Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: EclecticFirst    08/08/2013    1 recensioni
Si vede che un solo cuore non era sufficiente a sostenere la responsabilità di possedere la “forza di cento soldati”. Favole. Stavolta, la ragione ha ceduto il passo alle emozioni, all’istinto di proteggere Eren, ed ecco il risultato. All’inizio, tutto sembra procedere al rallentatore, come se l’aria che mi avvolge durante la caduta avesse congelato il tempo.
Una one-shot avente per protagonista Mikasa, e i suoi ultimi pensieri dopo una ipotetica battaglia.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con un taglio netto, l’ultimo Gigante rimasto in piedi viene mortalmente ferito. Ma…a che prezzo?
Sto cadendo.
Lasciarsi travolgere dalla furia per un minuto più del necessario durante questo scontro con i Giganti, per poter andare il prima possibile a supportare Eren nella battaglia all’interno della città, è stato sufficiente per esaurire il gas nel momento meno opportuno. Le manovre che cerco di compiere per avvicinarmi il più possibile alle mura sono completamente inutili. Mi trovo a decine di metri dal suolo. Morirò.
Si vede che un solo cuore non era sufficiente a sostenere la responsabilità di possedere la “forza di cento soldati”. Favole. Stavolta, la ragione ha ceduto il passo alle emozioni, all’istinto di proteggere Eren, ed ecco il risultato. All’inizio, tutto sembra procedere al rallentatore, come se l’aria che mi avvolge durante la caduta avesse congelato il tempo.
E non solo quello. Vorrei piangere, sfogarmi per quel che sta succedendo, urlare per la mia stupidità, ma...non ci riesco. Le mie ali, nella forma di un equipaggiamento dal nome altisonante, “Attrezzatura per il movimento tridimensionale”, ora non sono altro che una zavorra, un inutile peso che mi trascina ancor più velocemente verso l’oblio.
In questi pochi ma apparentemente interminabili secondi che mi restano, queste ali spezzate non mi serviranno più, quindi me ne libero.
“Se non siamo insieme, tu morirai presto.”
Cerco con tutte le forze di allontanare dalla mente quella conversazione.
So che se la caverà. Solo, avrei preferito restare al suo fianco…più a lungo.
Dunque, finisce così? Non lo rivedrò mai più? Non esiste un modo per chiedere tempo…al tempo?
Guardo verso le mura. La nostra gabbia. La nostra culla. La nostra benedizione.
La nostra condanna.
Sembrano quasi disprezzarmi, dall’alto della loro imponenza.
Ed eccolo, infine, il prezzo da pagare per aver scelto di volare, per aver preferito le fugaci favole dei folli al posto delle rassicuranti regole dei reclusi.
Sin dall’inizio, prima di imbarcarci in questa folle impresa, sapevamo tutti che la libertà da noi agognata avrebbe richiesto dei sacrifici: sapevamo che migliaia di persone erano cadute, pur di raggiungerla, sfiorarla, toccarla, afferrarla.
Tra poco, non sarò altro che un numero , un’ennesima candela che si è spenta, soffocata troppo velocemente dalla vita.
Spero solo che i miei compagni non perdano tempo per piangermi: non sono la prima persona, e non sarò di certo l’ultima, a cui dovranno dire addio, nel corso questa disperata guerra.
Alzo lo sguardo verso l’alto: finché ne ho la possibilità, desidero osservare il cielo. La volta di un mondo che conosco a malapena, così azzurra…e…rossa? Vedo la mia sciarpa fluttuare nel vuoto, poco più in alto di me, slacciatasi probabilmente per la grande velocità della caduta. Istintivamente, abbandono le due lame che ancora stringo tra le mani.
Non spreco neanche un istante per guardare per un’ultima volta le mie fidate compagne di mille carneficine, tanto le rivedrò tra poco. Che vengano raccolte da chi verrà dopo di me, ed usate per mietere altre vittime, per spargere altro sangue. La mia vita da soldato finisce qui.
So cosa desidero fare. Con chi desidero stare, in questo momento. Con le ultime forze rimaste, tendo disperatamente le braccia verso la sciarpa, che sembra allontanarsi sempre di più: dopo alcuni tentativi, finalmente riesco ad afferrarla, e la stringo a me. Un calore pervade immediatamente tutto il mio corpo. Chiudo gli occhi, per concentrarmi unicamente su questa sensazione, che riesce in parte ad alleviare la tensione del momento.
I giganti, le mura, i compagni, la libertà, la guerra…tutto scivola via, e non resta che il buio. Poco prima di abbandonare la luce, mi sembra di scorgere un’ombra fulminea che scivola su di me…è forse la morte, giunta per reclamare a sé la mia vita?


