Mireweth
Prologo
Il viaggio che viene narrato nelle
cronache che state per leggere non fu più eclatante di quello dei grandi eroi,
ma suscitò tanta e tale curiosità da sopravvivere nei secoli, e fu, infondo, il viaggio che cambiò
tutto...
***
Una donna, dal volto maturo e i
lineamenti aquilini, con striature grigio ferro nella selvaggia chioma scura,
era seduta compostamente ad uno scrittoio di legno antico. Posò la penna,
imbrattata di inchiostro nero, con cui aveva scritto fino a pochi istanti prima,
appoggiandola nel calamaio. Aveva appena terminato di vergare la parola 'fine'
sull'ultima pagina del manoscritto, dopo mesi in cui aveva ripercorso i momenti
più incredibili della sua lunga vita su quelle pergamene.
Chiuse stancamente gli occhi e mosse
il collo, indolenzito per la posizione assunta in tante ore di lavoro. Pensò di
sfuggita che ormai stava invecchiando, e che il suo corpo era ormai un rottame.
Sorrise tristemente a quel fugace pensiero.
Si affacciò alla piccola finestra
dello studio, per rinfrescare la pelle del volto, accaldata dal fuoco che
scoppiettava allegramente nel camino della saletta adibita a studio, e respirare
la frizzante aria notturna, poi guardò il cielo scuro della notte, lo stesso
cielo che l'aveva vista nascere e crescere, sotto il quale la sua vita si era
svolta, sotto il quale era diventata ciò che era.
Si diresse di nuovo verso lo
scrittoio, prese le prime pergamene e si sedette a terra, i movimenti
accompagnati da una serie di scricchiolii delle ossa, su una vecchia e calda
pelliccia, vicino al fuoco, dove il vecchio cane Yuhel sonnecchiava pigramente.
Grattò le orecchie all'animale che continuò placidamente il suo sonnellino, per
poi trovare una posizione comoda in cui rileggere il lavoro. E per la seconda
volta quelle pergamene le raccontarono la sua giovinezza e l'avventura che aveva
mutato i destini di molti...
Capitolo 1:
"L'inizio"
Dalle memorie della
Reggente Urielah
Non avevo la minima idea di cosa
sarebbe venuto fuori da una stupida lettera. Insomma per 'pochi' scarabocchi
neri buttati su della carta bianca, la mia vita ha cambiato direzione. Se i miei
piani erano: mantenere la posizione agiata e campare di rendita, dopo essermi
spaccata i quattro per arrivare dove ero, allora avevo fatto male i miei conti.
Decisamente. E così eccomi qui. A fare una cosa che mai avrei pensato fosse
chiesta anche a me, in fondo ci sono così tante versioni di questa storia, che
pensavo non ci fosse bisogno che lo facessi anche io. Insomma avete idea di cosa
sia scrivere con una penna di karax? Un suicidio.
Comunque sia, torniamo alla lettera.
L'ho ritrovata pochi giorni fa e quando l'ho vista ho cominciato a ridere come
una matta, tanto che Zhonar si è preoccupato. Mh, chi è Zhonar? Con calma, ci
arriviamo più tardi.
Quello stupido pezzo di carta recita
in bella grafia (riporto testualmente, con la lettera alla
mano):
Alla Vostra nobile attenzione,
Nobile
Urielah
La suprema Asafem, nostra amatissima
sovrana, richiede la Vostra attenzione per un quesito della più fondamentale
importanza.
La nostra amata regina desidera la
Vostra presenza a palazzo per parlare con Voi..
La corte della regina le augura
felice riposo, e le chiede di presentarsi a corte entro la levata del sole
Moreg.
che Sephiner Vi
protegga
Nutors, scrivano di
corte
Non ricordo di preciso cosa pensai,
ma fu sicuramente qualcosa di poco riferibile. Inoltre l'augurio al mio riposo
mi pareva una gran presa per i fondelli, dato che era notte fonda, Mhoar e
Raohm, le due lune gemelle e Tenyee la luna degli dei, splendevano alte nel
cielo. Il solito ritardo negli incantesimi di consegna. Eppure a ripensarci oggi
tutta l'irritazione del momento mi fa sorridere.
C'è una vecchia leggenda legata a
Tenyee, di quella che le nonne raccontano ai nipotini, e che ripetono poi le
mamme agli stessi bambini prima che si addormentino. Insomma il solito giro. Ma
forse è più adatta a quando vi parlerò di Zhonar. All'epoca non sapevo nemmeno
della sua esistenza.
