Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: InspiredByBieber    09/08/2013    10 recensioni
Non sapere in che cosa ti stai cacciando e sapere che hai sempre la tua migliore amica con te. Scappare da un passato burrascoso e pieno di litigi, scappare dalla persona che eri prima di tutto questo. 
E adesso, eccoci qua. Al college.
Benvenuti matricole, che la vostra Clique vi possa dare il benvenuto in Florida!
Genere: Commedia, Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic




Mi guardai allo specchio e continuai a ripetermi mentalmente “fai finta di non ricordare, agisci come se niente fosse, d’altronde non è la prima volta che dimentichi tutto” ma l’altra parte di me diceva “cavolo, l’hai combinata davvero grossa!” non era questa la mia intenzione. Non avevo in mente di relazionarmi con nessun nostro coinquilino: dovevamo vivere assieme per quasi un anno e se le cose non fossero andate bene, be’ vivere in quel modo non sarebbe stato semplice. E poi la cosa più importante da specificare era che Cory non mi piaceva da quel punto di vista.
 
Sobbalzai quando due colpi secchi nella porta del bagno chiesero il permesso di entrare.
«È occupato» risposi con voce roca, e mi sbalordii da come mi uscirono le parole.
«Jake, aprimi! L’avrò visto un milione di volte il tuo uccello, cazzo!» era Justin.
Non seppi se ridere o meno, quindi soffocai una risata cercando di non farmi sentire «Potevi risparmiarmi questi piccoli dettagli della vostra “amicizia” se la vogliamo chiamare in questo modo» non sentii risposta e dopo aver terminato con le mie cose, aprii la porta.
«Potremmo passarli anche noi momenti come quelli» Justin era ancora fuori dalla porta e aveva tutti i capelli arruffati e indossava solo dei pantaloncini da basketball. Il suo torace muscoloso e scolpito mi fece andare in tilt per qualche secondo, poi riuscii a concentrarmi sulla sua faccia e i suoi occhi che mi osservavano.
«Non dovevi entrare in bagno?» chiesi, scettica.
«Puoi entrare anche tu, se vuoi» il suo sorriso malizioso non smetteva di luccicare tra le sue labbra e io mi stufai. Non mi era mai capitato di svegliarmi di buon umore, figuriamoci se l’avrei fatto proprio nel momento in cui mi si presentava davanti lui… con i capelli disordinati e dei pantaloncini che… NO.
«Sei disgustoso, giuro» mi scansai e mi diressi verso camera mia, sotto il suo sguardo attento.
 
Decisi di cambiarmi velocemente e di andare a correre. Mi avrebbe aiutata a conoscere meglio i dintorni. D’altronde la zona mi piaceva: era tranquilla, pulita, con alberi e piante dappertutto.
Mi misi un paio di pantaloncini e una canottiera, delle scarpe da tennis e presi l’iPod. Guardai l’ora e facendo dei calcoli matematici mentalmente, arrivai alla conclusione che potevo tranquillamente passare due ore fuori, senza preoccuparmi di niente. Il pranzo oggi toccava a Hilda, Hebe e Angie, quindi non ci sarebbero stati problemi per quello.
 
Non c’era nessuno in giro per casa e anche Justin era ritornato a letto. Gli unici svegli erano Jake e Acacia, i quali avvisai prima di uscire. Stavano giocherellando tra di loro e stroncai la conversazione il prima possibile per lasciarli da soli. Erano solo le otto del mattino ed era anche un record che io mi fossi alzata così presto.
Quando chiusi la porta, silenziosamente per non svegliare quelli al piano di sotto, notai con discrezione che gli annaffiatoi avevano deciso di mettersi in funzione nel momento stesso in cui percorsi il prato.
 
CAZZO.
 
Mi bagnai tutta e fu un’impresa non farmi notare da tutti. I vicini fuori, che annaffiavano da sé i loro giardini, si misero a sghignazzare.
Umiliata, iniziai a correre verso qualsiasi marciapiede che fosse esposto al sole. Pregai che nessuno mi vedesse in quello stato, ma… tempismo perfetto.
 
«Ehi!» qualcuno mi chiamò da dietro e mi voltai. Doveva ringraziare che non avessi musica nelle cuffie.
 
Oh, mio, dio.
 
«Ciao» risposi sorpresa ed esitante, togliendomi le cuffie.
«Pensavo non mi avresti sentito»
«Avevo l’iPod spento, anche se dubito funzioni ancora» osservai ricordando l’aneddoto di quella mattina.
 
