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Autore: Ruth Spencer    08/08/2013    2 recensioni
Appena fuori, Vivien si lascia scivolare a terra, riversa la schiena contro la porta e sospira. Ha agito d’impulso e ha sbagliato, si rimprovera stupita della propria audacia.
Harry invece impreca a bassa voce con la fronte appoggiata alla superficie fredda della porta, ma lei non può certo udirlo e nessuno dei due sa che a dividerli c’è solo una parete di legno.
Poi, quando Vivien si alza impaziente e solleva l’indice per suonare al campanello, Harry lo sente ancora prima che squilli e spalanca la porta.
Vivien Lewis è lì di fronte a lui, sul pianerottolo di casa sua, con i capelli sciolti sul petto e uno sguardo indecifrabile.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                Oh, lights go down.
                                                                                                     In the moment we’re lost and found.
                                                                                                     I just wanna be by your side,
                                                                                                     If these wings could fly. – “Wings” by Birdy
                                                                                                          
                                                                         
 
 
                                                         Il sole sorge piano  
 

 
 
Una ruga. Una sottile, insignificante, piccolo ruga nel bel mezzo di una fronte spaziosa, bianca ed incorniciata da alcuni riccioli scuri.
Vivien Lewis, o Vivien L. come tutti la chiamano nel giro di qualche miglia da Holmes Chapel, fissa di sottecchi quella linea appena visibile che solca la pelle chiara, ora più profonda e scura, ora più distesa, perché in quattro anni di conoscenza non l’ha mai notata prima.
Appollaiata sullo sgabello della cucina, lascia penzolare le gambe snelle fasciate dalle calze, pensierosa: tra i capelli bruni che le ricadono sulla spalla destra, non più ricci come qualche ora prima, giocherella con un lungo dreadlock colorato da perline verdi.    
La ruga in questione appartiene ad Harold Edward Styles o Harry come lo chiamano gli amici; la punta rosea della lingua si intravede appena, intrappolata tra le labbra sottili, color ciliegia: i primi bottoni della camicia bianca e sgualcita sono slacciati, le maniche arrotolate sugli avambracci. Di tanto in tanto si scosta qualche ciuffo ribelle dagli occhi verdi e cristallini, in un gesto naturale, quasi automatico, concentrato a strofinare con zelo una pila infinita di piatti sporchi.
-Vuoi una mano?- gli ha chiesto, ma lui ha scosso il capo.
Vivien non ha intenzione di controllare l’orario sul suo orologio col cinturino di pelle, ma dovrebbe.
Il tempo scorre con lentezza innaturale, mentre Harry termina di sistemare la cucina a fine serata.
Quando varcano la soglia del soggiorno, la stanza è immersa nella penombra della notte, le persiane sono scostate e permettono alla luce soffusa dei lampioni di stemperare l’oscurità. Il divano di fronte al televisore è  cosparso di cuscini e fazzoletti gialli; sul tavolo accanto campeggia una decina di bottiglie vuote dall’aria malinconica.
Raccolgono insieme ciò che rimane della festa con i loro compagni di studi. Vivien si china più volte per afferrare i bicchieri di carta abbandonati sul pavimento, controlla che nessuno abbia dimenticato i propri effetti personali sulle sedie, negli armadi o sull’attaccapanni di legno appeso nell’atrio.
-E’ stata una cena piacevole.- si sente in dovere di asserire di fronte all’ospite. Harry sorride gentile:-Si, ci siamo divertiti-.
Con la mente Vivien ripercorre il primo anno di liceo, quando Harry tentava di attirare la sua attenzione e lei non gli dava peso. A volte lo ha persino sminuito davanti alle sue amiche perché non sopportava il fatto che si desse delle arie. Hanno scherzato, riso, si sono presi in giro continuamente. Ma cosa rimarrà di quattro anni trascorsi senza mai conoscersidavvero?
Proprio adesso, l’afferra prepotente, il rimorso che forse sarebbero potuti diventare veri amici: quanti giorni sprecati dietro a speranze vane e sorrisi smaglianti che distribuiva a tutte. Invece avrebbero potuto parlare seriamente in tante occasioni, ma non l’hanno mai fatto.
Perché? Non ci sono ragioni, se non che entrambi fossero troppo impegnati a non pensare all’altro.
Ed ora resta poco: una manciata di popcorn avanzati sul tavolo rivestito di incerata, le ultime note nostalgiche di Cough Syrup dei Young the Giant, qualche giorno prima degli esami. Rimangono parole vuote, sussurrate al soffitto della propria camera, silenzi prolungati, sguardi rifuggiti. Tra le labbra hanno solo verità celate da una cortina d’ironia e nelle tasche qualche vecchio scontrino stropicciato e un futuro incerto che fa paura a loro stessi.
Vivien vorrebbe baciarlo. Lo desidera da così tanto ormai da non ricordarsi più da quando di preciso ma, li dividono quattro mattonelle: quattro mattonelle non sono nulla, non lo sono mai stato. Ora, invece le sembrano l’oceano Pacifico, il continente americano e tutti i fusi orari messi insieme.