In pratica. Carbonizzai la lettera
con un gesto, mi rigirai nel letto e tornai alla mia amata attività.
Dormire.
***
Moreg da noi è il secondo sole a
sorgere. Prima nasce Rozan il potente, e poi il timido Moreg quando ormai Rozan
ha raggiunto la metà della volta celeste.
Ebbi quindi tutto il tempo di prepararmi e tutto il tempo di imprecare
contro i miei capelli. Non sia mai che una donna non litighi con la propria
capigliatura.
In parte è anche colpa mia che mi
ostinavo, ed ostino, a portare lunga, nonostante un taglio più corto sia più
comodo e domabile. Al solito portai con me Yuhel, il mio "animaletto domestico".
Un bestione peloso e nero, con la mania di fare le feste a qualsiasi estraneo.
Solo che...non è mai stato precisamente una piuma, e tutti i 'festeggiati'
finivano con l'avere un indesiderato tete a tete con il pavimento, o terreno. A
guardarlo ora però non fa più paura a nessuno e i bambini del castello finiscono
inevitabilmente per coinvolgerlo nei loro giochi
scatenati.
Insomma, accompagnata dalla mia
'scorta' mi apprestai ad arrivare al palazzo, che in fondo non è molto lontano
da casa mia, tuttora. Non fosse che Rozan aveva deciso di liquefare tutta la
popolazione di Mauôllin, la mia bella città, sarebbe stata una piacevole
passeggiata.
Ebbi tutto il tempo di notare come
imperversassero i festeggiamenti per il Trinas Tahionir, mancavano pochi giorni
in fondo, ed è la festa più importante delle Tre Terre. Il regno di
Wæonil,
la Luce, quello di Dastärus, la Tenebra e infine il regno di Henÿee, il
Crepuscolo, la mia patria, si riuniscono per celebrare il
vincolo di fratellanza che ci lega dai tempi dei nostri grandi antenati.
Eppure... Non mi piaceva l'atmosfera
di quell'anno, c'era qualcosa di strano che aleggiava, ma siccome in quel
momento dei brutti presentimenti e delle strane atmosfere ben poco mi importava,
scacciai il pensiero. Oggi ripensandoci non so se sia stato del tutto un
errore.
***
Il palazzo reale, chiamato la Rocca
sul Colle, era immenso e mi aveva sempre impressionata, e a quei tempi
frequentavo spesso la Rocca, essendo la Consigliera Giovane della regina. Oggi
guardo malinconicamente le rovine del vecchio castello, di cui racconterò la
distruzione più avanti, e tendo a frequentare di rado la nuova Rocca, sorta
qualche miglia più a nord, ancorata come sono ai vecchi ricordi, non riesco a
stare a mio agio nella nuova reggia.
Quel giorno, il giorno che in un
certo senso da il via a tutta la storia, avrei dovuto cogliere da subito che le
anormalità, che ultimamente sostituivano il regolare svolgersi della vita di
corte, avevano raggiunto l'apice. Tanto per fare un esempio, in occasione del
Trinas Tahionir il palazzo era in fermento, si vedevano cameriere e ancelle
correre da tutte le parti con le braccia cariche di addobbi e la stessa regina
aggirarsi per le sale dei banchetti a supervisionare i lavori.
Quel giorno però una cappa di
angoscioso silenzio avvolgeva le possenti mura della Rocca. Nessuno sembrava
ricordarsi di essere in un periodo di festa, e solo qualche servitore si
aggirava per i grandi corridoi.
Era molto brutto il presentimento
che mi colse, considerando anche quello che avevo accidentalmente origliato da
delle nobildonne di corte, ma cercai di scacciare il ricordo di quel che avevo
sentito pochi giorni prima, mentre lasciavo Yuhel a uno di quei solitari servi
che si aggirano per il palazzo. Eppure quella conversazione origliata per caso
tornava a ronzarmi in testa...
«Come sta la
regina?»
«Non bene
purtroppo»
«Eppure sembrava godere di così
ottima salute»
«Ma è tutta colpa delle energie che
spende per chiudere i portali, con quel fisico debole...»
«Già i portali sono un bel problema,
se ne stanno aprendo troppi, e passano così tanti demoni e robaccia del
genere»
«Ho sentito dire che se ne era
aperta una proprio nella camera del nobile Nutors...»
