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Autore: Kristi 87    15/02/2008    1 recensioni
[...]Non avevo la minima idea di cosa sarebbe venuto fuori da una stupida lettera. Insomma per 'pochi' scarabocchi neri buttati su della carta bianca, la mia vita ha cambiato direzione. Se i miei piani erano: mantenere la posizione agiata e campare di rendita, dopo essermi spaccata i quattro per arrivare dove ero, allora avevo fatto male i miei conti. Decisamente. E così eccomi qui. A fare una cosa che mai avrei pensato fosse chiesta anche a me, in fondo ci sono così tante versioni di questa storia, che pensavo non ci fosse bisogno che lo facessi anche io. Insomma avete idea di cosa sia scrivere con una penna di karax? Un suicidio.[...]
È così che iniziano le memorie di Urielah. Dove narra il suo viaggio. Perché in tutte le storie fantasy c'è un protagonista che intraprende un viaggio per ottenere il premio delle sue fatiche. Come è logico che incontri un cavaliere senza macchia e senza paura, e poi trovi un essere magico che con la saggezza della sua razza, o con la purezza del suo cuore aiuti il protagonista, e qualcuno che lo aiuti a muoversi nel mondo.
Questo vuole la logica.
Ma se il prode cavaliere fosse un disgraziato senza futuro che segue la protagonista per amor dei soldi? E se la magica creatura pura di cuore non avesse un bel niente di puro? E se la guida avesse il peggior senso dell'orientamento del mondo? E se il premio per le fatiche dell'eroe fosse il viaggio stesso? Allora cosa succederebbe?
Beh, è già successo.
A Mireweth.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Mireweth 1

Mireweth

Prologo

Il viaggio che viene narrato nelle cronache che state per leggere non fu più eclatante di quello dei grandi eroi, ma suscitò tanta e tale curiosità da sopravvivere nei secoli, e fu, infondo, il viaggio che cambiò tutto...

***

Una donna, dal volto maturo e i lineamenti aquilini, con striature grigio ferro nella selvaggia chioma scura, era seduta compostamente ad uno scrittoio di legno antico. Posò la penna, imbrattata di inchiostro nero, con cui aveva scritto fino a pochi istanti prima, appoggiandola nel calamaio. Aveva appena terminato di vergare la parola 'fine' sull'ultima pagina del manoscritto, dopo mesi in cui aveva ripercorso i momenti più incredibili della sua lunga vita su quelle pergamene.

Chiuse stancamente gli occhi e mosse il collo, indolenzito per la posizione assunta in tante ore di lavoro. Pensò di sfuggita che ormai stava invecchiando, e che il suo corpo era ormai un rottame. Sorrise tristemente a quel fugace pensiero.

Si affacciò alla piccola finestra dello studio, per rinfrescare la pelle del volto, accaldata dal fuoco che scoppiettava allegramente nel camino della saletta adibita a studio, e respirare la frizzante aria notturna, poi guardò il cielo scuro della notte, lo stesso cielo che l'aveva vista nascere e crescere, sotto il quale la sua vita si era svolta, sotto il quale era diventata ciò che era.

Si diresse di nuovo verso lo scrittoio, prese le prime pergamene e si sedette a terra, i movimenti accompagnati da una serie di scricchiolii delle ossa, su una vecchia e calda pelliccia, vicino al fuoco, dove il vecchio cane Yuhel sonnecchiava pigramente. Grattò le orecchie all'animale che continuò placidamente il suo sonnellino, per poi trovare una posizione comoda in cui rileggere il lavoro. E per la seconda volta quelle pergamene le raccontarono la sua giovinezza e l'avventura che aveva mutato i destini di molti...

