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Autore: Alkimia    09/08/2013    8 recensioni
***Seguito di STRANGER THAN YOU DREAMT IT *** Terza ed ultima storia della serie ***
L'abbraccio di Loki è fin troppo saldo, quasi prepotente, possessivo.
Nadia affonda il viso nel suo petto, gli allaccia le braccia dietro la schiena e sente di star tremando.
''Sarò io?'' si chiede. ''Dopo tutto quello che è successo, dopo tutto il male che è stato fatto, sarò io che giocherò il dio degli inganni, che lo tradirò e finirò per ucciderlo? ''

Un altro mese è passato dall'ultima disavventura degli Avengers. Nadia sta bene e si accinge a tornare in Italia. Loki, "graziato" da Thor, se n'è andato per la sua strada. Per gli eroi nessuna nube all'orizzonte, nessun nemico, nessuna minaccia... ma anche quando sembra tutto tranquillo, c'è sempre qualche ombra in agguato per chi ha incrociato la propria strada con quella del dio dell'inganno.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo sedicesimo
“What is this?” “Me… giving in”

 

Il balugino della luce azzurra si disperde in pochi istanti.
Loki mette a fuoco il pianerottolo della Stark Tower sul quale affaccia la porta della casa in cui vive Nadia. Pensa che sia un buon segno, se lei è tornata a casa e non è più in mano ai medici.
Apre la porta, spingendola con entrambe le mani, quasi buttandola giù.
Alle sue spalle sente la voce di Jane Foster uscire dalla propria abitazione e chiamare sollevata il nome di Thor. Il dio del tuono dice che devono subito chiamare gli altri, le accenna dello scettro che deve essere distrutto, poi Loki smette di ascoltare la loro conversazione perché corre a grandi passi dentro la casa e le loro voci si fanno lontane, estranee ad un momento che appartiene solo a lui.
Sente il rumore di vetro che si rompe provenire dalla cucina aperta sul grande salone. Scatta.
Nadia è lì, in piedi accanto al mobile, lo guarda con occhi spalancati e sguardo atterrito.
«Loki…» mormora la ragazza, come se fosse un singhiozzo.
Lui la passa rapidamente in rassegna con lo sguardo. Sembra in perfetta forma, solo un po’ sciupata e pallida, ma c’è qualcosa nei suoi occhi che non gli piace.
Certo, deve essere distrutta emotivamente. Ma ora, in qualche modo, risolveranno ogni cosa…
Loki non sa neppure bene cosa significhi ogni cosa, e di certo non ha idea di come risolvere quel tipo di problemi, ma mai come in quel momento si rende conto di essere esattamente dove deve essere e ne è contento.
Corre verso di lei, l’abbraccia e per la prima volta si rende conto di quanto forte e disperato sia quello che sente nel petto quando la stringe. Un dolore piacevole che lo fa sospirare di sollievo e sembra che speranze brillanti come fari si siano appena accese all’orizzonte.
Per la prima manciata di secondi neppure fa caso al fatto che la ragazza non ricambia la sua stretta.
Loki la scosta con leggerezza e le prende il viso tra le mani, scrutandola alla ricerca di qualche risposta.
«Andrà tutto bene, io…» fa per dirle.
Ma gli occhi di Nadia si riempiono di lacrime, di un tipo di lacrime che il dio dell’inganno non sa arginare.
«Loki, perdonami»
«No, no. Non è stata colpa tua… e io non avrei mai dovuto andarmene. Ascoltami…». Quell’ultima parola suona come un ordine, mentre le prende il mento tra l’indice e il pollice e la costringe a tenere lo sguardo sollevato su di lui.
«No. Tu non capisci…».
La ragazza abbassa gli occhi sul pavimento, indicando con lo sguardo i frammenti di vetro ai suoi piedi.
Loki guarda i cocci trasparenti sporchi di un liquido strano e oleoso dal riverbero argenteo. Un liquido che non riconosce ma che è certo non appartenga a Midgard.
Ha un attimo di confusione e straniamento, prova a pensare e a mettere insieme le parole per domandare, ma il corso dei suoi pensieri viene interrotto dalla voce di Stark.
«Bene, ora che Romeo è tornato e che Mercuzio ci ha brevemente informati della situazione, una sola domanda: come distruggiamo lo scettro?»
«Mi piacerebbe che la risposta fosse: ficcandolo nel culo di quello che lo ha costruito, ma credo sia fuori portata» aggiunge Barton.
«Nadia, tutto ok?».
Loki e la ragazza si voltano verso gli Avengers, la squadra di eroi al completo, con tanto di Jane Foster e donna di Stark al seguito.
No, non è tutto ok.
«Che cos’è questa roba?» domanda il dio dell’inganno con una freddezza che stupisce persino lui. «Nadia, per gli inferi, cosa hai fatto?».
«Di che stiamo parlando?» chiede Banner passandosi una mano sul viso ancora velato dal sonno.
A Loki non sfugge il sussulto di Thor, come se il figlio di Odino abbia colto un particolare che loro non hanno notato o del quale non sono a conoscenza.
Nadia seguita a guardarsi attorno smarrita, con aria colpevole e grosse lacrime le cadono sulle guance malgrado non stia emettendo un solo singhiozzo.
Il dio dell’inganno si china sul pavimento e raccoglie alcuni pezzi di vetro che getta sul tavolo, sperando che qualcuno abbia una spiegazione.
«No…» il suono sfugge dalle labbra di Thor come un tuono che si sprigiona dal suo martello. «No, no, no! Nadia, dimmi che non l’hai fatto!».
Il dio attraversa a grandi passi la stanza, afferra Nadia per le spalle e la scuote piano.
«Dimmi che non l’hai fatto» ripete.
Solo a quel punto la ragazza singhiozza fortemente e si copre il viso con le mani.
«Non volevo… non ero in me…» risponde lei. «La pietra mi ha salvata dalla voce nel sogno, ma non del tutto».
Loki si sente investire da un’ondata di panico e rabbia.