* * *

Sono in piedi, su quello che al tatto sembra essere…un prato? Non posso esserne sicura.
Nell’oscurità, sento un pianto. Non so in che luogo io mi trovi, ma decido di proseguire senza farmi troppe domande. Arrancando ad ogni passo, fidandomi solo del mio udito, in breve tempo raggiungo quella che sembra essere una piccola casa. Entrando, noto che il pavimento è scivoloso, ma non c’è sufficiente luce per poterne comprendere il motivo.
Tuttavia, il pianto non proviene da questa stanza: a fatica, riesco a raggiungere una porta. La maniglia cigola leggermente, mentre la abbasso.
Finalmente la vedo, in un angolo, illuminata da una piccola candela posata a terra.
Una ragazzina. Non avrà più di dieci anni. Nonostante cerchi di nascondere la testa tra le gambe, come per proteggersi dal mondo esterno, i suoi singhiozzi rompono il silenzio con estrema facilità. Mi avvicino silenziosamente, ma quando si accorge della mia presenza, si zittisce, ed inizia ad osservarmi con cautela.
Sono a meno di un metro da lei, finalmente vedo distintamente i suoi occhi…un tempo, dovevano essere di un nero scintillante: ora, non sono altro che una debole ombra. Il suo sguardo è quello di una persona che ha perso tutto, che non ha più alcun motivo per andare avanti.
Le sue parole, pronunciate a stento con voce flebile, giungono inaspettate, e sono un colpo al cuore:
“F-fa freddo, qui…aiutami…sono sola al mondo, ormai...” Non serve che dica altro. Dunque...sarei diventata così, se lui non fosse venuto a salvarmi? Un giocattolo abbandonato da assassini annoiati? Il mio corpo si muove autonomamente. Sfilo parte della sciarpa dal mio collo, e la avvolgo attorno alle sue spalle. Infine, abbraccio quella piccola, fragile me stessa, parlandole mentre do libero sfogo a lacrime trattenute da tempo immemore.
“Questa sciarpa ci è stata regalata dalla persona per la quale darei ogni cosa…non avere paura, ci terrà al caldo e sarà il nostro sostegno…e lui…lui verrà a salvarci…ne sono sicura.” La ragazzina si divincola dall’abbraccio, e mi parla sorridendo: la maschera di dolore, che fino a qualche attimo fa possedeva il suo volto, è scomparsa nel nulla.
”Grazie…Mikasa. Ora…è tempo di tornare…”
Una colonna di luce pervade la stanza, inghiottendo al suo interno ogni cosa.


* * *

“MIKASA!”
Mi sveglio in una piccola radura erbosa. In lontananza, vedo le mura della città. Al mio fianco, noto il mio equipaggiamento, ormai in frantumi.
Sento nuovamente chiamare il mio nome, e finalmente vedo Eren, con il capo chino su di me. Ora comprendo l’identità di quella strana ‘ombra’…
Faccio finta di ascoltare le sue lamentele sul mio comportamento a dir poco pericoloso in battaglia…forse, per una volta, gli farà bene capire come mi sento io, ogni volta che prende una delle sue decisioni avventate…
Non è finita. La mia vita, la mia battaglia…continuano.
Tuttavia, prima di gettarmi nuovamente nel vortice di questo mondo crudele, resto in piedi per un momento, lo sguardo rivolto al cielo.
Ora ricordo chiaramente le ultime parole di Carla, tre anni fa, prima che morisse per mano di uno di loro, parole che ho volutamente frainteso, ponendo la sicurezza di Eren al di sopra della mia vita, perché accecata dalla paura di perdere un'altra persona a me cara.
"Eren! Mikasa! Dovete continuare a vivere!"
Noi...sopravvivremo, eliminando qualunque ostacolo si presenti sul nostro cammino.
Mi volto verso Eren. Cerco di abbozzare un sorriso, simile a quello della piccola me stessa, incontrata nei recessi del mio cuore.
Non sono molto brava, lo capisco dall'espressione di Eren, metà tra la sorpresa e l'imbarazzo...
Non importa. Ciò che conta veramente è che, finalmente, sono di nuovo a casa.



* * *


Note dell’autore: Salve a tutti, era da un po’ di tempo che desideravo scrivere qualcosa su Shingeki no Kyojin, e l’idea per questa one-shot mi è finalmente venuta in mente qualche giorno fa…che dire, Mikasa è un personaggio assolutamente particolare: la sua determinazione nel proteggere Eren talvolta può sembrare un'ossessione, ma è solo grazie ad essa che è riuscita a trovare uno scopo nella vita, una luce in un mondo che le ha mostrato il suo lato crudele troppo presto, e nel peggiore dei modi. (importante: non intendo assolutamente dare indizi di pairing Eren x Mikasa)
Spero che questo piccolo scritto vi sia piaciuto, se avete del tempo, fatemi sapere le vostre opinioni nelle recensioni, ogni critica è sempre ben accetta: desidero solo migliorare, per poter realizzare storie sempre più interessanti.
Nota: la battuta “Se non siamo insieme, tu morirai presto” e la frase di Carla sono prese direttamente dal manga.
Ovviamente, tutti i diritti per personaggi, storia originale, ecc. sono proprietà dell’autore.
Alla prossima! –EclecticFirst

   
 
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