Il ragazzo che la notte prima incontrai in discoteca era davanti a me e alla luce del sole era ancora più bello.
 
Sogghignò. «Sei andata al mare?» scrutò il mio abbigliamento stranamente fradicio continuando a sorridere.
«Non proprio» giocherellai con le mani per l’imbarazzo «diciamo che ho avuto un incontro ravvicinato con gli innaffiatoi di casa mia… spero che tu abbia afferrato il concetto perché non voglio ridirlo per continuare ad umiliarmi ancora di più»
Lui iniziò a ridere e il sorriso che avevo definito bellissimo, era realmente così. Non ero abbastanza ubriaca per non notarlo anche al buio.
«Sei una ragazza con mille sorprese»
Mi volli sotterrare, ma la mia corporatura – a meno che non diventassi in una frazione di millesimo di secondo una formica – me lo impediva. Cercai di cambiare argomento.
 
«Che ci fai da queste parti? Vivi nei dintorni?»
Lui annuì facendo una smorfia molto buffa «Non precisamente. Ho affittato una casa insieme a mio fratello alcuni isolati da qua. Sono venuto solo per comprarmi un caffè. Non ci hanno portato ancora la caffettiera» indicò il bar dietro di lui.
Sorrisi annuendo e pensai a come fosse la loro casa, dal momento che l’avevano affittata solo in due. Erano costose da quelle parti, ne avevamo discusso con gli altri proprio l’altro giorno, ma lasciai perdere, e pensai che fosse giusto non sembrare troppo evasiva. «Tu invece?»
Io alzai le spalle «Sono qua per studi, ho affittato casa con altri studenti e la mia migliore amica. E stamattina mi sono svegliata con l’intenzione di fare una corsetta, anche se gli innaffiatoi sembravano esserne contrari» sghignazzò «e sinceramente non so neanche dove stia andando, ma voglio conoscere un po’ la zona»
«Ti aiuterei se ne fossi capace… ma potremmo farlo insieme se vuoi»
 
Un senso di piacere mi avvolse lo stomaco.
Si, si, si, si e ancora si!
 
«Con piacere»
«Che ne dici di stasera?»
Arricciai il naso «Ho lezione, non penso che faccia»
«Domani mattina?»
«Domani mattina è perfetto»
 
Ci scambiammo i numeri e mi trattenni, dopo averlo lasciato, nell’evitare di fare qualche balletto strambo. Si chiamava Eric Nicolson e si fece addirittura una foto con il mio cellulare da mettere nell’ID.
 
Quando rientrai a casa, tutti erano svegli e guardavano la televisione, mentre altri cucinavano uova oppure pancakes.
«Ciao Amie, com’è andata la corsetta?» mi chiese Cory mettendoci tutto se stesso per non scoppiare a ridere.
«È vero che ti sei bagnata tutta con gli innaffiatoi e hai preso a parolacce il postino?» tagliò corto Angie, con espressione incredula.
 
Che pettegoli.
 
«Cosa? No!» risposi sulla difensiva «Prima di tutto non ho preso a parolacce nessuno e come seconda cosa, come fate a saperlo?»
«Lo sa tutto il vicinato. Hanno detto quelli a fianco che è stato ciò che li ha fatti più ridere durante questi ultimi anni» aggiunse Jake.
 
Lanciai un’occhiata ad Acacia, pregando di farli smettere tutti ma anche lei rideva.
 
«Okay, adesso mi tocca trasferirmi un’altra volta!» dissi lamentosa dirigendomi con passo pesante verso le scale. Tutti si misero a ridere.
Quando piombai in camera, sentii subito la presenza di qualcuno dietro di me.
«Scusami tesoro» disse Acacia, tentando di evitare di ridere «mi sembrava una cosa così buffa! Solitamente queste cose capitavano quando eravamo sempre assieme, ma adesso capisco che sia tu quella che le faceva capitare» stavolta non riuscì a trattenersi e si accasciò sopra il letto.
«Grazie, la mia dignità è già andata a quel paese»
«Com’è il quartiere?» mi chiese, gingillando con una sveglia.
«È tutto il contrario del Bronx, se è questo che vuoi sapere»
 
