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Autore: Milun    07/08/2013    5 recensioni
Voglio che la mia gioia sia il loro dolore. La loro gioia è stata il mio dolore.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Salazar Serpeverde
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La sera prima un vecchio corvo, nero come la notte che l’aveva partorito, era entrato dalla finestra della sua cella. “Ali oscure, oscure notizie” Si era avvicinato, soppesando i passi. Suo padre gli aveva sempre detto di avere paura dei corvi, di evitarli, quando era possibile.
Arretrò di un passo. Scosse la testa. Doveva dimenticare suo padre. Sua madre, il suo tutto. “Vieni. Vieni! Gracchiò il corvo con violenza.
“Sono uno sciocco. Sono debole…”
“vieni. VIENI!”
“Forse non lo sono. Muoviti ragazzo, va da quell’animale mostruoso”
Allungò la mano verso l’animale, che gli beccò la mano. Un sottile rivolo di sangue scivolò sul suo becco. Quello bevve, avido come un ubriaco in astinenza. “Pegno di sangue. Pegno di sangue. Il giovane uomo slacciò il biglietto dalla zampa del corvo, e subito lo cacciò, con una leggera pacca sulle ali.
Lo osservò volare via, confondersi nella notte nera, prima di aprire la lettera.
 
Si avvicinò al camino della sua cella.  Udì i ragazzi parlottare piano, sorrise: per lo meno conoscevano il rispetto.
Aprì la piccola busta. Subito riconobbe la calligrafia di sua sorella. Alzò gli occhi al dipinto che aveva davanti: lei e lui, gemelli, tanto diversi da essere uguali, l’uno il completo dell’altra. Dimenticò la lettera, rimanendo a contemplare il volto di Fadwa, bella regale. Fadwa dai lunghi capelli. Fadwa dallo sguardo triste. Fadwa la sola.
Gli sorrise, e con l’indice indicò la lettera, mentre il lui del dipinto, le dava un bacio sulla guancia.
Erano più di fratelli. Più di gemelli. Erano amanti. Un’ amore proibito, lacerante.
 
“Jaff, mio piccolo torrente. Forse è questa l’ultima volta che ti scrivo. La morte la sento vicina come una cara amica, sento che mi aspetta, che sussurra piano le sue parole nelle mie orecchie. La sua voce è dolce, ha lo stesso profumo del prato del nostro castello in primavera; il suo profumo è simile ai dolci che nostra madre ci faceva preparare all’alba… è una bella donna, la Morte.. O Thanatos.. ha i capelli lunghi fino alle caviglie, lo sai? Mi parla.. mi sussurra. Perché devo rimanere a vivere una vita. Perché devo soffrire? Perché devo guardare gli altri sorridere? Fratello… odio i miei pensieri.. sono cattivi, meschini… “Voglio che la mia gioia sia il loro dolore. La loro gioia è stata il mio dolore.” Fratello, mio caro, amato, gemello, sangue del mio sangue, mia metà. Ho deciso.. la morte sarà la mia migliore amica, il suo abbraccio il tuo, le sue labbra le tue.
Ti amo fratello. Come mai ho amato altri.
Addio.. Fadwa”
Rimase pietrificato. Si alzò di scatto.
Un urlo disumano uscì dalla sua bocca. Un urlo umano e serpentino. Un grido di sofferenza, di perdita, di sciagura.
Il kracken che riposava beato all’interno del lago, fece capolino, e diresse il suo grande occhio giallo, all’interno della finestra. “Non voglio.. NESSUNO” gridò il giovane uomo. Afferrò la spada, e caricò verso l’occhio della bestia. Quello cadde, contorcendosi. Agguantò il veleno, lo bevve. Il dolore lo fece gridare un ‘altra volta.
E anche lui cadde a terra.
 La prima cosa che vide furono gli occhi color del cielo di Godric. "Che è successo?” gli chiese.  Salazar non rispose. Si alzò dal letto, sporco e sfatto.  Ignorò le grida di Godric, si avvicinò alla finestra, spalancò le imposte, afferrò la scopa. “Addio. Addio Hogwarts. Prenditi cura dei Serpeverde. Fa che la loro casa abbia il prestigio che merita, inventati una storia. Non raccontare a Tosca ciò che è successo.. evita Priscilla se riesci, anche se temo che capirà tutto” Non gli lasciò il tempo di rispondere. Si allontanò nel cielo.
 
 
 
La violenza con cui le onde si gettavano sugli scogli gli fece venire il mal di testa. Si strinse le tempie con le mani, gemendo di dolore. Un tumulto troppo forte di emozioni scorreva nelle sue vene, un liquido mortale, forte, doloroso.
Cadde in ginocchio. Sentì quella confusione scorrere nel sangue, arrivare nelle vene. Con forza, sempre più forza. Arrivare al cuore, aprirsi un varco. Perse fiato.
Cadde nel mare. Senza sensi. Forse era veramente morto.

 La luce del sole lo colpì con violenza. Si alzò piano, ma una fitta lo fece cadere sulla roccia dura e fredda dello scoglio. Improvvisamente ricordò tutto. Il veleno, il dolore, i suoi capelli neri, il suo sorriso.
Uno spettro argentato si avvicinò a lui, gli toccò la mano. Alzò gli occhi, e ne vide due neri e profondi come i suoi, dal taglio sottile, tristi, ma sinceri. Le labbra dello spettro si aprirono in un debole sorriso, come rose in primavera. Due piccole fossette comparvero sullo spetto delle sue guance. “Fadwa..”sussurrò piano “sorella.. sorella mia.. che è successo?” “Mi sono difesa” Una lacrima scese dalle sue guance “Non piangere Salazar. Non è da te. Chi mi diceva sempre di essere forte?” “Era Godric..” “Vero.. Ma chi mi ha dimostrato cosa voglia dire esserlo?. Chi mi ha insegnato ad esserlo?” Il fratello non rispose, semplicemente si strinse nelle spalle. “Tu Salazar.” Lui la guardò, con i suoi occhi neri come la notte da cui era stato partorito. “Mi proteggerai, vero?” Lei sorrise. “sempre.”
La guardò ancora negli occhi, e vide il sottile brillio della vita scomparire dallo spettro dei suoi occhi.
Gli sorrise un’ ultima volta,
E si allontanò piano, lasciandolo solo sullo scoglio.
“non posso vivere senza di te.. Fadwa”

Si gettò nel mare, mescolandosi all’oceano, sentendosi libero per la prima volta in vita sua.
  
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