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Autore: HuGmyShadoW    15/02/2008    1 recensioni
E' una vita davvero fantastica, quella dei Tokio Hotel... Fra concerti, interviste, passaggi da un albergo all'altro, non hanno quasi il momento di riposare. Ma ecco che un giorno, proprio a Bill Kaulitz càpita l'incontro più importante della sua vita, che da quel momento, non sarà più fantastica: sarà meravigliosa, unica ed inimmaginabile. Non mancheranno però gli intrighi, le cospirazioni, le passioni e le gelosie... Perchè la vita, in fondo, non è mai solo rose e fiori....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Un abbraccio sincero, pulito, fraterno. Sì, questa è esattamente la parola giusta: fratelli.
Bill e Tom, l’uno nelle braccia dell’altro, si sentivano più che mai uniti. E in quel momento, erano più che mai divisi.
Due destini attraversavano le loro vite, due fati diversi, di cui nessuno dei due ragazzi sapeva ancora le volubili intenzioni.
Tom strinse forte gli occhi, forse per scacciare indietro le lacrime, forse per allontanarsi, anche se per poco, dalla crudele realtà.
Lentamente, insieme, i due gemelli si sciolsero da quel forte abbraccio, entrambi con gli occhi lucidi.
Due tipi di lacrime, completamente differenti.
Odio e Amore. Speranza e Sconforto. E Dolcezza. E Commozione.
Ora separati, i due giovani rimasero a fissarsi per diversi secondi, poi Bill sorrise, e disse piano:
-Che farei senza di te?-.
-Ti prenderesti sicuramente un cane come mascotte del gruppo...-, ribattè a mezza voce Tom, con un sarcastico sorriso stiracchiato stampato sul viso.
Una breve, leggera risata silenziosa attraversò per un momento la stanza e i due ragazzi.
Poi, Bill si alzò. Tom rimase seduto dov’era, non si mosse di un centimetro, non seguì nemmeno con lo sguardo il gemello. Teneva lo sguardo basso e vuoto, e un sorriso amaro sul volto. Aspettò di sentire la porta aprirsi, e poi chiudersi subito dopo, ma ciò non avvenne. Il ragazzo alzò la testa e si voltò, sorpreso. Suo fratello, con una mano sulla maniglia, lo stava osservando intensamente, la testa leggermente reclinata di lato, l’espressione seria e concentrata.
-... Che c’è?!-, chiese Tom, stupito e stranamente a disagio.
Bill ebbe un leggero sussulto alla voce del gemello, poi scosse la testa e sorrise, leggero, dicendo:
-No, niente, scusa... Mi ero incantato... È meglio che vada a prepararmi, fra poco devo uscire...-.
Solitamente, Tom avrebbe fatto una battuta alla risposta del fratello, ma in quel momento non si sentiva per niente in vena di risate, così rimase in silenzio e si rivoltò verso il muro.
Bill, capì, e fece per andarsene, quando il rasta, però, inaspettatamente anche per sé stesso, si alzò di scatto, esclamando:
-Bill, aspetta...!-.
Ma per la fretta di seguire il gemello, la gamba del chitarrista urtò violentemente contro le valigie ai piedi del letto, rovesciandole a terra con gran fracasso.
-Ahia!!!-.
Bill sobbalzò,  e mettendosi in posizione di difesa, fece saettare lo sguardo per tutta la stanza, terrorizzato.
Tom si immobilizzò. Lasciò lentamente il ginocchio ferito che stringeva al petto, e la sua espressione di dolore scivolò piano in stupore, e poi in preoccupazione.
Zoppicando leggermente, il rasta si avvicinò in silenzio a Bill, che teneva la testa bassa e si mordeva il labbro inferiore.
Quando gli fu a pochi centimetri, Tom si chinò a guardare il volto in ombra del fratello: il moretto aveva le sopracciglia aggrottate, e negli occhi una sfumatura di cieco terrore e di un terribile segreto inconfessato.      
Il chitarrista sospirò piano, preda di una morsa allo stomaco per il comportamento anomalo del gemello, poi gli posò una mano sulla spalla, e cercando di incrociare lo sguardo nocciola e terrorizzato di Bill, sussurrò, dolce e amaro:
-... Non mi hai raccontato proprio tutto, vero?-.