Lei sbuffò e mi sentii in colpa per aver aperto quell’argomento. Cercai di rimediare. 
«Potremmo andare a fare una corsa assieme uno di questi giorni, come i vecchi tempi»
«D’accordo. Domani?»
Mi mordicchiai il labbro inferiore e lei si corrucciò «Che c’è? Hai lezione?»
«Ehm no, è solo che un ragazzo mi ha proposto di…»
«Cosa?!?» lo strido di Acacia mi trapassò i timpani «E quando pensavi di dirmelo?» la sua espressione era sia risentita che eccitata, ma non riuscì a resistere, perciò si alzò e mi fronteggiò «Chi è? Com’è successo? Raccontami tutto!»
«Magari dopo Cacia, adesso voglio andare a farmi una doccia»
Lei si corrucciò «Sei la peggior migliore amica di sempre!» sospirò «Dopo, però, non te la scampi»
Sorrisi «Va bene»
 
Le lezioni iniziarono e mi mollai con Acacia dopo gli altri, poiché le dovessi raccontare tutto ciò che era successo quella mattina.
Il suo nome in rubrica era forse il più visualizzato durante quelle poche ore, se non giorni o mesi. Non toccavo il cellulare da tantissimo tempo in quel modo, aspettando la chiamata di qualcuno. Acacia non la smetteva di agitarsi e urlare da quando le ebbi raccontato di come ci eravamo incontrati per la prima volta, la notte precedente.
 
Era più entusiasta di me.
 
Le lezioni erano più difficili del previsto, ma non mi aspettavo niente di semplice. Almeno per due ore al giorno avevo intenzione di studiare il programma che stavamo svolgendo. Qualche volta – anzi, molto spesso – utilizzavo gli appunti di Jamie per completare i miei e lui, oltre che studiare per conto suo, riusciva anche ad aiutarmi ogni volta che ne avevo bisogno. Era pazzesco quel ragazzo. Un cervello vivente.
 
«Stanca?» mi chiese Justin quando feci cadere il mio corpo sul divano con un tonfo sordo.
«Di più. Medicina mi sta sfinendo»
Justin sgranocchiava delle patatine e accese la televisione, selezionando un canale dedicato esclusivamente all’hockey. Per il poco che lo conoscevo, mi sembrava uno appassionato a tutti gli sport possibili e immaginabili, ma più di tutto, all’hockey. 
«Eddai, muovete quel culo!» sbraitò come un pazzo contro la tele lanciando qualche patatina, anche se consapevole che nessuno lo avrebbe mai sentito.
«Gesù Cristo, Justin, stai urlando!» 
«Sh!» mi zittì.
«Perché così tanto entusiasmo per uno sport come questo?»
Mi fulminò con lo sguardo.
«Avanti, è uno sport in cui i giocatori si divertono a far entrare dentro una porta un disco e che si picchiano affinché il loro obbiettivo non è andato a fine» agitai la mano con nonchalance e lui continuò a guardarmi in modo torvo. 
«Sono canadese, cazzo, non puoi dire certe cose davanti a me»
«E io sono newyorkese, non posso dirti che l’hockey è meglio del basketball!»
 
Lui inarcò un sopracciglio «Okay» si sollevò dal divano e mi fece sprofondare «andiamo, allora»
«Andiamo dove?»
«Ad insegnarti le buone maniere, newyorkese» enfatizzò l’ultima parola sollevano un angolo della sua bocca.
 
«Non ci credo che Justin sia riuscito a farti indossare una tuta del genere» Acacia non la smetteva di prendermi in giro.
«Abbiamo fatto una scommessa, e sai che sono una persona di parola»
«Che avete scommesso?»
Esitai, confusa «A dire la verità, non lo sappiamo ancora» 
«Minaccialo di andare per tutto il vicinato correndo nudo, se riesci a batterlo. Almeno avrai concorrenza» arrivò Jake che posò le mani sulle spalle di Acacia.
Sospirai «Grazie, Jake»
Entrambi si misero a ridere «Lo sai che scherziamo»
Stralunai gli occhi sorridendo e mi guardai per un’ultima volta allo specchio. Come aveva detto Acacia… lo stavo realmente facendo? Mi stavo veramente vestendo come un vero e proprio giocatore di basket? Mi sentii offesa dallo specchio.
 
«Bene» batté le mani Cory per poi strofinarsele, entrando inaspettatamente in camera «vedo che sei pronta per una sfilata di Dolce&Gabbana» mi lanciò un’occhiata indescrivibile.
 
Non avevamo ancora parlato di ciò che era successo la scorsa notte ed era abbastanza imbarazzante averlo davanti a me, ma ringraziai il cielo che ci fossero anche Jake e Acacia.
«Zitto Cory! Dolce&Gabbana farebbe a botte per averla come una delle sue modelle!» Acacia gli lanciò un cuscino contro e mi strabuzzò l’occhio.
Poi arrivò Justin che si poggiò contro lo stipite della porta «Sei pronta?»
«A batterti? Certo, amico» tentai di avere l’aria più minacciosa del mondo, ma sembrò non funzionare.
 