Capitolo 1: "L'inizio"

Dalle memorie della Reggente Urielah

Non avevo la minima idea di cosa sarebbe venuto fuori da una stupida lettera. Insomma per 'pochi' scarabocchi neri buttati su della carta bianca, la mia vita ha cambiato direzione. Se i miei piani erano: mantenere la posizione agiata e campare di rendita, dopo essermi spaccata i quattro per arrivare dove ero, allora avevo fatto male i miei conti. Decisamente. E così eccomi qui. A fare una cosa che mai avrei pensato fosse chiesta anche a me, in fondo ci sono così tante versioni di questa storia, che pensavo non ci fosse bisogno che lo facessi anche io. Insomma avete idea di cosa sia scrivere con una penna di karax? Un suicidio.

Comunque sia, torniamo alla lettera. L'ho ritrovata pochi giorni fa e quando l'ho vista ho cominciato a ridere come una matta, tanto che Zhonar si è preoccupato. Mh, chi è Zhonar? Con calma, ci arriviamo più tardi.

Quello stupido pezzo di carta recita in bella grafia (riporto testualmente, con la lettera alla mano):

Alla Vostra nobile attenzione,

Nobile Urielah

La suprema Asafem, nostra amatissima sovrana, richiede la Vostra attenzione per un quesito della più fondamentale importanza.

La nostra amata regina desidera la Vostra presenza a palazzo per parlare con Voi..

La corte della regina le augura felice riposo, e le chiede di presentarsi a corte entro la levata del sole Moreg.

che Sephiner Vi protegga

Nutors, scrivano di corte

Non ricordo di preciso cosa pensai, ma fu sicuramente qualcosa di poco riferibile. Inoltre l'augurio al mio riposo mi pareva una gran presa per i fondelli, dato che era notte fonda, Mhoar e Raohm, le due lune gemelle e Tenyee la luna degli dei, splendevano alte nel cielo. Il solito ritardo negli incantesimi di consegna. Eppure a ripensarci oggi tutta l'irritazione del momento mi fa sorridere.

C'è una vecchia leggenda legata a Tenyee, di quella che le nonne raccontano ai nipotini, e che ripetono poi le mamme agli stessi bambini prima che si addormentino. Insomma il solito giro. Ma forse è più adatta a quando vi parlerò di Zhonar. All'epoca non sapevo nemmeno della sua esistenza.

In pratica. Carbonizzai la lettera con un gesto, mi rigirai nel letto e tornai alla mia amata attività. Dormire.

***

Moreg da noi è il secondo sole a sorgere. Prima nasce Rozan il potente, e poi il timido Moreg quando ormai Rozan ha raggiunto la metà della volta celeste. Ebbi quindi tutto il tempo di prepararmi e tutto il tempo di imprecare contro i miei capelli. Non sia mai che una donna non litighi con la propria capigliatura.

In parte è anche colpa mia che mi ostinavo, ed ostino, a portare lunga, nonostante un taglio più corto sia più comodo e domabile. Al solito portai con me Yuhel, il mio "animaletto domestico". Un bestione peloso e nero, con la mania di fare le feste a qualsiasi estraneo. Solo che...non è mai stato precisamente una piuma, e tutti i 'festeggiati' finivano con l'avere un indesiderato tete a tete con il pavimento, o terreno. A guardarlo ora però non fa più paura a nessuno e i bambini del castello finiscono inevitabilmente per coinvolgerlo nei loro giochi scatenati.

Insomma, accompagnata dalla mia 'scorta' mi apprestai ad arrivare al palazzo, che in fondo non è molto lontano da casa mia, tuttora. Non fosse che Rozan aveva deciso di liquefare tutta la popolazione di Mauôllin, la mia bella città, sarebbe stata una piacevole passeggiata.

Ebbi tutto il tempo di notare come imperversassero i festeggiamenti per il Trinas Tahionir, mancavano pochi giorni in fondo, ed è la festa più importante delle Tre Terre. Il regno di Wæonil, la Luce, quello di Dastärus, la Tenebra e infine il regno di Henÿee, il Crepuscolo, la mia patria, si riuniscono per celebrare il vincolo di fratellanza che ci lega dai tempi dei nostri grandi antenati.

