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Autore: vul95    07/08/2013    3 recensioni
[Questa fan fiction partecipa al contest “différent” di doresu no shoujo e _Aurara]
Natuna è la terra conosciuta dagli uomini. Oltre Natuna vi sono solo acque ostili, e l'ignoto. Chiunque abbia tentato di spingersi verso il mare sconosciuto, fuori dalle rotte sicure tracciate dai coraggiosi antenati, non è mai tornato indietro.
[...]
"Non guardare all'aspetto dell'equipaggio; guarda all'imbarcazione: se è tenuta bene, allora ci sono buoni uomini, bravi nel loro lavoro. Questo basta."

[Desuta/Sein col cannocchiale (?)]
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Destra/Desuta, Sael/Sein
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fallen
contest diffèrent

Autore:
vul95
Titolo della storia:
Fallen- dritto negli inferi più profondi
Rating:
Verde
Prompt:
//
Personaggi:
Sein; Desuta
Pairing:
Desuta/Sein da vedere con il binocolo (?)
Numero di parole:
4822 secondo word
Disclaimer:
I personaggi non appartengono a me ma alla Level-5 e questa fic non è stata scritta a scopo di lucro.
Eventuali note:
Ci vediamo giù (*7*)/

Natuna è la terra conosciuta dagli uomini. Oltre Natuna vi sono solo acque ostili, e l'ignoto. Chiunque abbia tentato di spingersi verso il mare sconosciuto, fuori dalle rotte sicure tracciate dai coraggiosi antenati, non è mai tornato indietro.


In realtà, quella di vivere in mare era stata un'idea di suo padre.
Sein non si era mai chiesto perchè volesse mandarlo via da casa a tutti i costi e aveva adempiuto al suo dovere di figlio senza battere ciglio, assecondando i desideri del genitore.
La mattina in cui aveva lasciato la sua famiglia il cielo era livido, plumbeo, pesante. Aveva diciassette anni.
Il porto non distava molto da dove abitava, e in poco tempo lo aveva raggiunto, in spalla un semplice sacco con un cambio e qualche moneta.
"Vivrai di pesce e dei soldi che ricaverai dagli scambi con i paesi vicini." gli aveva detto il suo vecchio prima che se ne andasse "Arriva al porto e cerca una nave. C'è sempre chi cerca braccia." aveva spiegato "Non guardare all'aspetto dell'equipaggio; guarda all'imbarcazione: se è tenuta bene, allora ci sono buoni uomini, bravi nel loro lavoro. Questo basta." aveva concluso, e Sein aveva assorbito ogni informazione diligentemente.
Al porto la prima cosa che aveva notato erano state le navi erano disposte perfettamente in fila, e gli alberi che si innalzavano gli uni sugli altri, facendo a gara a chi fosse più alto. Sulle vele aperte svettavano i vessilli degli equipaggi, colorati di porpora, d'oro, di verde. I ponti erano gremiti i persone che si accalcavano sui moli per salutare o che vagavano alla ricerca di merce da scambiare. Urla provenivano un po' da tutte le parti: chi gridava alle offerte sul pesce, chi chiamava nomi, chi cercava nuovi uomini da reclutare. L'odore di sale e di sudore aveva impregnato la semplice casacca di Sein, che nascondeva bene il suo stupore di fronte a quello spettacolo per lui insolito. Non aveva mai visitato il porto così presto, quando l'aria della notte aleggia ancora fredda, brumosa, fuggendo i tiepidi raggi dei soli che ancora faticano a farsi strada tra la nebbia. Il brulicare di persone a quell'ora era diverso da quello della tarda mattinata, o di quello della sera: il porto sembrava più vivo, già sveglio e in moto.
Sein si era guardato attorno con calma e aveva osservato con attenzione ogni particolare, ogni minimo movimento: la donna che abbracciava il suo uomo, l'anziana signora che chiedeva elemosina, il nerboruto pescivendolo che agitava merce, gli eleganti comandanti che vestiti di stoffe pregiate giravano per i ponti ed osservavano con occhio critico chiunque passasse loro vicino. Qualunque persona di qualsiasi estrazione sociale trovava posto al porto, aveva notato il ragazzo.
A Sein non era mai passato per la mente di disobbedire ai voleri del padre, ma fino a quel momento non si era capacitato del perchè avesse scelto per lui proprio quella strada tra tutte. Guardando quello spettacolo, quella mattina scura e umida, era arrivato alla conclusione che non gli importava, e che se quello doveva essere il suo destino, così sarebbe stato.

