpool, che scuotono ripetutamente le campane. Invidio d'improvviso le vibrazioni prodotte da quegli inusitati strumenti. Tali rintocchi vagano per alcuni impercettibili istanti all'interno del campanile per poi affievolirsi lentamente finchè, della loro fuggevole esistenza non rimane che il ricordo nei timpani offesi dei paesani.

Quello il destino che mi è stato negato.

La morte rapida e indifferente in seguito a questa scoperta che dilania crudelmente il mio corpo, come una bimba crudele, divertita dai suoi nuovi giochi.

Osservo quella bambina impertinente senza poterle impedire di plasmare le mie eventuali reazioni sotto quelle manine perennamente insoddisfatte.

Le mie membra intorpidiscono senza ulteriori indugi alla mia immobilità, impedendo anche quei movimenti istintivi che hanno condotto i miei passi verso la porta.

Il cigolio infastidito delle spalle che stento a rilassare ricorda quello del materasso del letto matrimoniale di Paul.

Il letto di mio padre...

Il letto in cui...

BASTA!

Impongo questo divieto alla mia mente che ammutolisce, inquieta, come uno scolaro ripreso inaspettatamente dalla maestra. I miei ricordi si tingono dello stesso rossore imbarazzato, ma la vergogna che li caratterizza è assai meno innocente. Della puerilità non rimane in me che la rimembranza di un passato, la cui irrealtà è stata rivela con cotanta bruschezza da quella donna che credevo una madre amorevole.

L'affetto incondizionato che ho da sempre nutrito per mia madre viene divorato da quella nascente scoperta con la stessa ingordigia che i passeri riservano alle molliche di pane.

Ogni pulsione affettiva che ho donato senza riserve a quella donna perde d'importanza, soffocato da una verità impellente, che come un'eclissi che ha oscurato la mia già offuscata serenità.

L'ardore inaspettato di quella confessione arde quanto il sole che sovrasta senza remore la luna, pallida e instabile quanto me.

Di quest'ultima assumo il candore caliginoso che si dipana progressivamente sul mio volto. Lo avverto insinuarsi come un astuto trapezista oltre la mia pelle. Le sue evoluzioni vengono osservate minuziosamente da mia madre, gli occhi sgranati e le mani adagiate in grembo, come la spettatrice di uno spettacolo circense in procinto di applaudire.

Ma nulla merita gratitudine e riconoscimento in quella stanza satura di parole rinchiuse fra le labbra, che urlano il loro diritto di essere liberate.

Quella loro prigionia dilania ciò che resta della mia anima permettendo solo una apatica domanda, troppo spossata per possedere un accento interrogativo.

-Cosa stai dicendo, mamma?-

La mia voce arrochita dal silenzio riporta alla mente i toni gutturali dei miei gemiti sensuali, causando il grottesco ritorno di quel recente passato.

Rinuncio ad allontanarlo, poichè avversaria scadente in quella battaglia contro le emozioni che, d'improvviso si riverano dalla mia bocca senza alcun ritegno.

Ormai ho dimenticato la natura di qualunque sentimento che non sia il rancore.

-Cosa cazzo stai dicendo?!-

Mia madre si protegge le orecchie con le mani, come a proteggere l'udito dalle mie grida.

Queste scuotono le pareti con malagrazia mentre il suo corpo si rannicchia in posizione fetale su se stesso.

Alcun fremito sospinge le mie mani ad una rassicurante carezza a quel volto stremato, il quale si atteggia ad un'espressione timorosa.

Qualunque sentimento compassionevole nei confronti di quel viso scema rapidamente, sostituito da una rabbia incontrollabile e famelica. Affamata di spiegazioni, motivazioni a quella che pare un'affermazione inspiegabile a quella mente che ne è rimasta cotanto turbata.

Inclino il capo mentre un'incipiente balbuzie difetta nella sua voce. O ciò che è rimasta di essa, un fiato flebile e impecettibile.

-I...io... m... mi dispiace, io... a... avrei dovuto...dovuto dirtelo prima, capire.. quanto sarebbe stato importante, per... per te...-

Fra quelle mura non pare sopravvivere nulla della piccola e speranzosa famiglia in cui sono cresciuta. Di quest'ultima non resta che un ricordo probabilmente non così fedele come avevo creduto.

Credere.

Una parola improvvisamente priva della speranza di cui è stata colmata in anni mai pienamente vissuti poichè privi della rivelazione della reale identità paterna.

Le parole di mia madre mi permettono di riflettere su quella mancanza, della quale sono stata inconsapevolmente privata per anni.

-Importante?! Importante?! è così che definisci una cosa simile? Importante?-

Sospingo le mie retincenti emozioni attraverso parole roventi, la cui corsa verso l'esterno non intendo interrompere.

Avvolgo le braccia attorno al busto, come nell'intenzione di cullare il mio animo turbato in una pace inesistente che il tepore delle mie membra non riesce a ricreare.