Eppure... Non mi piaceva l'atmosfera di quell'anno, c'era qualcosa di strano che aleggiava, ma siccome in quel momento dei brutti presentimenti e delle strane atmosfere ben poco mi importava, scacciai il pensiero. Oggi ripensandoci non so se sia stato del tutto un errore.

***

Il palazzo reale, chiamato la Rocca sul Colle, era immenso e mi aveva sempre impressionata, e a quei tempi frequentavo spesso la Rocca, essendo la Consigliera Giovane della regina. Oggi guardo malinconicamente le rovine del vecchio castello, di cui racconterò la distruzione più avanti, e tendo a frequentare di rado la nuova Rocca, sorta qualche miglia più a nord, ancorata come sono ai vecchi ricordi, non riesco a stare a mio agio nella nuova reggia.

Quel giorno, il giorno che in un certo senso da il via a tutta la storia, avrei dovuto cogliere da subito che le anormalità, che ultimamente sostituivano il regolare svolgersi della vita di corte, avevano raggiunto l'apice. Tanto per fare un esempio, in occasione del Trinas Tahionir il palazzo era in fermento, si vedevano cameriere e ancelle correre da tutte le parti con le braccia cariche di addobbi e la stessa regina aggirarsi per le sale dei banchetti a supervisionare i lavori.

Quel giorno però una cappa di angoscioso silenzio avvolgeva le possenti mura della Rocca. Nessuno sembrava ricordarsi di essere in un periodo di festa, e solo qualche servitore si aggirava per i grandi corridoi.

Era molto brutto il presentimento che mi colse, considerando anche quello che avevo accidentalmente origliato da delle nobildonne di corte, ma cercai di scacciare il ricordo di quel che avevo sentito pochi giorni prima, mentre lasciavo Yuhel a uno di quei solitari servi che si aggirano per il palazzo. Eppure quella conversazione origliata per caso tornava a ronzarmi in testa...

«Come sta la regina?»

«Non bene purtroppo»

«Eppure sembrava godere di così ottima salute»

«Ma è tutta colpa delle energie che spende per chiudere i portali, con quel fisico debole...»

«Già i portali sono un bel problema, se ne stanno aprendo troppi, e passano così tanti demoni e robaccia del genere»

«Ho sentito dire che se ne era aperta una proprio nella camera del nobile Nutors...»

«Ma chi lo scrivano?»

«Sì proprio lui, era nella camera da letto ed indovina cosa stava facendo quando sono piombate lì la regina e la somma Minorà»

Cerco anche di convincermi che fossero solo le iperbole di quattro pettegole, ma quelle ciarle mi avevano messo la proverbiale pulce nell'orecchio, dato che anche a me la sovrana era parsa più fragile del solito.

Asafem, la regina che regnava su Henÿee a quei tempi, ebbe non pochi problemi dopo la sua incoronazione. Non volle mai prendere un compagno o generare figli, giustificandosi sempre dicendo di aver fatto un voto, senza mai dire che voto fosse, per gran scorno di tutti noi del Consiglio. Il che ora era un fatto preoccupante poichè ci trovavamo senza eredi al trono, e oltretutto la sovrana non era più molto giovane.

Non osavo immaginare se fosse morta la regina, quali guerre si sarebbero abbattute sulla nostra terra, ormai assuefatta alla pace e disabituata alle battaglie e agli orrori di una guerra civile, causata dalla successione al trono.

Infine giunsi alle stanze della regina, e mentre riflettevo su queste cose fissavo la maniglia degli appartamenti.

Le porte, seguendo quasi un maligno ordine, si aprirono mentre io apparsi alla regina in una posa di più completa deficienza. La mano a mezz'aria le bocca socchiusa e la faccia concentrata non sono precisamente il massimo davanti alle più nobili donne della corte.