Fallen
-dritto negli inferi più profondi-

La Gabbiano di Sale non era una grande imbarcazione. Aveva due alberi, due vele di medie dimensioni, e una settantina di postazioni per i rematori in caso di vento sfavorevole. Era bassa e larga, e sulla prua svettava enorme un gabbiano di legno dalle ali spalancate e la bocca aperta a gridare muta contro il mare. Era una nave mercantile, portava merce fino ai paesi vicini e tornava indietro, senza sbilanciarsi sulla rotta. Nessuna nave si sbilanciava sulla rotta, sapeva Sein. Tutti seguivano scrupolosamente le indicazioni, senza dilungarsi in manovre inutili a meno che non fossero le circostanze a richiederlo. I mari di Natuna erano pieni di scogli, creature sottomarine e pericoli. Oltre le rotte, c'era solo il dubbio di come si sarebbe potuti morire.
Sein aveva trovato la Gabbiano di Sale una bella nave. Sembrava curata e ben tenuta. Si era limitato a constatare questo, come gli aveva raccomandato suo padre, e dunque vi si era imbarcato senza battere ciglio, dopo un sommario colloquio con il vice capitano e la promessa di non rubare l'alcol a bordo.
Aveva lavorato a bordo della Gabbiano di Sale per i successivi due anni. Come sguattero all'inizio, come aiutante nello scarico delle merci più tardi. Aveva sviluppato un certo interesse per le cartine, le mappe e gli strumenti di navigazione (nonchè una certa agilità), ed occasionalmente aveva dato una mano anche in quel senso. Era cresciuto, i capelli rossicci gli si erano allungati. Li aveva legati in una treccia, decidendo che non li avrebbe tagliati più.
Lo pagavano relativamente bene, e lui non si lamentava. Poi il capitano della nave aveva deciso di lasciare il mare e l'equipaggio si era sciolto.
Sein, lontano da casa, si era imbarcato su una semplice barca di pescatori, la Donna d'Argento, per qualche mese. Poi un paio di suoi compagni avevano rovesciato il carico e lui era stato messo in mezzo e mandato via.
Oramai avvezzo alla vita di mare, e non avendo legami nè capacità di combinare qualcosa sulla terraferma, Sein aveva trovato posto grazie alla sua abilità nell'orientarsi e seguire le rotte nella Piccola Jeanne, che di piccolo non aveva nulla. Era un'imbarcazione enorme, con cinque alberi ed un equipaggio che superava i duecento uomini. Si occupava sempre di merci, specialmente articoli pregiati. Sulla vela svettava fiera un'enorme ancora nera, e sulla prua una donna di legno allungava il braccio verso il nulla, come a tentare di afferrare il mare. Era riuscita ad afferrarlo quando la nave aveva rischiato di affondare a seguito di una tempesta: la donna di legno era caduta in acqua e nessuno ne aveva saputo più nulla. Era stata sostituita da un tritone. Era caduto in mare pure quello. E con lui metà dell'equipaggio, del quale fortunatamente Sein non faceva parte, durante una seconda tempesta. A conti fatti, anche il capitano della nave era morto, assieme ad una mezza dozzina di comandanti. Il carico era andato perduto. Dopo tre anni di servizio a bordo, la Piccola Jeanne era andata distrutta. Sein era stato salvato assieme ai sopravvissuti mezza giornata dopo da un galeone che seguiva la stessa rotta della Piccola Jeanne.
Era la nave più grande che Sein avesse mai visto. La più grande e la più bella.
Sul fianco, inciso nel legno a caratteri svolazzanti era scritto: Cherubina.

Ricordando le parole di suo padre, Sein aveva deciso di divenire parte degli uomini della Cherubina. La nave si occupava di importanti consegne per il governo o per uomini di grande importanza, e richiedeva un equipaggio di uomini seri ed onesti. Il capitano, tale Ekadel, l'aveva preso a bordo solo quando l'aveva visto arrampicarsi come una scimmia sull'albero centrale, aggrappandosi a funi e tirando giù le vele in tempo record. Impressionato dalle sue capacità, aveva permesso a Sein di entrare tra le sue fila.
Aveva cominciato come uno sguattero, come sulla Gabbiano di Sale. Aveva pulito per almeno un anno i ponti della nave fino a farli brillare, aveva aiutato nelle cucine, aveva messo a disposizione le sue braccia. Poi gli era stato concesso di servire i comandanti durante il pasto; in seguito di servire il capitano stesso. Aveva partecipato ad infinite cene in silenzio, all'angolo, in attesa di versare il vino, e la sua conoscenza sulla tattica, le cartine, le rotte, la geografia del proprio paese era aumentata a forza di ascoltare i discorsi degli uomini a tavola. Dopo quattro anni a bordo della Cherubina, Sein si era fatto un nome in quanto uomo affidabile, serio e scrupoloso nel suo lavoro, e Ekadel aveva deciso di permettergli di assistere alle riunioni dei comandanti in quanto aiutante nel portare il materiale come cartine o strumenti di lavoro (e si, anche servire da bere in caso di necessità).
Era stato quando, essendo il capitano indeciso su quale rotta seguire per consegnare una determinata merce, Sein ebbe l'insolenza di interrompere il discorso e suggerire una soluzione, che poi si rivelò corretta, che Ekadel decise che era arrivato il momento di concedere un'opportunità a Sein, promuovendolo a sotto-comandante.
Poi era diventato comandante in seconda.
Comandante.
Dopo undici anni e qualche in mese in mare, di cui sei passati sulla Cherubina, Sein era diventato vice capitano.
Aveva ventotto anni.