«Ma chi lo
scrivano?»
«Sì proprio lui, era nella camera da
letto ed indovina cosa stava facendo quando sono piombate lì la regina e la
somma Minorà»
Cerco anche di convincermi che
fossero solo le iperbole di quattro pettegole, ma quelle ciarle mi avevano messo
la proverbiale pulce nell'orecchio, dato che anche a me la sovrana era parsa più
fragile del solito.
Asafem, la regina che regnava su
Henÿee
a quei tempi, ebbe non
pochi problemi dopo la sua incoronazione. Non volle mai prendere un compagno o
generare figli, giustificandosi sempre dicendo di aver fatto un voto, senza mai
dire che voto fosse, per gran scorno di tutti noi del Consiglio. Il che ora era
un fatto preoccupante poichè ci trovavamo senza eredi al trono, e oltretutto la
sovrana non era più molto giovane.
Non osavo immaginare se fosse morta
la regina, quali guerre si sarebbero abbattute sulla nostra terra, ormai
assuefatta alla pace e disabituata alle battaglie e agli orrori di una guerra
civile, causata dalla successione al trono.
Infine giunsi alle stanze della
regina, e mentre riflettevo su queste cose fissavo la maniglia degli
appartamenti.
Le porte, seguendo quasi un maligno
ordine, si aprirono mentre io apparsi alla regina in una posa di più completa
deficienza. La mano a mezz'aria le bocca socchiusa e la faccia concentrata non
sono precisamente il massimo davanti alle più nobili donne della
corte.
Al solito fu tutto un arricciarsi di
nasi alla mia vista, le grandi dame come dire...non mi vedevano (e tutt'ora non
mi vedono) di buon occhio. Sono sempre stata considerata un'arrampicatrice
sociale, il che è poi abbastanza vero. E diciamolo, per donne che considerano la
bellezza e l'apparenza tutto, io, strega, senza uno straccio di titolo nobiliare
ereditario, non bella, di certo non troppo raffinata, ero ai loro occhi una
macchia sgradevole su un abito meraviglioso.
«Venite avanti, Urielah.» mi chiamò
la regina dolcemente.
Asafem era una di quelle poche e
rare persone capaci di mettere a proprio agio anche nelle situazioni più
sgradevoli. Sarà stata la boccolosa chioma dorata o il viso da bambina, ma la
regina trasudava candore e purezza, nonostante il suo sguardo parlava di una
maturità che nemmeno i più saggi possedevano, e mai più ho ritrovato. Forse è
per quello che il popolo la amò tanto e il suo regno fu uno dei più tranquilli
degli ultimi trecento anni. A corte tuttavia, c'erano numerose persone che
criticavano l'operato della regina, io stessa finii col trovarmi in disaccordo
con lei numerose volte, giudicando troppo tenere o inefficaci le sue decisioni,
o indecisioni ad essere pignoli. Il
mio motto, come quello molti altri, chi più che meno, è sempre stato, e sempre
sarà "un nemico morto, una preoccupazione in meno". Ma la regina non lo ha mai
gradito.
La mano minuta della regina mi
indicò da dietro un paravento una poltrona, sulla quale mi tuffai per sfuggire
alle occhiatacce, come un naufrago che si aggrappa allo scoglio. Dopo poco
Asafem mi apparse in una veste dai colori pallidi e con sotto gli occhi,
malcelate dal trucco, apparivano delle pesanti occhiaie e le prime rughe.
Era cambiata dal nostro ultimo
incontro, la precedente primavera, prima del suo viaggio nella Terra delle
Fiamme, era più magra, più stanca e sembrava che sul capo le aleggiasse una
nuvola nera, sembrava incredibilmente invecchiata. Perfino i suoi capelli
sembravano ingrigiti.
«Nobile
Urielah» cominciò con voce assonnata «Sono felice che siate accorsa da me in
orario per una volta»
Ok
magari non fu il massimo ricordarmi che sono sempre in anticipo di minimo
mezz'ora...
«Felice
di esservi utile, mia sovrana. Spero mi sia concessa la facoltà di porre una
domanda alla Maestà Vostra»
«Concessa...Ma
per favore sii meno formale, in questo momento il protocollo di Corte è l'ultima
cosa che voglio sentire» aggiunse in un sospiro pizzicando con due dita la
radice del naso
«Come
volete. Perchè mi avete fatto chiamare?, cosa vi
angustia?»