Per niente.
 
Le due ore di medicina mi avevano sfinita non solo moralmente ma anche fisicamente.
Perché avevo accettato di fare una partita di basket contro di lui? Non riuscivo ancora a capacitarmene.
 
«Pappamolla» mi passò di fianco e andò dritto a canestro. Altri due punti a suo favore.
«Non vale, stai barando! Stai facendo passi, non il terzo tempo!» lo accusai.
«Zitta e gioca, McKenzie» in quello stesso istante riuscii a rubargli palla e a palleggiare lontana dalla sua traiettoria. Me la cavavo, a New York giocavo sempre insieme al gruppo di ragazzi ai campi, ma se la cavava anche Justin e mi ci volle tutta la forza necessaria per sfilarmelo di dosso.
Ad un certo punto trasalii, sentendo delle mani calde toccarmi i fianchi scoperti e sollevarmi da terra. Era come sentirsi in apnea.
«Mollami!» mi lamentai mentre lui mi mise sopra le sue spalle e mi fece il solletico. Non riuscivo più a parlare da quanto stessi ridendo. Ridevo e non riuscivo a fare altro, poi mi decisi a lasciare il pallone e Justin corse subito verso la panchina e mi fece coricare sopra di essa, poi corse verso il pallone e fece canestro. Esultò.
 
«Sei un imbroglione!»
«Non ti piace perdere?»
Gli feci la lingua e lui mi sorrise quasi dolcemente.
Mi alzai e lo raggiunsi, saltandogli sopra. Mi ritrovai sopra le sue spalle, con le mani attorno al suo collo. «Dammi la palla»
«Prendila se ci riesci» mi disse con tono di sfida. Io gli tappai gli occhi e gli feci perdere l’equilibrio. Cademmo a terra. Io sopra di lui. 
Poi mi alzai, illesa da quella caduta e iniziai a segnare un canestro dopo l’altro, ma dopo che Justin si fu ripreso, mi fece traballare ogni volta che prendevo palla, facendo così rimanere la palla tra me e lui: lui era impegnato maggiormente a tenermi lontana dalla palla che prenderla, mentre io a slacciarmi dalle sue prese.
 
Il tutto terminò quando chiesi tregua. Ritornammo così a casa.
 
«Credo proprio di aver vinto, tu hai barato»
«Piccola, non hai vinto proprio niente»
«Com’è il bruciore della sconfitta, Bieber?» lo stuzzicai.
«Sei stata a ridere tutto il tempo. Mi stai dicendo di sapere quanti canestri hai segnato?»
«Secondo te di chi è la colpa?»
 
Si toccò i capelli biondo cenere e li agitò, poi mi sorrise in un modo che, giuro, mi fece impazzire.
Fa questo effetto a tutte? Mi chiesi.
 
«Non ha vinto nessuno dei due»
Feci il broncio ma accettai il patto. Se solo me l’avesse detto prima, mi sarei tolta dalla testa la voglia di umiliarlo e mi sarei risparmiata tutta quella fatica.
 
«Be’ chi è che deve andare a dormire nello sgabuzzino? È già pronto per l’uso» Cory ci aprì la porta e poi fece cadere i suoi occhi su Justin «diamine, amico, ti ha ridotto proprio male» ci scherzò su.
In effetti la sua canottiera bianca era in alcuni punti nera e sporca per la caduta. 
 
Dopo essermi fatta la doccia, decisi di coricarmi due minuti. Due minuti soltanto… ma i due minuti si trasformarono in dodici ore.
La sveglia con cui Acacia il giorno prima stava giocherellando, suonò, svegliandoci da quel sonno profondo. Mi lamentai contro il cuscino.
«Spegnete quella dannata sveglia!» urlarono all’unisono Justin e Jake. Mi alzai controvoglia e la spensi. Diedi un’occhiata al cellulare e mi raggela quando vidi due chiamate perse e un messaggio da parte di Eric.
 
Da: Eric Nicolson
      Non rispondi alle chiamate, quindi penso che tu stia già dormendo.
      Domani mattina ti aspetto alla 
caffetteria alle 11.00, d’accordo? A domani, Amie. :)
 
Vidi l’orologio segnare le 10.30: ero in ritardissimo!
Aprii la porta del bagno senza bussare e strillai, quando mi accorsi che dentro c’era Justin che stava facendo i suoi bisogni. Corsi subito al piano di sotto, pensando che Angie, Cory e Jamie non si sarebbero lamentati della mia visitina.
 