Sein non aveva mai amato particolarmente il mare, prima di imbarcarsi sulla Cherubina. Non aveva mai veramente avuto un obiettivo, e per undici anni si era lasciato trascinare impassibile dagli eventi, seguendo il desiderio di qualcuno che non avrebbe mai più rivisto.
Poi le cose erano cambiate.
Sein aveva scoperto cos'era l'ambizione ed aveva individuato il suo obiettivo. Aveva assecondato quell'ambizione, lavorando duramente, raggiungendo infine ciò che si era prefissato, ed era arrivato in alto. Aveva fatto crescere in sè l'amore verso la lettura, il discorso, la strategia, le navi, la lettura delle cartine. Il mare stesso, alla fine.
Si era fatto una cultura ed un nome, aveva cominciato a disegnare mappe, individuare nuove rotte sicure, studiare le creature degli abissi. Era diventato famoso per la sua abilità con le cartine, e spesso gli erano stati commissionati lavori anche da persone diverse da Ekadel. "Le rotte segnate da Sein sono sempre sicure" si diceva in giro di lui. Quante notti aveva passato chino sui libri e su vecchie mappe per cercare di tracciare percorsi sicuri, il più lontano possibile da mostri marini e pericoli.
Spesso si era anche chiesto cosa ci fosse, oltre le rotte sicure che segnava, oltre alla morte. Altre terre? Altri popoli? La sua ambizione lo voleva portare a tracciare rotte di altri luoghi, altri mari, altri mondi sconosciuti. Natuna era tutto ciò che conosceva, con i suoi paesi e i suoi confini interni, ed i mari attorno ad essa erano l'unica cosa che poteva dire di sapere. Ma alla fine lasciava da parte questi pensieri, perchè lui era un uomo serio, diligente, che non trasgrediva agli ordini, e che sapeva che andare oltre le rotte ed esplorare quel che c'era al di là era solo un'utopia.
E così, con il tempo, la Cherubina era diventata la sua vita, il mare lo era diventato: le uniche cose che avessero mai avuto un senso per lui, le uniche realtà che conosceva.
-Ehi.- qualcuno battè una mano sulla grata, e Sein sussultò, distratto dai suoi pensieri. Si strinse le ginocchia al petto, lanciando uno sguardo d'astio al buio -Il capitano vuole parlarti.- la voce disse altro, ma Sein non l'ascoltava. Sentì la porta della sua prigione aprirsi, qualche passo sul legno e poi una mano afferrargli con violenza il polso -Muoviti.-
Si fece trascinare senza dire una parola, stringendo le labbra.
Fissò gli occhi sul legno scuro del pavimento, così diverso da quello che era sempre stato abituato a guardare. Il suo carceriere strinse la presa -Ho detto cammina.- gli calciò lo stinco e Sein digrignò i denti per evitarsi di gemere dal dolore. Non lo avrebbe fatto, mai.
Gli dolevano le gambe per il troppo stare seduto, i polsi bruciavano per via della corda che li mordeva, e sulle labbra sentiva ancora il sapore del proprio sangue.
Quando salirono sul ponte sotto la luce cocente dei soli, si riparò il viso infastidito. Sguardi si piantarono su di lui, seguendolo. Sein sentiva l'umiliazione bruciargli lo stomaco, ed il suo orgoglio gli impose di alzare quantomeno il mento. L'uomo di fianco a lui lo riabbassò con una manata sul collo e lo trascinò su per le scale di legno che portavano alla cabina del capitano a poppa.
Lo spinse sulla schiena, facendolo entrare nella stanza: piccola, ordinata, ben tenuta.
Sein osò alzare di nuovo lo sguardo e lo puntò verso il fondo.
Un paio di occhi ambrati si incatenarono ai suoi.
-Puoi andare.- ordinò con voce bassa l'uomo cui appartenevano quegli occhi, e il carceriere se ne andò in fretta senza dire una parola, chiudendo la porta.
Passarono solo pochi secondi -... Che ne hai fatto della mia nave.- sputò Sein, con un tono che sembrava impartire un ordine, più che avanzare una domanda.
Una risata gutturale riempì la stanza.
Desuta il demone rosso era il pirata più temuto dei mari di Natuna. Attaccava qualsiasi tipo di imbarcazione, e dopo aver fatto strage di uomini ne rubava il contenuto per rivenderlo o utilizzarlo. Il suo nome era conosciuto ovunque, ed era considerato uno dei pochi pericoli concreti delle rotte sicure.
Non faceva differenza di quale nave si trattasse, se Desuta il demone rosso la voleva, l'avrebbe avuta. Sein lo sapeva bene, spesso gliene avevano parlato.
E, quella volta, aveva voluto la Cherubina. Aveva attaccato in piena notte. La Medusa, il suo veliero, aveva affiancato la Cherubina improvvisamente, il nome inciso in nero sul fianco della nave che si confondeva con il buio della notte, e uomini sconosciuti vi si erano riversati a bordo. Sein ricordava di aver urlato qualche comando, di aver predisposto una difesa. Ma non era mai stato un combattente, e ad un certo punto qualcuno lo aveva colpito talmente forte da fargli perdere i sensi.
Si era risvegliato in una cella, da solo. Nessuno aveva risposto alle sue domande, ed anzi avevano fatto di tutto per farlo tacere ogni qualvolta aprisse bocca. C'era rimasto per almeno una settimana, a domandarsi che fine avessero fatto i suoi compagni, dove fosse Ekadel, che ne era stato della Cherubina. Ed adesso, finalmente, lo avevano fatto uscire.
Il demone rosso si mise a sedere ad un tavolo spazioso, poggiandovi poi sopra pesantemente i piedi -Ma come siamo frettolosi.- commentò, e Sein sentì la testa pulsargli di rabbia. Sfregò i polsi tra di loro, nell'inutile tentativo di sfilarli dalla corda -Rispondi. Che ne hai fatto?- alzò di poco il tono, ma l'altro non si scompose.