Avverto sotto i polpastrelli il calore della mia pelle, il cui fremito scuote le mie dita. Oltre la mia carne grava il giogo del dolore che impedisce qualunque reazione. La fiera domata delle mie membra pare appartenere improvvisamente ad un'identità diversa dalla mia, da quella che ho da sempre forgiato. Il mio cuore non gode ormai più di quel coraggio del quale sono stata accreditata durante gli anni dell'adolescenza; quel muscolo pulsante deperisce fra le ossa fragili di quel torace che troppe volte si è gonfiato di un orgoglio che non possiede. Orgoglio utile unicamente alla prosecuzione serena della mia esistenza; orgoglio che ha abbandonato il mio profondo desiderio di lotta al dolore, rivelando la mia natura debole ed indifesa.

La realtà mi osserva.

La percepisco nascosta negli occhi vitrei di mia madre, le cui lacrime costituiscono l'unico velo pudico a celare i sentimenti in essi racchiusi. La percepisco in quelle pareti, scarne di gioie concrete ma ricche di ricordi effimeri. Ricordi il cui protagonista ho ritratto servendomi dei lineamenti di Thomas Richards. Mio padre, l'uomo che ha allietato e annientato la mia vita; due termini rimati ma assai dissonanti nella poesia che è stata la mia esistenza. Un componimento malinconico, i cui personaggi si avvicendano repentinamente nella mia mente, prima di urlare a gran voce un'unica domanda, che richiede una spiegazione altrettanto chiara e comprensibile.

Tento di dare voce a questa questione che assale le mie instabili certezze, con evidente rassegnazione.

-Perchè? Perchè? Quando pensavi di dirmelo? Quando? Non quando ero una bambina spensierata. Non quando ero un'adolescente amante della musica e del divertimento ai quali ha dovuto rinunciare per il tuo sostentamento. Non quando mi sono dovuta trasferire a New York alla ricerca di un lavoro. E non quando ti ho avvertita del mio nuovo ed importante incarico. E allora perchè, mamma? Perchè adesso? Cosa ti fa credere che ora sia così forte da riuscire a superare tutto? Cosa ti fa credere che io sia sempre stata una ragazza forte?-

Scuote il capo boccheggiante, le parole vagano fra i suoi denti tremanti, con la stessa confusione delle lacrime che rigano in torrenti sconnessi le guance.

Tale precarietà è avvertibile anche nelle sue parole, che odo appena.

-Perchè... perchè sei una donna, Brianna. Perchè meriti di sapere la verità... da sempre. Ma io... io non ho mai avuto il coraggio di dirlo a te e neppure a Thomas... lui... sapeva che non eri figlia sua ma non ho mani avuto la forza di confessargli la vera identità del tuo padre biologico. Un uomo orribile, Brianna, che lasciata sola una bambina di sedici anni con il ventre colmo della presenza di un figlio e la mente piena di sogni che credeva realizzabili. Io... non avrei dovuto tacerti tutto questo e ho appurato da tempo di aver sbagliato. Quando ho saputo del tuo nuovo incarico ho capito che avresti dovuto conoscere davvero l'uomo che avresti intervistato. E allora ho deciso di dirtelo, certa che la tua maturità e la tua forza d'animo ti avrebbero permesso di accettare appieno la verità e...-

-Non nominare la mia forza d'animo, mamma, ti prego.-

Esclamo, portando una mano ai capelli, la maschera di un sorriso sarcastico imposta alle mie labbra pallide quanto il mio viso.

Assumo un'espressione delusa che adombra i miei lineamenti.

-Limitati a raccontarmi l'origine di questa "verità". E poi lasciami andare via di qui.-

Ester Hoffman portò le mani al volto, nel tentativo di celare l'espressione terrea su esso dipinta.

Deglutisce visibilmente, gli zigmi acuti e tesi sotto la pelle delle gote.

-Io... lo conobbi a quindici anni. Ero una bambina e mi ero trasferita a... Liverpool per... impegni lavorativi di tuo nonno...-

Sospiro infastidita da quelle interruzioni ricche di drammatici sottintesi che ognuna di noi interpreta  differentemente.

-Era il padrone di una fabbrica che raggiunse il fallimento dopo la sua morte a causa della cattiva gestione. A Liverpool incontrai... incontrai Thomas, un vecchio amico di invanzia che poco tempo prima aveva abbandonato Preston per trasferirsi a Liverpool e cominciare a... vivere di un'attività propria. Aveva aperto un bar piuttosto redditizio e appena venni a saperlo andai a trovarlo e così... trascorremmo parecchie ore a parlare di noi e del poco tempo trascorso a distanza. Aveva molte cose da raccontarmi e amavo passare del tempo con lui... era l'unica persona che conoscevo in paese e.. la sua compagnia era assai più gradita di quella... silenziosa e arcigna di mio padre, la cui presenza era rara in casa.

Trascorrevo la mia adolescenza in un silenzio spensierato, privo dell'affetto di una madre morta prematuramente e di quello di un padre assente e incomprensivo delle mie esigenze... finchè...-

-Finchè?-

La incalzo con la mia voce tremula, ansiosa di conoscere maggiormente quel passato la cui matessa sta districandosi lentamente e come un filo d'Arianna mi sta conducendo oltre il labirinto dell'inconsapevolezza.

Deglutisce nuovamente, come imitando un vizio inveterato.