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-Cosa??!! Tu se coinvolto in una situazione simile e non volevi dirmi nulla?? Ma come ti viene in mente di tenere per tu un segreto simile?! Dobbiamo telefonare alla polizia...!!-, esclamò rabbioso Tom, alzandosi per raggiungere il telefono più vicino.
Bill gli aveva dovuto raccontare tutta la storia di Giusy, anche se avrebbe voluto farne volentieri a meno. A quelle parole, si ricordò quelle spietate, fredde, terribili di quella ragazza bionda: “Non provare ad informare la polizia, o qualche malaugurato incidente potrebbe succedere a qualche tuo stretto conoscente...”.
Il panico lo prese, la paura lo immobilizzò per un momento, mentre sudore freddo gli scivolava in una lenta agonia lungo la schiena.
Bill scattò in piedi all’istante, e afferrò quasi disperatamente il braccio del gemello già proteso verso la lontana cornetta, strillando istericamente:
-Nooo!!! Ti prego, non farlo!!!-.
Tom si voltò, e vide l’angoscia in quei caldi occhi brillanti, ora spenti e privi di luce. E capì di avere la stessa espressione, com’era inevitabile.
Il rasta si risedette lentamente, e solo quando il ragazzo fu ben sistemato sul letto candido, Bill lasciò andare il braccio del fratello.
Tom si osservò la pelle dell’avambraccio, coperta di segni rossi, poi alzò gli occhi a fissare il fratello, con uno sguardo così triste e dispiaciuto che si sarebbe detto fosse stato lui, e non Bill, a far del male a qualcuno. Lasciò cadere il braccio sul letto, poi sospirò, e voltandosi anche con il corpo verso il gemello, mormorò dolcemente, preoccupato:
-Bill, ma non capisci che se non informiamo la polizia quella... ehm, megera... continuerà a sfruttarti a suo piacimento, ogni volta che le verrà il capriccio di terrorizzare qualcuno? Non puoi andare avanti così... Guardati, mangi pochissimo, sei pallido, sempre nervoso, e spaventato... Sei diventato il fantasma di te stesso... Non sei più il Bill spensierato, spiritoso, testardo e affettuoso, che conoscevo io... Non sei più tu...-, concluse in un soffio disperato Tom, constatando la sorpresa e la commozione, e  il dispiacere sul viso del fratello. Bill fissò con occhi colmi di lacrime quel ragazzo, tanto duro, rozzo, forte all’esterno quanto tenero, e affettuoso, e dolce all’interno.
-Tom... Io ho paura...-, mormorò debolmente il moretto, abbassando lo sguardo gonfio di lacrime.
-Non devi averne! Non ti succederà niente di niente! Ci siamo io, e Gustav, Georg, e Saki..-, esclamò con foga il rasta, contando sulle dita.
-... Ho paura per voi...-, concluse monocorde Bill levando gli occhi lucidi su quelli sgranati del fratello, che si sentì la voce morire in gola.
-Sì, ho tanta, tanta paura per voi... Per te, per Gustav, per Georg... E anche per la mamma, e il papà... E per Jade...-, disse con voce incrinata il ragazzo, sconsolato.
-Io... Noi dobbiamo tenerla d’occhio, non posso permettere che le succeda nulla, capisci?!-, continuò sempre più istericamente Bill, prendendosi la testa tra le mani, incurante della su capigliatura impeccabile, una volta tanto. -Per questo stasera non ho potuto lasciarla andare da sola a fare spese! O stasera... stasera...-.
Bill lasciò lentamente la presa sulla nuca, e si voltò a guardare, completamente nel panico Tom.
-È stasera! Tom, è stasera che ho l’incontro con Giusy! O mio dio, no, non posso... no, no,no...-, prese a sbraitare il moretto, alzandosi e cominciando a camminare nervosamente per la stanza, muovendo forsennatamente le braccia.
-Cosa?! Stasera?! E perché non me l’hai detto prima??-, urlò Tom, alzandosi in piedi a sua volta.
-Perché anch’io me ne sono ricordato solo ora, pezzo d’idiota!!!-, strillò Bill di rimando.
Un silenzio teso, preoccupato invadeva la stanza, e vi abitò ancora per qualche nervoso minuto di angosciose passeggiate in tondo e mute sorprese, finché la voce bassa e sicura di Tom non lo mandò in mille pezzi:
-... Ci vado io...-.
Bill si immobilizzò al centro della camera. Si voltò lentamente verso il fratello, che teneva le mani in tasca e aveva nello sguardo la decisione e la sicurezza.
-Cos’hai detto...?!-, chiese Bill, sgranando gli occhi, a bocca spalancata.
-Ho detto che vado io all’incontro con Giusy...-, ripeté strafottente Tom.
-Ma... ma...!-, tentò di protestare il moretto.
Tom ridacchiò piano, poi levò uno sguardo freddo, eppure rassicurante, trapassando la mente e il corpo del gemello sbalordito, e avvicinandosi al ragazzo, dichiarò, caldo:
-Stai tranquillo, fratellino... Adesso ci pensa lo zio Tom...-.

