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Autore: bomerhalder    09/08/2013    1 recensioni
E' l'ultimo anno al liceo e Daniele e Alessia sono migliori amici da quando sono alti un metro e uno sputo. La loro amicizia è invidiata da tutti per quanto forte e indissolubile. Tutto sembra andare nel migliore dei modi tra feste, uscite, serate tra amici e ansie da adolescenti, finché un giorno Daniele non riceve una notizia dal padre..
~
“Caro diario,
oggi sono andata da Daniele. Rovistava tra gli scatoloni in casa sua e faticavo a trattenere le lacrime.
Gli addii non sono facili come sembrano.
Ho provato a fare un sorriso e lui anche, ma rischiavamo entrambi di scoppiare in lacrime.
Perciò ci siamo abbracciati, in quell'appartamento così vuoto che sembrava fare da specchio a come mi ero sentita le ultime due settimane.
I muri ci fissavano quasi avessero voluto piangere.
Non abbiamo detto una parola.
Sapevamo che ci saremmo mancati di più, altrimenti.
E sappiamo benissimo entrambi che un abbraccio di qualche minuto, non puo' mai alleviare la sofferenza che porta cio' che sta per essere strappato per sempre dalla nostra vita.
Non voglio che vada via. Non voglio solo delle maledette fotografie che mi ricordino la sua assenza.
Io voglio che rimanga qui. Per sempre.”
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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La scuola dista poco da casa mia ed essendo solo le sette del mattino decidiamo di fare una passeggiata per la città per ammazzare il tempo e alleviare la tensione che sicuramente crescerà nelle prossime cinque ore.

Per le strade si sentono già i rumori del traffico e nonostante Daniele mi ripeta ogni giorno dalla quinta elementare quanto lo odi oggi lo fa sentire più rilassato, 'a casa' dice lui.

Come se Roma non fosse casa sua, poi. Ma va bene, oggi è teso ergo gli concedo di sparare le peggio cavolate almeno fino alla quarta ora.

Stiamo passeggiando in silenzio e riesco a percepire la tensione di Daniele come la stessi vivendo in prima persona. Decido di rompere il ghiaccio:

«Oh, non stai mica andando al patibolo, eh.»

«Lo so, lo so. Il fatto è che mi sento spesso un fallito e sapere che dopo l'interrogazione che farò oggi mi sentirò così ancora di più mi fa stare solo peggio» mi dice con uno sguardo sconsolato.

Mi fermo un attimo mentre lui continua a camminare lentamente con lo sguardo basso.

In tutta la mia vita seppur breve ma lunga abbastanza da capirci veramente qualcosa di quel ragazzo, sento che quella stupida interrogazione non è l'unica cosa a turbarlo.

Ma anche se fosse così non me lo direbbe mai: cerca sempre di risolvere tutto da sé, fino a quando non si caccia in guai più grandi di lui ed è lì che, di solito, entro in scena io.

Si ferma a guardare il traffico, dandomi le spalle.

«Daniele?» chiedo preoccupata.

«Ale, tranquilla, non fare quella faccia che poi ti lamenti se ti vengono le rughe, è tutto apposto. Solo che sono teso anche per gli esami e tutto il resto. Veramente, non preoccuparti per me.»

«Sono la tua migliore amica, per definizione devo preoccuparmi per te. Hei, sul serio, se qualcosa non andasse tu me lo diresti, vero?» gli chiedo.

Sorride.

«In fondo chi è stato a tirarmi fuori dal casino di quando rimasi chiuso a scuola quella sera dello spettacolo teatrale, in terzo?»

Rido al ricordo e mi accorgo che non ha veramente risposto alla mia domanda.

Ad ogni modo, per rincuorarlo, gli vado incontro e lo abbraccio.

«Andrà tutto bene, rompiscatole. E se hai un problema che tanto ti angoscia, beh, sappi che sei più forte di lui e che ce la farai comunque» gli sussurro.

«Ne sei sicura?» mi chiede stringendomi nella sua felpa.

«Ti conosco da diciotto anni, Daniele. Non credi sia abbastanza per essere sicuri di qualcosa riguardo ad una persona?» gli domando senza domandarglielo sul serio ripensando a tutti quegli anni passati insieme con un po' di malinconia.