Alle 10.58 ero pronta. Almeno così sembrava. Corsi fuori dalla porta, facendo attenzione che nessun getto d’acqua mi attaccasse.
Primo intralcio: evitato con successo.
Non guardai neanche l’ora, ma notai subito che Eric era già nella caffetteria.
«Ciao, scusami per il ritardo» arrivai affannando e lui scosse la testa.
«Pensavo mi avresti dato buca, è un sollievo sapere che sei qua. E poi sono appena arrivato»

Sapevo che non era vero perché teneva in mano due bicchieri di caffè. Me ne porse uno.
«Ho preso del caffè, così possiamo andare già da qualche parte» 
Feci una smorfia «Non sei bravo a inventare bugie, eh?»
«Dato che ti senti così in colpa…» acchiappò il cellulare e digitò qualcosa. Poi alzò lo sguardo mettendosi il cellulare nella tasca posteriore. Aspettò qualche secondo e poi mi arrivò un messaggio che lessi a voce alta «Alle 11.15 davanti alla caffetteria, d’accordo? A tra poco. Oh, aspetta…» alla fine del messaggio c’era uno smile.
«Sei arrivata in anticipo di qualche minuto, eri veramente eccitata della nostra uscita!»
Io non riuscii di fare a meno di ridere e iniziammo a camminare.
 
«Che cosa studi
«Sto seguendo i corsi di medicina e ingegneria per adesso. Tu invece? Stai studiando?»
«Sì. Mi sto specializzando in architettura. Credo che il mio destino sia già stato progettato» fece un’espressione come per farmi capire il gioco di parole.
«In che senso?»
«I miei genitori possiedono una società, sai… quelle cose lì» lo disse come se fosse una cosa da niente «dovevo scegliere tra quello o cucina, ma sono una frana in quelle cose!»
«Possiedono anche un ristorante?» chiesi, sbigottita.
«Cinque, per la precisione» sorrise, ma non lo fece per vantarsi, anzi, sembrava che tutta quel discorso lo indignasse.
«Wow, si danno da fare»
«Già, i tuoi invece?»
Mi raggelai.
«Nulla di che. Vivono a New York e ricevono uno stipendio mensilmente come molte altre persone. Niente in confronto ai tuoi genitori»

Pensai che avrebbe iniziato a guardarmi con espressione di pena, di disgusto; invece non cambiò niente. Rimase come affascinato dalle mie parole. La giornata continuò in questo modo e la passai veramente bene.
Eric era un ragazzo con cui si poteva parlare in modo piacevole e non ti stancava mai con i suoi discorsi. Mi offrì il pranzo e mi accompagnò fino a casa.
 
«Ecco la tappa più importante della città» fece un mezzo inchino che mi fece ridacchiare.
«Naturalmente» congiunsi le mani e simulai una visita guidata «alla vostra destra, signori e signore, potete osservare attentamente il macello che i coinquilini della sottoscritta hanno combinato tentando di piantare dei fiori, mentre se guardate proprio davanti a voi potete ammirare la dimora in cui la regina dei balletti post-ho-fatto-strike-vi-prego-inginocchiatevi-ai-miei-piedi dorme tutti i giorni»
«Oh, potrei chiederle un secondo appuntamento? Sa, ha promesso di darmi delle lezioni private per imparare le sue mosse di ballo»
Sorrisi, vedendo come reggeva il gioco e mi sentii il viso accaldarsi.
«Sono onorata di dirle, signore, che la regina accetterà volentieri il suo invito»
«Le dica che sabato la vuole con lei, allora» mi stampò un baciò sulla guancia «sarà felice di poterla rincontrare»
«Grazie per la bellissima giornata, Eric» diventai seria. Lui mi accarezzò la guancia e con l’altra mano strinse dolcemente la mia. La mollò quando entrai in casa.
 
Chiusi la porta dietro di me e iniziai a improvvisare qualche balletto e canticchiare allegramente.
 
«Amie?» qualcuno mi fece sobbalzare.
«Mi hai fatto prendere un colpo, Justin!»
«Chi era quel tizio?»
«Un ragazzo che ho conosciuto l’altro giorno in discoteca» dissi, togliendomi le scarpe e dirigendomi verso le scale.
«Era un balletto, quello?» mi chiese intendendo ciò che stavo facendo momenti prima.
«Mmh, possibile?»
Sospirò sorridendo e io ricambiai.
 