Guarda i Vendicatori e sui loro volti legge il medesimo smarrimento turbato. Nessuno sembra sapere o capire, a parte il dio del tuono.
Nella sua mente tutto esplode con la violenza di un vulcano rimasto sopito troppo a lungo.
Giorni a chiedersi se davvero le loro strade potessero tornare a incrociarsi non più come quelle di due nemici e un solo secondo bastevole per spazzare via tutto.
Di nuovo.
Segreti, tradimenti, bugie, trame ordite alle sue spalle.
Di nuovo.
Si getta su Thor e lo stacca da Nadia, lo afferra per i fermagli del mantello e con la forza della rabbia lo solleva e lo getta sul tavolo. Il legno lucido si spacca, schegge bianche volano oltre le spalle del figlio di Odino.
Gli Avengers fanno un passo avanti.
«Cosa è successo?» urla Loki contro il volto di Thor. Sente la gola bruciargli per quel grido, sente ogni cosa tremare, perfino lo sguardo del dio del tuono che si vela di lacrime e di senso di colpa.
«Cosa c’era in quella fiala?» aggiunge Loki stringendo tra le dita i frammenti di vetro e conficcandoseli nel palmo.
Un rivolo di sangue cola dal suo pugno chiuso e il pugno cala sul viso di Thor che ora è troppo turbato per parlare.
Ah, ma gli caverà le parole di bocca una a una a costo di fargli la faccia a brandelli, a costo di aprirgli la testa per capire che tiro terribile gli abbia giocato stavolta.
«Mi dispiace, fratello…».
Non sono tuo fratello, non so lo sono mai stato. Quella è l’unica verità che sia mai uscita sana e salva dalla bocca del dio dell’inganno. L’unica verità che, adesso Loki se ne rende conto, ha ancora senso e sempre lo avrà.
Sono il mostro da cui i genitori mettono in guardia i figli la notte.
Thor si lascia colpire, senza muovere un dito.
«Loki, basta!» tuona Stark.
Il dio dell’inganno è vagamente consapevole dell’uomo di metallo, di Barton e Rogers giunti alle sue spalle per staccarlo da Thor, e di Banner e la Romanoff parati tra loro e le due donne. Ma quegli insulsi umani possono ben poco contro la forza di un dio, meno che mai contro la furia di un dio arrabbiato.
Il silenzio ostinato di Thor non fa che confermare quanto debba essere terribile ciò che è accaduto.
Un veleno asgardiano forse, pensa Loki. Un veleno destinato a me che Nadia ha bevuto
L’ennesimo pugno sta per calare sul viso del figlio di Odino, dove cominciano a comparire i segni, sotto gli schizzi di sangue che ancora sgorga dal palmo ferito di Loki.
Il dio dell’inganno sente una presa forte afferrargli il polso, e quando tenta di liberarsene, vede Nadia con la coda dell’occhio; la ragazza è accanto a lui e le dita che adesso stringono il polso di Loki risalgono in una carezza sul dorso della mano, riuscendo a fargli aprire il pugno.
I pezzi di vetro insanguinato cadono sul tavolo rotto, accanto al viso di Thor.
Nel silenzio più totale e nell’immobilità più assurda, sotto lo sguardo scioccato dei presenti e sotto gli occhi lacrimevoli del dio del tuono, Nadia semplicemente, prende uno straccio e si mette ad asciugare il sangue dalla mano di Loki, scostando con la punta delle dita e gesti gentili le piccole schegge di vetro che ancora gli sono rimaste conficcate nella carne.
E lui sente le lacrime premergli contro le ciglia e sente il suo mondo andare in pezzi ancora una volta.
Ancora una volta per colpa di Thor e di quello che la sua famiglia deve aver fatto, tramando alle sue spalle, mentendo.
Non gli resta di aspettare di conoscere i dettagli su quell’ennesimo tradimento.
«In nome di Dio, qualcuno si degni di dirci che sta succedendo» esclama Rogers.
«Ora sarai così gentile da spiegare, Thor?» sibila Loki, in tono freddo e pacato come la neve quando cade.
Il dio del tuono si alza, si passa il dorso della mano sul viso e si toglie via gli schizzi di sangue. Quello colato dalla mano di Loki e quello stillato dai tagli che si sono aperti sulle sue guance.
Per una volta il loro sangue si è mischiato davvero.
Per una volta, l’ultima volta.
«Quella era l’ultima fiala di siero dell’oblio, la pozione proibita degli alchimisti di Alfheim» esordisce il figlio di Odino, chinando lo sguardo con vergogna. «Padre l’aveva tenuta in serbo per molto tempo e voleva… voleva che tu la prendessi perché sperava che se avessi dimenticato tutto, se la parte peggiore della tua vita fosse stata cancellata, avresti potuto rimanere qui, al sicuro e che saresti stato felice, con Nadia. Ma lei non voleva che tu la prendessi e l’ha nascosta perché tu non la trovassi e perché tu non sapessi mai…».
Loki si sente così schiacciato da quella rivelazione e così stremato dal suo sfogo di poco prima che non riesce a reagire. Non con le azioni, almeno, e neppure con le parole.
Solo il suo cuore sta reagendo, infiammandosi con un odio che ora si è acceso più forte di prima.
Prima quell’odio gli sembrava qualcosa di naturale, sbocciato come sbocciano le erbacce in un prato. Adesso invece ha la forma di una lama affondata nel fianco e fa male.
Odino e la sua famiglia gli avevano mentito, in passato, lo avevano fatto sentire meno amato di quanto avrebbe voluto, lo avevano ingannato, si erano trasformati nei suoi nemici e nei suoi carcerieri… ma non avevano mai attentato davvero alla sua vita.
Loki conosce gli effetti di quella pozione, tanto tremenda da essere stata messa al bando molto tempo fa. Non ti fa dimenticare ogni cosa, ti ripulisce la memoria dalle cose brutte o da ciò che ti ha segnato e ti ha potuto avvelenare l’anima.
Se lui l’avesse presa, avrebbe dimenticato di essere stato un dio, avrebbe perso i poteri e si sarebbe scordato di Asgard, di Thor, della loro guerra e della sua famiglia.
