Dreams
Ero seduta su un letto
d’ospedale e fissavo l’altro letto di fronte a me, senza in realtà vederlo. Su
di esso era disteso il mio amore, l’unica persona che
abbia mai amato veramente.
Un amore impossibile, il
nostro. Ne avevamo passate tante, ma nessuno era mai
riuscito a separarci.
All’inizio nessuno di noi
due immaginava che sarebbe diventata una cosa così… così forte da strapparci
alla vita reale, farci dimenticare il resto del mondo; ma questo dimostra
quanto la vita possa cambiare nel giro di un’ora, e come nessuno possa
prevedere in cosa possa cambiare.
Rimanemmo
lì tutta la notte. Ogni minuto
che passava era come una lama che mi trafiggeva il petto, perché sapevo che più
aspettavamo, più remote erano le possibilità che Johnny si risvegliasse. Ero
lì, seduta su quel letto, la testa poggiata sulla spalla di una mia amica.
In un attimo gli occhi mi
si riempirono di lacrime. Non potevo più sopportare quell’ attesa…
non sapevo se sarei riuscita a rivederlo di nuovo, a riabbracciarlo, ad assaporare
il suo profumo. Per un’ultima volta.
-No, non piangere…- mi
sussurrò Marika all’orecchio, accarezzandomi la testa.
Stava piangendo pure lei!
No, no, no, non potevo piangere… non dovevo piangere. Dovevo cercare di essere
forte, come lui mi aveva insegnato. Mi asciugai velocemente le lacrime e mi
rimisi a sedere meglio che potevo. Mi girai verso di lei.
-Non…- Dio, come mi
tremava la voce – ehm… non devi piangere neppure tu, altrimenti… mi farai
piangere più di adesso- sorrisi, trattenendo a stento le lacrime.
Marika rise con gli occhi
lucidi e si voltò verso Johnny.
-Perché nessuno ci sa
ancora dire cosa è successo?- chiese sconsolata.
Scossi il capo. Non ne
volevo sapere di incidenti, risse e cose varie, perché
in ogni caso niente di tutto ciò lo avrebbe risvegliato. Sapere cos’era successo non mi avrebbe certo risollevato il morale. Anzi,
se possibile me lo avrebbe abbassato ancora di più.
-Ascolta… non darti la
colpa di tutto ciò, non dipende da te se lui adesso si trova qui- Mi disse Marika.
-No, non l’ho mai pensato-
risposi sicura, -è solo che… che non ho nemmeno avuto il tempo di salutarlo, e…-
Non riuscivo proprio a
parlare, il fiato mi si mozzava non appena cercavo di pronunciare il suo nome.
Ricacciai indietro le lacrime a forza, e baciai Marika sulla guancia.
Senza di lei non ce l’avrei mai fatta, probabilmente mi sarei già buttata da
un ponte o cose del genere… scherzo! Non l’avrei mai fatto prima di aver saputo
se Johnny stava bene, non l’avrei mai fatto.
Sono troppo legata alla
vita per poterla abbandonare, ma soprattutto sono troppo legata all’altra metà
della mela, alla seconda parte della mia anima, alla mia felicità, all’unica
persona che mi abbia mai donato la sua sincerità,
all’unica persona a cui io abbia mai donato il mio cuore…
Marika mi prese per la
mano e mi tirò verso di lei. Mi strinse in un abbraccio carico di affetto e comprensione, poi mi lasciò e mi sorrise.
-Vedrai che si risveglierà
presto- cercò di rassicurarmi. Io ricambiai il
sorriso, poi lei si alzò e si diresse verso la porta.
-Vi lascio soli, ne avete diritto- disse prima di uscire.
Nessuno ci aveva mai
capito come ha fatto lei. Non è mai andata a
raccontare niente a nessuno, delle nostre scappatelle, dei nostri baci…
I miei genitori erano
contrari a questo amore. Gli odiavo per questo.
Dicevano che ero troppo
giovane per lui, ma che allo stesso tempo non potevo permettermi di
fantasticare e di sognare la vita che non ho mai avuto. Tutto questo solo
perché Johnny ha 35 anni, ed io ne ho 20.
Non hanno mai accettato il fatto che la “loro piccolina” si fosse
innamorata irrimediabilmente di un adulto, uno che (secondo loro) non era
capace di lasciarle vivere la sua giovinezza. E forse inizialmente mi innamorai di lui solamente per ripicca verso miei
genitori, per fargli capire che non è così che va la vita, che non si può
giudicare dall’abito e dall’età, ma che bisogna guardare fino al più remoto
angolo dell’anima.
Poi però mi innamorai seriamente di lui.
Successe una sera di
nemmeno un mese fa; eravamo seduti sulla riva del lago, intenti a guardare le
barche scorrere lentamente sull’acqua. Nessuno dei due aveva
spiccato parola quella sera, non avevamo parlato neanche un po’. Ad un
certo punto i nostri sguardi si incrociarono, e i
nostri occhi rimasero incollati per non so quante ore, finché il rumore di un
treno ci riportò alla realtà.
Il fatto è che guardando
nei suoi occhi, riuscivo a scorgere tutto quello che
avrebbe voluto dirmi, tutto quello che sarebbe stato possibile capire solo dopo
un minimo di nove anni di conoscenza. Dentro quegli occhi color cielo vidi la sua anima, e quando lo riguardai il giorno dopo, mi
sembrava di conoscerlo da una vita.
