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Autore: Biskizz    08/08/2013    0 recensioni
Storia di un ragazzo asociale e perseguitato dai propri ricordi d'infanzia. Ispirata ad avvenimenti reali.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mercoledė 7 Agosto, la sveglia digitale mi segnala impietosamente l'orario come ogni notte insonne: 3.43.
 
Le giornate sono tutte uguali, mi sveglio aspettando che il tempo passi, che il mio tempo vitale si affretti al suo termine.
 
Con questi pensieri in mente mi rivolto sul letto impregnato del mio sudore, mi strappo forsennatamente le lenzuola da dosso. Sento un rigurgito acidognolo alla bocca dello stomaco che sembra torturarmi sin da quando sono nato. Prendo la mia dose quotidiana di bicarbonato e mi rigetto con poca voglia sul letto martoriato.
 
Mi ritrovo a sognare, faccio sempre lo stesso sogno da 10 anni ormai. Sogno del mio vecchio amico El. Non ho mai saputo il suo vero nome, ma lui mi disse di chiamarlo "El". 
 
Nel sogno visito la casa di El. Per la prima ed ultima volta. Vengo accolto dalla madre; di un'altezza piuttosto insolita per le donne locali, presenta un viso incredibilmente stanco e infossato, le palpebre spalancate mostrano degli occhi vitrei di colore azzurro, le pupille sembrano stranamente piccole, come due lapislazzuli affogati nel latteo mare delle iridi. Quegli occhi conferiscono alla donna una perenne espressione di rimprovero. Essi mi fissano dall'alto, facendo nascere in me un senso di inquietudine e disagio. 
Sono quasi sorpreso di vedere la bocca del viso marmoreo contorcersi per formulare delle parole, ho quasi la sensazione di star osservando una statua parlante. 
"Tu devi essere Stefano. Prego, entra pure."
 
La prima cosa che vedo nella casa č un'interminabile veranda. Il lato sinistro affaccia su un piazzale circondato da palazzoni, mentre sul lato destro si erge un robusto muro bianco e ruvido. L'intero lato sinistro della veranda č pieno di varie cianfrusaglie: Una vecchia bicicletta bianca, vari attrezzi da lavoro, una miriade di vecchi giocattoli, grossi scatoloni maleodoranti e infine, ficcata tra questa fila di quella che di fatto percepisco come immondizia, una lavatrice, anch'essa bianca. 
 
In fondo alla veranda, sulla destra, si apre nel lungo muro bianco un vano porta ad arco, senza alcuna porta all'interno. Lo attraverso.
 
Mi accoglie una minuscola cucina, al cui centro si trova un piccolo tavolo di marmo circondato da tre cassapanche. Alla mia sinistra un piano cottura interamente ramato che sembra quasi essere una miniatura.
Alla mia destra scorgo, nella sua stanza, anch'essa provvista solo di un vano porta ma priva di una vera e propria porta, il mio amico El. Č seduto su una sedia girevole, di quelle che ti aspetteresti di trovare in un ufficio. Fissa immobile uno schermo, la mano e il braccio destro si muovono periodicamente come fossero indipendenti, le dita premono convulsamente un piccolo aggeggio bianco. El era diventato completamente dipendente dal suo PC. Mentre mi incammino verso di lui per salutarlo, si apre lentamente una porta proprio mentre vi sto passando davanti. Sulla soglia compare un uomo su una sedia a rotelle, accompagnato  da una ragazzina bionda dallo sguardo spento. L'uomo č immobile e muto. Il suo viso č contorto in un'espressione stupefatta, gli occhi sono spalancati, le labbra penzolanti sono curvate in un ghigno sarcastico, accompagnato da un filo di bava che cola da uno degli angoli della bocca. Le dita delle sue mani tumefatte sembrano rami spezzati di un albero. 
Un terrore che non avevo mai provato prima invade la mia mente. Quell'uomo... č lui, č lui la causa di tutto, quel mostro orrendo ha rovinato la mia vita.
Rabbia mista ad orrore riempie il mio stomaco, a mano a mano sale sų, per il mio esofago. Vomito, vomito come non ho mai fatto in vita mia. Il pavimento della cucina viene ricoperto da una disgustosa brodaglia di cibo rigurgitato e succhi gastrici, la mia mente ha sviluppato da quel giorno un'emetofobia che mi perseguita ancora oggi. Gli occhi malati di quell'uomo continuano a penetrare la mia testa. Cado a terra intontito, ho un unico pensiero in testa: Devo scappare, devo fuggire da quest'incubo orrendo. 
Mi rialzo di fretta e fuggo da quella casa correndo. Fu l'ultima volta che vidi El.
  
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