Era un uomo di poco più basso di Sein. Di certo il suo soprannome doveva derivare dal colore dei suoi capelli: rossi, un rosso scuro, e lunghi oltre la schiena. Ciuffi disordinati gli ricadevano sulla fronte e sulle spalle, incorniciavano gli occhi ambrati. Aveva ciglia sottili, il demone rosso, che rendevano il suo sguardo ancora più affilato, e denti bianchi e lunghi, aguzzi. La carnagione era scura, cotta dal sole, al contrario di Sein, abituato negli ultimi anni a stare chino sui libri, alla luce della sua lampada ad olio, chiuso nel suo studio a disegnare cartine.
-L'ho lasciata andare alla deriva.- lo accontentò Desuta, rimirandosi le unghie e schioccando la lingua -Ho dato l'ordine di non uccidere a meno che qualcuno non avesse tentato di far fuori i miei uomini, quindi forse ci sarà qualche marinaio vivo.- inclinò il capo, tranquillo, mentre Sein sentiva lo stomaco attorcigliarsi dall'ansia -Il capitano... Ekadel, giusto? Si è arreso. Ho ritenuto corretto lasciarlo ad occuparsi di quella bagnarola: se mai riuscirà a sfuggire al mare oltre le rotte, allora forse sopravvivrà.- un ghignetto di aprì sul suo viso.
Sein mosse un passo in avanti, respirando pesantemente, furioso.
-Ah. Trecciolina, non ti conviene: sei legato. Ed io ho una spada.- rise di gusto il capitano della Medusa, lanciandogli uno sguardo di scherno. L'altro dovette ammettere a sè stesso di essere in svantaggio, e si fermò -Spera per te che sia vivo, pirata.- sibilò.
-Ooh, passiamo alle offese ora?- replicò lui.
E solo allora alla mente di Sein si affacciò una domanda. Aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra -... Perchè io sono qui?- soffiò, irato, il pensiero a Ekadel e all'equipaggio che era stato la sua famiglia per sei anni. Come stavano? Erano vivi? Sarebbero riusciti a scampare alla morte? Grazie alle sue capacità era lui, il vice capitano, ad occuparsi di individuare le rotte più sicure in caso di pericolo.
Il demone rosso si alzò dalla sedia con un sorriso entusiasta in volto -Questa è una domanda interessante, trecciolina.- gli si avvicinò. Talmente vicino che Sein ebbe uno spiacevole brivido. Desuta gli prese il viso tra le mani, poco delicatamente -Ti chiamano l'angelo della rotta, lo sapevi, trecciolina?- soffiò, rimirandolo. Sein socchiuse gli occhi e gli lanciò l'ennesimo sguardo d'odio. Non rispose. Non ne aveva intenzione, e poi non aveva mai sentito nulla riguardo quel soprannome.
Desuta lo prese come un invito a continuare -Nei porti di Natuna, sulle navi, tra i pescivendoli, nei bordelli si parla di te e della tua incredibile capacità nell'individuare le rotte.- lo lasciò bruscamente, e Sein si portò le mani, ancora legate, a sfiorare la mascella indolenzita.
-Ti dirò, trecciolina.- il capitano della Medusa dondolò il capo, girovagando per la stanza -Questi mari mi annoiano.- tagliò corto, sbuffando e chiudendo gli occhi -Li conosco bene, e le navi sono tutte uguali, sempre le stesse, sempre così fiscali, nel loro seguire le rotte sicure.- e, le mani posizionate parallele l'una davanti all'altra, tracciò una linea immaginaria -Sempre così prevedibili.- scosse la testa -Io voglio andare oltre.- quando si voltò ancora verso Sein, i suoi occhi brillarono per un momento -Voglio andare oltre le rotte.- un altro ghigno trovò spazio sul suo volto.
Sein strinse le labbra -Tu sei pazzo.- commentò solo.
-Però- continuò Desuta senza ascoltare -io sono solo un pirata rozzo ed ignorante.- rise di nuovo -Non conosco le creature degli abissi, nè so orientarmi oltre le rotte sicure. Questo è il difetto dei marinai di Natuna.- schioccò la lingua irritato. Guardò Sein -Ed è qui che entri in gioco tu.- allargò un sorrisino e Sein rabbrividì di nuovo.
Digrignò i denti -Sei un folle se speri nel mio aiuto.- indietreggiò. Il demone rosso lo afferrò per la casacca sporca e rotta -Non hai scelta.- lo sguardo fiammeggiante incontrò di nuovo il suo e si incatenarono ancora -Con la tua abilità e la tua conoscenza del mare, non posso lasciarti andare.- grugnì, e di nuovo lo lasciò.
Sein si scostò da lui -Non ti dirò niente.- sputò -Non ho alcun motivo per seguirti. Morirei comunque. Oltre le rotte c'è solo la morte.- il tono gli tremò solo per un secondo. L'umiliazione subita, la Cherubina alla deriva... Non avrebbe mai accettato, il suo orgoglio era troppo forte. Più che la fedeltà, era quello a determinare la sua decisione -Ammazzami qui.- concluse. Ma c'era quella curiosità. Qull'incognita che le acque oltre le rotte costituivano e che sempre l'avevano affascinato. Deglutì.
La corda gli stringeva ancora i polsi. Il sangue era ancora sulle sue labbra. No, quel pirata non avrebbe mai avuto il suo aiuto.
Era un folle, a voler compiere un'impresa del genere.
Ma era l'unico, dannatissimo folle che Sein avesse mai conosciuto.
Desuta non sembrava così spaventato dalle sue parole -Fuori dalle rotte o qui sulla nave.- disse solo, fissandolo al modo di chi la sa lunga. Stiracchiò l'ennesimo sorriso -Devi solo decidere come preferisci morire.- si leccò le labbra -Come un misero marinaio che vive come altri miseri marinai...- inclinò il capo -O esplorando l'oltre rotta.- e di nuovo fu ad un soffio da lui -Pensaci, trecciolina.- poi lo spinse via e chiamò a gran voce il carceriere, che entrò immediatamente ed afferrò di nuovo Sein.
-Slegalo: non scapperà.- ridacchiò il capitano della Medusa poco prima che il suo sottoposto chiudesse la porta.
E Sein si chiese se il suo orgoglio fosse davvero più forte della sua ambizione.


