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Autore: dal_s    08/08/2013    6 recensioni
«Sai, la gente a scuola ha un opinione sbagliata su di te, forse perché non ti conoscono bene.» disse tirando un sasso sull’acqua, questo rimbalzò tre volte e poi affondò. Lei non rispose, sospirò e basta. «E sai un’altra cosa? Dovresti mostrarti per quella che sei Dawn, non lo dico solo per dirlo, o per dare aria alla bocca, lo dico perché lo penso sul serio. Se solo la smettessi di nasconderti dietro a quegli occhi tristi, a quei sorrisi forzati, al tuo continuo assecondare gli altri solo per sentirti apprezzata... Insomma, quello che voglio dirti è che, tu hai talento, hai potenziale e che devi mostrare la vera te stessa, i tuoi veri colori, perché sono belli, come un arcobaleno. E sai perché sono qui a dirti queste cose? Perché, strano ma vero, mi sono innamorato di te, Dawn Welch.» finì guardandola negli occhi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Cliffors, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.3.

 
 
«Jen, come ti senti?» Dawn le passò una bottiglietta d’acqua.
«Molto meglio, grazie.» disse bevendo un sorso di acqua gelata.  Erano nell’infermieria, ripensando alla scena che era accaduta nel corridoio sorrise, l’espressione che aveva la sua migliore amica mentre cercava di farla “rinvenire” era stata epica. Il suo sorriso sparì quando ripensò alle parole che Dawn aveva detto a quella scimmia canterina «Aiutami a portarla in infermieria» così Michael l’aveva presa in braccio e l’aveva portata in infermieria per poi andarsene. Avrebbe bruciato tutti i vestiti, pensò.
«Dawn, ti devo chiedere un favore.»
«Certo, tutto quello che vuoi. Di cosa hai bisogno: acqua, caffè, una merendina, un panino?» chiese avvicinandosi a lei.
«No, niente di questo genere. Ma devi solo promettermi che starai lontana da Michael Clifford e dalla sua combriccola.»  Dawn prese posto sul lettino accanto all’amica.
«Perché?»
«E’ per il tuo bene. Sai come sono fatti, si interessano a te per un po’, ti fanno sentire speciale, bella e tutte le altre cose. Prendono quello che vogliono e poi ti buttano via come un panino ammuffito» finì gesticolando.
«Ma se nemmeno li conosci!» esclamò allargando le braccia.
«Le voci che girano son tutt’altro che false, e ne girano molte, fidati»
Dawn scendendo dal lettino prese la sua borsa e si avviò alla porta, non sopportava quando Jenny faceva così, ogni volta che le accadeva qualcosa di bello arrivava lei e le smontava tutto. Non lo faceva per cattiveria, questo lo sapeva, ma lo faceva per proteggerla. Ma adesso si era stufata, aveva diciotto anni! Era in grado di prendere le sue decisioni da sola non aveva bisogno di una baby sitter.
«Dove vai?»
«A casa, stasera vado a cena con papà.» disse uscendo.
 
 
«Sono a casa!» lasciò cadere la borsa su una poltrona e si tolse le scarpe «Mamma?» quando non ricevette risposta si strinse nelle spalle e salì in camera. Si tolse la camicetta macchiata di caffè e la gettò nel cesto della biancheria sporca, andò verso il letto e si distese. In poco tempo si addormentò.
 