«Queste
sono due domande.» si ferma e fa un sorriso tirato «Tuttavia l'una è parte
dell'altra quindi otterrete la vostra risposta...» Chiude gli occhi e cominciò
il suo, sconvolgente, incredibile racconto.
«Ho
bisogno di confessarvi una cosa Lady Urielah. Qualcosa che ti aiuterà nei tempi
a venire per proteggere il nostro popolo.
Dieci
anni fa, dopo che la guerra contro la colonia dei demoni del Sud fu vinta, mi
venne diagnosticata dagli Ieratri una malattia. Male che credevo di poter
controllare, in quanto non avrebbe compromesso le mie facoltà mentali, nè
tantomeno quelle magiche permettendomi quindi di limitare il suo eccessivo
progredire...Ma mi sbagliavo.
Gli
sforzi a cui mi sono sottoposta in questo ultimo anno per chiudere tutti i
portali mi hanno indebolita a tal punto da peggiorare la mia situazione in modo
irreversibile...
«Con ciò vi sto dicendo che con ogni
probabilità non vedrò il nuovo raccolto.
Ma
prima vi devo raccontare una breve storia; sarà molto utile per il prossimo
futuro del nostro paese, che voi la conosciate...
«Dieci anni fa, quando eravamo appena
giunti sui suoli del Sud, ricordate? ebbene combattemmo per giorni e giorni
senza ottenere nulla. Chiesi perciò l'intervento di truppe ausiliarie al
regno di Wæonil,
nostro storico alleato. A capo di quella delegazione si presentò, per alcuni
tempi precedenti al vostro arrivo, perfino il re, Eralos.»
Si
ferma e un sorriso nostalgico le illumina il volto triste. Poi
riprende.
«...passavamo
molto tempo insieme, e non discutevamo soltanto della guerra e delle strategie
militari, nei momenti liberi lui mi parlava della sua terra e dei suoi
figli...
«Su di essi si soffermava molto, mentre
di sua moglie non parlava quasi mai. Una volta gli chiesi se si fosse sposato
per amore o meno, ma mi rispose soltanto:
-Un
re deve sposare prima di tutto il suo regno, una regina gli serve solo per dare
un erede a quel regno-
-Non
credete quindi nell'amore?- gli chiesi poi indispettita dal quel discorso
maschilista
-L'amore
è uno splendida parentesi della vita di un uomo, penso. Ma penso anche che un re
o una regina possano amare soltanto i suoi sudditi o la sua terra, perciò, no,
non conosco l'amore di cui mi interrogate-
«La sua concezione di una regina mi
irritò non poco, ma credo fosse dovuta al ceppo maschile della monarchia del suo
regno, ed alla conseguente educazione impartitagli. D'altra parte non riuscivo a
credere che si potesse volontariamente rinunciare all'amore. Ma ancora non avevo
compreso appieno che personaggio fosse Eralos. E soprattutto non sapevo ancora
chi fosse sua moglie.
Prima
di essere un uomo era un re, pensava solo a mantenere la pace e la serenità nel
suo regno, tanto che quando lo conobbi, in certe circostanze, mi appariva
unicamente come una macchina da guerra.
«Eppure qualcosa mi attirò a lui.
Passarono mesi, nei quali imparai a conoscerlo ed imparai, mio malgrado, ad
amarlo.
Divenimmo
amanti.
«La notte mentre, le truppe si
riposavano, noi ci incontravamo in segreto nella sua tenda; decine di volte
provai senso di colpa per la regina, la legittima moglie dell'uomo che amavo, ma
il più delle volte soffrivo egoisticamente per me, perché il nostro amore si
sarebbe concluso con la sua
partenza e il ritorno da Myanar, così si chiamava la regina, e il dolore di non
poterlo avere unicamente per me, per il resto dei miei
giorni.
«Fu
una dolce fuga dalla violenza quotidiana la nostra, ma tornai con i piedi per
terra, dovetti tornare con i piedi
per terra, quando mi annunciò la sua partenza. Ricordo distintamente il dolore e
la disperazione del nostro ultimo, amplesso senza speranza.»
Arrossì
e distolse il suo sguardo dal mio, imbarazzata
«Gli
dissi addio la mattina seguente. Fu l'ultima volta che lo vidi, venne
assassinato da uno dei suoi comandanti, in combutta col nemico, durante il
viaggio di ritorno.