Desuta aveva permesso a Sein di girare per la nave, oltre ad aver messo a sua disposizione un cambio pulito. Sein pensò un paio di volte di scappare, ma alla fine si costrinse ad ammettere con stizza che il demone rosso aveva ragione: non lo avrebbe fatto.
Nonostante il permesso, non era ancora uscito dalla stanzetta angusta che gli era stata data e che condivideva con altri quattro uomini, che l'avevano guardato in cagnesco non appena era entrato.
Decise di farlo, e salì le scale che portavano al ponte; tutto occupato a preservare un minimo di dignità, quando l'avevano condotto nella cabina del capitano non si era nemmeno guardato attorno.
Era sera, e la familiare aria di mare gli invase le narici come il giorno in cui aveva messo piede in porto per partire. Per la prima volta si voltò ad osservare, proprio come quella mattina aveva fatto con il porto, la nave attorno a lui. E non potè fare a meno di sgranare gli occhi, quando si accorse quanto la Medusa fosse... bella.
Il legno era scuro ovunque. I tre alberi principali erano immensi, e le vele nere scivolavano in accordo con il vento, ondeggiando. Uomini si affaticavano lungo i ponti per sistemare le ultime cose, sciogliere funi o fare nodi.
Sein si avvicinò al parapetto della nave e vi fece scorrere senza parole la mano, trovando il legno liscio e lucido. Proseguì fino a prua, trovando il bompresso che si allungava verso il mare. Pensò che dentro vi fosse un cannone, probabilmente. Lo rimirò, ed un marinaio per poco non gli finì addosso. Lo sentì imprecare, ma lo ignorò e continuò ad osservare la fattura della nave, così dettagliata, così ben fatta.
Non guardare all'aspetto dell'equipaggio; guarda all'imbarcazione: se è tenuta bene, allora ci sono buoni uomini, bravi nel loro lavoro. Questo basta.
Le parole di suo padre gli tornarono prepotentemente in mente, e Sein sussultò. Si morse il labbro e socchiuse gli occhi, stringendo il parapetto con le mani e lanciando uno sguardo al mare.
Il suo orgoglio continuava a ripetergli che non avrebbe mai dovuto aiutare dei pirati. Dei pirati che avevano quasi affondato la sua adorata Cherubina. Desuta il demone rosso.
Ma la sua ambizione, il suo voler andare oltre il conosciuto, il suo desiderare di sapere, di conoscere, di scoprire era così forte che gli faceva girare la testa.
Cosa ci avrebbe perso, ad aiutare Desuta? Niente, a conti fatti. Ekadel era lontano con la sua nave. La terraferma era distante. C'era solo il mare, e la possibilità di morirci subito o di morirci come qualcuno che aveva sfidato i limiti della propria epoca.
Sein era confuso. Si sentiva gli arti intorpiditi.
Ma in fondo sapeva già quale sarebbe stata la sua risposta.