Mi alzai lentamente e mi
avvicinai al letto. Il suo viso era coperto di graffi, e la sua mano era
bendata.
Dio,
quanto mi mancava. Anche se era solo una notte che non lo vedevo, sentivo
l’assenza dei suoi baci e della sua voce, dentro di me. Avevo un bisogno
assoluto di sentirlo vicino al mio corpo, anche solo di sapere che lui c’era…
era l’unica cosa che chiedevo in quel momento. Poterlo stringere con tutta la
mia forza e dirgli quanto lo amavo.
Perché
non sono mai riuscita a dirglielo, nonostante lui me l’avesse detto così tante
volte. La verità è che non ci
ho mai capito nulla del nostro amore, ero confusa perché non avevo
mai provato cose simili per una persona. Nessuno mi aveva mai convinto a
scappare di casa semplicemente sorridendomi, nessuno mi avrebbe mai baciata così facilmente solo dopo due giorni che ci
conoscevamo, nessuno mi avrebbe fatto tralasciare lo studio così facilmente.
No, lui non voleva certo
farmi tralasciare lo studio! È che tutti e due avevamo
occhi solo per l’altro, e il mondo intorno a noi era diventato come un’immagine
sfuocata, lontana dalla realtà del nostro amore.
Non so nemmeno se si possa
definire così… quello che provavamo era qualcosa che
andava oltre l’amore, secondo Marika. Era qualcosa che solo noi potevamo
percepire, eravamo entrati a far parte l’uno dell’altra ormai. Io non potevo
vivere senza di lui, lui senza di me.
Gli accarezzai il viso
gelido e lo guardai per qualche secondo prima di
tornare a sedere sul letto.
Attesi
tantissimo prima di poter sapere se avrei dovuto passare il resto della mia
vita da sola oppure con il mio amore. Marika e Giovanni, mio cugino, nonché suo
attuale fidanzato, rientrarono solamente una volta per dirmi che tornavano a
casa e che per qualunque cosa loro possedevano un telefono. Presi alla lettera
le loro parole e mi promisi che per qualsiasi notizia, bella o brutta, li avrei richiamati subito.
Mi ero quasi assopita,
anche se mi costringevo a restare seduta per non addormentarmi, quando sentii un fruscio di coperte. Alzai lo sguardo e attraverso
i miei occhi pesti, intravidi Johnny alzato su un gomito, che si guardava
intorno sconcertato.
Non gli diedi nemmeno il
tempo di vedere che io ero lì, accanto a lui, che subito mi precipitai
verso il suo letto, infilando un braccio sotto il suo e l’altro sopra la
spalla. Lo sentì borbottare lievemente qualcosa e poggiare le sue mani gelide
sulla mia schiena. Sentii gli occhi inondarmisi di lacrime, che immediatamente
scivolarono sulle mie guance arrossate per poi ricadere sulla sua spalla.
Non mi ero ancora resa
esattamente conto di quello che era appena successo, ma l’unica cosa che in
quel momento importava era che lui fosse lì, a sedere, con gli occhi aperti.
Lo strinsi ancora più
forte a me, e sentii il suo petto pigiare contro il mio. Incastrò perfettamente
il suo mento dentro l’osso della mia spalla, e anche lui mi tirò a se con tutta
la forza che gli rimaneva.
Rimanemmo così per una
decina di minuti poi, sempre rimanendo attaccato a me, si alzò e stemmo in
quella posizione per una altro quarto d’ora buono.
Sembrerà stupido, ma mai come in quel momento sentivo il bisogno di
abbracciarlo, e sarei rimasta così anche tutta la
vita. Non so se capite le sensazioni che provavo in quel momento… sapere di
amare una persona con tutta l’anima, non poter fare a meno dei suoi occhi,
delle sue labbra, non poter fare a meno di lei, diventare tossici del suo
odore, di tutta quella persona che ami davvero!
Avvicinai la mia bocca al
suo orecchio e sussurrai: “Ti amo”
Lui rispose: “Anch’io
amore”
Sorrisi e dissi con voce
tremante: “Non mi lasciare mai, capito?”
“Non lo farò…”
Quando finalmente ci
lasciammo i miei occhi non vedevano più, tanto pieni
di lacrime erano, e pure quelli di Johnny sembravano aver subito lo stesso
effetto.
Sorrise sinceramente e io
ricambiai con un sorriso ancora più grande.
Sicuramente se qualcuno ci
avesse visti in quel momento avrebbe pensato che
fossimo impazziti, e lo eravamo, con la differenza che lo eravamo l’uno
dell’altra. Ridevo felice tra le lacrime, mentre lui mi chiedeva cos’era
successo, asciugandosi gli occhi.
Non mi sono mai sentita
bene come in quel momento, perché quel pezzo di vita che mi aveva abbandonato
la sera precedente, era tornato a far parte di me, più forte che mai.
Ci riabbracciammo di
nuovo, e in quel momento capii che il nostro amore (se così lo
si può chiamare…) non sarebbe mai stato scalfito da nessuno, nemmeno da
noi stessi, perché se uno di noi due se ne sarebbe andato, anche l’altro non
avrebbe potuto sopravvivere.