Al solito fu tutto un arricciarsi di nasi alla mia vista, le grandi dame come dire...non mi vedevano (e tutt'ora non mi vedono) di buon occhio. Sono sempre stata considerata un'arrampicatrice sociale, il che è poi abbastanza vero. E diciamolo, per donne che considerano la bellezza e l'apparenza tutto, io, strega, senza uno straccio di titolo nobiliare ereditario, non bella, di certo non troppo raffinata, ero ai loro occhi una macchia sgradevole su un abito meraviglioso.

«Venite avanti, Urielah.» mi chiamò la regina dolcemente.

Asafem era una di quelle poche e rare persone capaci di mettere a proprio agio anche nelle situazioni più sgradevoli. Sarà stata la boccolosa chioma dorata o il viso da bambina, ma la regina trasudava candore e purezza, nonostante il suo sguardo parlava di una maturità che nemmeno i più saggi possedevano, e mai più ho ritrovato. Forse è per quello che il popolo la amò tanto e il suo regno fu uno dei più tranquilli degli ultimi trecento anni. A corte tuttavia, c'erano numerose persone che criticavano l'operato della regina, io stessa finii col trovarmi in disaccordo con lei numerose volte, giudicando troppo tenere o inefficaci le sue decisioni, o indecisioni ad essere pignoli. Il mio motto, come quello molti altri, chi più che meno, è sempre stato, e sempre sarà "un nemico morto, una preoccupazione in meno". Ma la regina non lo ha mai gradito.

La mano minuta della regina mi indicò da dietro un paravento una poltrona, sulla quale mi tuffai per sfuggire alle occhiatacce, come un naufrago che si aggrappa allo scoglio. Dopo poco Asafem mi apparse in una veste dai colori pallidi e con sotto gli occhi, malcelate dal trucco, apparivano delle pesanti occhiaie e le prime rughe.

Era cambiata dal nostro ultimo incontro, la precedente primavera, prima del suo viaggio nella Terra delle Fiamme, era più magra, più stanca e sembrava che sul capo le aleggiasse una nuvola nera, sembrava incredibilmente invecchiata. Perfino i suoi capelli sembravano ingrigiti.

«Nobile Urielah» cominciò con voce assonnata «Sono felice che siate accorsa da me in orario per una volta»

Ok magari non fu il massimo ricordarmi che sono sempre in anticipo di minimo mezz'ora...

«Felice di esservi utile, mia sovrana. Spero mi sia concessa la facoltà di porre una domanda alla Maestà Vostra»

«Concessa...Ma per favore sii meno formale, in questo momento il protocollo di Corte è l'ultima cosa che voglio sentire» aggiunse in un sospiro pizzicando con due dita la radice del naso

«Come volete. Perchè mi avete fatto chiamare?, cosa vi angustia?»

«Queste sono due domande.» si ferma e fa un sorriso tirato «Tuttavia l'una è parte dell'altra quindi otterrete la vostra risposta...» Chiude gli occhi e cominciò il suo, sconvolgente, incredibile racconto.

«Ho bisogno di confessarvi una cosa Lady Urielah. Qualcosa che ti aiuterà nei tempi a venire per proteggere il nostro popolo.

Dieci anni fa, dopo che la guerra contro la colonia dei demoni del Sud fu vinta, mi venne diagnosticata dagli Ieratri una malattia. Male che credevo di poter controllare, in quanto non avrebbe compromesso le mie facoltà mentali, nè tantomeno quelle magiche permettendomi quindi di limitare il suo eccessivo progredire...Ma mi sbagliavo.

Gli sforzi a cui mi sono sottoposta in questo ultimo anno per chiudere tutti i portali mi hanno indebolita a tal punto da peggiorare la mia situazione in modo irreversibile...

«Con ciò vi sto dicendo che con ogni probabilità non vedrò il nuovo raccolto.

