Buongiorno
a tutti, questa che sto per presentarvi è una breve
flashfiction,
partecipante al contest “Synthesis?
In the flash!” indetto da Chara
sul forum
di FFP.
Un
incontro a quattro zampe
Il
sole incandescente di una Sicilia in pieno Agosto batteva forte su quel
paesino
dell’entroterra.
Giovanni
e Antonio si trovavano per strada, quella un po’ fuori mano e
sterrata che portava
al Calvario, il monumento dove per ogni venerdì santo si
riuniva tutto il
paese.
Lungo
quella viuzza piena di ciottoli, all’altezza del vecchio
abbeveratoio, partiva un
selciato che portava alle vecchie cave di zolfo, in cui avevano
lavorato i loro
nonni e che tutti i bambini avevano l’obbligo di non visitare.
Le
cave erano pericolose; inoltrarsi in quegli stretti cunicoli
significava
morire, le possibilità che qualcuno ti trovasse prima che la
morte
sopraggiungesse erano davvero poche. Ma come ogni luogo proibito aveva
il suo
fascino, a cui nessuno dei ragazzini del paese, soprattutto i
più coraggiosi,
poteva resistere.
Così
Giovanni e Antonio, il giorno dopo ferragosto, decisero di risalire il
selciato
per arrivare alle
cave.
«Dobbiamo
tornare a casa prima del tramonto, altrimenti la mamma si
arrabbia» disse
Antonio, con la sua voce da bambino; aveva undici anni e percorreva
quel
viottolo tra lo spaventato e l’euforico. Era grande se suo
fratello aveva
deciso di portarlo alle cave.
«Sì,
sì. La mamma non se ne accorgerà
nemmeno...» rispose Giovanni; quindici anni da
compiere il mese prossimo e l’aria da ragazzo già
cresciuto con il pallino di
diventare come suo padre.
«Perché
andiamo alle cave da soli?» domandò Antonio. Le
cave non erano divertenti se
non avevi qualcuno con cui divertirti – e in due si poteva
fare ben poco –
pensava il piccolo stando dietro alle gambe di suo fratello,
più alto e veloce.
«Devo
vedere una cosa...» rispose Giovanni cominciando a scorgere
il piano da cui
partivano le cave.
Giorni
prima era andato da solo in quel posto, voleva starsene un
po’ per i fatti suoi;
mentre era disteso a guardare le nuvole bianche correre nel cielo
sentì un
rumore e quel giorno si rese conto di non essere ancora grande,
perché era
scappato via, spaventato da quel fruscio. Adesso, voleva vedere se quel
rumore
fosse reale o solo frutto dell’immaginazione.
Giunti
alle cave, Giovanni cominciò a guardarsi attorno,
circospetto e attento.
«Giovanni,
ho sentito qualcosa...» fu il mormorio spaventato di Antonio.
«Sta’
fermo...» sussurrò Giovanni mettendosi di fronte
al fratello. Era davvero
giunta la fine? Sarebbero morti lì su, come raccontavano le
leggende?
Quando
dagli steli d’erba rinsecchita spuntò un muso
nero, Antonio tirò un sospiro di
sollievo.
«È
un cane...» disse avvicinandosi al cucciolo per accarezzarlo.
Il cucciolo si
avvicinò col musetto umido e cominciò a leccargli
il palmo. Era stato
abbandonato da qualcuno, era abituato a farsi coccolare.
«È
un cane...» ripeté Giovanni sorridendo. Era stato
uno stupido.
«Ce
lo portiamo a casa?» domandò felice il fratellino,
sorridendo come se già
avesse deciso che quel cane, quella notte, avrebbe dormito da loro.
«Mamma
ci uccide...» rispose Giovanni, sorridendo come Antonio.
Anche lui aveva già
deciso.
«Come
lo chiamiamo?»
«Attila...,
chiamiamolo Attila» rispose Giovanni, cominciando a giocare
con il cucciolo.
Anche
mamma, dopo un po’, sarebbe stata contenta.
FINE
So che non è
tra le migliori robe che io abbia scritto, tuttavia,
posso affermare di essere abbastanza soddisfatta. Il contest prevedeva
la
presenza di alcuni pacchetti, contenenti alcuni vincoli, io avevo
scleto Mizar,
che aveva la parola fratelli e la foto di un cane dalmata. Da qui sono
venuti
fuori Giovanni e Antonio in una Sicilia rovente... Dovevo pur infilarlo
da
qualche parte il caldo che mi sta distruggendo. La flash si
è classificata
ottava e, come già detto, nel complesso sono soddisfatta.
A presto, Nicole Spurce.
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ultimo, figlio di una follia post esame, è nato un blog
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quant’altro,
fate un salto se vi va: Le ragazze del
Cafè 64.