************************
Luci colorate rischiarano ed illuminano la città, quasi a voler donare ad ognuno dello splendente, meraviglioso calore.
-Bill! Perché non entriamo qui?-, chiese Jade quasi saltellando, esagitata.
Bill non rispose, perso nei suoi cupi pensieri:
“Chissà se Tom ha già incontrato Giusy... Chissà se sta bene... Chissà...”.
Lui e la ragazza erano in centro città, pronti a darsi allo shopping sfrenato. Il moretto tentava di non farsi notare, indossando occhiali da sole, portando la tuta e calcandosi bene sulla testa un cappellino nero. Finora il travestimento sembrava funzionare.
-Ehi!! Bill! Ci sei?!-, chiamò jade passando più volte la mano davanti al viso assente del ragazzo, che si riscosse con un sussulto, e tentando di sorridere, mentì:
-...Sì, sì, certo... Scusami, mi ero incantato...-.
-Se lo dici tu... Comunque, che ne dici di questo negozio? Mi pare ci siano delle magliettine molto carine! Entriamo?-, domandò nuovamente euforica la brunetta, rimbalzando qua e là in mezzo alla folla, tentando di scrutare all’interno del negozio.
-Okay... Allora, entriamo...-, convenne Bill, distratto, spingendo subito la porta e avventurandosi fra montagne di gonne e camerini infiniti come labirinti.


-Bill! Guarda se non è un amore questa!-, esclamò Jade, quasi danzando davanti allo specchio mentre si appoggiava un maglioncino azzurro chiaro sul petto.
Bill le si avvicinò circospetto, mettendosi un dito davanti alle labbra:
-Ssshh... Cosa urli? Va bene che c’è poca gente, ma non voglio correre il rischio che qualcuno mi riconosca...-, le sussurrò vicinissimo al suo volto.
Jade arrossì, mentre il suo piccolo cuore cominciava a batterle fortissimo contro le costole, e si allontanò, sbottando:
-Oh, insomma! Ci siamo solo noi qua dentro! E non sei un ricercato dell’FBI, mi pare!-, voltandosi di schiena per nascondere il colore delle sue guance al ragazzo.
I due giovani rimasero per qualche tempo in silenzio, poi Jade si voltò, e chiese dolcemente a Bill:
-...Sei stanco? Vuoi tornare in albergo?-.
Lui rimase sorpreso di questa domanda, e si affrettò a rispondere, alzando le mani come per arrendersi:
-No, no, figurati! Finché non sei a posto tu io ti aspetto...! Anzi, forse dovrei comprare qualcosa anch’io...-, rifletté a mezza voce, cominciando ad osservare con interesse i tanti jeans in esposizione.
Jade ridacchiò, rassicurata, e continuò la sua interminabile ricerca a quel particolare e introvabile capo d’abbigliamento.

