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Autore: laragazzadirenoir    09/08/2013    1 recensioni
Lui tolse gli occhiali a specchio, aveva gli occhi castani, con qualche piccola e quasi impercettibile linea verde. Si sedette accanto a lei, i suoi occhi avevano una base castano chiaro, ma erano pieni di verde, un verde forte, sembravano quasi gialli.
Deglutì, non si aspettava quegli occhi, restò muto. Fu un attimo che sembrò durare un'eternità e Rosalba sapeva già che sarebbe stato così, che avrebbe pensato a quello sguardo almeno per un mese.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quella notte Rosalba ebbe degli incubi. Sognò degli squali, poi dell'oro; odiava entrambe le cose. Forse era stata l'ansia, o forse il troppo freddo per via del condizionatore. Si svegliò controvoglia, bevve il caffè che le aveva preparato sua nonna, si vestì in fretta e, senza guardarsi allo specchio, mise i suoi occhiali da sole scuri. Poi uscì. Non pensò molto al bagnino, aveva fretta di tornare a casa e il sole caldo, anche di primo mattino, le stava sul collo. Comprò le marlboro, ne accese una e proseguì verso casa. Un tipo che non conosceva le urlò ''Non fumare, fa male!''. Probabilmente quello doveva essere solo un altro dei miseri tentativi di abbordaggio dei suoi compaesani. A lei sarebbe bastato qualcuno che l'avesse guardata negli occhi. E poi, come se non sapesse che il fumo fa male; come se le importasse. In realtà non usava definirla neppure dipendenza, la sua. Fumava ogni tanto, quando le andava. Non stava male senza, non stava troppo bene con. Era così, uno stupido vizio che accomunava tanta gente. Si fermò in salumeria e comprò un panino al tonno, visto che sarebbe stata da sola e la cucina non era il suo forte. Ringraziò, pagò e uscì. Arrivata a casa si spogliò subito e controllò Facebook. Mise un po' di musica e restò impalata. Le venne in mente di controllare la pagina della piscina, di guardare le foto, cercava qualcosa. Qualcuno. E, contro ogni aspettativa, trovò delle foto del bagnino 'coraggioso'.
''E' lui'', esclamava a voce bassa. Lo ripeté più volte: ''E' lui''.
Ma non c'era alcun tag, nessun commento, niente di niente. Solo due foto, solo lui. Decise che era meglio lasciar perdere. Sistemò la sua camera e le venne in mente di chiamare Catia. In fondo con i suoi amici c'era anche lei, quel giorno; aveva visto come si erano guardati. Voleva chiederle di tornare lì, in quel posto, per prendere un po' di sole, rilassarsi. Senza svelare il suo vero intento, anche se, probabilmente, Catia avrebbe capito comunque. 
Prese il telefono di casa e compose il numero.
''Pronto! C'è Catia?'', disse incerta.
''Sono io Rò, ciao!'', rispose l'amica, sorridendo dall'altra parte.
''Oh Cà, ma allora? Che stai facendo? Che mi dici?''
''No niente, stavo un po' sul letto, fa un caldo...''
''Eh sì, è vero...'', Rosalba arrivò subito al punto: ''Ma domenica hai da fare?''; si sentiva egoista, eppure aveva bisogno di vederlo ancora una volta.
''Mhh, domenica, non lo so. Devo capire se papà è disposto ad accompagnarci, se c'è, ci andiamo!''
''Hai già capito?'', sorrise anche Rosalba.
''Sì, andiamo in piscina''.
''Speriamo Cà, speriamo bene dai, così ci rilassiamo''.
''Guardando persone a caso'', ora sorrideva Catia.
''Eh, mi hai capita. Vorrei vederlo, era così... bello'', Rosalba si sentiva terribilmente scontata. Forse neppure lei era diversa da tutte le ragazze che gli ronzavano intorno. Ma no, dopo un attimo di sbandamento si convinse che lei non era così, non voleva e non poteva esserlo. 
''Sì, è un bel ragazzo, davvero''.
''Vabbè Cà io sistemo casa, ci sentiamo dopo''.
''Okay, a dopo, ciao''. 
Attaccò. Guardò di nuovo le foto e studiò, anche attraverso lo schermo, tutti i particolari del suo corpo. Ma non poteva scorgere la parte più importante, quella che l'aveva colpita dentro: gli occhiali da sole a specchio le impedivano di guardargli gli occhi. Ne fu delusa. 
La giornata passò lentamente, decise di studiare, aveva altri esami da preparare e, anche se mancava un bel po' di tempo, avrebbe fatto meglio ad anticiparsi il lavoro. Decise che non era il giorno giusto, il caldo la opprimeva. Si stese sul letto, nel pomeriggio, e creò, in mente, tante scene diverse. Scene di cui i protagonisti erano lei e lui. Assurdo, si ripeteva. Come una persona può colpirti in tal modo. Cadde nel sonno più profondo dopo poco, era stanca e se ne accorse solo al nuovo risveglio.
 