Sarebbe stato più misericordioso pensare a un veleno vero e proprio, o lasciare che il boia lo uccidesse il giorno della sua condanna, senza affannarsi tanto a coinvolgere la ragazza e disturbare ancora una volta i suoi dannati protettori.
Privarlo della sua identità, del suo essere un dio, è una condanna maggiore della morte. E la meschinità con la quale Odino ha tentato di delegare quel compito a Nadia lo nausea più di ogni altra macchinazione che il Padre degli dei abbia mai ordito alle sue spalle.
«Dicevi di armami… » mormora Loki, guardando Thor sconvolto, la voce deformata dall’angoscia. «Ma volevi solo tenermi quieto fino a quando Odino, il tuo saggio e magnanimo padre, non avesse avuto occasione di attuare il suo piano».
«No, Loki, io mi sono sempre opposto e sono certo che prima o poi avrei convinto Padre a…»
«AVETE CHIESTO A LEI DI FARLO! Come avete osato?!».
Loki fa di nuovo per gettarsi su Thor, lo sguardo appannato dalla furia e dalle lacrime.
Ma un guizzo di qualcosa di incandescente si frappone tra loro due, andando a sbattere contro una parete, aprendovi un buco in una cascata di calcinacci.
I due dei si voltano nella direzione in cui è partito il colpo.
Tony Stark, ora nella sua armatura da Iron Man, forse spuntata dal lampadario, li fissa con la visiera sollevata, con uno sguardo che fa paura – non a Loki, non in quel frangente, ma è di certo l’aria più tremenda che si sia mai vista sul viso odioso di quell’uomo.
«Ricapitoliamo» dice Iron Man con voce atona. «C’era una pozione magica che Odino ha messo nelle mani di Nadia perché la facesse bere a Loki. Lei si è rifiutata e l’ha nascosta. E ora la bevuta perché quel figlio di puttana di Thanos, arrivato alla sua mente tramite il portale, l’ha resa così disperata da costringerla a prenderla, non potendola uccidere grazie alla pietra. È così?».
Thor annuisce mestamente.
«Sorvolerò su quanto mi disturbi il fatto di essere stato tenuto all’oscuro di tutto ciò, così come gli altri. Quali saranno gli effetti?»
«Quando si addormenterà si dimenticherà di ciò che l’ha portata in questa situazione. Di me, di voi, di tutto quello che è successo da quando io giunsi nella città sull’acqua. Forse ricorderà solo la storia di copertura che avete raccontato alla sua famiglia, perché la sua mente dovrà pur colmare il vuoto in qualche modo. È così che funziona quel veleno» spiega Loki, sentendo un senso di estraniamento, come se stesse parlando rinchiuso nel limbo di un sogno e come se tutte quelle cose terribili non fossero reali e non stessero accadendo davvero.
Stark dondola il capo in un cenno di assenso per dire che ha capito.
«Sarà meglio che voi due vi sbrighiate a tornare da paparino e a farvi dare un antidoto» conclude, gelido.
«Non esistono antidoti» dichiara Thor, livido di vergogna.
Loki pensa che per una volta anche il dio del tuono, il glorioso figlio perfetto, il beniamino della sua patria, l’eroe amato dai suoi compagni debba sentirsi come si è sentito lui per tutta la vita: colpevole, inadatto, in errore. E senza possibilità di fare ammenda.
«È… è inaccettabile!» sbotta Rogers, con gli occhi spalancati di stupore. «E non può, non può assolutamente essere. Nadia non può dimenticarsi di noi, di tutto questo».
Loki vorrebbe poterli picchiare a sangue uno ad uno.
Lascia che ti illumini, soldatino, la giustizia non esiste. Neppure per voi eroi e per le persone che vi sono care.
E poi, è davvero così tremendo e inaccettabile che lei perda la memoria? Che lei possa cancellare le brutture che ha vissuto, la paura di essere uccisa a Venezia, la paura per un amico in punto di morte… Loki che la tradisce per usarla come esca. Loki che non c’era mentre la pietra la consumava. Loki che non c’era mentre Thanos si portava via suo figlio… Loki che entra nella sua vita fingendosi un uomo qualsiasi e poi si rivela essere la punta di un iceberg fatto di pericolo. E lei, sciocca e coraggiosa come solo le donne di Midgard sanno essere, che cede a quell’amore impossibile.
«Ci deve essere una soluzione» interloquisce la Romanoff. «Nadia mi sembra stare benissimo».
«La sua mente tratterrà i ricordi fino a quando non si addormenterà. Il sonno debella le difese e lascia che la pozione faccia effetto». Loki sente la rabbia ribollirgli nelle vece, eppure continua a parlare meccanicamente, arreso all’ennesimo tiro mancino del Fato. Arreso a se stesso, a quello che ancora una volta ha conquistato e non è riuscito a preservare.
L’avete persa.
L’abbiamo persa.
«No, col cazzo!» Barton e i suoi toni soavi. «A costo di tenerla sveglia a schiaffi, adesso ci mettiamo qui e pensiamo a qualcosa da fare».
«Chiedete l’aiuto da casa, come nei quiz. Altrimenti ci pensa l’Altro a telefonare ad Asgard» aggiunge Banner, e il suo respiro leggermente affannato lascia intendere che è più di una semplice minaccia.
Asgard, certo… fosse per Loki, vorrebbe vederla bruciare ora.
Le voci si alzano, si accavallano, diventano una cacofonia rabbiosa. Banner si dirige a grandi passi fuori dal terrazzo per evitare di esplodere ma si ferma sulla porta di vetro e vi appoggia contro la fronte. E poi picchia un pugno contro il telaio di acciaio – come riesce a ottenere il silenzio lui, nessuno mai.
«Sarà al sicuro?» domanda, mentre ogni altro rumore sembra essere risucchiato dalla sua voce.
«Cosa?...» borbotta Stark.
«Senza i ricordi, lontano da qui, a casa, sarà al sicuro, no?» incalza il dottore, con la logica netta e brutale degli uomini di scienza, con la lungimiranza di chi è abituato a tenere in moto il cervello per combattere i mostri che ha dentro.
