Capitolo
27
Quando
Aima lasciò la terza casa, non sapeva se considerarsi sconvolta o triste. La
naturalezza con cui Kanon le aveva rivelato gli ordini che Athena gli aveva
dato le rimbombava nella mente, martellandole le tempie. Giunta alla casa del
Toro non capì neanche se la domanda “Posso passare?” avesse veramente lasciato
la sua bocca. Evidentemente sì, dal momento che Aldebaran le fece cenno di proseguire.
Arrivata al tempio dell’Ariete, Scarlet rialzò la testa, leggermente rivolta
verso il basso, ed entrò alla ricerca di Mu con passo risoluto e veloce.
«Ben
trovata Aima.», la salutò educatamente il Gold Saint.
«Mu.»
ricambiò la rossa, sforzando la voce affinché non risultasse abbattuta «Avrei
bisogno di un passaggio fino ad Asgard, se non è un disturbo.»
«Sono
desolato, ma ho l’ordine di non abbandonare la posizione: non posso
allontanarmi dal tempio.»
Aima
sentì gli occhi bruciare «Gli ordini sono ordini..»
In
un altro frangente, la rossa se la sarebbe presa comoda, ritardando di un altro
giorno la partenza. Semplicemente, in quel momento, voleva scappare. Esattamente come quattro anni prima, esattamente come
quando fuggì da Asgard a otto anni rifugiandosi a Sparta. La sua vita non era
stata altro che quello e, di nuovo, fuggiva. L’unica cosa che cambiava nelle
varie fughe era il motivo. Fondamentalmente voleva nascondersi da Loki,
dimenticare quello che era stato il suo passato e suo padre, ma ormai aveva
compreso che ciò era impossibile. Voleva scappare dal dolore, da Kanon. Non
aveva mai avuto paura di lui. Durante la guerra di quattro anni prima non temeva
la morte per mano sua, avrebbe difeso Ares da Poseidone se avesse potuto. Ma
dopo che il Generale le aveva risparmiato la vita, capendo le sue nobili
intenzioni, il timore verso quell’uomo cominciò a crescere. Sapeva che Kanon
era in grado di toglierle la maschera da un momento all’altro; gradualmente sapeva
creare crepe nei suoi mascheramenti e Aima poteva sentire ogni singolo
scricchiolio. Ecco perché voleva ucciderlo all’inizio: non per concludere lo
scontro iniziato anni prima – motivo che usava come copertura davanti a lui e
con se stessa – ma per eliminare colui che distruggeva ogni suo nascondiglio,
allontanandola dallo scopo per cui in tutti quegli anni si era allenata. Ormai
era troppo tardi: Kanon l’aveva definitivamente sconfitta. Alle parole “io ho
l’ordine di ucciderti” Scarlet aveva chiaramente sentito la sua maschera
rompersi in mille pezzi, proprio come se fosse accaduto davanti a lei, dentro di lei. Ormai era tardi per
riparare all’errore chiamato Kanon, colui che aveva trovato uno spiraglio di
sentimenti positivi in lei. Non era sicura se fosse amore, affetto o
gratitudine. Sapeva che era buono, altrimenti non l’avrebbe resa vulnerabile.
Una lacrima bollente le rigò la guancia coperta dalla maschera.
«Qualcosa
ti turba?» chiese all’improvviso Mu. Aima capì di essere rimasta a pensare
troppo a lungo.
«Stavo
pensando al modo per raggiungere Asgard. Meglio se lo faccio fuori di qui però.
Grazie della disponibilità, Grande Mu.»
«È
stato un piacere.»
Quando
Aima uscì dalla prima casa, si allontanò a passo veloce, sfogando la sua
frustrazione su una povera colonna già malridotta. Bastò un pugno a mandarla in
frantumi. Ma alla rossa questo non bastò. Si allontanò nuovamente, prendendo di
mira una grossa roccia isolata. Cominciò a colpirla con violenza, creando crepe
e buchi laddove i suoi pugni si fermavano. Erano colpi dettati dalla rabbia,
tirati con movimenti sbagliati e calibrati dalla forza incontrollata. Alla fine
le sue mani sanguinarono.
Ho sbagliato tutto, di
nuovo. Oh Aletto, mi mancano i tuoi stupidi consigli.
Aima
si appoggiò con la fronte alla roccia, spremendo le meningi per trovare un modo
per raggiungere Asgard. Doveva dimenticarsi di Kanon e di ciò che le aveva
detto. Se voleva andarsene, doveva focalizzarsi solo sulla domanda “come?” e
pensare ad una risposta.
«Scarlet.»
Merda.
«Kanon
sono in partenza e non ho tempo per gli addii.» proferì la ragazza, tornando
d’improvviso gelida.
«Ah
sì. Dopo aver detto a Mu che avresti pensato fuori dalla sua casa, partirai
sicuramente. Dimmi, c’è per caso un varco dimensionale dentro quella roccia?»
un ghigno irrisorio comparve sulle labbra del Gold Saint.