Jake e Acacia erano in camera mia e mi spaventai quando notai che erano sotto il letto. Le lenzuola si muovevano ritmicamente e per poco non sudai freddo.
 
Ti prego Cacia, no. Solo… ti prego, fai che non sia ciò che sto pensando.
 
«Oh, ciao Amie» sbucò da una parte Jake. E io feci una mossa strana per non far capire che stessi cercando di scappare dalla stanza. Si tolse le lenzuola di dosso, facendomi vedere che erano completamente vestiti.
«Oddio, avevo paura… di fermare qualcosa, ecco»
Tutti e due si misero a ridere e Jake diede un bacio sulla bocca di Acacia. Poi lasciò la stanza.
«Non era ciò che pensavo, vero?» chiesi ad Acacia, quando fui sicura che Jake fosse sceso.
«Ma cosa dici, mamacita!» si alzò e si sedette sul mio letto «Be’, come è andata? Come si è comportato? Non devo intervenire, vero? Allora, non mi racconti niente?»
«Cacia, prendi aria!» le dissi ridendo «Non mi stai neanche dando il tempo di respirare tra una domanda e l’altra»
 
Lei alzò le spalle come per giustificarsi e poi le raccontai tutto. Mi faceva almeno dieci domande tra una frase e l’altra e non mi lamentai. In fondo, era sempre stata così.
 
«È stato dolcissimo!» batté le mani a fine conversazione. Poi andò a coricarsi nel suo letto.
 
«Per caso sai se Cory si sia fatto qualcuna della casa?» mi chiese distrattamente.
Il cambiamento radicale di quella conversazione mi prese completamente alla sprovvista.
Sperai che non notasse il mio nervosismo che iniziò a farmi strisciare a terra come un verme. Perché in quel momento mi sentivo proprio così. Un lurido verme.
 
«No, perché me lo chiedi?»
«Sai, quell’aria che si dà da BIGBOY» disse in tono malizioso «Peccato però, volevo sapere degli scoop» sbuffò, ancora distrattamente.
Il fatto che mi avesse chiesto solo di Cory, inizialmente, mi fece intendere che lei sapeva. E invece non fece nessun commento.
«Bene. Io vado a farmi una doccia»
«Dopo andiamo al biliardo?»
«Magari un altro giorno, Cacia. Oggi devo studiare»
Sembrava indispettita, ma infine annuì «Solo perché sei tu»
 
Le giornate iniziavano a prendere un ritmo leggere e mi abituai al nuovo stile di vita in pochi giorni. Conobbi diversi ragazzi al college, principalmente feci molto amicizia con tre ragazzi che frequentavano il mio stesso corso di ingegneria: Luke, Bryan e Vanessa.
Gli studi stavano andando alla grande a tutti e avevamo iniziato col piede giusto e con l’entusiasmo corretto.
 
Passò una settimana, dopo di che la nostra Clique – così ci avevano denominato quelli del college, ormai abituati a vederci sempre insieme – aveva deciso di prenderci almeno due serate a settimana piene di divertimento e svago.
 
Per diversi motivi mi sentivo sempre la guastafeste perché ero quella che molte volte non voleva uscire. Però quando decidemmo di andare al biliardo, non potevo di certo rifiutare. Tutti erano euforici al pensiero che ci stavamo finalmente preservando ad una serata basata soltanto sul divertimento e non sui libri, come avevamo fatto durante tutta la settimana. Ci eravamo adattati agli orari, allo studio e molto spesso ci eravamo presi compiti extra, giusto per guadagnare qualche credito. I professori ci adoravano per questo.
 
Noi ragazze decidemmo di vestirci seguendo uno street style, mentre i ragazzi si vestirono casual. Fu per tutti un colpo vedere Justin con un paio di jeans. Da quando lo conoscevamo non li aveva mai portati.
 
«Questo è un giorno da immortalare» commentò Jake, che, con la nostra stessa sorpresa, era rimasto a bocca aperta.
 
