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Autore: Be Only One    07/08/2013    1 recensioni
" La vita non è che un'ombra in cammino; un povero attore, che s'agita e che si pavoneggia per un'ora sul palcoscenico e del quale poi non si sa più nulla. E' un racconto narrato da un idiota, pieno di strepito e di furore, e senza alcun significato "
                                                                                   -William Shakespeare-
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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4.
Mi svegliai ancora stordita. Sentivo la puzza di marcio e mi bruciava il naso. Aprii gli occhi di scatto.
Ero appoggiata ad un cassonetto questo spiegava la puzza, ma in quel momento le diedi poca importanza perché davanti ai miei occhi una figura maestosa mi guardava.
Era un ragazzo. Era il mio sole. Era bellissimo. Aveva i capelli corvini mossi dal vento e gli occhi azzurri tondi e profondi che mi fissavano. Era perfetto in ogni cosa.
Alto e snello, bello e perfetto.
Aveva il viso leggermente ovale ed un'espressione perplessa dipinta in volto, le labbra rosee erano arricciate e il naso dritto annusava l'aria come un segugio.
Era il mio sole.
Illuminava la mia vita oscura e in quel momento mi sentii completa.
<< Sei piena come una spugna >> mi disse con voce dolce, anche se mi stava rimproverando.
<< Non sono ubriaca >> cercai di difendermi da tanta perfezione.
<< Certo e io sono il presidente degli stati uniti! >> rise.
La sua risata mi fece mancare un battito al cuore. Mi intontì per un momento e poi risposi:
<< Vaffanculo >>.
<< Hai un bel caratterino per pensare che alle dieci di mattina, tu ti svegli vicino ad un cassonetto e mandi a fanculo chi ti vuole aiutare >>.
Io sbuffo semplicemente.
<< Arrangiati >> mi dice e stava per andarsene ma io li urlo dietro:
<< No, ti prego non andartene! >>.
Lui si ferma, si gira e mi guarda. Io mi rannicchio. Mi infastidisce con quel suo sguardo penetrante.
Mi si avvicina e mi porge una mano.
<< Su dai vieni con me >>.
<< No, io non posso, non so neanche chi sei >>.
Lui mi guarda e sembra che stia pensando poi lo vedo scrollare le spalle e mi prende in braccio, io cerco debolmente di oppormi, in realtà mi piace essere lì tra le sue braccia, ma non voglio neanche io ammetterlo.
Mi porta sulla sua macchina e io mi lascio scivolare sul sedile. Lui si siede vicino a me, al posto di guida e poi mi sussurra:
<< Ora dormi >>.
Lentamente chiusi gli occhi e mi abbandonai in un sonno profondo.
Quando mi risvegliai mi trovavo in un letto bianco. Mi guardai attorno. Ormai doveva essere tardi, il sole stava tramontando e dalle persiane si intravedeva il colore del cielo rosso sangue.
La stanza sembrava un catalogo dell'Ikea. Le pareti e il soffitto erano nere mentre il pavimento di parquet marrone scuro. Tutti i mobili, dal letto, all'armadio, al tappeto erano bianco candido. Mi stiracchiai e mi scappò uno sbadiglio.
Sentivo dei passi avvicinarsi. Il ragazzo che mi aveva portato qui, sbucò dalla porta.
<< Allora ti sei svegliata? Hai dormito un sacco, nove ore e prima avevi già dormito sul cassonetto. >> soffocò una risata.
<< Comunque io sono Riccardo, ma tu puoi chiamarmi Ricky >> aggiunse.
Riccardo. Quel nome mi piaceva quasi quanto il proprietario.
<< Piacere Alice, ma tutti mi chiamano Elis >> sorrisi.
<< Elis ? >> mi chiese aggrottando le sopracciglia.
<< Bé si è la pronuncia del mio nome in inglese >> spiegai con disinvoltura.
<< Ah, bene. Elis. Bello. Mi piace. Comunque ti ho preparato una vasca se vuoi il bagno e a tua disposizione e ti ho messo anche dei vestiti puliti. Sono miei quindi non so se ti andranno ma ho cercato le cose più piccole che avevo. Sai i tuoi puzzano un po' >> mi disse sempre sorridendo.
Era incredibile. Una vasca per me a casa sua.
<< Grazie >> risposi meravigliata.
Mi alzai dal letto ancora stanca.
<< Vieni ti accompagno in bagno >>.
Mi condusse per un corridoio rosso, i muri erano tappezzati da foto e disegnati. Alcuni sembravano murales. A terra invece, c'erano tantissime lampade dalle forme più svariate. Adoravo quella casa.
<< Ecco il bagno >> mi disse dopo essersi fermato su una porta a sinistra.
Entrai e restai sbalordita dall'immensità di quel bagno: era grande quasi quanto la mia stanza.
Era giallo, mi ricordava la luce. C'era una doccia trasparente, uno specchio enorme ed al centro esatto del bagno c'era una vasca enorme ora piena di acqua e di schiuma.
Mi girai verso Ricky.
<< Io ora vado, fai pure come se fossi a casa tua >> e chiuse la porta lasciandomi sola con quello splendore.
Neanche nei sogni più sfrenati avrei mai sognato di fare un bagno in una vasca del genere.
Mi svestii in fretta ed entrai nella vasca. Il mio corpo si adattò velocemente all'acqua e in pochi minuti mi ritrovai completamente rilassata.
Chissà perché ora mi trovo qui in una casa di uno sconosciuto a fare il bagno...