«Non ha bisogno di perdere la memoria per essere al sicuro» replica acido Barton.
Loki ascolta il silenzio che torna di nuovo a riempire la stanza. Sa quali pensieri si stanno agitando in quell’immobilità. Sono i suoi stessi pensieri, anche se lui non è un eroe e il sacrificio non è mai stata una delle sue attitudini.
Accettare di perdere una persona per tenerla al sicuro è decisamente una cosa da eroi e da persone preposte al sacrificio. E lui non è mai stato disposto a perdere Nadia, neppure quando ne andava della sua sicurezza, anzi, l’ha reclamata come sua da quando ha rimesso piede su Midgard dopo essere fuggito alla prigionia di Thanos. Perché lei lo ama, lo ha scelto, e Loki ha avuto troppo poco amore in vita sua per essere disposto a rinunciare a quello, per vederlo messo in pericolo dalle manfrine di un gruppo di eroi che non sono stati così accorti da badare a lei come si doveva mentre lui non c’era.
Loki è un dio, egoista e prepotente con la perseveranza con cui sanno esserlo gli dei. Ma anche un dio più essere messo spalle al muro dagli eventi.
Gli dei non sono fatti per la felicità.
La pagheranno, Thor, suo padre… quegli sciocchi dei Vendicatori. La pagheranno, ma non adesso.
Adesso c’è da prendere la ragazza per mano e lasciarla andare. Un tempo in cui aveva ancora un cuore, ed era un cuore gentile, Loki faceva lo stesso con gli uccelli feriti che trovava nel giardino del palazzo, li raccoglieva, gli curava le ali e li portava su balcone, dove li lanciava perché tornassero a volare…
Quando Loki riemerge da quei pensieri, scopre che stanno di nuovo tutti urlando.
Esseri ottusi, il destino è stato così magnanimo con loro da non averli abituati alle sconfitte, per questo si agitano tanto.
Il dio guarda la ragazza. È ancora una guerriera, anche se sembra che si sia arresa, e abbia l’armatura ammaccata e le lame smussate.
Lei lo guarda di rimando e lui capisce, le fa un cenno affermativo con la testa. Vorrebbe davvero prenderle la mano.
«Adesso basta». Nadia muove un passo al centro della stanza, con le braccia alzate come un soldato che vuole attirare su di sé tutto il fuoco nemico.
«Ho sopportato troppo per ritenermi la causa di altro male, vi prego, io non… non so che fare, non so cosa dire, ma se questo è il mio ultimo giorno da me stessa, il mio ultimo giorno con voi, vi supplico… non fatemi vedere questo».
Si sente un singhiozzo sommesso dalla fila di eroi schierati: la donna di Stark sta piangendo come se fosse a un funerale.
Per un attimo tutto si arresta, forse persino i pensieri.
Nelle menti dei presenti comincia a realizzarsi il senso di quanto è accaduto. Forse qualcuno riesce persino a pensare che sia un bene: volevano proteggerla rimandandola a casa, adesso senza memoria di tutta quella serie di sfortunati eventi sarà al sicuro davvero.
Eppure, in qualche modo, è la più tremenda delle sconfitte.
Dopo quelle che sembrano ore, l’uomo di metallo preme un comando e l’armatura gli si stacca da dosso, come sfaldandosi in pezzi rossi e dorati privi di forma, cocci sul pavimento, come i resti della fiala, gli ultimi scampoli dell’anima di Nadia, della loro Nadia.
Stark muove qualche passo verso la ragazza e l’abbraccia, stringendosela contro con una foga possessiva, come se ancora potesse proteggerla o cambiare ciò che è successo.
«Oh, Colombina…» mormora con il viso premuto nella sua spalla.
Loki si sente pietrificato. Si sente lontanissimo da quella scena, come si è sempre sentito lontano dall’amore della ragazza per i Vendicatori e si limita a restare fermo e a guardare.
Vede tutti loro avvicinarsi, unirsi a quell’abbraccio, stringendosi l’uno all’altro, attorno a lei, come un muro.
Il viso di Nadia spunta al di sopra del braccio di Rogers e gli occhi della ragazza si puntano su Thor, rimasto in disparte con lo sguardo addolorato.
Gli occhi di Nadia gli chiedono di avvicinarsi, perché non importa ciò che è successo, lui è parte di quella squadra ed è parte di quella vita che sta per essere cancellata ma che nelle sue ultime ore vuole riprendersi tutto un’ultima volta.
Thor si unisce all’abbraccio.
Nadia lo ha perdonato, forse ancora prima di quel detestabile epilogo. E sicuramente anche gli altri Vendicatori lo perdoneranno.
Loki non lo perdonerà mai.
È una consapevolezza così forte che non lascia spazio al dolore. E ora le parole delle Norne acquistano un senso e lui non si sente più smarrito e impaurito di fronte alla prospettiva di essere destinato all’odio e alla distruzione, alla guerra infinita che terminerà solo quando lui e Thor si saranno distrutti a vicenda.
Ma adesso, il dio dell’inganno seguita a guardare la scena, a fissare tutti loro stretti in quell’abbraccio: la fanciulla circondata dagli eroi, come il simbolo dell’umanità che essi seguiteranno a servire e a proteggere fino al loro ultimo respiro, qualsiasi cosa accada.
Il tempo si ferma. E Loki sa che comunque quell’immagine gli resterà impressa nella memoria fino alla fine dei suoi lunghi giorni.
Quando si staccano, tutti con i volti arrossati e stravolti dall’emozione, è Clint Barton il primo a parlare.
«Ehi, noi avevamo uno scettro da distruggere, giusto?»
«E come lo distruggiamo?» domanda Banner.
«Idee, Bambi?».
Loki sospira, sbatte le palpebre per trovare la calma necessaria a fingere che non sia accaduto niente, a resistere per quell’ultima giornata di tregua in mezzo a loro.
Alla fine annuisce. «Con la pietra, mi sembra ovvio».