Ma prima vi devo raccontare una breve storia; sarà molto utile per il prossimo futuro del nostro paese, che voi la conosciate...

«Dieci anni fa, quando eravamo appena giunti sui suoli del Sud, ricordate? ebbene combattemmo per giorni e giorni senza ottenere nulla. Chiesi perciò l'intervento di truppe ausiliarie al regno di Wæonil, nostro storico alleato. A capo di quella delegazione si presentò, per alcuni tempi precedenti al vostro arrivo, perfino il re, Eralos.»

Si ferma e un sorriso nostalgico le illumina il volto triste. Poi riprende.

«...passavamo molto tempo insieme, e non discutevamo soltanto della guerra e delle strategie militari, nei momenti liberi lui mi parlava della sua terra e dei suoi figli...

«Su di essi si soffermava molto, mentre di sua moglie non parlava quasi mai. Una volta gli chiesi se si fosse sposato per amore o meno, ma mi rispose soltanto:

-Un re deve sposare prima di tutto il suo regno, una regina gli serve solo per dare un erede a quel regno-

-Non credete quindi nell'amore?- gli chiesi poi indispettita dal quel discorso maschilista

-L'amore è uno splendida parentesi della vita di un uomo, penso. Ma penso anche che un re o una regina possano amare soltanto i suoi sudditi o la sua terra, perciò, no, non conosco l'amore di cui mi interrogate-

«La sua concezione di una regina mi irritò non poco, ma credo fosse dovuta al ceppo maschile della monarchia del suo regno, ed alla conseguente educazione impartitagli. D'altra parte non riuscivo a credere che si potesse volontariamente rinunciare all'amore. Ma ancora non avevo compreso appieno che personaggio fosse Eralos. E soprattutto non sapevo ancora chi fosse sua moglie.

Prima di essere un uomo era un re, pensava solo a mantenere la pace e la serenità nel suo regno, tanto che quando lo conobbi, in certe circostanze, mi appariva unicamente come una macchina da guerra.

«Eppure qualcosa mi attirò a lui. Passarono mesi, nei quali imparai a conoscerlo ed imparai, mio malgrado, ad amarlo.

Divenimmo amanti.

«La notte mentre, le truppe si riposavano, noi ci incontravamo in segreto nella sua tenda; decine di volte provai senso di colpa per la regina, la legittima moglie dell'uomo che amavo, ma il più delle volte soffrivo egoisticamente per me, perché il nostro amore si sarebbe concluso con la sua partenza e il ritorno da Myanar, così si chiamava la regina, e il dolore di non poterlo avere unicamente per me, per il resto dei miei giorni.

«Fu una dolce fuga dalla violenza quotidiana la nostra, ma tornai con i piedi per terra, dovetti tornare con i piedi per terra, quando mi annunciò la sua partenza. Ricordo distintamente il dolore e la disperazione del nostro ultimo, amplesso senza speranza.»

Arrossì e distolse il suo sguardo dal mio, imbarazzata

«Gli dissi addio la mattina seguente. Fu l'ultima volta che lo vidi, venne assassinato da uno dei suoi comandanti, in combutta col nemico, durante il viaggio di ritorno.

«La settimana dopo scoprii di essere rimasta incinta.»

Lo sconvolgimento che mi causarono le ultime parole, mi dovettero farmi assumere la più ebete delle mie espressioni. A questo punto non mi sarei stupita più di tanto se la regina si fosse messa a saltellare urlando "T'ho preso in giro!".

Insomma, mi aveva appena dato la notizia del secolo e mi osservava immobile e composta. Per Sephiner! Un erede!

«Ma mia regina! Questa è una notizia...incredibile! Fatico a trovare le parole per esprimermi!» mi fermai un attimo per cercare di riflettere sommersa dalla curiosità «Dove si trova ora l'erede? È qui a corte? Lo avete affidato a qualche dama?»