-Finchè non... non conobbi... non conobbi... Paul nel... nel 1959. Viveva poco lontano da me e dopo una chiacchierata circostanziale capii che... frequentavamo la stessa scuola. Lui era... era più grande di me e... lo vedevo così affascianante, maturo e responsabile... cominciammo a frequentarci regolarmente... all'insaputa di mio padre che non avrebbe approvato una mia relazione con un ragazzo  considerato scansafatiche dall'opinione altrui a causa... della sua passione per la musica. E pensare che è stata proprio quella sua passione a farmi... a farmi... innamorare di lui. Le sue mani che sfioravano le corde della chitarra, la sua schiena ricurva verso lo strumento, il suo profilo concentrato, il suo sorriso su queslle labbra schiuse...-

Scuote la testa, proteggendola con le mani e scatenando un'irrefrenabile tempesta di riccioli chiari che sferzano i miei capelli neri.

Neri come quelli di Paul.

Scaccio infastidita quel paragone dalla mia mente, permettendo con un cenno del capo a mia madre di proseguire.

Lei deglutisce e approva il mio tacito consiglio.

-Parlavo spesso di lui a Thomas, chiamandolo con il suo nome, il primo che mi rivelò e che scrivevo sul mio diario, attorniandolo di cuoricini e frasi romantiche: James.

Thomas approvò i nostri incontri seppur con reticenza, in quanto egli provava da sempre per me un affetto profondo che credeva sconfinasse l'amicizia. Ero estasiata. Estasiata dalla vita che pareva così bella, dalla presenza di Paul che regalò alla mia adolescenza il primo amore.

Quando decisi di passare la mia prima notte d'amore con lui, credevo di sognare; finalmente mi sarei unita carnalmente con il ragazzo che possedeva il mio cuore. è stato tutto... perfetto. Credevo di non poter essere più felice di così...-

Tormenta la veste con le unghie prima di proseguire a fatica, trattenendo le lacrime che soffocano le parole in gola.

Passo una mano sul collo, immaginando mia mano avvolta nell'abbracio caloroso di Paul, accarezzata da quelle stesse mani che la sera prima hanno provocato i miei gemiti soddisfatti.

Ignoro quell'infido ricordo, portando le dita alle tempie.

Un sorriso apatico sfiora le labbra smorte di mia madre.

-Ci amammo per parecchi mesi. Partecipavo come spettatrice alle sue prove musicali e... lo vedevo così bello e perfetto in ogni occasione. Ero... ero innamorata di lui...- sussurra l'ultima frase, donandole uno stupore tipico delle scoperte insospettabili. Quella sorpresa lieve, nella cui delicatezza freme un'eccitazione contenuta.

-Provavo per lui un sentimento... impossibile da descrivere a parole. Quel sentimento che... che ti fa ridere di gusto, che ti fa arrossire di imbarazzo, quel sentimento che... che ti spoglia di ogni vergogna che... che molti definiscono... amore. Un amore giovane che causa... parecchie follie. Una di queste riguardava la... la sua partenza per... per... per...-

-Amburgo...-

Ipotezzo, ricordando gli impegni musicali dei Quarrymen riguardanti quel periodo. Rammento naturalmente gli avvenimenti concernenti gli artisti che preferisco, cogliendoli nel dedalo delle mie preoccupazioni.

Mia madre annuisce, coprendo il volto con le mani. Queste ultime scivolano lungo il profilo ovale del viso, saggiandone il pallore.

-Esatto.. A.. Amburgo. Mi chiese di partire con lui, che non poteva neppure immaginare di... affrontare questa avventura senza di me. Io... sospettavo già da alcune settimane di essere incinta. Non ero affatto spaventata... ero... eccitata... un'eccitazione infantile causata da... da una certezza altrettanto puerile. Quella di avere al mio fianco l'uomo che amavo con il quale costruire una famiglia. Ma... ma... avevo dimenticato che quello non era affatto un uomo ma un diciottenne imberbe capace di pensare unicamente a se stesso.-

Sveste quella maschera di dita con cui ha celato il volto, plasmato da un rancore antico, riafforato o probabilmente mai scomparso.

-Mi convinse a partire di nascosto assieme a lui, nonostante la presenza di mio padre e la sua chiara avversione nei confronti di.. di Paul e della sua disoccupazione, non adatta alla sua età... matura... Accettai, guidata da quell'entusiasmo ingenuo, decidendo di confessargli il mio segreto al momento della nostra partenza. Avevo pianificato tutto; lo avrei seguito ovunque, avremmo... avremmo cresciuto amorevolmente quel bambino, quella creatura tutta nostra. Io... io lo volevo, Brianna. Lo volevo tanto...-

Il suo sguardo penetra i miei occhi, in cerca di una compassione che non sono in grado di elargire.

-Decisi... decisi di assecondare questo mio desiderio, partendo all'alba di una domenica mattina... raccolsi i miei vestiti in una valigia, la stessa che avevo colmato dei miei essetti personali durante il trasloco da Preston a Liverpool.

Prima di giungere al luogo dell'incontro con Paul e... imbarcarmi assieme a lui e ai componenti del gruppo per Amburgo decisi di offrire un ultimo saluto a Thomas.