«Taci.»
Gli
sibilò contro la rossa, minacciosa. Kanon parve perplesso, ma quell’espressione
durò un secondo, prima di volgere lo sguardo verso il tredicesimo tempio. Un
cosmo potente e ben conosciuto aveva fatto la sua comparsa, quasi prendendolo
alla sprovvista, seppur ne fosse al corrente. Aima si girò di scatto, come un
animale quando nota qualcuno entrare nel suo territorio. Si staccò dalla roccia
e avanzò di qualche passo per osservare meglio. Un’aura blu apparve come un
mero bagliore alla sommità delle dodici case. La potenza, tuttavia, era ben più
grande. La rossa strinse i pugni insanguinati.
«Poseidone!»
Urlò,
in preda all’ira. Kanon istintivamente le tappò la bocca, sentendo tuttavia il
freddo metallo della maschera al posto delle morbide labbra che era solito
baciare. Aima si liberò bruscamente, allontanandosi di un metro.
«Stammi
lontano.»
Proferì
di nuovo gelida, dandogli le spalle. Il Gold Saint le fu davanti in meno di un
secondo, fermando la corsa della giovane. La marionettista usufruì dei suoi
fili per controllargli i movimenti, ed il cavaliere non poté far altro che
sottostare al volere della donna che aveva davanti.
«Ho
fretta, cedi il passo o ti spezzo le gambe.» lo minacciò.
«È
incredibile la velocità con cui cambi maschera per recitare. E dire che poco fa
ne eri pressoché priva.»
«Non
so dove tu voglia andare a parare Kanon di Gemini, ma io ho altro da fare che
ascoltare i tuoi stupidi giochetti. Voi Gold Saint dovreste restare nei vostri
templi.» replicò impassibile la ragazza. Vattene.
Sai che non posso mantenere un buono spettacolo in eterno. Sai che le mie
maschere non sono indistruttibili. Pensò sull’orlo del baratro.
«E
chi ti dice che io non sia nel mio tempio? Sono solo venuto a fornire un
piccolo aiuto.»
Kanon
mosse liberamente la mano, come se i fili di Aima non esistessero. Questa tentò
ancora di manovrare il suo corpo, ma il cavaliere camminò verso di lei, aprendo
un varco dimensionale a pochi centimetri dalla ragazza.
«Buon
viaggio.» disse, sorridendo beffardo «E cerca di tornare viva.»
Con
un inchino plateale, il gemello minore si dissolse nell’aria. Scarlet lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi, afflitta.
Lui e le sue maledette
illusioni.
Volse
un ultimo sguardo alla tredicesima casa e, per un secondo, l’idea di recarvisi
le sfiorò il cervello. Tuttavia, lasciò perdere.
«Devo
liberare ora Ares?» chiese annoiato il dio dei mari.
«Sì.
Non sappiamo quanto tempo servirà per convincerlo, quindi prima ci riusciamo,
prima possiamo organizzare l’attacco contro Loki.»
Rispose
Athena, decisa. Poseidone sbuffò e aprì il palmo sinistro, sul quale comparve
la statuetta che aveva sottratto a Mu poche ore prima. Vi avvicinò l’altra mano
sotto lo sguardo trepidante della dea, ma poi la ritrasse.
«C’è
un problema.» dichiarò il dio.
«Ares
non ha un corpo mortale in cui reincarnarsi.» completò la Dea della Giustizia.
«Perspicace
Athena, davvero: ogni tanto dimostri di essere più sveglia di quanto tu
appaia.» la nipote fulminò lo zio con lo sguardo. Questi scrollò le spalle. «Ad
ogni modo, non è un problema irrisolvibile. Il suo corpo divino giace nel
Santuario di Sparta, esattamente dove qualcuno vi ha recuperato la lancia.»
Athena
corrucciò la fronte, perplessa.
«Se
te lo stai chiedendo sì, ho tenuto d’occhio il Tempio di Sparta dalla fine
della guerra. Quindi sapevo della Bloodline sopravvissuta, anche se prima ho
finto di stupirmene.» Poseidone rise sguaiatamente.
«Nobile
zio, state giocando con il fuoco..» sibilò la dea.
«Comunque..
tu sei l’unica che può raggiungere il suo corpo divino. Anche se resterò fuori
dal luogo sacro, sappi che non ti conviene fare passi falsi.»
Isabel
parve perplessa da quell’informazione. Perché Ares aveva preso una decisione
simile quando poteva reincarnarsi o lasciare il suo corpo sull’Olimpo o
nell’Elisio? Poi, improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, i ricordi
della Pallade affiorarono: la guerra di Troia. Dopo aver tradito gli achei,
schierandosi dalla parte dei troiani persuaso da Afrodite, Ares venne punito da
Zeus. Era, moglie del Re degli dei, chiese infatti al marito di punire il Dio
della Guerra per aver tradito gli achei, schierandosi sul versante a lei
avverso. Il Dio del Tuono accettò, costringendo Ares, dopo la sconfitta riportata
contro Athena in quella guerra, a lasciare il suo corpo divino a Sparta, sotto
il suo santuario. Lì poteva accedervi solo la Dea della Giustizia in quanto
aveva battuto il dio traditore. Isabel annuì solamente alle parole dell’ospite.
