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Autore: luds_    08/08/2013    3 recensioni
E aspettava.
Aspettava con il naso appiccicato alla finestra, con gli occhi che saettavano sul vialetto di casa sua.
E ammazzava la noia così, sperando in una cosa che non si sarebbe mai avverata.
Però ci credeva, e la faceva stare bene. Anche se poi doveva andare in bagno a vomitare le delusioni.
E scrollava le spalle: “Tanto poi arriva.” Diceva.
“Si è solo fermato a comprare il gelato alla vaniglia, ma poi citofona. E sorride. Felice.” E sperava che stesse sorridendo, in qualsiasi posto fosse. Anche se non le stava davvero prendendo il gelato.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Friday.












Si stringe nelle coperte, provando con essa a soffocare anche la sua anima.
Una tazza di tisana ai frutti rossi sul comodino bianco vernice.
Sbadiglia.
Non ha dormito per niente questa notte, è stata tartassata dai ricordi, e vorrebbe non aver mai letto quell’articolo sul giornale.
Ma doveva farlo.
Doveva accettare la realtà e lottarvi contro.
Ma era talmente debole, che quando aveva visto una sua foto, aveva strappato la pagina dieci del giornalino per ragazzini,
e l’aveva appiccicata sopra al letto.
“Sei il mio angelo custode.”
Aveva detto, con le lacrime vicinissime dallo scoppiare, le bruciavano gli occhi come pezzettini di fuoco.
Aveva sorriso, anche se “Fa troppo male”, come avrebbe detto lui. Ma lei c’era riuscita, e avrebbe voluto sbatterglielo in faccia,
ma lui non c’era.
Lui non era lì accanto a lei, che la stringeva leggermente, le lingua in mezzo ai denti mentre sorrideva.
E non stavano nemmeno parlando al telefono, e lei avrebbe voluto tanto sentirsi dire: “Ho attaccato una tua foto sulla testiera del mio letto.
Mia mamma dice sempre che gli angeli proteggono le persone.
Tu sei il mio angelo, quindi ti ho attaccato.”
E lei avrebbe sorriso come non mai, pensando che fosse la cosa più stupida che le fosse mai stata detta, ma le piaceva.
Le piaceva come l’odore che la sua tisana stava emanando.
Ma lui non la pensava nemmeno.
Lei, invece, se ne stava con il naso appiccicato alla finestra, aspettando che arrivasse.
Aspettava che lui la venisse a prendere. Sussultava ogni qualvolta qualcuno chiamava quel nome.
“Chissà se anche lui prova i brividi quando qualcuno dice il mio nome.” Si dice, ma non sa se vuole sapere la risposta.
È consapevole che lui sta bene anche senza di lei, che sta bene in giro per il mondo.
“Non voglio legami con nessuno, mettitelo in testa, Meredith.”
Aveva detto ad una ragazza che ci provava con lui.
E si era sentita mancare, perché sapeva che lei era già partita per il non ritorno alias l’amore.

(....)

“Nessun legame.”
Aveva specificato, come se la ragazza si era dimenticata di quella semplice “regola”.
E aveva annuito, ma non sapeva ancora di essere persa completamente per lui, e anche se lo avesse saputo,
non avrebbe potuto fare niente, perché quelle labbra, che sembravano urlarti “Resta.”, erano irresistibili.
E si erano abbandonati ad una notte piena di scintille, che Olive ancora ricorda benissimo.
Arrossisce al pensiero.
Poi, avevano stabilito una seconda regola: solo il venerdì, perché Trisha aveva il turno di notte.
Ad Olive, però, faceva piacere pensare che avesse stabilito quell’apposito giorno, perché era un venerdì la prima volta che si erano incontrati.
E così il venerdì lo passavano entrambi a ridere e a scherzare, a concedersi quello che non avrebbero potuto fare nella vita reale.
Ed Olive si ritrovava a mangiucchiarsi le unghie il resto degli altri giorni, in attesa di poterlo veder ridere.
Perché lui non rideva mai alle sue battute, ed Olive si offendeva, ma non lo dava a vedere.
Scrollava le spalle e: “Faceva schifo, lo so, l’ho trovata sul libro delle barzellette di mio fratello.”, quello che nessuno sapeva, però, era che non aveva un libro di storielle, tantomeno un fratello.
E sperava silenziosamente che ridesse, anche se non era per niente divertente.
Ma lo sapeva lei che era un fallimento.

In seguito, lui aveva deciso di partecipare ad XFactor, come cantante solista.
“Volevo solo che qualcuno mi dicesse che sapevo cantare.”
Aveva detto, dopo la sua esibizione, ad Olive.
Per la sfortuna di tutti, la televisione dietro le quinte si era rotta, e nessuno sapeva il verdetto finale.
“E lo hanno fatto. Sono dentro!” ed Olive si era sentita mancare, perché era così contento, e sperava che fosse felice per davvero.
E lo era.
Le si era stretto lo stomaco quando era corso ad abbracciarla, ma non diede peso al cuore che scalpitava.


Aveva qualche settimana di riposo durante il programma, ed Olive avrebbe tanto voluto passarle con lui.
L’aveva chiamato, un venerdì, ed era talmente felice del suo ritorno, che si era quasi scordata del suo essere così poco presente.
“Ehi.” Aveva esclamato euforica.
“Ciao.” Aveva sbiascicato lui, stanco.
“Tua madre mi ha detto che sei tornato ieri sera e...”
“Devo andare, Olive. Ti chiamo.”
“Oh, okay.” Ma lui aveva già attaccato.
Gli era sembrato di sentir una voce femminile nella stanza, ma forse era solo un’impressione.
E quel “Ti chiamo.” non si era mai davvero avverato, ed Olive si era sentita male, quando era andata a casa sua e non lo aveva trovato.