«Ti pregherei di evitare di sommergermi di domande, è vero che ti ho chiesto di evitare il protocollo di corte ma un minimo di educazione è sempre gradita.»

Feci un profondo, profondissimo respiro.

«Chiedo scusa mia regina.» espressione ebete numero due

«Comunque sia, capisco il motivo delle tue domande e pertanto risponderò ad ognuna di esse. E detto tra noi, non mi sembra che tu non trovi le parole.» mi sorrise e io mi sentii un po' più sollevata, poiché capii che la mia irruenza non l'aveva offesa «Dicevo. Scoprii di essere incinta.

«La situazione era quanto mai delicata ma io non avevo alcuna intenzione di rinunciare a quel bambino, era il frutto del mio amore e quindi sarebbe nato. Feci perciò qualcosa che in altre circostanze mai e poi mai avrei preso in considerazione: con l'aiuto di alcuni mercenari, finsi un rapimento da parte dei demoni. Fu una decisione che ebbe due effetti. Da una parte le truppe si animarono a tal punto da farci vincere ben due battaglie, che furono decisive, e sapete bene di cosa parlo perché le guidaste voi, dell'altra mi diede modo di far nascere Wiôl. Il bambino era quanto di più piccolo e fragile avessi mai visto, una rada peluria rossiccia sul capo e gli occhi color terra, proprio come il padre.

«Ha compiuto dieci anni esattamente tre giorni fa.»

Si voltò per nascondermi la sua commozione, mentre pensavo sgomenta a quei terribili momenti in cui credevo che la nostra amata sovrana fosse morta, ma lei non mi diede nemmeno il tempo di arrabbiarmi e ricominciò subito a parlare

«Sto morendo ti ho detto. E vorrei che prima della mia morte possa rivedere mio figlio o quantomeno che Wiôl possa vedere la sua patria e succedermi su trono che gli spetta di diritto. Per questo ti ho convocata. Voglio che sia tu a ritrovare il mio bambino e portarlo a... casa.»

Si ferma.

«Lo affidai a suo zio, il minore dei tre fratelli di Eralos, che si era dichiarato favorevole ad accoglierlo in casa sua finché la situazione non fosse stata sicura.

«Ed è lì che andrai. Ti recherai alla corte di Abla capitale di Wæonil e chiederai del principe Penhar... Partirai domattina. Questa è la mia volontà.»

Non ebbi nemmeno la forza di aprire bocca. A momenti neanche di respirare.

***

Quella notte, la notte prima di partire per IL viaggio, dormii profondamente, un bel sonno senza sogni, che riposò la mia mente stanca e preoccupata. Fu una vera benedizione visto ciò che successe l'indomani.

Mi ritrovai, infatti, nel giro di poche ore, in sella a Utghar, il mio cavallo, con una scorta che mi avrebbe accompagnato fino al confine. Stavo uscendo dal paese per "una missione diplomatica", o almeno così recitava il mio permesso di entrata nei territori della Tenebra prima, e della Luce poi.

All'epoca i confini fra i regni erano ancora molto chiusi, e ogni spostamento da una nazione all'altra necessitava dei permessi, pressoché impossibili da ottenere, ed era sottoposto a severissimi controlli. Tutto per evitare lo spopolamento di una nazione in favore di un'altra, come era successo una cinquantina d'anni prima, quando la Tenebra era rimasta pressoché disabitata.

Ovviamente essere un Consigliere velocizzava tutti i processi. Sopratutto se il sigillo reale era apposto sul permesso.

Non sapevo se essere irritata, seccata, arrabbiata o scioccata. Di certo imprecare mentalmente contro la regina aiutava a placare il nervosismo.

I due soldati che componevano la mia scorta cavalcavano al mio fianco, e francamente mettevano un po' d'angoscia, armati com'erano neanche stessero andando in guerra. Anche se bisogna ammettere che andare a recuperare il principe ereditario, la cui esistenza era stata nascosta per dieci anni, non era una missione da poco.