«Vogliamo
muoverci? Ne ho abbastanza di perdere tempo!»
Sbottò
il Dio dei Mari, irritato. La dea si alzò dal suo scranno, ordinando ad
un’ancella di richiamare il Grande Sacerdote ed il Marine. L’attendente,
intimorita dalla versatilità dell’ospite, avanzò a testa bassa verso la porta
indicatole. Dopo pochi istanti, Saga tornò insieme a Krisaore.
«Milady.»
proferì il pontefice.
«Saga
per favore contatta Mu e digli di venire qui.» fu la richiesta della dea.
«Ferma
Athena, hai intenzione di portarti appresso un leccapiedi?»
La
divinità ospite inarcò un sopracciglio, infastidito. Athena sorrise
soddisfatta.
«Presumendo
che non lascerai qui il tuo Generale, mi sembra doveroso e prudente portare una
scorta con me.»
«E
sia.»
Ringhiò
il Dio dei Mari. Saga eseguì l’ordine richiesto, e dopo alcuni minuti Mu fece
il suo ingresso al tredicesimo tempio. La sua espressione perennemente
imperturbabile celava tuttavia un dubbio che fin dall’inizio si era insinuato
in lui dopo l’incontro a Sparta con Poseidone. Non poteva provarlo, ma era
quasi sicuro che, finita la guerra – se non addirittura prima – il Dio dei Mari
avrebbe rotto l’alleanza. Il Gold Saint si inginocchiò reverente sul lungo
tappeto rosso che partiva dal trono e raggiungeva l’entrata della sala. Ormai
era usurato, quasi sgualcito in alcuni punti.
«Avete
una missione per me, Mia Signora?» domandò pacato l’Ariete.
«Il
mio spirito si recherà, assieme a quello del mio nobile zio, a Sparta. Tu verrai
con noi, tenendo sotto controllo i dintorni.»
Il
custode della prima casa guardò di striscio il Marine vicino a Poseidone,
capendo cosa “dintorni” significasse.
«Ai
suoi ordini, Milady.»
«Sì
sì, bando ai convenevoli!» sbottò il Dio dei Mari «Muoviamoci, sono stanco di questo
posto!»
Athena
ignorò le lamentele dell’ospite «Saga, il mio spirito abbandonerà il Santuario
per breve tempo, quindi la mia barriera scomparirà momentaneamente. Ordina a
Shaka di crearne una temporanea perlomeno attorno alle dodici case. In caso di
attacco sai cosa fare.»
«Sì,
Mia Signora. Sia prudente.»
Isabel
sorrise amabilmente. Poi, spronata da uno sbuffo del fratello di Zeus, separò
il proprio spirito dal corpo e si avvicinò a Poseidone. In un’aura blu, Athena,
Poseidone, Krisaore e Mu sparirono.
«Sei
tornata a morire, figlia di Loki?»
Teatrino di Scarlet:
Innanzitutto
inizio con lo scusarmi per il lungo tempo di improduttività. Sfortunatamente
l’ispirazione era poca e ci ho messo troppo a scrivere. Speriamo che non sia
così con il prossimo capitolo! Secondo, come solito spero che il chap vi sia
piaciuto e spero di non aver fallito miseramente come solito. Terzo ed ultimo,
vi lascio alcune note.
Iliade:
dunque, sicuramente direte: da dove salta fuori quella punizione di Zeus?
Ebbene, ovviamente nell’iliade non è narrata una cosa del genere! Ho solo
sfruttato il “tradimento” di Ares a mio favore. A questo proposito, ringrazio
la mia beta silvermoon74 per avermi dato una mano in questo frangente,
consigliandomi tale decisione.
Aima:
molti si chiederanno, probabilmente, dov’è finita la nostra marionettista
indipendente, forte ecc. Beh sostanzialmente lei è come l’ho appena descritta,
ma aggiungiamoci i fatti del passato che l’hanno provata parecchio, la seconda
perdita di un’allieva e il fatto che Kanon dovrà ucciderla.. ci credo che ormai
è ridotta così. Just saying!
^_____^
Atena:
well,
well… let me explain! Perché ha lasciato il Grande Tempio solo con lo spirito?
Ho preso questo particolare da LC, quando Atena si reca sottoforma di spirito a
salvare Sisifo. Comunque l’ho utilizzato perché mi sembrava più prudente che
farle lasciare il Santuario anche con il corpo. Poi figurarsi, Saga le avrebbe immediatamente
detto di rimanere lì in caso contrario!