All'apice dell'eccitazione giunsi a casa sua, lo svegliai e gli comunicai con gran foga le liete notizie. Rimase... rimase interdetto da entrambe; della mia gravidanza si preoccupò, ricordandomi quanto un bambino non fosse un gioco bensì un impegno per la vita. Lo rassicurai, dicendogli che amavo James e che ero certa... certa che... che avrebbe accettato questo bambino. Inizialmente Thomas non era concorde con la mia decisione ma mi credeva una ragazza matura e responsabile perciò... mi salutò con un abbraccio e un augurio di buona salute...-

Gli occhi di mia madre rincorrono i ricordi lungo la parete bianca e silente di fronte ad essi.

-Mi recai al luogo dell'appuntamento all'alba di una domenica mattina. Ero... circondata da un'aura di felicità e ingenuo entusiasmo che avrebbe fatto sorridere malinconicamente qualunque anziano. Lui... era già giunto al luogo dell'appuntamento e appena mi vide... mi baciò in quel modo trascinante e intenso che sapeva fare solo lui. L'ultimo bacio che... che ci scambiammo. Godetti appieno di quell'attimo prima di... prima di confessargli il mio segreto. Lui... lui...-

Deglutisce nuovamente in un gesto ripetitivo ed incalzante, assassino della mia pazienza indebolita.

-Lui... non so cosa accadde. In un istante tutti i miei sogni, i miei desideri vennero offuscati dai suoi lineamenti, che improvvisamente assunsero un'espressione... trragicamente frustrata. Io... credevo scherzasse. Credevo fosse soltanto una maschera utile a celare la felicità per quella paternità forse un po' prematura. Ricordo... ricordo... ogni gesto che anticipò le sue parole. Le mani fra i suoi capelli che inseguivano il vento, i suoi passi che... che si allontanavano progressivamente per me. Cominciò a... urlare frase sconclusionate. Inizialmente mi... mi accusò di averlo tradito, che lui era stato attento, che non era possibile che fosse suo. Ma io lo amavo troppo per tradirlo e cercai di spiegarglielo ma... non volle sentire ragioni... Poi parve tranquillizzarsi e mi domandò cautamente se ne fossi certa... io gli dissi che avevo il sospetto da alcune settimane e che non vedevo l'ora di cominciare la nuova vita che mi aveva promesso. Assieme a lui e... al nostro bambino... Provai... provai ad abbracciarlo e a rassicuarlo... gli dissi che ce l'avremmo fatta, che avremmo cresciuto assieme quella creatura...-

Scosse il capo sconsolata.

-Ma... avevo dimenticato che stavo parlando con un diciottenne immaturo e spaventato dalla vita che si stava mostrando a lui con tutte le sue difficoltà.-

Quel barlume di lucidità abbandona mia madre, la quale prosegue il suo racconto, la voce rotta dai ricordi amari.

Ignoro le emozioni che si avvicendano nella mia mente, per permettere ai miei sensi di cogliere appieno le parole della donna.

-Paul... lui... mi allontanò e cominciò a... ad innervosirsi, a dirmi che... che non era pronto... non era pronto a sacrificare la sua vita per un bambino della cui esistenza non era neppure certo, lui... lui voleva... cantare. Cantare, cantare, cantare; continuava a dirmi che non aveva intenzione di fare altro nella sua vita e... un bambino non era nelle sue priorità di adolescente alla ricerca delle sue passioni. Tutto quell'amore che credevo prvasse per me... si allontanò assieme a lui in quella mattina d'agosto...-

Le lacrime sono asciutte sulle sue gote, il ricordo del pianto impresso nel rossore della sua pelle. La mia è intirizzita da un freddo innaturale che non concerne l'ambiente in cui risiedo, bensì il mio animo turbato scosso da subitanei tremori.

Le parole di mia madre svelano, come i componenti di un mosaico raccappricciante, quella realtà a lungo taciuta, la cui essenza scuote profondamente la mia coscienza. Questa ricerca vanamente le fondamenta solide su cui ho costruito con difficoltà il mio futuro, preceduto da un passato ancor più incerto.

-Non sapevo cosa fare... tutta l'allegrezza, le speranze e le gioie erano improvvisamente scomparse. L'unica cosa a cui... riuscissi a pensare era... mio padre, che certamente al suo risveglio aveva scoperto la mia assenza. Non riuscivo ad immaginare come sarei riuscita a spiegargli la presenza del bambino nel ventre di quella ragazzina che credeva ancora pura, e... ripiombai... nella realtà che... compresi presto non fosse così sognante e spensierata. Tornai... tornai a casa quel giorno. Incontrai mio padre ancora in pantofole che fumava nervosamente... attendeva da me una spiegazione... se la confessione della mia gravidanza fece arrossare l'estremità del suo sigaro, la... rivelazione dell'identità di tuo padre... ne fece consumare buona parte, che macchiò il pavimento. Ricordo perfettamente quella polvere ai suoi piedi, scura come il suo volto sul quale... la sua bocca sprigionò parole.. ingiuriose contro di me e Paul, peccatore insidioso che mi aveva sedotto per poi abbandonarmi una volta saputa la verità. Mio... mio padre... mi ha intimato di lasciare la casa, proprio come avevo progettato con Paul... ma lo avrei fatto da sola, senza alcun aiuto, senza nessuna... prospettiva del futuro radioso che avevo progettato... Mi cacciò di casa, ignorando il mio bambino e le mie richieste di perdono... il mio era... stato un atteggiamento arrogante nella sua ingenuità e avrei dovuto pagare per le mie azioni... queste furono le... ultime parole di mio padre... io non... non lo rividi mai più da quel giorno...-