 

*

 

«Questo non è il nostro momento. È il vostro. Tu va’, io ti aspetto»
«Non è che quando torno, sei sparito?»
«Niente affatto, hai la mia parola»
«La parola del dio dell’inganno?»
«Come se tu non sapessi che sono in grado di fare delle eccezioni».

Nadia sorride per un attimo.
Sono stati alla base dello S.H.I.E.L.D. e hanno fatto ciò che dovevano: distruggere lo scettro, salvare lei e Loki dalle grinfie di Thanos precludendo per sempre a quell’essere la possibilità di raggiungerli, o quanto meno di raggiungere la Terra.
Non è stato piacevole, come tutte le volte che Nadia ha dovuto usare la pietra, ma Loki l’ha aiutata, mischiando il suo potere a quello del gioiello di Borr.
La ragazza si chiede cosa ne sarà della pietra e del suo potere l’indomani mattina, quando si sveglierà senza ricordi.
È una consapevolezza che fa male, molto male.
Ma il dolore scompare davanti alla volontà di vivere quella giornata, quell’ultima giornata, nel migliore dei modi. Se il suo affetto per tutti loro, se tutto ciò che ha significato è destinato a scomparire, quelle ultime ore devono essere un tributo alla parte migliore del loro tempo assieme. Senza rimpianti, senza dolori.
Del resto, è lei che deve scegliere, perché è lei che li perderà. Loro la ricorderanno sempre.