La sala da biliardo non era distante da casa, quindi ci mettemmo poco ad arrivare. Giocammo tutti tranne Hilda che decise di rimanersene da una parte e fare – come aveva detto lei – la cheerleader. Durante quegli ultimi giorni avevamo imparato a conoscerla meglio e non era una ragazza che si poteva categorizzare come “tranquilla” perché, appunto, era l’esatto contrario. 
Decidemmo di fare un mini torneo a squadre: io e Acacia, Jake e Justin, Jamie ed Hebe e Cory ed Angie. Io e Acacia eravamo sicure che li avremmo battuti tutti, perciò proponemmo di scommettere qualcosa. L’unica scommessa che ci venne in mente fu quella di giocare per i turni dei pranzi e delle pulizie.
Tutti accettarono.
Hilda diede il via e iniziammo tutti a giocare.
In pochi turni io e Acacia avevamo la vittoria in mano. Avremmo spudoratamente mentito se non avessimo detto che Jamie ed Hebe erano una frana con quelle stecche in mano. Non riuscivano a maneggiarla correttamente ed era divertentissimo vederli così impacciati. 
 
«Jamie, credo che ci dovremmo scordare il trofeo» disse distrutta Hebe.
Scoppiammo a ridere «Dovevate pensarci due volte, forse»
«Ricordatevi di pulire anche il garage, la macchina si sta sporcando troppo spesso» ridacchiò Acacia.
«Tu ti potrai scordare i miei appunti, sapientona!» mi disse Jamie, falsamente indignato.
«Jamie, lo sai che ti voglio bene, ma mettersi contro me e Acacia è stata una vera follia» quando l’ultima parola uscì dalla mia bocca, feci entrare l’ultima pallina nella buca, facendo esultare così Acacia.
Afferrai la mia birra e ne bevvi un sorso. I volti cupi per la sconfitta subita nelle facce di Jamie ed Hebe erano palesi.
 
Scostai lo sguardo nella tavolata di Jake, Justin, Cory ed Angie.
 
«Come state procedendo?» chiesi arrampicandomi alla spalla di Justin. Lui non obbiettò e mi cinse la vita con il suo braccio destro.
«Woaaah! Vi stanno facendo il culo!» urlò Acacia, dopo aver notato le palle sopra il biliardo «Sento odore di sconfitta, Cory ed Angie, eh?»
«Tesoro, quelle che vedi non sono le nostre palle. Sono le loro» precisò Angie.
«Allora immagino che toccherà anche a voi pulire il garage e fare i lavori extra» scherzai rivolgendomi a Jake e Justin.
«Cosa te lo fa pensare?» mi chiese con un sussurro Justin.
«Andiamo, vedere come siete messi credo che sia sufficiente» 

Justin mi strappò dalle mani la mia bottiglia di birra e ne fece un sorso «Hanno perso dall’inizio» continuava a sussurrare, in modo che nessun altro oltre me potesse sentire.
«Justin, l’umiliazione non è il tuo forte»
«Vuoi che ti ricordi come hai perso alla partita di basket?»
Gli diedi una piccola spinta, abbastanza per farlo allontanare da me «Stai zitto»
«Okay» si riavvicinò mettendosi le mani in tasca «quanto vuoi scommettere?»
«Non ci casco, grazie. E poi non dobbiamo fare una scommessa per ogni cosa che facciamo. Inoltre, siamo nel bel mezzo di un’altra scommessa»
«Questa è solo tra me e te. Ma non è che lo dici perché sai di perdere?»
Mi allontanai «No e smettila, sei fastidioso»
«Allora scommetti»
Sospirai distrutta «Sentiamo, che cosa vuoi scommettere?»
Esitò per qualche istante guardando oltre le mie spalle, dove Cory buttava l’ennesima pallina nella buca. «Mi devi ancora una cena, no?»
«Non te la devo per niente. E poi vuoi veramente che cucini per te?» chiesi allibita.
«No, intendo una cena. Un appuntamento vero e proprio»

Lo fissai corrucciata ma lui non cambiò espressione. Sembrava serio.
«Non sono una delle tue troiette, Justin» finii col dire.
Scoppiò a ridere «Te l’ho mai detto? Ti sto chiedendo solo una cena, andiamo»
«Non voglio andare a cena con te!»
«Per celebrare la nostra amicizia» fece con finto orgoglio.
Alzai gli occhi al cielo.
«Lo prendo come un sì» andò prima che potessi replicare di fianco a Jake, che aspettava impaziente.
 
Io andai da Acacia che fissava attentamente il biliardo, come se fosse lei una delle giocatrici a cui sarebbe toccato il turno poco dopo. Prima che si potesse mettere in posizione per colpire la pallina, Justin mi lanciò un’occhiata zelante.
Sorrise.
 
Due in un colpo solo.
 
