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Autore: laragazzadirenoir    09/08/2013    1 recensioni
Lui tolse gli occhiali a specchio, aveva gli occhi castani, con qualche piccola e quasi impercettibile linea verde. Si sedette accanto a lei, i suoi occhi avevano una base castano chiaro, ma erano pieni di verde, un verde forte, sembravano quasi gialli.
Deglutì, non si aspettava quegli occhi, restò muto. Fu un attimo che sembrò durare un'eternità e Rosalba sapeva già che sarebbe stato così, che avrebbe pensato a quello sguardo almeno per un mese.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Rosalba non uscì e non dormì quella notte, nonostante fosse sabato. Persino sua nonna se ne accorse, la sentì girovagare per la cucina. Bevve del latte, tornò a letto, aspettò che fu mattina. Aveva fretta quel giorno. Si vestì e aspettò che sua madre passasse a prenderla, come ogni domenica mattina, poi, arrivata a casa, si fece una doccia veloce e indossò il costume che aveva scelto. Messaggiò con Catia fino a che non fu sotto casa sua e le chiese di scendere. Diede un ultimo sguardo allo specchio: poteva andare. Aveva legato i capelli, messo lo stesso vestitino nero, da mare, della volta scorsa; le ray-ban; la borsa a pois con il telo e tutto il necessario e le ciabatte. Raggiunse la porta di casa, disse ai suoi che sarebbe tornata dopo le cinque e scese di corsa. Ad aspettarla trovò il padre di Catia e la sua migliore amica. Salì in fretta in auto, salutò entrambi e il cuore iniziò a pulsare più forte. Catia sorrise. Chissà cosa sarebbe successo, pensò Rosalba tra sé e sé.
 
Matteo si svegliò di colpo, erano le nove e mezza. Come al solito si lavò di corsa e sì vestì, poi scese in fretta, con le chiavi dell'auto in bocca e il gel ancora tra le mani. Scendeva e malediva sua madre e suo padre che non lo svegliavano mai, ma dopotutto aveva ventiquattro anni, non poteva pretendere che aspettassero il bambinone che si alzasse dal suo letto. Finì per maledire se stesso. Arrivò al garage, aprì, salì, chiuse forte la portiera, mise in moto, andava. Accese la radio, sperò in una canzone che potesse svegliarlo senza irritarlo, visto che non aveva avuto il tempo di bere del latte o del caffè. Fu fortunato quel giorno, su radio KissKiss passavano i Bastille con ''Laura Palmer'', la beccò sin dall'inizio e gli sembrò perfetta per quello che, probabilmente, lo attendeva: ''This is your heart, can you feel it? Can you feel it?''. Sì che lo sentiva, sentiva il suo cuore. Se lo ripeteva e stentava a crederci, si sentiva vivo, andava incontro a qualcosa, ci sperava. Sperare, pensò. Sperare ti illude un sacco, cazzo. Mise i suoi occhiali a specchio, si guardò nello specchietto retrovisore: non male, aveva meno occhiaie del solito. Alzò il volume alla radio. Ma sperare - continuò - non è male, la speranza ti urla che sei vivo, se non speri in un cazzo, allora sei morto. Il suo ragionamento lo convinse a tal punto che sorrise. Canticchiava: ''Pumps through your veins! Can you feel it? Can you feel it?'', poi aggiunse da sé ''I feel it, baby''. Il suo inglese non era affatto male, cercò di essere sexy, ma apparse piuttosto buffo. Sorrise ancora. Spense la radio, decise che il risveglio era perfetto così, non voleva rovinarlo con una canzone storta. Dopo poco arrivò al complesso, lasciò l'auto a Simone che la parcheggiò perfettamente, sorrise alla sua famiglia e si accomodò a bordo piscina.
 
 
Rosalba scambiava battute con il padre di Catia, era un tipo simpatico, estroverso, un tipo okay. Somigliava molto alla figlia, sia fisicamente che nei modi di fare. 
''Giunti a destinazione!'', disse il padre della sua fidata amica.
Catia sorrise, ascoltò le raccomandazioni del padre e scese dall'auto. Rosalba fece lo stesso, prese la sua borsa e scese, avvicinandosi a lei.
''Ci siamo Rò, speriamo che ci sia''.
''Eh, scommetti che non c'è? Che fregatura!''
''Mò vediamo...''.
Le ragazze si avviarono verso l'entrata, salutarono quella che era la madre di Matteo, senza saperlo, e entrarono nel complesso. Ad accoglierle c'era un ragazzo alto e dolce, le accompagnò ai loro lettini, nella zona 'ragazzi' e mentre facevano il giro della piscina, Catia strattonò la sua amica.
Lui era lì, era lì poco distante da lei e il dj aveva appena messo sù il pezzo dei Bastille che le piaceva tanto. Sentiva il suo cuore, dopo tanto, forse troppo, tempo. Dio solo sapeva quanto avesse pregato per riprovare quell'emozione, lei che si sentiva spenta, lei che si sentiva persa. Lui era più o meno di spalle, sulla pedana in alto, lei era convinta che non l'avesse vista, che non potesse vederla e, per qualche secondo, quel pensiero la confortò. Aveva paura. Ma era troppo tardi, tardi anche per la paura, Matteo si voltò verso la sua direzione.
 
Matteo la vide. La vide passare, in un attimo tutto cambiò. La vedeva camminare e la scena gli sembrava andare in rallenty. La seguì con gli occhi dietro ai suoi occhiali specchiati. Restò fermo, impalato. Si appoggiò alla ringhiera di quel balcone bianco, temeva non fosse vero. Per una settimana non aveva fatto altro che sperare di rivederla ed ora era lì, davanti ai suoi occhi. Lei abbassò lo sguardo, disse qualcosa all'amica che la seguì e proseguirono. Sapeva dov'era diretta. Non sapeva cosa fare, ma avrebbe trovato un modo. Era lì, lei era lì. E in un attimo, tutto riprese senso. 

 
Continua
 
P.O.V. Autrice:
Questo è quanto sono riuscita a scrivere oggi, ho avuto da fare e ho bisogno di tempo per loro. Sono speciali. Per me tutto questo è speciale. Ringrazio i commenti e le visite! A domani :)
  
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