Alcuna compassione sfiora la fortezza della mia consapevolezza, appena rinvigorita da quell'agghiacciante scoperta. Come il ghiaccio, infatti, indurisce la superfice della mia pietà, strozzandola in una morsa assassina. Non tento di salvarla, limitandomi ad osservare mia madre da sotto le lenti degli occhiali.

Li stessi che Paul ha sfilato maliziosamente con i denti la sera precedente.

Quei denti sotto ai queli probabilmente il labbro inferiore di mia madre è ceduto.

Quei denti oltre i quali Paul ha liberato un sibilo rabbioso contro quella donna che portava in grembo sua figlia.

Una figlia che ha respinto, alla quale non ha donato le carezze ora riservate a James, gli sguardi dolci offerti a Mary e Stella e quelli complici che sovente scambia con Heather. Il volto di quest'ultima si riflette nella mia mente, offrendo l'inspiegabile immagine di una ragazza adottata da un uomo che vent'anni prima ha rigettato una creatura propria. Un'invidia puerile attanaglia il mio orgoglio con una domanda pressante che richiede urgentemente una risposta che non ha ricevuto dal racconto non ancora terminato di mia madre. Ad ella riferisco il mio quesito appena sussurrato:

-Perchè... perchè non mi ha cercata? Perchè non... non ti ha raggiunta dopo il tour ad Amburgo, chiedendoti di me e... di perdonarlo, perchè...-

Mia madre mi interrompe a mezza voce:

-Paul... lo ha fatto...-

Passa le mani fra i capelli in un gesto frustrato che imito automaticamente, balbettando parole vane che interferiscono con la sua spiegazione flebile.

-Hai bisogno di sapere tutto chiaramente... e io... devo farti capire.-

Liscia la gonna con le mani, con la cautela di una massaia inesperta che intesse per la prima volta la tela del passato, impolverata e ormai lisa ma ancora vivamente colorata.

-Priva di una casa e di una protezione per quel bimbo che... avvertivo crescere dentro di me attimo dopo attimo... decisi di me... chiedere aiuto all'unica persona di cui potessi fidarmi a Liverpool...-

-Thomas Richards...-

Esclamo, l'ombra della verità che sorride incoraggiante ai miei tentativi di svelarne il volto.

Annuisce desolata.

-Thomas... si infuriò con me. Mi disse che era certo che non sarebbe potuto accadere altrimenti che io e questo James eravamo stati degli incauti, degli sciocchi a sfidare il destino con una gravidanza indesiderata... Io... gli chiesi di perdonarmi e... di aiutarmi. Thomas... accettò senza remore di aiutarmi, rimembrando il forte affetto che ci legava. Decise di ospitarmi temporaneamente nella sua casa, quella che anni prima aveva comprato con i risparmi donategli dal padre. Avrebbe impiegato i mesi della mia gravidanza alla ricerca di una residenza dove io e il bambino avremmo potuto... sopravvivere, grazie al lavoro che Thomas mi avrebbe aiutato a trovare. Ma... il momento del... del parto si avvicinava e Thomas avvertì la mia comprensibile ansia, causata dalle future rivelazioni che avrei dovuto farti. Non... non sapevo come comportarmi, come rispondere alle tue eventuali domande riguardanti tuo padre. Cosa avrei potuto inventare? Una morte accidentale in una collutazione automobilistica? Un lungo viaggio alla deriva dei continenti dal quale non vi sarà ritorno? Thomas mi... propose una soluzione. La nostra convivenza indeterminata, nella quale lui si sarebbe assunto la responsabilità di... fare le veci di Paul e di crescerti come se fossi figlia sua fino al momento in cui io non mi sarei sentita pronta a svelarti la realtà. Thomas... provava... un forte affetto e una notevole compassione per quella sedicenne incinta e abbandonata dal proprio compagno, e... non trovò altra risposta ai miei problemi, perciò... accettai... fedele che quella nostra farsa sarebbe durata, che almeno Thomas non avrebbe avuto il coraggio di abbandonarmi. Ma neppure... il rifiuto e la rabbia di Paul mi avevano spogliata di quella... quella immaturità che... che ancora mi fa... mi fa impazzire...-

I singhiozzi di mia madre causano le mie domande spazientite:

-Perchè hai affermato che Paul mi ha cercata? Cosa non... non mi hai ancora detto, mamma?-

La sua schiena si appiana come una collina erosa dagli eventi atmosferici che da secoli imperversano su di lei.

Proprio di quelle colline muschiose il volto di mia madre assume la tinta olivastra.

Trattiene il labbro inferiore fra i denti prima di proseguire a stento.