Hanno organizzato un’uscita tutti assieme, la parola d’ordine è Shawarma.
Tony ha chiamato il piccolo negozio di kebab e gli ha detto di chiudere al pubblico, quella sera gli Avengers hanno un’amica da salutare e per la quale far festa.
Loki ha deciso di tenersi lontano da tutti loro. E Nadia può capirlo perfettamente.
Lei ha parlato con Thor. Parola dopo parola, abbraccio dopo abbraccio, ha tentato di soffiargli via dal cuore un po’ di senso di colpa.
Nessuno, a parte Thanos, ha davvero colpe in quella storia, nemmeno Odino con il suo disperato piano che l’ha costretta a tenere in casa quella fiala.
Lei ha sempre disprezzato quel piano, ma con il tempo ha capito le motivazioni che vi erano dietro e ha capito anche che era davvero forse l’unico modo per garantire la sicurezza di Loki.
Continua a non accettare l’idea del Padre degli dei, continua a credere che mai e poi mai si sarebbe prestata a quel piano né si sarebbe fatta costringere.
Ma non c’è posto per nessun rancore nel cuore della ragazza, non quella sera.
Nei suoi pensieri c’è solo una lucidità serena che le permette di vedere tutto con la giusta distanza. In qualche modo è strabiliante, ma forse è sempre così quando si arriva al capolinea.
Non è felice. Non può esserlo: sua figlia è morta, l’indomani i suoi più grandi affetti cesseranno di esistere, almeno per lei, e Loki è distrutto.
Come avevano detto le Norne: alla fine non l’ha salvato, alla fine di tutto ha solo decretato la sua definitiva dannazione, perché lei lo sa che Loki non perdonerà mai Thor, non perdonerà mai la sua famiglia e vivrà nel rancore per il resto dei suoi giorni. Se prima c’era una tenue speranza che le cose potessero aggiustarsi, adesso è tutto sparito.
Potrebbe chiedergli di non farlo, potrebbe fargli promettere di ripensarci, di lasciare che il tempo gli dia occasione di vedere con più chiarezza quello che è successo… ma sa che non lo farà.
Così come non era disposta a cancellare la sua identità perché lo ama, non è disposta a chiedergli di essere ciò che non è. Le fa solo male sapere che lui soffrirà per sempre e l’idea che l’indomani non avrà memoria di questo non le è di alcuna consolazione.
Ma Loki ha davanti a sé una vita lunghissima, e sono così tante le cose che possono accadere. Sono così tante le cose che lui avrà occasione di dimenticare senza che intervengano filtri magici o altre tremende stranezze.
L’idea che Loki possa scordarsi di lei tra tanti anni, quando lei sarà polvere, la infastidisce, ma non la turba.
Nadia si pulisce la bocca dall’unto della maionese. Dice che deve andare in bagno.
Dalla vetrina del piccolo negozio si vedono le stelle accendersi nel cielo di New York.
La prospettiva dell’indomani comincia a farle sentire freddo. Ma deve essere una guerriera, un’ultima volta…
Mentre si sta sciacquando le mani nel lavandino, la porta del bagno si apre bruscamente ed entra Natasha, tenendo sollevato in avanti l’orlo della maglia dove campeggia una grossa macchia di ketchup.
«Spero venga via» dice la donna, bagnando la macchia con un fazzoletto umido.
Nadia l’aiuta ad asciugare il tessuto con grossi pezzi di carta per le mani.
«Io penso che tu possa farcela, Nat» dice la ragazza, prima che l’altra esca.
«Come?»
«Non sei curiosa neppure di darti di una possibilità?»
«La curiosità non è mai una buona cosa…»
«Può darsi. Ma io credo che per Clint ne valga decisamente la pena. E poi vuoi mettere poterti arrogare il diritto di sparare a tutti le donne che gli guardano il culo?».
Natasha Romanoff, con la sua bellezza ferina, le lancia uno sguardo di acciaio. No, non è acciaio, è ferro, e c’è della ruggine sopra, il segno di qualcosa che sta per cedere. Nadia spera che quella spinta sia stata forte abbastanza, anche se non è mai stata brava a fare quel genere di cose.
Dopo cena, quando il tavolino davanti a loro è un ammasso di fazzoletti di carta appallottolati e di cestini unti e di lattine di bibite, la ragazza si fa incartare due grosse fette di cheescake da portare a casa.
Escono dal negozio e tornano a piedi verso la Stark Tower.
«Ho sempre voluto chiedertelo, Tony» domanda Nadia, frapponendosi tra lui e Pepper. «Ma perché non hai mai fatto riparare l’insegna?».
Lui si china al suo orecchio. «È un segreto, Colombina, ma sto progettando una base stabile per la squadra, è irritante dover fare sempre un giro di telefonate ogni volta che c’è da far scendere un gattino rimasto su un albero…».
«Ma tu non eri quello che odiava il lavoro di squadra?»
«Ehi, ma li hai visti quei cinque tizi? Dove pensi che sarebbero senza di me? Sono pur sempre un filantropo…»
«Pallone gonfiato, guarda che ti ho sentito» borbotta Steve, comparso alle loro spalle.
Tony lo guarda con una smorfia. Nadia gli fa l’occhiolino.
«Suppongo servirà sempre qualcuno che si prenda cura di quello che ritiene di prendersi cura di tutti gli altri…» dice la ragazza ridacchiando.
«Cielo, parli ancora come lui a volte!» sbotta il Capitano.
«No, sul serio, nelle fanfiction lo fai… ehm… splendidamente»