Jake sembrava aver capito qualcosa da ciò e quando fu il suo turno, ne mise addirittura tre dentro. Tutti rimasero sbigottiti da ciò che era appena successo.
 
«Ho come l’impressione che voi due abbiate barato» si lamentò Angie dopo che furono sconfitti.
Blaterarono altre cose, ma io mi allontanai e mi direzionai verso il bar. Chiesi un’altra birra. Scrutai Hilda che stava spudoratamente flirtando con un ragazzo appena conosciuto. Sembrava che gli stesse lanciando dei segnali perché questo accettasse il suo invito per andare a letto con lei. Jamie con Hebe, invece, mi fecero tenerezza: si stavano coccolando e si davano delle carezze fugaci. Era evidente che tra i due stesse nascendo qualcosa. Hebe era la più tranquilla tra le due gemelle ed era quella che andava bene a Jamie. Mi immaginai due marshmallow al posto delle loro teste e quasi non risi da sola per quell’immagine così stupida.
 
Trasalii quando una mano mi toccò la schiena, facendomi andare la birra di traverso.
«Stavi ridendo oppure sgozzandoti ancora prima che arrivassi?» Cory si affiancò a me.
Era la prima volta che rimanevamo da soli, dopo quella notte.
 
«Mi hai spaventata, Cory!» mi asciugai con un fazzoletto e mi ripresi «Comunque bella giocata» sorrisi.
«Stronzi» fu l’unica parola che riuscì a dire lui.
«Andrà meglio la prossima volta. O forse no, magari sarò io quella a farti il culo»
Ridacchiammo.
«Senti… riguardo alla scorsa settimana…»
«Cory, tranquillo. È tutto okay» dissi disinvolta. Non volevo veramente che la conversazione si appesantisse. 
«No, ascoltami Amie. Voglio solo dirti che non ho fatto niente per caso, non ho fatto niente di forzato oppure perché forse ero un po’ ubriaco… perché non lo ero quel tanto. Ho solo fatto ciò che desideravo, e lo desideravo tanto» fece sgorgare tutte quelle parole come un fiume, come una cascata. Non ebbi neanche il tempo di fermarlo oppure di fargli capire che stavo iniziando a sentirmi a disagio.
«Senti Cory…» finalmente lo notò.
«Capisco, forse devo farmene una ragione»
Mi sentii così in colpa che quasi non cambiai idea, ma…
 
«Amie!» la voce di Acacia fu il salvagente che mi portò via da quella situazione così imbarazzante. Sospirai e mi voltai verso la sua parte, con occhi pieni di gratitudine. Stava scuotendo il braccio per attirare la mia attenzione «Vieni, tocca a noi!» tutti aspettavano una mia reazione. Guardai di sfuggita Cory, mi voltai verso la bottiglia di birra e la terminai tutta. 
«Scusa Cory. Ne parliamo in un altro momento, va bene?» gli stampai un bacio sulla guancia «Adesso devo andare a giocare» mi alzai dallo sgabello e raggiunsi Acacia che mi protese la stecca di legno.
 
«C’è qualcosa che non va?»
«Nulla»
 
Ero grata che quella partita mi avesse trascinato fuori da una situazione come quella.
 
«Sei pronta tesoro?» chiese Jake in tono competitivo ad Acacia.
«Tesoro io ed Amie siamo una squadra imbattibile» mi lanciò un’occhiata e io annuii, fiera.
Però non dissi neanche mezza parola. Justin continuava a fissarmi e questo mi mise in soggezione.
 
Gli dovevo una cena, dannazione.
 
Poi mi passò a fianco posando di sfuggita per alcuni secondi la sua mano sul mio fianco «Prima scommessa vinta. Per quanto riguarda la seconda, buona fortuna dolcezza, ne avrai bisogno»

_____________________________________________________________________________________________________


 
LEGGETEMI!

Mi avete fatto avere le recensioni per il primo giorno.
Posso dire ufficialmente che vi amo!

Ecco un altro capitolo e sappiate che non
è da me pubblicarli così lunghi, ma ecco a voi.
Spero che vi piaccia :)

Cosa ne pensate di Amie e Eric, insieme?
Cory dovrebbe farsene una ragione o dovrebbe continuare
a combattere per ottenerla?
E cosa più importante:
Justin potrà mai provare qualcosa per lei?

Questa volta sono cattiva e vi chiedo
7 RECENSIONI
per avere immediatamente il capitolo.

Un bacione, vi voglio benissimo!
*non odiatemi*
Mi potete trovare
qua, oppure qua.
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: InspiredByBieber