-Tu... nascesti in un meraviglioso pomeriggio di primavera del 1961(1). Eri così bella, proprio come ora. Avevi le guance tonde e arrossate tipiche dei bambini e i capelli... diversi dai miei... neri e folti... come... come quelli di Paul. Io ero entusiasta per la tua nascita e per la mia nuova aventura materna ma in ogni istante della tua crescita... vedevo in te, nel tuo aspetto, nel tuo modo di sorridere... le caratteristiche di... quell'uomo che ha ucciso la mia adolescenza.-

Sorride amaramente

-Uomo... quello non era un uomo, ma solo uno stupido ragazzino. L'unico uomo che credevo abbastanza maturo da essere considerato tale era... Thomas. Giocava con te, ti faceva ridere con le sue smorfie divertenti... nonostante non fosse il tuo padre biologico e non provasse per me altro che un profondo affetto... riusciva a donarci la serenità di cui avevamo bisogno. E non... non si lamentava mai... Io... credo che fra noi stesse nascendo un profondo sentimento, al quale la nostra convivenza forzata non ha dato modo di germogliare. Eravamo giovani e... avevamo bisogno di coltivare quel nostro eventuale amore in modo... equilibrato, attraverso una relazione costante e non così... affrettata...-

Massaggia con le mani il collo arrossatto dall'imbarazzo.

-Sembrava procedere tutto per il meglio. Il rapporto fra me e Thomas si intensificò anche se... con credo che lui sia mai riuscito a... ad amarti come una figlia propria e nè ad amare me come una compagna... ma in quel momento non importava... tu eri importante... finchè... finchè Paul non tornò quando tu avevi tre mesi. Quel giorno... ero uscita a fare compere, mentre Thomas occupava il suo giorno libero accanto a te... io... lo incontrai quasi casualmente in una via del centro. Mi riconobbe subito e mi fermò. Mi disse che era appena tornato dal tour e che aveva trascorso i mesi passati a... riflettere. A riflettere su di noi e... sul bambino. Disse di essere corso a cercarmi nella a casa mia ma appena mio padre conobbe la sua identità lo cacciò in malo modo, intimandogli di... non mettere mai più piede nella sua casa. Aveva rinunciato alla possibilità di parlarmi poichè trovarmi in quella seppur piccola città gli sembrava impossibile. Fino a che non mi incontrò durante quella passeggiata per lui ormai priva di meta. Mi prese...- mia madre tocca convulsamente le braccia.

-... le spalle, mi disse che aveva capito tutto. Aveva capito di essere stato un bambino privo di senno, che era cambiato ed era pronto a ricominciare. Con me e... con il suo bambino che appurò avessi partorito. Promise... di darmi una vita felice di amare me e quella creatura che aveva ripudiato. Promesse vane alle quali... non potevo credere. Ero stata ingannata, Brianna. Ferita da quel ragazzino che credeva che amalgamare i cocci di una vita perduta fosse semplice quanto distruggerla. Io... gli dissi di lasciarmi andare, che non avevo bisogno di lui, che ora avevo qualcuno che mi stesse accanto e che mi aiutasse a crescere mia figlia. Un uomo in grado di fare le veci di un padre che per la mia bambina non era mai esistito. Ero... ero così giovane, Bri. Non potevo dargli un'altra possibilità, mi sentivo delusa, umiliata da lui. Gli... intimai di imbracciare la sua chitarra, le sue ipocrite frasi d'amore... e mi lasciasse condurre la mia vita. Aveva perso un'occasione, non gliene avrei concessa un'altra. Mi chiese... mi chiese di... dirgli almeno il tuo nome, di modo che... potesse sapere quale... parola sussurrare durante i suoi pianti addolorati... glielo negai... non aveva il diritto neppure di sillabare il tuo nome, quel verme che ha distrutto la mia adolescenza...-

Mi allontano progressivamente da lei, le mani immerse nei miei capelli aggrovigliati. Il tremulo labbro inferiore ricorda con ripulsa i baci famelici di Paul, che anni prima avevano appagato la bocca di mia madre. Una bocca che aveva pronunciato parole ingiuriose nei confronti di quel giovane ragazzo, il quale considerava maturata la sua coscienza, finalmente in grado di sopportare il fardello di un figlio. Se la voce di mia madre avesse plasmato un tono comprensivo e accondiscendente quel giorno estivo del 1961, forse Paul, l’idolo della mia adolescenza, la mia passione a lungo trattenuta, sarebbe vissuto accanto a me, mi avrebbe insegnato a parlare, a cantare, a suonare il mio primo strumento. Forse non sarei mai stata incaricata di svolgere con lui un’intervista; forse non sarei rabbrividita al tocco furtivo delle sue dita sulla mia schiena, non riconoscendo altro in quel gesto se non un affettuoso abbraccio paterno; forse mia madre non avrebbe sofferto invano per il tradimento di Thomas, il quale avrebbe osservato la nostra vita da poco lontano, la distanza prossemica di un amico fraterno che non avrebbe nuociuto ad alcuno. Forse mia madre non sarebbe ricorse all’abuso di quei maledetti tranquillanti; forse non avrei cercato conforto da Paul, prima di consumare con lui la notte più bella e immorale della mia vita. Forse non avrei sorriso dei baci audaci di quel padre inconsapevole dell’azione che stava compiendo.