-Grazie e arrivederci!-, cinguettò la ragazza rivolta alla cassiera, intenta a finire di contare le banconote che la giovane le aveva appena consegnato. Bill, alla fine, non aveva acquistato nulla.
Jade cominciò ad avviarsi verso l’uscita del negozio, tra le braccia almeno dieci buste, e stava per aprire, con molta fatica, la porta a vetrate, quando una mano sottile, esile, eppure forte, raggiunse la maniglia prima di lei, e l’abbasso, spingendola, permettendo al vento invernale di entrare nella stanza.
Jade serrò gli occhi, per proteggerli dalla fredda folata. Quando li socchiuse, vide Bill davanti a sé, una mano sulla maniglia nera e un’altra puntata verso la strada:
-Dopo di lei, madame!-, enunciò elegantemente, con un mezzo inchino in direzione della ragazza, sorpresa da tanta gentilezza e cavalleria.
-...G-grazie... -, balbettò confusa, affrettandosi ad imboccare la via del marciapiede affollato. Anche Bill salutò la commessa, e poi raggiunse subito Jade, che l’aveva aspettato poco più avanti.  
-Fiuuu... Fare shopping è davvero stancante...-, esclamò ridacchiando il ragazzo, mettendosi subito le mani nelle tasche del giubbotto.
-Io mi sono divertita...-, ribattè la ragazza sbuffando, sporgendo la testa di lato per riuscire a vedere il marciapiede oltre la montagna di borse.
Bill la osservò qualche secondo, poi senza dire una parola, le prese dalla braccia la metà delle sporte, caricandosele per bene.
Jade, improvvisamente liberata dall’ostruzione della sua visuale si voltò perplessa verso il ragazzo, che fissava la strada senza battere ciglio, serio in volto. La ragazza volle ribattere, ma non trovò le parole, quindi abbassò la testa, e concentrandosi solo sui suoi passi, proseguì in silenzio.
Il viaggio verso l’albergo sembrò relativamente lungo, e quando la coppia arrivò in prossimità dell’hotel, Jade sospirò di sollievo: le braccia cominciavano a dolerle per la scomoda posa prolungata. Bill chiese subito la chiave alla reception, e sempre senza una parola, i due si avviarono lungo le ripide scale, fino alla loro camera, la 327.
Bill aprì frettolosamente la porta, e appena entrato, si levò il giubbotto, gettandolo su una sedia lì accanto, posò le borse, accese l’abat-jour arancione sul comodino e si gettò letteralmente su letto a pancia in su, sospirando:
-Aaaah... Albergo dolce albergo... Finalmente, non vedevo l’ora di tornare in camera, sono distrutto...-, e sorridendo chiuse gli occhi, rilassandosi.
Jade nel frattempo si levò con più cura la giacca, poggiandola dove quella del ragazzo, e posando a terra le borse a sua volta, si sedette su letto, sbuffando, per poi stendersi a braccia aperte, stanca.
Quando la sua mano toccò accidentalmente quella di Bill, immediatamente la giovane la ritrasse, e se la strinse al petto, in preda ad un batticuore incontrollabile, mormorando un flebile:
-Scusa...-.
Bill non rispose, e diversi minuti passarono lentamente così, in silenzio, in imbarazzo, in tensione, in ansia...
Poi Bill si rizzò lentamente a sedere, spezzando quell’innaturale staticità, e osservò con attenzione il viso leggermente rosso della ragazza, allungata sul copriletto candido.
Lei lo osservò a sua volta, chiedendogli debolmente:
-...Che c’è?-.
Bill non rispose neanche a questa domanda, così Jade si mise a sua volta a sedere, aggrottando le sopracciglia, pronta a domandare il perché del suo comportamento. Mossa sbagliata. Ora i loro visi erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, le loro labbra dischiuse quasi alla stessa altezza. I pensieri le si annebbiarono, si distorsero, si assottigliarono, fino a sparire del tutto dalla mente di Jade. Ora non esisteva più un letto, una stanza, un albergo, o un mondo. Ora c’erano solo lei e Bill.
E abbracciati dalla calda luce della lampada sul comodino, spiati dalla finestra da divertite, brillanti stelle, entrambi saltarono, in un tiepido, profumato respiro, attraverso l’invisibile  muro di cartapesta che li separava.
Senza una ragione, né un come. Due vite, due cuori, due labbra.
Semplicemente così. Loro e il loro amore, niente di più e niente di meno.  

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Ebbene sì, gente! Tom ha deciso di andare all'incontro con Giusy... Che cosa succederà? La vita del bel rastino sarà ANCORA in pericolo?
E Jade e Bill? Riusciranno a chiarirsi o resteranno delle zone d'ombra nel loro innocente e puro rapporto?
Tutto ciò.... Nel prossimo capitolo!   ^_____^
        


   
 
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