Durante i giorni successivi Sein conobbe l'equipaggio. Gentaglia, perlopiù. Gentaglia che sapeva svolgere il proprio lavoro. Gli parlarono dell'impresa del capitano con una luce d'ammirazione negli occhi.
Nessuno aveva paura di seguirlo, perchè, da quanto scoprì, Desuta il demone rosso era una persona affidabile, anche se impulsiva e senza pietà per chi osava tradirlo.
Desuta lo invitò ad unirsi alla sua tavola ogni giorno. Come a volersi accertare della situazione e ricordare a Sein di quanto fosse delicata la sua condizione: era la sua vita che si stava giocando.
Il capitano lo mise a conoscenza di molti dettagli riguardo le sue ambizioni e le sue aspettative per il viaggio, utilizzandolo, più che come ostaggio, come un pupazzo con cui giocare o a cui confidare i propri segreti. Lo trattava come si conoscessero da sempre, in modo insolente, chiamandolo pirata come gli altri e facendo dell'ironia sul suo modo di fare impettito ed orgoglioso.
Ogni volta che si parlava dell'oltre-rotta, Sein sentiva l'adrenalina circolargli in corpo, e tentava di resistere ai suoi impulsi. Ma Desuta sapeva come richiamare la sua attenzione, come coinvolgerlo nei discorsi a riguardo, come tentarlo.
Come se lo conoscesse da sempre.
Nessun'altro si sarebbe mai spinto così oltre i confini dell'umanità, Sein non avrebbe mai trovato qualcuno altrettanto folle.
Nei giorni che rimase indeciso sull'opzione da scegliere, assistette anche alla presa di una nave. Non fece un fiato e, impassibile, osservò l'equipaggio della Medusa assaltare l'imbarcazione così come aveva fatto con la Cherubina. Gli si strinse lo stomaco. La nave venne poi lasciata andare alla deriva anch'essa, e contrariamente alle sue aspettative, non vi furono uccisioni di sorta.
-I morti? Balle.- Desuta aveva riso -Se lo inventa la gente per mettere paura. Non ho bisogno di uccidere, ho bisogno che chi sopravvive al fuori rotta vada a raccontare a tutti quanto Desuta il demone rosso sia temibile.- gli aveva spiegato subito dopo -Se ammazzo qualcuno, è per non farmi ammazzare io stesso.- aveva concluso.
Sein ebbe modo di osservare l'equipaggio lavorare. I loro movimenti precisi. La loro cura della Medusa, come fosse figlia loro.
Ebbe anche la possibilità di aiutarli, di mettersi a disposizione. A poco a poco, quei pirati, da diffidenti e in procinto di ucciderlo diventarono più amichevoli, per quanto potessero, e Sein rivide in loro i compagni di navigate di undici anni.
Gli capitò di chiamare Desuta "capitano".
Rimase sulla Medusa così a lungo che alla fine si sentì parte dell'equipaggio anche lui. Da un lato odiava questo lavaggio del cervello che pareva gli stessero facendo; dall'altra sapeva che era lui stesso a permettere loro di avvicinarsi.
Non conosceva il motivo.