«La settimana dopo scoprii di essere
rimasta incinta.»
Lo
sconvolgimento che mi causarono le ultime parole, mi dovettero farmi assumere la
più ebete delle mie espressioni. A questo punto non mi sarei stupita più di
tanto se la regina si fosse messa a saltellare urlando "T'ho preso in giro!".
Insomma,
mi aveva appena dato la notizia del secolo e mi osservava immobile e composta.
Per Sephiner! Un erede!
«Ma
mia regina! Questa è una notizia...incredibile! Fatico a trovare le parole per
esprimermi!» mi fermai un attimo per cercare di riflettere sommersa dalla
curiosità «Dove si trova ora l'erede? È qui a corte? Lo avete affidato a qualche
dama?»
«Ti
pregherei di evitare di sommergermi di domande, è vero che ti ho chiesto di
evitare il protocollo di corte ma un minimo di educazione è sempre
gradita.»
Feci
un profondo, profondissimo
respiro.
«Chiedo scusa mia regina.»
espressione ebete numero due
«Comunque
sia, capisco il motivo delle tue domande e pertanto risponderò ad ognuna di
esse. E detto tra noi, non mi sembra che tu non trovi le parole.» mi sorrise e
io mi sentii un po' più sollevata, poiché capii che la mia irruenza non l'aveva
offesa «Dicevo. Scoprii di essere incinta.
«La
situazione era quanto mai delicata ma io non avevo alcuna intenzione di
rinunciare a quel bambino, era il frutto del mio amore e quindi sarebbe nato.
Feci perciò qualcosa che in altre circostanze mai e poi mai avrei preso in
considerazione: con l'aiuto di alcuni mercenari, finsi un rapimento da parte dei
demoni. Fu una decisione che ebbe due effetti. Da una parte le truppe si
animarono a tal punto da farci vincere ben due battaglie, che furono decisive, e
sapete bene di cosa parlo perché le guidaste voi, dell'altra mi diede modo di
far nascere Wiôl. Il bambino era quanto di più piccolo e fragile avessi mai
visto, una rada peluria rossiccia sul capo e gli occhi color terra, proprio come
il padre.
«Ha compiuto dieci anni esattamente tre
giorni fa.»
Si
voltò per nascondermi la sua commozione, mentre pensavo sgomenta a quei
terribili momenti in cui credevo che la nostra amata sovrana fosse morta, ma lei
non mi diede nemmeno il tempo di arrabbiarmi e ricominciò subito a
parlare
«Sto morendo ti ho detto. E vorrei
che prima della mia morte possa rivedere mio figlio o quantomeno che
Wiôl
possa vedere la sua patria e succedermi su trono che gli spetta di diritto. Per
questo ti ho convocata. Voglio che sia tu a ritrovare il mio bambino e portarlo
a... casa.»
Si
ferma.
«Lo
affidai a suo zio, il minore dei tre fratelli di Eralos, che si era dichiarato
favorevole ad accoglierlo in casa sua finché la situazione non fosse stata
sicura.
«Ed
è lì che andrai. Ti recherai alla corte di Abla capitale di Wæonil
e chiederai del principe Penhar... Partirai domattina. Questa è la mia
volontà.»
Non
ebbi nemmeno la forza di aprire bocca. A momenti neanche di
respirare.
***
Quella
notte, la notte prima di partire per IL viaggio, dormii profondamente, un bel
sonno senza sogni, che riposò la mia mente stanca e preoccupata. Fu una vera
benedizione visto ciò che successe l'indomani.
Mi
ritrovai, infatti, nel giro di poche ore, in sella a Utghar, il mio cavallo, con
una scorta che mi avrebbe accompagnato fino al confine. Stavo uscendo dal paese
per "una missione diplomatica", o almeno così recitava il mio permesso di
entrata nei territori della Tenebra prima, e della Luce poi.
All'epoca
i confini fra i regni erano ancora molto chiusi, e ogni spostamento da una
nazione all'altra necessitava dei permessi, pressoché impossibili da ottenere,
ed era sottoposto a severissimi controlli. Tutto per evitare lo spopolamento di
una nazione in favore di un'altra, come era successo una cinquantina d'anni
prima, quando la Tenebra era rimasta pressoché disabitata.
Ovviamente
essere un Consigliere velocizzava tutti i processi. Sopratutto se il sigillo
reale era apposto sul permesso.