“Se ne è andato.” Sussurra ora.
“Se ne è andato e mi ha lasciata sola.” E a stento non credeva alle sue stesse parole.
E aspettava.
Aspettava con il naso appiccicato alla finestra, con gli occhi che saettavano sul vialetto di casa sua.
E ammazzava la noia così, sperando in una cosa che non si sarebbe mai avverata.
Però ci credeva, e la faceva stare bene.
Anche se poi doveva andare in bagno a vomitare le delusioni.
E scrollava le spalle: “Tanto poi arriva.” Diceva.
“Si è solo fermato a comprare il gelato alla vaniglia, ma poi citofona. E sorride. Felice.” E sperava che stesse sorridendo, in qualsiasi posto fosse.
Anche se non le stava davvero prendendo il gelato.


Ma ormai non ci spera più, ormai non le importa più di chi si chiama con il suo stesso nome,
e di chi le ricorda quanto era felice a quei tempi.
E non le importa niente, ma quella foto, Dio, quella foto l’ha fatta rinascere.
Perché lui sorrideva e all’apparenza era felice, quindi, se lui era felice non potevi non esserlo anche tu.
E, anche se Olive sapeva che lui era contento senza di lei, si sentiva morire quando sorrideva.

(....)

Poi, un venerdì, il postino aveva bussato violentemente alla sua porta, e le aveva lasciato una busta sull’uscio della porta.
E si era sentita male, perché dentro quella busta azzurrina, c’erano dei biglietti per un concerto. Un loro concerto.
E sperava che lui le avesse inviato quel biglietto in quel materiale azzurro, perché il blu era il suo colore preferito.
E sperava che le avevano inviato il biglietto del concerto che si sarebbe tenuto di venerdì, perché era quando lei si sentiva bene.
E sperava che lui volesse vederla di nuovo, vederla felice. Vederla cambiata.


E l’ha rivisto.
Ha rivisto come si era tagliato i capelli con quello strano taglio, come urlava e si scatenava.
Louis l’aveva riconosciuta, e aveva mandato un bodyguard a chiederle se si poteva fermare un attimo dopo il concerto.
E lei aveva scosso le spalle, fingendosi indifferente, ma stava morendo dentro.

(....)

Ed aveva avuto come l’impressione che lui non l’avesse distinta, perché lei era soltanto una con cui passare i venerdì e magari scopare anche.
Ma lui non la vedeva neanche come un’amica, secondo lei.
E lo aveva osservato tutto il tempo, ed aveva avuto i conati di vomito quando Liam le aveva chiesto se le era piaciuto ricevere il biglietto.
Non era stato lui ad inviarglielo.
E lei moriva pian piano dietro ad un sorriso.
E si era avvicinato a lei, dicendo: “Ciao. Come ti chiami?” e intanto Olive voleva piangere, perché lui non si ricordava di lei.
“O...” ma non fa neanche in tempo a dire il suo nome che una ragazza si avvicina a lui, baciandolo passionalmente.
Olive sorride amaramente, cosa credeva? Che lui la stesse aspettando proprio come faceva lei?
E se ne va, lasciandosi dietro così tanta delusione che si sente male al pensiero.
Ma lui la blocca. “Non mi hai ancora detto il tuo nome.”
Lei sorride tristemente. “Ti amo, Zayn.”
E lui non è sorpreso per niente, perché quella busta gliel’aveva inviata lui, perché in quegl’ultimi tre anni, non aveva mai smesso di pensare alla sua Olive.
Ti amo anch’io, Olive.”


 

Ed ora Olive non sta più con il naso appiccicato alla finestra, aspettando che Zayn arrivi.
Non sta più tutti i giorni rintanata in casa, con la scusa del “ma se poi arriva”.
Non sussulta più quando qualcuno chiama quel nome, e non parla mai di lui.
Ma guarda ancora la sua foto appiccicata sulla testiera, ha i brividi quando lo vede sorridere e aspetta,
con la consapevolezza di chi, anche se sa che lui non tornerà mai, aspetterà per sempre.








 

Yaaaaaay.
Oddio, non so come mi sia uscita sta cosa.
Mi sono comportata malissimo in questi ultimi tempi, e volevo farmi perdonare, e ne è uscita una OS.
Ci ho messo tutta me stessa, anche se la fine è un po’... tragica ç___ç
Povera Olive :(
So che non ci sono molti dialoghi, e che può risaltare noiosa, ma stranamente mi piace e vorrei sapere cosa ne pensiate c: finalmente ho postato cose anche sugli altri ragazzi hahahaha.
Vabbe’, comunque volevo avvertirvi che pubblicherò una OS su Liam, e – tra molto tempo – una fanfic su Niall akcjqgfjq
Ringrazio quel figaccione che sta nella roulotte accanto al mio camper (sono in campeggio yay.) che non mi ha cagata di striscio, ma che mi ha fatto morire con le sue frecciatine (?).
Uhm, okay, mi piace stare a parlare a vanvera ma non so più che dire....
Che avete fatto nelle vacanze?
Mmh, so che non sono finite, ma io sono stata in Puglia con il camper naxjkabcfuq ed ora riparto e vado in Trentino Alto Adige
Mmmh, okeeeey, forse è meglio che vada :c Spero di essermi fatta perdonare
Mia cugina mi sta facendo diventare una pazza sclerotica Yay, me ne vado
Ciao dolcezze asalkdchi

Ps. la Os si chiama “Friday.” Perché tutti gli avvenimenti accadono di venerdì muawh.

  
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