Forse non avrei fatto l’amore con mio padre e lui non mi avrebbe mai assecondata.

Forse…

Forse…

Forse…

Le ipotesi che germogliano nella mente contaminano quelle fragili certezze che la mia vita ha tentato faticosamente di erigere. Ora le possibilità invadono quali edera rampicante la mia esistenza, soffocando la realtà effimera su cui ho intessuto il velo delle mie speranze.

Esse scivolano dalle mie labbra, raggiungendo le mie parole che occupano seppur con accento flebile la stanza.

-Perché lo hai fatto? Perché non gli hai dato almeno una possibilità? Avrebbe potuto rimediare…-

-Non lo sapevo, Brianna. Ero una ragazzina di sedici che conviveva con un uomo che si era offerto di dare una famiglia a me e alla mia bambina. Questa era l’unica cosa che importasse davvero. Come potevo fidarmi di un ragazzino che appena un anno prima mi aveva abbandonata. Come potevo, Bri?-

Colgo un’impellente richiesta di comprensione nella sua voce, che non ho intenzione di ascoltare.

-E Thomas? Perché mai non gli avresti rivelato che il suo idolo era mio… padre?-

-Io… non volevo che… l’identità di tuo padre… distruggesse la… quiete familiare…-

Il mio tono sarcastico compromette l’improvviso silenzio che regna in quel luogo, custode di un passato a me sconosciuto.

-Certo… la quiete familiare è sempre stata così stabile che sarebbe stato davvero sgradevole interromperla con la verità…-

-Io… supponevo che Thomas si… sarebbe stancato di me… di noi… aveva bisogno di… costruire una vita con qualcuno che amasse davvero e non con una donna, verso la quale troppe volte aveva tentato di instaurare un legame affettivo maggiormente duraturo. Non eravamo… innamorati, e ho presto capito che la nostra convivenza… non sarebbe sopravvissuta a lungo, in assenza di un sentimento… prevedevo l’abbondono di Thomas, e… non ho sofferto, ho tentato in tutti i modi di offrirti ciò di cui la tua adolescenza aveva bisogno, non volevo che quella improvvisa svolta della nostra vita ti nuocesse…-

Trattengo le lacrime, indicandola rabbiosamente, ritirando il labbro superiore che freme contro il compagno.

-Beh, hai sbagliato i tuoi calcoli! Nonostante questa tua… ipotesi riguardo l’abbandono di pa… di Thomas, non hai fatto nulla per evitarlo! Non gli hai ricordato ciò che ha fatto in passato per te, non è così?! Non gli hai neppure ricordato che sotto questo maledetto tetto viveva una ragazzine ignorante delle vostre congetture, che non avrebbe accettato la fuga di quello che considerava suo padre!-

-Non mi avrebbe dato ascolto, credeva che tu fossi abbastanza adulta, credeva che dopo la sua partenza ti avrei confessato tutto e lo avresti perdonato…-

Quel lieve sussurrò istiga la mia ira, che ribolle sulla superfice delle mie parole, arse dalla delusione.

-Perché non lo facesti?! Perché permettessi che la mia gioventù andasse a rotoli per colpa di un samaritano bastardo che ha deciso di lasciarti proprio nel momento in cui avevi bisogno di lui?! Quale “vero uomo” farebbe questo?!- esclamo imitando l’intonazione che mia madre ha offerto alla pronuncia di quell’aggettivo che a suo parere avrebbe descritto Thomas.

-Un vero uomo è colui che compie azioni riprovevoli e che domanda perdono in seguito ad esse. Un vero uomo non abbandona la sua famiglia per “la ricerca del vero amore”, pur sapendo quanto l’economia del nucleo famigliare priva del proprio capostipite sarebbe scivolata in malora! Un vero uomo non avrebbe costretto sua figlia ad abbandonare gli studi per trasferisti in una città a lei sconosciuta dove ricominciare tutto da zero per contribuire al sostentamento familiare, al quale la tua condizione psicologica degradata non ha donato altro che grane. Sai una cosa?! Non credo proprio che le tue strazianti urla notturne e la tua assunzione di psicofarmaci possano testimoniare il tuo superamento riguardo l’abbandono di Thomas. Non è così?!-

In quella donna d’improvviso intimorita dalle mie urla non riconosco più l’oggetto della mia serenità, che ho abbracciato affettuosamente pochi istanti prima.

Di fronte a me ho solo un’estranea, il volto celato da un segreto da troppo tempo inconfessato, che con la sua confessione negata ha inconsapevolmente permesso alle mie mani di scivolare maliziosamente sul corpo di Paul.

Quel corpo aitante e desiderabile che ancora non accenna ad isolare i miei pensieri dalla sua presenza.

Quella che non riesco più a definire mia madre, tenta di replicare alla mia accusa.

-Io… gli psicofarmaci, le mie… crisi notturne che parevano essersi placate negli ultimi anni e che si sono… ripresentate ultimamente… non sono… causate da Thomas, ma… da Paul…-

-Che cazzo stai dicendo?!-

La mia carne trasuda rancore senza posa, la mia intenzione di interrompere tale flusso pare vana.