 
Matteo si alzò alle tre del pomeriggio. Quella del giorno prima non era stata un'ottima serata e aveva dimenticato che aveva da fare in piscina. Aveva giurato al padre che l'avrebbe aiutato con gli affari e con l'attività di bagnino. Trovò dieci chiamate perse di Giuseppe, due chiamate di suo fratello, poi alcune chiamate di suo padre. Si fece una doccia veloce, indossò la canotta dello staff, le ciabatte e il pantaloncino del costume. Prese l'elastico arancione che teneva sempre al bicipite, poi passò un po' di gel nei capelli. Andò di fretta in cucina, aprì il frigo a due ante e bevve del latte direttamente dalla bottiglia. Corse alla porta di casa, prese le sue chiavi dall'appendino e corse giù. Accese l'auto e si avviò verso la piscina, arrivò presto, in fondo erano quasi tutti partiti e a quell'ora, le poche persone rimaste in città, non si sarebbero mai sognate di uscire di casa. Parcheggiò svogliatamente e lasciò le chiavi a Simone.
''Ohh ma che fine hai fatto?'', gli gridò.
''Eh, brutta nottata, ho fatto tardi''. Sospirò.
''Veramente questo l'avevo capito'', Simone sorrise mostrando i denti, ''Ma non dire brutta, so come di diverti la sera eh!'', sorrise ancora.
Matteo sapeva che il sorriso di Simone si riferiva alle storie che giravano sul suo conto. Un tipo che ha tante donne, tanti soldi, tanto da fare. Ma non era così, l'amore era ben lontano da lui, i soldi, nonostante la soggettiva convinzione di chi non li avesse, non lo rendevano di certo felice e non aveva nulla da fare; se non in piscina. La sua vita era vuota. Non si sentiva affatto utile. E si chiedeva come, queste sue riflessioni interne, potessero incidere con il suo rapporto con gli altri. Si distaccava da tutto, ascoltava le sue paranoie, poi tornava in sé quando era troppo tardi.
Simone lo guardò fisso, quasi sconvolto.
''Mattè stai pieno di sonno, non ci sei con la testa. Dammi le chiavi và, ti parcheggio 'sta macchina''.
Matteo annuì, questa volta gli era andata bene, la scusa del sonno lo aveva salvato. Prese i suoi occhiali da sole specchiati dal cruscotto e lasciò fare il resto a Simone.
Si diresse verso l'entrata della piscina, salutò sua madre, impegnata a parlare al telefono e entrò nel complesso. Sembravano tutti così felici e spensierati. D'un tratto una strana sensazione lo colpì. Mentre andava a sedersi sotto all'ombrellone, dove controllava dallo sgabello che tutto filasse liscio, diede uno sguardo ben mirato tutto intorno. La stava cercando e fu una cosa che partì da dentro. Non si accorse neppure di cosa stava facendo, fin quando non realizzò che lei non doveva essere lì. 
''Che idiota'', sussurrò tra sé e sé.
Davanti gli sfilavano diverse donne, dalla piscina tutte gli avevano rivolto almeno uno sguardo, il dj urlava qualcosa in lontananza, forse stava organizzando dei balli di gruppo. Abbandonò lo sgabello e prese una sedia a sdraio. Restò lì, senza parlare, almeno per venti minuti. Poi arrivò suo cugino. Lo vide arrivare e si risollevò, sedendosi in modo più composto.
''Oh Giò!'', gli sorrise, poi si abbracciarono appena.
''Mattè, che dici?'', anche suo cugino portava gli occhiali a specchio. Ma era il suo opposto: biondo, non troppo alto, adolescente.
''Niente Giovà, qui fa un caldo assurdo...'', sospirò.
''Già, ma che è? Ti ho visto un po' strano ultimamente''.
''No niente, sto scocciato'', sbuffò, ''Solita gente, soliti posti. Mi sono scocciato...''. Non si aspettava alcuna comprensione da Giovanni, in fondo lui, da grande, avrebbe voluto avere la sua vita. Donne, locali, felicità apparente.
''Forse non è tutto oro quello che luccica, no cugino?''
Matteo si stupì: ''Non lo è, ma alla gente piace''.
''A te no però, provvedi''.
Prima che Matteo potesse replicare ancora, sua madre lo chiamò dal bordo piscina e, guardando Giovanni senza aggiungere altro, si avviò verso di lei.
''Mà...'', le disse andandole incontro.
''Matteo ma a quest'ora? Ti sembra il caso? Non so dimmi te a questo punto come devo comportarmi''.
''Lo so, scusa. Ieri sera ho avuto dei problemi e ho dimenticato completamente la sveglia... vedo che ve la siete cavata bene però!'' 
''Sì, non ci lamentiamo'', sua madre l'aveva già perdonato, ''Dai torno all'entrata'', gli disse sorridendo.
Matteo restò fermo, si guardò ancora intorno, ma poi, sconcertato, si girò verso la piscina. Ammonì con il fischietto dei ragazzi che si tuffavano in acqua con violenza e tornò a sedere. Era tutto spento, lei non c'era.
 

Continua



 
P.O.V. Autrice:
Contro ogni aspettativa, questa storia ha preso anche me. Delle volte le cose che abbiamo o che creiamo, finiscono per possederci (Questa è un po' la filosofia del Fight Club). E difatti penso di continuo a come continuare, scrivo di continuo. Mi sento bene! E mi fa piacere guardare le visite e leggere pareri positivi. Mi auguro che possa prendervi sempre di più, ma non dimenticate una piccola recensione. Per noi che scriviamo è importante capire se le nostre parole strappano qualche sorriso. Dopo posterò altro!  Ciao :)

 
  
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