«Oh, le fanfiction, giusto. Le ho trovate, ora che ho capito come far funzionare Google».
Tony e Nadia si scambiano un’occhiata allarmata.
«Le hai trovate?» chiede lei, sgranando gli occhi
«E le hai lette?» le fa eco il signor Stark
«Non ancora».
Loro due scoppiano a ridere, continuando a sghignazzare per molti metri e ignorando le richieste di spiegazioni sempre più piccate di Steve.
«Anatre che starnazzano: quanto vorrei avere dietro il mio arco!» interloquisce Clint.
Nadia lo prende sotto braccio e aspetta che gli altri sino qualche passo più avanti.
«Tu! Stasera fatti dare una bottiglia di vodka da Tony… e se fa il taccagno digli che sai di quella bottiglia di vodka speciale che tiene nel mobiletto del suo laboratorio personale»
«Che?...». Clint la guarda poco convinto.
«Fai come ti dico, fidati…»
«Non ho capito, cosa dovrei farci con della vodka?»
«Occhio di Falco e cervello di gallina… usa l’immaginazione» conclude Nadia lanciando uno sguardo furtivo alla volta di Natasha che cammina molti metri avanti a loro.
La sera è calma, come può esserlo una serata a New York, con le luci delle insegne e delle auto che sembrano far giorno in quella città che non dorme mai. L’aria odora già di inverno e Nadia pensa che sarebbe bello vedere quella città a Natale. Ma forse per le feste sarà già a casa… anzi non lo sa, non sa cosa ne sarà di lei da domattina in poi, ma è l’ultima cosa al mondo che la preoccupa, sa che loro, i Vendicatori, se ne occuperanno e non può fare altro che fidarsi e lasciargli scegliere.
Sul pianerottolo di casa, quell’ultima volta in cui sentirà sua quella casa, Bruce la raggiunge e le agita una scatola di cartone davanti agli occhi.
«Questa è la mia ultima scorta di tè verde che ho portato con me da Calcutta» le dice. «Io… ehm, immagino che il tè verde continuerà a piacerti».
Forse quello sarebbe il momento adatto per dirgli che il tè verde non l’è mai piaciuto…
Nadia sorride e finge un’aria entusiasta prendendo la scatola.
«Oh, grazie Bruce!» trilla.
«Sì. È stato un piacere…»
«Tony dice che si prenderà cura di voi, Steve ritiene di doversi prendere cura di Tony… e tu, dottor Banner, abbi cura di te»
«Beh, ci sto lavorando. L’Altro dice che è stato un piacere averti incontrata»
«Suonerebbe insincero se dicessi che lo è stato anche per me?»
«Giusto un po’».
I due ridacchiano, poi Bruce le accarezza una guancia e le dà la buona notte.
Mentre lei si volta per aprire la porta, vede Clint passare sulle scale con il mano la bottiglia di vodka. Le fa segno di OK con il pollice sollevato, lei gli fa l’occhiolino con aria complice.
Nadia sta per aprire la porta, ma sente dei passi concitati alle sue spalle e vede Tony scendere precipitosamente le scale. Si para tra lei e la porta e dopo qualche istante, la ragazza nota Steve che deve essergli corso dietro, per fermarlo… o per spalleggiarlo.
«No, senti! Non farlo…» esclama Tony, prendendola per le spalle. «Non andare a dormire, non farlo, non lasciarci! Noi… noi potremmo… vorremmo»
«Stark, non così…» sospira Steve.
Ah, avevano anche provato il discorso. Bene.
Bruce resta fermo sul pianerottolo, Clint torna indietro, anche Natasha fa capolino dalle scale e Thor esce dalla porta di fronte, come se si fossero messi d’accordo, come se adesso avessero anche un cervello comune.
«No, ascolta: puoi resistere una certa quantità di tempo senza dormire. Ce ne occuperemo, troveremo il modo. Io e il dottore ne abbiamo già parlato e Treccine può fare un salto sull’Olimpo a cercare tra le scartoffie. Si può risolvere, tu puoi restare» conclude Tony. Il suo pensiero è il pensiero di tutti loro, ed è il pensiero di chi non è abituato a gettare le armi.
Ci avevano provato a fingere di aver incassato il colpo. Lei non ce l’ha con loro per non esserci riusciti.
«Questa volta non potete. Lo so, e lo sapete anche voi» dice semplicemente la ragazza.
«Possiamo tentare» dice Steve. «Io mi sono risvegliato dopo settant’anni di ibernazione, non provare a parlarmi di cose impossibili».
«E io sono morta e poi sono stata resuscitata dal re degli dei» replica la ragazza. «So cos’è un limite».
«Perché non ci lasci tentare?» borbotta Thor, ma la voce è titubante, conosce già la risposta, la conoscono tutti.
«Perché non funzionerà. E questa è la mia serata, e non ce la faccio a dirvi addio»
«Non puoi dire che non funzionerà… possiamo…» insiste Tony.
Nadia deglutisce. «È già cominciata» dice, poi alza il braccio destro e scosta la manica per mostrare il polso dove prima c’era il bracciale e adesso c’è solo un segno più chiaro sulla pelle.
«Vi prego, datemi la buonanotte e basta». Ora la ragazza non vorrebbe piangere, è davvero l’ultima cosa al mondo che desidera. Ma lo sguardo le si appanna e le lacrime cadono sulle guance senza che lei riesca a fermarle.
Le fermano loro, i suoi eroi, un abbraccio alla volta. Un bacio della buonanotte alla volta, prima di andarsene e lasciarla all’ultima persona rimasta da salutare.
Nadia entra in casa e si chiude la porta alle spalle.
Vi voglio bene, ragazzoni…