-Da quando… mi hai avvertita del tuo… nuovo incarico, io… ho ricordato Paul, tuo padre, l’uomo che presto avresti frequentato per ragioni lavorative… il ricordo… di lui, del suo rifiuto nei tuoi confronti ha riaperto un ferita che credevo… rimarginata da tempo. Non potevo sopportare l’idea che tu parlassi con lui, assistessi alla sua vita, affiancassi i suoi figli senza… senza sapere che anche tu fai parte della sua famiglia… questo pensiero mi uccideva giorno dopo giorno e… credevo che i tranquillanti che assunsi dopo l’abbandono di tuo padre potessero sortire la stessa serafica sensazione di allora, che mi ha permesso di andare avanti… ma non avevo capito che eri tu l’unico motivo per cui lottavo ancora. L’unica persona al mondo che è stata in grado di risollevare il mio spirito, di farmi comprendere quanto il mio giudizio riguardo gli antidepressivi fosse errato, l’unica che con la sua incredibile voglia di vita mia ha fatto dimenticare Thomas e il suo abbandono e l’unica che mi ha fatto capire quanto i ritorno alle vecchie abitudini non si che una discesa infernale verso la depressione…-

Si avvicina a me, negli occhi lacrimosi intravvedo l’immagine di Paul che da essi non è mai fuggito. Ma tale immagine si rivela improvvisamente al mio sguardo finalmente consapevole, che rifiuta con sgarbo la figura di mia madre che tenta di unirsi alla mia in un abbraccio.

-Ti prego… perdonami. Non avrei dovuto tenerti all’oscuro di tutto. Avrei dovuto confessarti l’identità del tuo padre biologico alla partenza di Thomas ma temevo mi avresti abbandonata… sapevo quanto amassi la personalità artistica di Paul, e… ero certa non avresti accettato la verità… mi avresti lasciata sola e io… non avrei potuto sopportarlo… ti prego, perdonami…-

Scuoto il capo, amareggiata e colma di un’indescrivibile frustrazione.

-Come potrei… Ester?- pronuncio il suo nome fra i denti, in un suono stridente e privo dell’affatto di cui credevo quella parola fosse foriera.

-Tu mi hai delusa. Tu mi hai presa in giro durante tutta la mia miserabile esistenza che ho condotto con un unico scopo; tu. La tua felicità era il mi appagamento. Non capivo quanto la tua serenità fosse frutto di un egoismo radicato nel profondo della tua ignobile persona, la quale ha negato la realtà alla propria figlia. L’amore che dici di provare per me on è nient’altro che una bugi, l’ennesima. E sai perché? Perché l’amore si dimostra con la fedeltà e con la fiducia… quella fiducia che mi hai negato, credendo la mia mente adolescente troppo immatura per poter comprendere le tue parole.

Sai che ti dico? Che non lo saprai mai; non saprai mai come avrei reagito e non saprai neppure quale sarebbe stato il riscatto di Paul al suo tremendo errore. Non potrai mai sapere se io sarei stata abbastanza adulta da accettare tutto o Paul abbastanza coscienzioso da rimediare ai suoi errori. Continuerai a… crogiolarti nel tuo egoismo e io… non interromperò certo questo tuo lungo bagno…-

Mi dirigo verso l’uscita, le lacrime offuscano la mia vista e annientano la mia effimera forza d’animo che dubito di possedere.

Mia madre, tenta di raggiungermi e forse di imitare il tono di voce dei bimbi capricciosi che non hanno intenzione di perdere un giocattolo divertente.

Perché è questo ciò che credo di essere sempre stata per mia madre; un giocattolo privo di animo.

-No, no, no, no, no, no! Ti prego! Ti prego, ti prego! Se mi lascerai in non avrò più alcun motivo per sopravvivere…-

Sibilo sul suo volto ravvicinato al mio l’unica frase che riesca a formulare.

-Un motivo lo avresti, l’unico che ti ha davvero permesso di proseguire la tua miserabile vita e di celare a tua figlia la verità: te stessa.-

Con quelle parole ruoto il pomello dell’uscio e mi allontano da quella che non è mai stata la mia dimora, in quanto custode di arcani la cui pressante mole mi ha improvvisamente impedito di avvertire famigliari quelle mura.

 

 

(1)La modifica riguarda l’età di Brianna che per questioni storiche non ha ventun anni come precedentemente affermato ma solo venti.

 

 

Angolo autrice:

*sospiro soddisfatto*

Finalmente sono riuscita a scrivere questo benedetto capitolo. Non immaginate quanto sia stato faticoso per me terminarlo… XD

Vorrei come sempre ringraziare i miei lettori sempre così fedeli ai quali si è aggiunta a mia sorpresa Quella che ama i Beatles… la ringrazio per a fiducia che ha avuto nella mia storia e che l’ha spinta a leggere. Il prossimo sarà il penultimo capitolo, spero di non fare scivoloni ma credo che il finale sia equilibrato.

Un bacio a tutti e un abbraccio e un grazie immenso alla mia gemella. Lei sa che sto parlando di lei :*

Peae&Love

Giulia

  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Beatles / Vai alla pagina dell'autore: _SillyLoveSongs_