Ma, forse, era semplicemente la sua insana voglia di sapere e di andare oltre assieme a Desuta, l'unica persona al mondo che poteva offrirgli un'occasione simile.

-La tua ambizione è più forte del tuo orgoglio.- Desuta trangugiò un bicchiere di vino in un sorso solo e lo guardò, ghignando al suo modo -Non siamo così diversi, io e te.- ammiccò, poi scoppiò a ridere.
Sein voltò il capo, respirando pesantemente. Erano passati centoventisette giorni, prima che prendesse una decisione definitiva. Desuta aveva aspettato pazientemente, come se già lo avesse saputo. E, Sein odiava ammetterlo, ma la tentazione di sapere di più era troppa. Troppa.
-Ow, non fare così. Ormai sei dei nostri.- lo riprese il capitano, e Sein sussultò, lanciandogli uno sguardo indignato -L'angelo della rotta è caduto negli inferi più profondi.- il demone rosso gli si avvicinò e gli alitò il forte odore del vino in viso. Arricciò il naso.
-Non sono uno dei vostri.- sibilò Sein -Sono solo un ostaggio.- cercò di giustificarsi.
-Se crederci ti fa stare meglio.- Desuta mosse una mano all'aria, incurante, e Sein espirò dal naso, irritato. Ma sapeva che aveva ragione.
-Partiamo tra due giorni. Il tempo di fare rifornimento.- concluse.
L'altro sgranò gli occhi -Non ho abbastanza tempo! Come pensi che possa tirare giù una cartina verso l'esterno delle rotte sicure in due giornate?- sbottò. Il capitano alzò le spalle -Affari tuoi.- rispose, brevemente.
Sein strinse le labbra e lasciò la cabina. Ma quella stessa sera, cominciò a lavorare.
Desuta gli aveva detto che sarebbero passati a ovest di Natuna, aggirando la terra per poi proseguire verso l'ignoto. Sein conosceva bene quella parte di mare, quindi aveva una buona base da cui cominciare a tracciare una rotta, e quello fece.
Il demone rosso era un tipo strano. Gli aveva riferito i suoi piani senza problemi, ed il fatto che fosse probabilmente perchè era sicuro di quanto Sein volesse imbarcarsi in una tale follia mandava il ragazzo fuori di testa. Odiava che le sue intenzioni venissero capite così facilmente. Nessuno ci era mai riuscito, e quel capitano pirata da strapazzo stava tirando troppo la corda, con lui. Ma, d'altronde, aveva il coltello dalla parte del manico e così sarebbe sempre stato, e lui non poteva fare altro se non assecondare i suoi capricciosi desideri, se voleva scoprire il mondo dell'oltre-rotta.
Il giorno della partenza la cartina era pronta. La nave si era fermata sulla costa a fare rifornimento, ma Sein non era sceso.
Quando la Medusa partì, il cielo era calmo, ed anche il mare.
Desuta richiese la presenza di Sein al suo fianco con la cartina, che esaminò per qualche secondo -Beh, a quanto pare quelle che dicono non sono balle.- sorrise strafottente e si mise al timone. Sein si sistemò vicino a lui -Non avevi dubbi, comunque.- lo riprese, e il capitano gli lanciò un'occhiata divertita.
-Oltre lo stretto non posso più sapere cosa ci sia. Posso studiare il vento e le correnti, e regolarmi di conseguenza. Ma nulla di più.- avvertì.
-Lo so già, trecciolina.- masticò l'altro -Mi pare di averti rapito per questo.- replicò e gli riservò un ghignetto.
La Medusa percorse chilometri in tranquillità per almeno quattro giorni e quattro notti.
Poi, il quinto giorno, si avvicinò allo stretto che separava Natuna dall'ignoto, lasciando l'ultima rotta sicura di cui Sein aveva conoscenza. Sulla cartina aveva segnato un percorso che avrebbe permesso alla nave di arrivare tranquillamente fino allo stretto e superarlo. Oltre, avrebbero dovuto attendere che studiasse le condizioni atmosferiche.
Quando la Medusa superò i due lembi di terra che affacciavano sul confine ultimo del mondo, Sein trattenne il fiato assieme a tutto l'equipaggio.
Desuta gridò esaltato, come se non stesse andando incontro ad una morte quasi certa e scoppiò a ridere, dando una pacca sulla spalla di Sein come fossero vecchi amici. Lui non disse nulla, e non si ritrasse.
E si ritrovarono nella terra di nessuno.
L'aria era tesa, il silenzio palpabile. L'unico rumore era quello della nave che scivolava placida nelle acque del mare.
Sein si voltò verso Desuta -Sei folle.- commentò, a mezza voce.
-L'unico folle che tu abbia mai incontrato.- replicò quello, alzando il mento. Si sorrisero invisibilmente.
Natuna era indietro.
Con i marinai, le navi, le rotte sicure.
E nessuno si voltò a guardarla.