-Sei preoccupata per la prova scritta?-.
-Abbastanza.- biascica lei fissandosi le scarpe di corda che calza.
-Sei sempre stata così ansiosa-. A chiunque non lo conosca abbastanza potrebbe sembrare una semplice constatazione, ma Vivien ha colto una punta di scherno nella sua voce. Ha un sorriso malandrino che la fa impazzire.
-Non ricominciamo con questa storia: è dal primo anno che mi prendi in giro. - sbuffa divertita.
Trascorrono alcuni istanti di silenzio, mentre Vivien si tortura le mani affusolate. –Sai, mi piacevi il primo anno…- lo sente bisbigliare. Alza di scatto il capo per inchiodarlo con gli occhi lì, in piedi nel salotto in disordine. Ha le mani cacciate nelle tasche dei pantaloni a sigaretta.
-Davvero?- chiede con un sorriso, come per non dare importanza alla rivelazione e sembrare a suo agio. Lui annuisce. –Si, stavi sempre sulle tue e non facevi che rispondermi a tono. Ti trovavo…affascinante-.
Ma, stavolta di osservazioni taglienti e frasi sarcastiche non ne ha. Si limita a distogliere lo sguardo, attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno all’indice. –Anche tu non eri male-.
-Ero?- ironizza lui spavaldo, ma la sua è una semplice posa.
Vivien gli rifila un colpetto scherzoso su una spalla. –Idiota!-. Scoppiano a ridere all’uni solo ed entrambi pensano che forse sarà l’ultima volta che lo faranno insieme.
Nonostante nessuno dei due abbia bisogno dell’altro, indugiano, sono riluttanti a salutarsi. 
-Allora, ci vediamo agli esami. – si congeda infine lei con una scrollata di spalle.
Fa per voltarsi e dirigersi verso l’atrio, ma Harry la blocca.
-Ti va una birra?- soffia in un tono così basso che per un attimo Vivien crede di esserselo immaginato. Ha una voce ruvida che la stordisce e la inebria nel profondo.
Harry si mordicchia nervosamente un labbro, teme un rifiuto: è sul punto di parlare ancora, ma non pronuncerà mai ciò che intende dirle, perché in una frazione di secondo Vivien fa quello che avrebbe desiderato dall'inizio. Annulla le distanze tra loro e prima di incontrare le labbra di Harry, avverte il suo profumo e il suo respiro caldo sulla pelle. Per Vivien quel bacio rubato è l’unico davvero sentito: è tutto un fluire e un mutare, perdersi e ritrovarsi subito dopo. Harry sa di tè verde e acqua di colonia, di falò in riva al mare, vecchia musica e sogni perduti. Scommette che potrebbe scriverci un libro intero sul sapore di Harry. Continuano a baciarsi come se ne sentissero un disperato bisogno, come se il mondo dovesse finire proprio adesso, eppure non osano sfiorarsi: è una richiesta d’aiuto, un’ammissione di colpa.
Hanno paura del domani, dei fantasmi della notte. Si fanno coraggio l’un l’altro, i loro respiri si mescolano, annientano le ombre e l’inquietudine. E quando finalmente si separano, Vivien sgrana gli occhi per ciò che ha appena fatto.
Muove un passo indietro, afferra la borsa e la giacca di cotone, corre via. Harry sente il portone di casa sbattere forte e ancora non si è spostato di un millimetro. Deve ricordarsi di respirare.
Appena fuori, Vivien si lascia scivolare a terra, riversa la schiena contro la porta e sospira. Ha agito d’impulso e ha sbagliato, si rimprovera stupita della propria audacia.
Harry invece impreca a bassa voce con la fronte appoggiata alla superficie fredda della porta,  ma lei non può certo udirlo e nessuno dei due sa che a dividerli c’è solo una parete di legno.
Poi, quando Vivien si alza impaziente e solleva l’indice per suonare al campanello, Harry lo sente ancora prima che squilli e spalanca la porta.
Vivien Lewis è lì di fronte a lui, sul pianerottolo di casa sua, con i capelli sciolti sul petto e uno sguardo indecifrabile. Il vestito color cipria, senza spalline, le ondeggia morbido sul corpo, conformandosi al busto sottile con un corpetto, per poi aprirsi in una gonna plissettata che le sfiora il ginocchio.
-Harry, mi va.- mormora. E ad un suo sguardo confuso:-La birra mi va-.
La berranno insieme, la loro ultima birra: parleranno a lungo nell’oscurità che li circonda e si addormenteranno abbracciati sul divano per la prima volta. All’alba le loro ombre si staglieranno sulla parete d’intonaco bianco dirimpetto alla finestra, si confonderanno nella luce del mattino fino a diventare una sola.
Non resta molto ormai, ma il sole sorge piano e per loro può ancora bastare.
 
 
 
 

Potrei parlare all’infinito di come sia nata nella mia testa questa one shot, ma vi dirò solo che è stato un sogno che ho fatto e che riguardava me e un ragazzo che conosco. Però ho deciso di realizzarla su Harry e  inserirla comunque in questo fandom.
Spero che vi sia piaciuta e grazie in ogni caso per averla letta. Ovviamente mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate :)
Sto finendo di scrivere l’ultimo capitolo di Tomboy, prima dell’epilogo: lo posterò appena ultimato.
Con affetto,
Ruth <3
 
 
  

 

                                                                                                                
   
 
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