Il rumore del traffico fa da sottofondo a quella scena che potrebbe anche essere un addio a detta di chi passa, ma in realtà a nessuno importa nulla delle nostre vite, dei nostri sogni, speranze e paure.

«Grazie, miss fronte corrucciata del secolo. Non so cosa farei se tu non ci fossi» mi sussurra poi Daniele, beccandosi automaticamente un colpo in testa.

«Andiamo va'» dico prendendolo per mano.



 

Arriviamo a scuola in anticipo e decidiamo di entrare in classe per ripetere ancora qualcosa.

Daniele è nervoso e cammina avanti e indietro tra la cattedra e la finestra blaterando un sacco di formule che solo lo vedesse qualcuno direbbe che sta dando di matto.

«Ma comunque io le sono stato sempre antipatico, a quella. Sicuro al mille per mille che non mi ammettono agli esami per colpa sua e del suo amore perverso per il suo cocco Lorenzo» inizia sconsolato e arrabbiato.

Senza nemmeno alzare la testa dal mio libro di matematica lo rimprovero e gli dico di continuare a ripetermi il programma.

«Daniele, non devi pensarci. Lo so, è difficile ma pensaci: tra meno di un mese tutto questo sarà finito. Tu sei sempre stato forte abbastanza da superare tutto e ce la farai a superare anche questo, uno stupido voto non potrà mai cambiare quello che sei perché quel voto cambierà sempre a seconda della persona che ti giudica. Comunque vada, tu sarai sempre importante per qualcuno e non faresti altro che allontanare tutti facendo così e gettando la spugna.»

«Perché?» chiede preso dal discorso.

Almeno sto riuscendo nel mio intento di fargli pensare a qualcos'altro che non sia la matematica.

«Perché così metti a nudo i tuoi punti deboli e tutti quelli che il giorno prima credevi ti fossero amici improvvisamente cercano di colpirti proprio in quei punti per distruggerti e vederti lentamente impazzire. Li faresti solo felici mollando tutto, Daniele.»

«Tu lo faresti?» lo sento sorridere e sorrido anch'io.

Alzo lo sguardo e punto i miei occhi celesti nei suoi azzurri.

«Sono la tua migliore amica. Molla e io ti faccio fuori direttamente senza torturarti ulteriormente» gli rispondo ridendo.

Mi si avvicina e mi stampa un bacio in fronte proprio mentre suona la campanella e in classe inizia ad entrare qualcuno.

«Correrò questo rischio, allora.»

«Mi stai sfidando, Daniele?»

«Puo' darsi» ride sgattaiolando al suo banco in fondo all'aula e gli tiro addosso il quaderno di latino perché controlli di aver fatto bene la versione.

 

 

Due ore passano abbastanza velocemente senza grandi colpi di scena: filosofia non interroga nessuno e decidiamo di leggere un nuovo capitolo mentre l'ora di latino salta per un'imprevisto del nostro prof.

Al suono della terza ora, sento Daniele che ripete velocemente per l'ultima volta.

«Oh, Daniele li hai fatti te gli esercizi?» gli chiede Giorgio, il suo compagno di banco nonché amico da una vita.

«Cazzo. Gli esercizi!» sento che si batte una mano in faccia e alzo gli occhi al cielo divertita: «Gio, ieri sera mi sono addormentato e me so proprio dimenticato. Addio maturità, insomma.»

«Siamo in due, amico» sospira Gio' cercando di nascondersi dietro le spalle di Alice che intanto mi chiede a gesti se abbia già scelto cosa mettere alla festa.

«Dopo parliamo, Ali» le faccio segno.

Quella di matematica entra e in classe si ristabilisce l'ordine.

Daniele sbianca sentendosi chiamare alla lavagna. Prende il suo quaderno e il suo libro e probabilmente durante il tragitto banco-cattedra studia la scusa migliore da rifilare per non aver fatto i compiti.

Sorrido soddisfatta all'idea che non ce ne sarà bisogno.

«Allora, il nostro carissimo Daniele» inizia la bisbetica con un sorriso perfido e un paio di occhi malvagi che brillano dietro le spesse lenti degli occhiali: «svolga l'esercizio che sto per dettare.»