Natuna è la terra conosciuta dagli uomini. Oltre Natuna vi sono solo acque ostili, e l'ignoto. Chiunque abbia tentato di spingersi verso il mare sconosciuto, fuori dalle rotte sicure tracciate dai coraggiosi antenati, non è mai tornato indietro.

-... Capitano.-
-Si, trecciolina?-
-... Se mi chiami di nuovo trecciolina giuro che ti spedisco sott'acqua.-



*

Bene. Uh. Allora.
Finalmente riesco a postare questa fanfiction- e- che dire. Per scriverla mi sono ispirata al mito di Ulisse. Inizialmente la cosa si dirigeva più su una cosa simil- Scilla e Cariddi, poi invece ho optato per una storia simil-morte di Ulisse descritta nell'Inferno Dantesco (?)
Ammetto che trovare un contesto in cui inserire Desuta e Sein è stato... arduo. Ho escluso a priori storie di vampiri, angeli, demoni, cosesovrannturalivarie perchè nell'anime loro sono un angelo e un demone, ed ho cercato di discostarmi da quel genere. Sono finita sui pirati (evviva l'originalità-).
Riguardo il "mondo" che mi sono inventata, ovvero Natuna ("nuovo" in bengalese). E' un grande continente, circondato da isole più o meno grandi, di cui una a sud ovest di esso. Sono molto vicine, ed è lì che si trova lo stretto. La gente della dimensione della fanfiction conosce solo le acque tra il continente e le sue isole, e poco della costa a est, tutto qui. Ho immaginato le acque del mare attorno a Natuna piene di correnti differenti. Il lavoro di coloro che hanno stabilito le "rotte sicure" è stato quello di individuare quelle correnti non troppo forti che però fossero sgombre di pericoli, ed i percorsi per passare dall'una all'altra. Tipo un percorso ad ostacoli (?). Mi piaceva come idea, il fatto che ci siano delle linee prestabilite, e che la gente di Natuna non si arrischi ad andare oltre. E che Sein e Desuta, l'uno inquadrato in quel tipo di società che appunto evita di uscire dai propri confini, l'altro che invece che cerca tutti i modi possibili per uscirne e per essere libero, si "alleino" poi per superare questi limiti e vedere cosa c'è oltre, se davvero c'è solo la morte o c'è anche altro.
Sein, come personaggio, mi è sempre sembrato un tipo orgoglioso, serio, che porta a termine i propri obiettivi. Difficilmente si lega a qualcuno, e per questo mi è sembrato plausibile che si rassegnasse alla perdita della Cherubina e che tra le sue priorità comparisse la propria ambizione, non essendovi più legato. Si lascia un po' trascinare dagli eventi. Rimanendo fedele finchè ha modo di rimanere fedele, compiendo il suo dovere fino in fondo comunque, certo, ma fino a che è necessario. Arrivato sulla Medusa, Sein è messo davanti ai suoi desideri, che non ha mai potuto assecondare fino a quel momento: si, ha scoperto la sua vocazione, la sua passione, la sua bravura, ma non l'ha mai messa a disposizione di sè stesso, per quello che voleva. Poi è arrivato Desuta e gli ha offerto quest'occasione. Se Desuta non fosse arrivato, Sein sarebbe rimasto "nei confini" fino alla sua morte, quindi Desuta in questo senso, secondo me, lo ha "salvato", e lo stesso Sein lo sa, in fondo.
Le storie di pirati sono usate molto, è vero. Però Sein dritto come un fuso, in divisa, che scruta l'orizzonte e Desuta che va in giro a fare scorrerie, a depredare navi... è stato irresistibile.
Il titolo si riferisce a Sein, l'angelo della rotta, che appunto è caduto in mezzo ai pirati, negli inferi, come dice Desuta. Voleva essere un richiamo al loro ruolo nell'anime (?).
Uh, questo è un bompresso (?).
Ok, smetto, che sto scrivendo un papiro-
Ringrazio doresu no shoujo e _Aurara per aver indetto il contest, e auguro buona fortuna a tutti i partecipanti <3
Spero che la fic vi sia piaciuta *inchin*
Alla prossima *porge biscotti*

Greta.
  
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