La ragazza guarda l’appartamento semibuio e silenzioso. Per un attimo ha davvero paura che Loki non ci sia ma poi la figura alta e slanciata del dio dell’inganno compare in fondo alla stanza e lei accende la luce.
Gli mostra la scatola con dentro i pezzi di torta, va in cucina, li sistema su due piattini e li porta a tavola.
Seduti l’uno di fronte all’altra, il dio e la ragazza si lanciano sguardi carichi di troppe troppe parole, ed entrambi sanno che una notte è troppo poco per tutto quello che non si sono mai detti e per tutto quello che avrebbero bisogno di dirsi.
«Come ti senti?» domanda Loki.
«Sto bene, davvero… i medici sono bravi quando… beh, quando è successo quello che sai».
Lui annuisce con aria cupa.
«L’hai visto? In quei sogni hai visto nostro figlio?».
Nadia sorride. Le farebbe male parlarne con chiunque – e difatti non ne ha parlato con nessuno – ma non con lui.
«Era una bambina. Chiedeva di te, ed era bellissima e soprattutto, era felice»
«Quello sarebbe stato senz’altro merito tuo».
Loki abbassa lo sguardo, fingendo di trovare particolarmente interessante la crema di fragola che cola dal pezzo di torta.
«Sono preoccupata per te, lo sai, vero?» dice Nadia, dopo qualche secondo.
«Lo so, come tu sai che ogni preoccupazione è superflua. Sono ciò che sono, Nadia… non posso cambiare. Ma tu, perché hai scelto di non darmi la pozione?».
La ragazza lo guarda negli occhi. La domanda non ha bisogno di risposta.
Lo sai perché.
«Non mi hai mai permesso di dirtelo. Ma lo sai».
Io ti amo.
Finiscono di mangiare il dolce in silenzio. Lei ha appena ingoiato l’ultimo boccone, quando Loki si alza di scatto e le si porta accanto, le cinge le spalle e la bacia.
«Ci sono stati momenti in cui, potendo scegliere, avrei davvero voluto cancellare il tuo ricordo di me» le dice contro le sue labbra. «Ma ho sempre pensato che tu fossi troppo coraggiosa per meritarlo, assai più coraggiosa di me. Una volta qualcuno mi ha detto che l’amore è per i bambini… io penso che sia per i coraggiosi».
Sì, Nadia lo sa, sa che lo ha amato molto di più di quanto lui abbia amato lei. Ma non questa sera, questa sera tutto è diverso, anche il cuore di Loki, quel cuore che lui crede di non avere.
Il dio le circonda la vita con le braccia e la solleva. La porta in camera da letto e la lascia cadere delicatamente sul materasso.
Nadia si mette seduta contro la spalliera, Loki si sistema alle sue spalle, le fa poggiare la testa sul petto e la tiene abbracciata, come i Vendicatori quella mattina, protetta nel cerchio delle sue braccia un’ultima volta.
La ragazza sente le lacrime cominciare a pizzicarle gli occhi, ma non vuole piangere. Non ancora almeno.
Serra le palpebre e lascia che Loki si metta a raccontarle di quando era ragazzo e delle buffe punizioni creative che la sua maestra, Snotra, sapeva inventare.
Ridacchiano di tanto in tanto, e quando lui si interrompe le bacia la tempia e poi ricomincia a parlare.
E poi è il turno di Nadia. Gli parla della sua infanzia, di Venezia, di tutte le cose stupide che hanno riempito la sua vita prima che arrivasse lui, in quella folata di vento gelido, con lo sguardo torvo e le ombre nella mente.
Ridono di loro stessi, ricordando quei primi giorni insieme.
Ridono. E non era mai successo, mai così.
«Stai bene?» domanda Loki quando la ragazza si blocca e si sofferma a fissare il vuoto per qualche minuto.
«Sto bene».
Nadia si volta nel suo abbraccio, si mette seduta sui talloni di fronte a lui.
Non potrà ricordare quel momento, ma vorrebbe che lui lo facesse ogni volta che sentirà il buio farsi più forte. Vorrebbe dirgli che questo è il suo vero essere, la persona che è con lei in quella stanza. Ma sa che Loki non le crederebbe e così trova qualche altra cosa da dirgli, qualcosa alla quale deve credere per forza.
«Ti amo» mormora, guardandolo negli occhi.
Lui ricambia lo sguardo, stringendo le labbra.
«Non c’è bisogno che tu dica niente, Loki, voglio solo che almeno uno di noi due lo ricordi».

 

 

 

 

 

 

___________________

Note:

Il titolo del capitolo è una citazione di un episodio di Doctor Who. 

D'accordo… questo capitolo è uscito fuori completamente diverso da come lo avevo progettato.
Alla fine ho preferito dare spazio ai soli POV di Loki e Nadia e descrivere i due momenti opposti della giornata, per sottolineare la diversità delle loro condizioni (e quindi delle loro reazioni) che ha sempre inciso e caratterizzato il loro rapporto.
Quando dico che lo avevo progettato diversamente mi riferisco al fatto che lo immaginavo più "incisivo" rispetto alla reazione degli Avengers alla cosa… ovviamente, un approfondimento su di loro ci sarà nel prossimo capitolo.

E quindi, siamo giunti alla penultima puntata. Il prossimo capitolo sarà quello conclusivo e poi ci sarà un breve epilogo. 

Incredibile ma vero, siamo arrivati in fondo ^^
Intanto ringrazio tutti voi.

Vi ricordo che per domande, curiosità and so on c'è il mio Profilo Ask. 

Ci leggiamo venerdì prossimo :)

   
 
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