Non
sapevo se essere irritata, seccata, arrabbiata o scioccata. Di certo imprecare
mentalmente contro la regina aiutava a placare il nervosismo.
I
due soldati che componevano la mia scorta cavalcavano al mio fianco, e
francamente mettevano un po' d'angoscia, armati com'erano neanche stessero
andando in guerra. Anche se bisogna ammettere che andare a recuperare il
principe ereditario, la cui esistenza era stata nascosta per dieci anni, non era
una missione da poco.
Ovviamente
non avevo ancora idea dell'enorme vespaio che stavo andando a stuzzicare.
Neanche la più vaga.
Invece
Utghar, che vivendo a stretto contatto con la mia magia ha finito per sviluppare
un'intelligenza quasi umana, oltre che una longevità incredibile per un cavallo,
grazie al suo istinto animale, aveva fiutato puzza di guai già all'ultimo
avamposto prima del confine.
Yuhel
da parte sua sbavava e infastidiva i soldati, non è mai stato particolarmente
sveglio, nonostante la mia magia.
Dicevo,
Utghar. Oltre a essere particolarmente sveglio è anche un codardo di prima
categoria, e fiutata aria di guai mostrò tutto il suo disappunto per il viaggio
rifiutandosi di muovere un solo passo in più. Giustificatissimo. Ma alla fine riuscii a convincerlo,
comunicandogli che o camminava o lo trasformavo in una bistecca di cavallo.
Avreste dovuto vedere come correva.
Quella
parte della 'missione' durò estremamente poco, due giorni circa. Difatti usciti
dall'avamposto e raggiunto il confine i guai mi piombarono fra capo e collo.
Prima però, ferma sulla striscia di terra tra un regno e l'altro, mi voltai a
guardare la mia terra. L'ultima volta che la vedevo per molto tempo.
Infine
io e la mia scorta varcammo la frontiera di Dastärus, entrando nel regno delle
grandi e ombrose foreste. Proprio in una di quelle dovevamo passare per arrivare
più velocemente all'altro confine. Peccato che qualcuno, ma non voglio rovinarvi la
sorpresa, avesse preceduto Asafem.
I
due soldati e i loro cavalli, infatti, divennero ben presto un ammasso di carne
sanguinolenta ai piedi degli alberi millenari.
I
due mercenari davanti ai miei occhi divennero, invece, un po' troppo vicini per
i mei gusti. Lo divennero anche gli altri quattro, che sbucarono fuori dal folto
della foresta.
-Ehmm...
Salve?-
In
fondo essere educati non ha mai fatto male a nessuno, mi
dissi.
Grandissima
stronzata.
Credo
che lo capii quando mi tirarono giù
dalla sella, prima che lo sventurato che mi aveva mandato a gambe all'aria
finisse con il cervello spappolato da un incantesimo.
Ora
ne erano rimasti cinque, e io ero rimasta sola, per quanto fossi brava,
all'epoca non ero ancora in grado di affrontare cinque mercenari armati fino ai
denti, istruiti con qualche rudimento di magia.
"Però...
Sono una persona importante per tirar giù tutto sto' pandemonio" pensai
istericamente.
Non
provai a fare altri tentativi di conversazione, tanto sarebbero comunque
naufragati.
Lancia
altri due incantesimi, ma la magia ha un suo prezzo e la stavo usando un po'
troppo sconsideratamente. Non avrei resistito ancora a lungo. Tirai fuori la
spada corta che tenevo per sicurezza, ma erano sempre tre contro una, e io non
ero un militare addestrato, loro sì.
E
sicuramente lo era anche lo spadone che squartò i tre. O meglio l'uomo che lo
impugnava.
Il
quale riponendo lo spadone, dopo averlo ripulito col mantello di un mercenario,
mi squadrò con due strafottenti occhi rossi, le pupille nere e verticali.
Si
mise a ridere alla vista della mia spada, scuotendo la chioma rossa striata di
nero.
-Cosa
volevi fare con quella? Pulirgli i denti?- sghignazzò rinfoderando l'arma
-E
tu chi diavolo...?- iniziai prima di bloccarmi
Ora,
io fino a quel punto della mia vita ne avevo viste di cose strane e anche
orribili, ma una cosa come quella non l'avevo ancora
vista.
La
creatura che avevo davanti era in tutto e per tutto un demone tigre della Terra
del Fuoco, tranne che per una morbida, soffice e pelosa coda.
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