Io, Alice e Giorgio iniziamo a sfogliare le pagine per leggere il testo.

Lo troviamo e sospiro quando mi accorgo del fatto che è estremamente difficile e non sono sicura che nemmeno un genio come Daniele sappia svolgerlo.

Io e Ali iniziamo a svolgerlo suggerendoci talvolta da una parte all'altra dell'aula.

Daniele controlla ogni passaggio e procede sicuro di sé lasciandomi stupita.

Mi blocco ad un passaggio e Ali inizia a grattarsi la testa. Le faccio un gesto per chiederle come si va avanti e lei mi guarda nel panico non sapendo che fare.

Prendo un respiro provando a considerare tutte le soluzioni, quando mi accorgo che Daniele ha finito il problema.

Guardo confusa Ali e leggendo la soluzione è uguale a quella riportata sul libro.

Daniele ha un viso soddisfatto e a giudicare da quello della prof dire stravolta è dire poco.

«Come...io...fammi vedere i passaggi» borbotta.

Li controllo anch'io insieme a lei convinta che Daniele abbia imbrogliato in qualche punto ma annuisco divertita quando realizzo che non è così.

«Va bene, giovanotto. Basta così» dice la bisbetica: «mi fai vedere gli esercizi?»

Scrivo subito un bigliettino a Daniele che, nel panico, sta pensando già a cosa dire e alzo il foglietto quanto basta per farglielo notare.

APRI IL LIBRO. NON DIRE NULLA

Apre il suo libro di matematica alla pagina degli esercizi e trova il mio post-it.

Gli scappa un sorriso che potrebbe illuminare Roma intera mentre si gira a guardarmi.

Lo stacca e lo mette nella tasca dei jeans.

La prof controlla gli esercizi e lo manda a posto.

«Lei si merita un otto» sentenzia la bisbetica.

La mia felicità si spegne in un secondo. Daniele, invece, sta per piangere dalla gioia.

«Non è giusto» mormoro.

«Ovviamente non lo è» risponde lei: «è un problema alquanto complicato e direi che la sua preparazione va ben oltre un otto. Lei non crede, signorino?»

Il mio volto si illumina.

«Oh, sì... Cioé, no, no, no, va bene» balbetta confuso mentre mi fissa ancora.

Arrossisco e distolgo lo sguardo.

«Vada a posto. Oggi si è meritato un bel dieci» sentenzia mentre suona la campanella.

Daniele rimane immobile e la classe ha una faccia incredula.

«Dieci?» riesce a mormorare Daniele: «ha detto dieci?»

«Ha sentito cosa ho detto» ribatte seccata mentre chiude il registro e va via.

Daniele ride incredulo.

Nessuno ha mai preso un dieci ad un interrogazione di matematica in cinque anni. Specie con quella vecchia megera.

Appena la prof esce insieme a mezza classe che si riversa in corridoio, intravedo Daniele ancora lì, davanti al suo problema, che sta per piangere di gioia.

«Grazie, grazie sul serio, grazie!» ripete con la voce alta di qualche decibel di troppo rivolgendosi al cielo.

Sorrido alla scena ed esco fuori la classe per i corridoi affollati battendo un cinque ad Alice.

«Cosa farebbe se non esistessi?» mi chiede.

«No, la domanda è: “cosa farebbe se non esistessimo?”»

«Probabilmente prenderebbe meno di me in mate. E con la mia sfilza di tre, quattro e cinque la vedo dura.»

«Probabilmente si darebbe al basket tutto il giorno.»

«Come se fosse necessario vivere in un universo parallelo, per questo.»

«Già, vero. Secondo me ha imbrogliato.»

«Dici?»

«Uhm, non so come ma deve averlo fatto! Quel problema non riuscivo a risolverlo io!»

«Uh, spodestiamo la regina della matematica» scherza Ali.

«Secondo me la Riccardi si è innamorata di lui. E' lei che è invidiosa del mio primato come miglior matematico pazzo del secolo e cerca di spodestarmi» scherzo mentre ci incamminiamo per i corridoi, felici.

  
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