Ovviamente non avevo ancora idea dell'enorme vespaio che stavo andando a stuzzicare. Neanche la più vaga.

Invece Utghar, che vivendo a stretto contatto con la mia magia ha finito per sviluppare un'intelligenza quasi umana, oltre che una longevità incredibile per un cavallo, grazie al suo istinto animale, aveva fiutato puzza di guai già all'ultimo avamposto prima del confine.

Yuhel da parte sua sbavava e infastidiva i soldati, non è mai stato particolarmente sveglio, nonostante la mia magia.

Dicevo, Utghar. Oltre a essere particolarmente sveglio è anche un codardo di prima categoria, e fiutata aria di guai mostrò tutto il suo disappunto per il viaggio rifiutandosi di muovere un solo passo in più. Giustificatissimo. Ma alla fine riuscii a convincerlo, comunicandogli che o camminava o lo trasformavo in una bistecca di cavallo. Avreste dovuto vedere come correva.

Quella parte della 'missione' durò estremamente poco, due giorni circa. Difatti usciti dall'avamposto e raggiunto il confine i guai mi piombarono fra capo e collo. Prima però, ferma sulla striscia di terra tra un regno e l'altro, mi voltai a guardare la mia terra. L'ultima volta che la vedevo per molto tempo.

Infine io e la mia scorta varcammo la frontiera di Dastärus, entrando nel regno delle grandi e ombrose foreste. Proprio in una di quelle dovevamo passare per arrivare più velocemente all'altro confine. Peccato che qualcuno, ma non voglio rovinarvi la sorpresa, avesse preceduto Asafem.

I due soldati e i loro cavalli, infatti, divennero ben presto un ammasso di carne sanguinolenta ai piedi degli alberi millenari.

I due mercenari davanti ai miei occhi divennero, invece, un po' troppo vicini per i mei gusti. Lo divennero anche gli altri quattro, che sbucarono fuori dal folto della foresta.

-Ehmm... Salve?-

In fondo essere educati non ha mai fatto male a nessuno, mi dissi.

Grandissima stronzata.

Credo che lo capii quando mi tirarono giù dalla sella, prima che lo sventurato che mi aveva mandato a gambe all'aria finisse con il cervello spappolato da un incantesimo.

Ora ne erano rimasti cinque, e io ero rimasta sola, per quanto fossi brava, all'epoca non ero ancora in grado di affrontare cinque mercenari armati fino ai denti, istruiti con qualche rudimento di magia.

"Però... Sono una persona importante per tirar giù tutto sto' pandemonio" pensai istericamente.

Non provai a fare altri tentativi di conversazione, tanto sarebbero comunque naufragati.

Lancia altri due incantesimi, ma la magia ha un suo prezzo e la stavo usando un po' troppo sconsideratamente. Non avrei resistito ancora a lungo. Tirai fuori la spada corta che tenevo per sicurezza, ma erano sempre tre contro una, e io non ero un militare addestrato, loro sì.

E sicuramente lo era anche lo spadone che squartò i tre. O meglio l'uomo che lo impugnava.

Il quale riponendo lo spadone, dopo averlo ripulito col mantello di un mercenario, mi squadrò con due strafottenti occhi rossi, le pupille nere e verticali.

Si mise a ridere alla vista della mia spada, scuotendo la chioma rossa striata di nero.

-Cosa volevi fare con quella? Pulirgli i denti?- sghignazzò rinfoderando l'arma

-E tu chi diavolo...?- iniziai prima di bloccarmi

Ora, io fino a quel punto della mia vita ne avevo viste di cose strane e anche orribili, ma una cosa come quella non l'avevo ancora vista.

La creatura che avevo davanti era in tutto e per tutto un demone tigre della Terra del Fuoco, tranne che per una morbida, soffice e pelosa coda.

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