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Autore: Pascoli Oscar    08/08/2013    0 recensioni
Secondo capitolo del viaggio di Joseph, il romanzo racconta la storia di un ragazzo di quattordici anni che viaggia nello spazio, dove incontra svariati personaggi mitologici di ogni epoca e regione del mondo, Joseph è il principale protagonista, mentre Sonny sarà coinvolto suo malgrado, in tutte le avventure del suo amico. I due dovranno salvare l'intero universo, dal rischi di una totale distruzione.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L’Anello di Sonny
 
Prologo
 
 
Desensà, è una splendida cittadina che si affaccia sul lago di Garda, si dice che fu Decentius, nobile Romano al tempo dell’Impero, a dargli il nome. Egli qui, vi fece costruire  una villa, dove, durante i suoi lunghi viaggi, amava riposarsi. Infatti in questi luoghi,  in quanto vicino al lago, poteva trovare refrigerio. Villa di cui ancora oggi si possono visitare gli scavi che l’hanno riportata alla luce.
Una tranquilla cittadina avvolta dal verde e dominata dal Monte Baldo, che sino a maggio è ricoperto dalla neve e dalle Colline Moreniche che sovrastano il lago, e dove si respira un’aria pura, e l’ambiente è tranquillo e sereno, meta di chi vuole uscire dal caos delle grandi città.
Joseph vive proprio qui, in una delle tante Villette che sono avvolte nel verde della natura e che nello stesso tempo si affacciano sul meraviglioso lago, che dal punto dove vive Lui, sembra assomigliare più al mare che ad uno dei soliti laghi, in quanto non se ne intravede l’altra sponda.
Intanto una nuova famiglia, era venuta ad abitare nella villetta accanto alla loro, e Joseph fece subito amicizia con il figlio dei suoi nuovi vicini di casa, a dire il vero l’incontro con Sonny fu una cosa simpatica, tranne che per il gioco elettronico da lui mostratogli. Intanto, con l’avvicinarsi il giorno del suo compleanno, il ricordo di quell’avventura, si faceva sempre più frequente, e ogni qual volta ciò avveniva, aveva come la sensazione, di avere dimenticato qualcosa, ma non si capacitava, di cosa potesse essersi scordato.
Joseph con la sua famiglia, d’estate, era solito cenare in giardino, e, da qualche settimana, dopo cena aveva preso l’abitudine di sdraiarsi sul prato del giardino a contemplare il cielo. Una sera, mentre con i suoi genitori cenava in giardino, alzò gli occhi e guardando il cielo disse:
-Ho come la sensazione di dovere ritornare lassù da qualcuno -
-Cosa ti fa pensare questo?- domandò il padre e aggiunse:
-Se dovesse esserci una sola possibilità, che tu debba fare ritorno nello spazio, per un qualunque motivo, lo sapremmo anche noi, ne sono certo!-
Joseph però per nulla convinto, chiese il permesso di potersi allontanare. Andò in camera sua e rovistando tra le sue cose, trovò i pantaloni con le bretelle, che indossava durante la sua avventura, li appoggiò sul lettino e sedutosi sul cubo li fissò per qualche secondo, quando di colpo si alzò, e frugò tra le tasche di quei oramai vecchi pantaloni. Il suo volto s’illuminò, infatti, aveva trovato l’origine del suo dubbio. Corse subito dai suoi genitori che, giusto in quel frangente si erano alzati da tavola.
-Ecco. Cosa vi dicevo?- e mostrò loro la bacchetta magica di Merlino. Nello stesso istante riapparve l’anello che gli aveva dato la regina, e che non si era accorto di avere ancora al suo anulare, in quanto era svanito dopo che alla fine della sua avventura era tornato a casa. Di seguito, fu l’ampolla contenente le lacrime della fenice, e che portava legata al suo collo con una cordicella d’argento, come fosse una collana, a riapparire.
Sorpreso per l’improvvisa apparizione di quegli oggetti si domandò.
-Perché nessuno, mi ha mai chiesto di restituire tutto ciò ai legittimi proprietari-.
-Forse perché adesso tu, ne sei il custode?!- suppose, la sorella, mentre pettinava la sua bambola di porcellana.
-O forse, è l’inizio di qualche altra avventura- suppose Joseph
-Perché non fai una magia e fai apparire un bel cavallo nero qui in giardino?- propose il fratello e aggiunse: -Sono mesi che chiedo a mamma e papà di comprarmene uno-.
La loro mamma, che era intenta a lavare i piatti, quasi irritata dai discorsi del figlio piccolo ordinò allo stesso e alla sorella:
-Smettetela di dire sciocchezze voi due e andate a svolgere i compiti di scuola- poi con calma rivolgendosi a Joseph, chiese:
-Cosa intendi fare?-
-Non lo so. Di certo, so che non posso tenerli. Non mi appartengono, dunque, devo riportarli ai loro custodi poiché essi sono i legittimi proprietari - Joseph si sedette a riflettere, mentre il padre chinandosi su di lui, e mettendogli un braccio sulle spalle domandò.
-Non ricordi? I folletti, sostennero che saresti stato tu il custode della bacchetta-.
Joseph guardò il padre, che fiero gli sorrideva, dandogli così coraggio, rispose:
-Hai ragione, hanno detto che io n’ero il custode-.
Non convinto però, si alzò da tavola tornò in camera sua, e sedutosi ancora una volta sul cubo, cominciò a riflettere, ripercorrendo con la mente, il momento in cui i folletti, gli avevano donato la bacchetta magica di Merlino.