«Amore» sua madre le accarezzò i capelli «Dawn, alzati o farai tardi» disse scuotendola. La ragazza mugolò qualcosa e, a occhi chiusi, si stiracchiò.
«Ciao dormigliona» quando aprì gli occhi vide sua madre sorriderle. Elizabeth Kinney era una donna davvero meravigliosa, aveva dei grandi occhi celesti e i capelli biondi, tutto il contrario della figlia, che con i suoi profondi occhi color nocciola e i capelli rossi, aveva preso tutto da suo padre: Victor Welch. I suoi si erano separati quando lei era ancora piccola, suo padre si era costruito una nuova famiglia. Sua madre no, forse si vedeva con qualcuno, ma non ne era sicura.
«Com’è andata a lavoro?» chiese tirandosi su.
«Come sempre, non è successo niente di particolare oggi. La scuola? Sei arrivata tardi?»
Dawn si alzò e si diresse verso l’armadio.  «Sì, ero in ritardo, ma mi hanno fatto entrare lo stesso» disse frugando tra i vestiti . «Mamma il vestito a fiori?»
«E’ nell’armadio.» rispose ovvia
«Non c’è!»
«Riesco a vederlo da qui, Dawn» disse alzandosi. Si avvicinò all’armadio e prese il vestito che sua figlia cercava, uno dei suoi preferiti.
La ragazza lo prese e si rinchiuse in bagno. Si fece una doccia veloce, una volta uscita dalla doccia prese il ferro per i boccoli ed iniziò ad acconciarsi i capelli. Quando finì di fare l’ultimo boccolo rosso sorrise soddisfatta, non le erano mai venuti così perfetti, pensò. Si truccò e indossò il vestito. Quando uscì dal bagno vide che sua mamma non c’era, aveva appena iniziato a cercare le scarpe quando sentì il telefono vibrare.
Quando vide che a chiamarla era Jenny e non suo padre tirò un sospiro di sollievo.
«Jen»
«Non sei arrabbiata con me, vero?» la rossa aggrottò le sopracciglia.
«Arrabbiata per cosa?»
«Per quello che ti ho detto in infermieria»spiegò l’amica ovvia.
«Mpf, figurati, ormai ti conosco bene. Che stai facendo?» cambiò discorso
«Metto lo smalto, tra quanto devi uscire?»
«Tra due minuti e non so che scarpe mettere: le ballerine o quelle con il tacco?» chiese provandosi prima un paio e poi l’altro.
«Quelle con il tacco, che domande. Tuo padre ti adorerà»disse dolcemente
«Sempre se si presenta…»
«Ci sarà! Ora vai o farai tardi, fammi uno squillo quando torni a casa. Divertiti.» Jenny le attaccò il telefono in faccia prima che potesse rispondere, era fatta così.
Quando scese le scale trovò sua madre sul divano mentre guardava la TV.
«Amore, sei splendida!» esclamò quando la vide. Dawn fece una piccola piroetta ridendo e così facendo la gonna del vestito svolazzò intorno a lei.
«Grazie, ora vado. Non aspettarmi sveglia!» afferrò il giacchetto ed uscì.
 
Erano quasi le 21.35 e di suo padre nemmeno l’ombra, lo stava aspettando dalle 20.45 e l’appuntamento era alle 21. Controllò il telefono per la quinta volta in tre minuti sperando di trovare una chiamata o un sms, ma non trovò niente. Compose il numero di suo padre, il telefono squillò per tre volte, alla quarta scattò la segreteria telefonica. Provò un’altra volta, questa volta nemmeno squillava. Guardò nel parcheggio del ristorante alla ricerca della macchina di Victor, ma non la trovò.
Mentalmente contò tutte le volte che suo padre le aveva dato buca, e realizzò che questa era già la sesta. Sua madre non lo sapeva, se glielo avesse detto sicuramente le avrebbe impedito di continuare a prendere appuntamenti per cena con suo padre, ma questo era il minimo, se Elizabeth fosse venuta a conoscenza di questo fatto sarebbe andata su tutte le furie e lei non voleva far litigare i suoi genitori. Quindi si teneva tutto dentro, solo Jenny lo sapeva, ma sapeva che questa faccenda era accaduta solo una volta, glielo aveva raccontato perché per sbaglio l’aveva incontrata mentre faceva il giro più lungo per tornare a casa, sennò non glielo avrebbe mai detto.
Controllò nuovamente l’orologio e, con dispiacere, vide che erano le 22. Lui non sarebbe arrivato, lo sapeva bene. Con l’indice si asciugò le poche lacrime che non era riuscita a trattenere, si alzò dalla panchina ed iniziò a camminare. Stava camminando da almeno dieci minuti quando sentì una macchina suonare il clacson e rallentare, “E’  lui” pensò, si girò di scatto e velocemente si asciugò le lacrime per riuscire a mettere bene a fuoco la macchina. Quando ci riuscì si rabbuiò nuovamente, non era la macchina di suo padre, anzi, nemmeno conosceva di chi fosse. Quindi si girò e continuò a camminare a testa bassa. La macchina suonò di nuovo e fu costretta a girarsi di nuovo, aveva ricominciato a piangere, senza nemmeno accorgersene. Ora il finestrino del passeggero era abbassato.
«Welch.»
Bene, se fin ora aveva pensato che la serata sarebbe andata di merda, ora ne era certa.
 
 
 
Hiyaaaaaaaaaaaaa
Scusate per il ritardo e per il capitolo di merda, ma proprio non ho avuto tempo, a dir la verità non so nemmeno come faccio ad essere qua per postare.
 
RINGRAZIO TUTTE LE MAGNIFICHE PERSONE CHE HANNO RECENSITO, INSERITO TRA PREFERITI, SEGUITI E RICORDATE LA STORIA.
Scappo, un bacio.
-Dalia. X
Twitter: @5SOSmermaids :)
   
 
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