Dovrei chiamare Giorgia o i miei genitori per dirgli che sto bene e che cosa mi è successo, ma il mio cervello respinge subito quell'idea vorrei stare qui tutta la vita per il resto dei miei giorni.
Chiudo gli occhi e vedo il suo viso. Il viso del mio sole. Non riesco a non pensare a lui. Ogni cosa mi ricorda il suo essere e sapere che lui è nell'altra stanza mi fa colmare di gioia. Lo conosco da neanche ventiquattrore ma mi sento già parte di lui. Mi scende una lacrima che rimbomba sulla superficie dell'acqua. Era una lacrima di gioia, credo di essermi innamorata del mio sole.
Prendo in mano una bolla e la faccio scoppiare toccandola con un dito. Credo di essere troppo precipitosa, ma da quando lo visto è il mio unico pensiero.
Esco dalla vasca in punta di piedi cercando di non spargere sapone dappertutto e mi avvolgo nell'asciugamano che mi aspetta piegato accuratamente su una mensola. Cerco in tutti i cassetti e finalmente trovo il phon. Inizio ad asciugarmi i capelli sovrappensiero. Prendo una spazzola e li pettino con forza cercando di togliere tutti i nodi. Finiti i capelli osservo i vestiti che mi ha lasciato e me li metto.
Metto prima dei pantaloncini corti blu che mi vanno abbastanza bene ed indosso una camicia bianca. Quella è un po' grossa, però nell'insieme è carino. Esco dal bagno. Percorro quel corridoio rosso finché non vedo una luce in una porta a destra.
Entro e trovo Ricky seduto su una sedia sul tavolo della cucina. La cucina è grigia e viola, questa casa non ha ancora finito di sorprendermi. Le pareti sono grigie scuro e i mobili viola. Alla mia sinistra ci sono delle porte di vetro scorrevoli che portano su un balcone che ha la vista su tutta Milano. Dal balcone parte un'edera che entra persino dentro alla cucina, ma che è bellissima perché da un tocco naturale alla casa. Sul balcone c'era un piccolo tavolo circolare apparecchiato per due.
<< No, anche la cena no, hai già fatto troppo >> dissi.
<< Non ti preoccupare, lo faccio con piacere e poi è già pronta >> così dicendo si alzò dal tavolo e andò a prendere due pizze margherite dal forno e le portò in tavola.
Io mi sedetti e lui fece lo stesso davanti a me.
<< Allora >> li chiesi addentando un pezzo di pizza << cosa fai per lavoro? >>.
<< Gioco a calcio, ma probabilmente non mi conosci perché gioco in serie C, però mi bastano i soldi come un lavoro vero >>.
<< Davvero? Non ci credo, bé wow >> rispondo sorpresa.
<< E tu ? >>
<< Mantenuta >> rispondo vergognandomi un po' vorrei dire che vado all'università e che prenderò la laurea quest'anno, ma sarebbe una bugia.
<< Quanti anni hai? Sembri molto giovane >>
<< Ho ventiquattro anni e tu ? >>
<< Ventinove, ah e ti volevo dire che ho chiamato io i tuoi genitori mentre ti lavavi li ho detto di non preoccuparsi e che hai dormito da me, mi dispiace, ma dirgli che hai dormito vicino ad un cassonetto non mi pareva proprio il massimo >>.
Risi. << No in effetti no. Come l'hanno presa ? >>
<< Non troppo male, era tua madre al telefono, ha detto solo di riportarti a casa appena avevi finito di mangiare >>.
Non era andata così male in fondo.
<< Bene >>
Avevamo finito di mangiare. Il tempo era passato troppo velocemente.
<< Mi sa che dobbiamo andare, dai su vieni >> mi dice.
Io mi alzò dalla sedia goffa e cerco di camminarli dietro. In un attimo usciamo e io mi ritrovo a salire in una splendida 500 blu.
<< Wow, che bella macchina >> li dico.
Lui mi sorride. << Grazie me l' aveva regalata mio fratello >>
<< Hai un fratello ? >> chiesi pensando subito a Giorgia.
<< Si, si chiama Gianni e più grande di me di tre anni, abbiamo un buon rapporto >>.
<< Anche io ho una sorella è più piccola di cinque anni e si chiama Giorgia, io l'adoro >>.
Il discorso cadde lì per un paio di minuti e poi lui mi dice:
<< Scusa dove hai detto che abiti ? >>
<< Oh, gira a sinistra al prossimo incrocio e siamo arrivati >>
Troppo, troppo presto lui parcheggia la macchina davanti a casa mia.
<< Allora Elis magari uno di questi giorni ci vediamo >>
<< Si mi piacerebbe >>
Cerco di slacciare la cintura ma non riesco allora lui cerca di aiutarmi e mi sfiora la mano nel punto esatto in cui mi tocca la mia pelle brucia, ma non come di una scottatura, una bruciatura piacevole. Poi alzò lo sguardo verso il suo viso.
Era a cinque centimetri dal mio riuscivo a sentire il suo dopo barba: Light blue di Dolce e Gabbana.
Inconfondibile. Non so perchè lo faccio, forse perchè è troppo presto, forse perchè sono stanca, forse perchè non voglio, ma mi ritraggo faccio finta di niente mi giro esco dalla macchina e poi lo guardo, il suo sguardo è perso.
Lo fisso e li dico:
<< Si magari uno di questi giorni ci vediamo >>. 
  
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