-…adesso la affidiamo a te- queste, erano state le esatte parole che gli avevano detto. Joseph però non capiva bene, se, intendessero significare, che egli stesso, ne sarebbe stato il custode per sempre, o se avrebbe dovuto restituirla, il dubbio lo tormentava. Perché nessuno gli aveva spiegato cosa fare di quegli oggetti? L’anello? E le lacrime della fenice? Bah ! forse era meglio non pensarci. Prese il suo libro di matematica tornò in giardino e, si mise a studiare.
Joseph frequentava l’istituto commerciale dove la matematica era la materia fondamentale, e quel giorno s’imbatté nel teorema di Pitagora.
-Che coincidenza- pensò, ricordando la casa del famoso matematico, in cui era stato, e che nessuno ancora aveva trovato.
Il mattino seguente, mentre Joseph era seduto per fare colazione insieme a tutta la famiglia, guardò il padre e scherzando gli domandò:
-Come mai io non sapevo di voi?- e aggiunse:
-Non che abbia qualcosa da ridire, avevate di sicuro i vostri buoni motivi, però mi chiedo come mai non lo abbiate mai fatto prima-
Il padre di Joseph scoppiò a ridere sputando il caffé che per poco non gli andava di traverso facendolo strozzare.
-Scusaci, ma, se ti riferisci a quanto accaduto lo scorso anno, lo stesso quesito ce lo siamo posti noi, già da allora, nei tuoi riguardi-
Joseph li contemplò tutti, era scettico.
-Questa è bella. Voi, vi tramutate in uccelli, cane e coniglio, prima ancora che io decidessi di fare o no il viaggio, e ora!? dite che sono io quello che vi ha trasformati?- rispose ridendo.
-Non proprio, è certo però, che sei stato tu a dare inizio alla nostra avventura con te- aggiunse sua sorella, continuando a magiare biscotti.
-Dunque: se, e dico se, anche Merlino ha detto che voi siete speciali, senza contare che il re folletto lo ha detto fin dall’inizio, che sei stato Tu, a condurmi in questa avventura, si sbagliavano?- domandò rivolgendosi a suo padre.
-Devo ammettere che anche io, allora, non compresi bene cosa intendesse dire, ma ora che ci penso, credo che si fosse riferito al fatto che, io nel mio animo, sia rimasto bambino, leggendovi sempre favole, storie fantastiche, e sognando ogni volta d’essere io insieme con voi il protagonista di quelle storie- spiegò questi
-Ecco perché hanno detto che siete speciali. Credete ancora nelle favole e avete sempre fatto in modo che ci credessimo anche noi- affermò Joseph.
-Ma certo, ricordi le notti di Natale? Io mi travestivo da Babbo Natale? Tu credevi veramente che lo fossi e quando hai capito che ero io, non hai pensato ad un travestimento, ma ad una mia trasformazione chiedendomi persino se un giorno tu, ti saresti potuto trasformare in babbo natale al posto mio, e ricordo anche, che volevi ad ogni costo, conoscere i folletti che costruivano i giocattoli per i bambini di tutto il mondo- gli ricordò.
-Hai ragione, ricordo questo particolare, anzi ricordo che avevo nove anni, quando, ti chiesi di farmi conoscere i folletti che lavoravano per te- aggiunse Joseph, poi il padre raccontò:
-A dire il vero, la sera in cui tutto iniziò, quando siamo entrati in camera tua, non trovandoti, ti abbiamo cercato per tutta la casa, eravamo preoccupati, ma di colpo ecco che ci apparve una stella splendente che ci disse dove ti trovavi, io gli ho creduto, gli dissi così, che volevamo venire con te ad ogni costo. La stella vedendo la nostra preoccupazione acconsentì a patto che non avessimo interferito, avvisandoci che se fosse accaduto qualcosa di grave ai tuoi amici, anche noi avremmo avuto la loro stessa sorte, io risposi che avevo fiducia in te, e così, ci fece personificare nei tuoi amici per poterti seguire-
Joseph si carezzò i capelli con le mani, facendo passare i suoi morbidi boccoli biondi tra le dita, come a rimetterli a posto. Ciò che il padre gli aveva raccontato lo rese ancora più fiero, e lo dimostrò con un bel sorriso e abbracciando il padre.
Il padre annuì e Joseph felice per quel tenero ricordo, fece un dolcissimo sorriso, stava per prendere il libro che aveva poggiato sulla sedia e notò ancora una cosa, per cui restò qualche secondo fermo.
-Qualcosa ancora non va?- domandò il padre
Joseph gli mostrò la mano chiedendo
-Non noti nulla?-
-Cosa dovrei notare?-  gli chiese il padre
-Porto ancora l’anello datomi dalla Regina delle stelle al dito, anche questo credo che debba restituire- spiegò -ed anche l’ampolla con le lacrime della fenice-  aggiunse sedendosi di fronte al padre.
Il sole, cominciava a riscaldare le lunghe giornate di fine Giugno, gli alberi erano abitati da tanti uccelli d’ogni specie e colore che, spezzavano il silenzio che si era creato tra Joseph e suo padre.
-Ascolta Joseph-  esordì il padre – Sono certo che un motivo per il quale tu sei rimasto in possesso di queste cose c’è, forse non so quando dovrai tornare e ti serviranno sicuramente tutte queste cose, dunque resta calmo non avere fretta, vedrai: accadrà qualcosa-
Joseph annuì e tirando un grosso respiro, si sdraiò sul prato fissando il cielo, osservò gli stormi d’uccelli, che volando liberi, disegnavano forme geometriche, riportandogli alla mente la scuola.
-Strano, come il volo degli uccelli possa essere così perfetto nelle linee e nei cerchi che disegnano su nel cielo, mentre fanno le loro acrobazie, ricordano tanto la geometria- pensò Joseph, chiuse gli occhi abbagliati dal sole e senza rendersene conto si addormentò. 
  
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