Nota dell’autrice:GRAZIEEE!! Grazie veramente
per aver letto e commentato la mia storia su Ghost Hunt ^^ eccovi il secondo
capitolo e mi dispiace che non riesca ad andare più velocemente ç__ç c’è anche
un’altra mia fan fiction che aspetta di essere aggiornata, ma ora come ora non
ho quasi più tempo per nulla!
Ci-Chan le puntate in ita sono arrivate fino
alla 14° uscita da pochissimo, però sono riuscita a vedere tutta la serie con i
sub francesi ^^
Per Jenna Uchiha e Yuichan..beh il fatto che
Naru sia chiamato Oliver Davis è un grandissimo spoiler, ma non proviene dalla
serie bensi dai romanzi di cui ho letto una sorta di riassunto su internet.
Infatti questa fan fiction è ambientata
alla fine della prima serie dei romanzi.
Nelle righe seguenti metterò allora dei piccoli
spoiler diciamo necessari per la comprensione di alcune parti di questa fan
fiction. Se volete potete leggerli..però non vorrei rovinarmi tutto! Ç__ç
decidere voi ^^
Intanto li metto ^^
Shibuya Kazuya è in realtà il
famoso Oliver Davis. Lui e suo fratello gemello di origini giapponesi vennero
adottati da genitori inglesi in tenera età. Purtroppo Eugene ( il fratello di
Oliver) muore in un incidente stradale proprio in Giappone e chiede a suo
fratello di riportare la sua salma in patria. Sotto mentite spoglie Oliver si
trasferisce in Giappone. Solo due persone sono a conoscenza della sua identità,
il silenzioso Lin e la medium Masako Hara che spesso ricatta il ragazzo per
chiedergli degli appuntamenti a cui il giovanotto non può sottrarsi. Così il
nuovo Kazuya Shibuya decide di fondare un società per gli esorcismi, lo Shibuya
Psichic Research, che copra le sue vere intenzioni e la ricerca del corpo di
Eugene. Entrambi i ragazzi amavano chiamarsi con un soprannome, Oliver era Noll
e Eugene semplicemente Gene. È Gene che ha preso ad apparire nei sogni di Mai
Taniyama non si sa bene per quale motivo, e Naru si sorprende la prima volta
che viene chiamato così da Mai proprio perché il suo soprannome, Noll, in
giapponese suona come ‘Naru’.
Alla fine dei romanzi, se non
sbaglio, Naru riesce a trovare il corpo di Gene e ritorna in patria. Chiude lo
SPR e torna in Inghilterra con una domanda per Mai…
È di me che sei innamorata o
di mio fratello?
Mai non riesce a dargli una
risposta.
2.
“I passeggeri del volo BA 747 in
partenza per Londra sono pregati di recarsi al Gate n°8 per l’imbarco” disse
bellamente stentorea la voce all’altoparlante dell’aeroporto, “I passeggeri del
volo BA 747 in partenza da Tokyo sono pregati di recarsi al Gate n°8 per l’imbarco.
Il volo partirà fra pochi minuti”
Non c’era bisogno di una hostess
che aveva le capacità artistiche di una caffettiera a farle sapere che era in
tremendo ritardo. Tutta colpa di quel dannato asciugacapelli che aveva comprato
qualche giorno prima. Al check-in aveva fatto trillare così forte il metal
detector che Mai Taniyama aveva pregato i nove spiriti di Shinto di renderla
quasi sorda.
Ma sembrava che gli spiriti in
questione fossero impegnati in qualche altra missione salvifica di terribile
urgenza, perché non l’avevano calcolata neppure di striscio.
Così, la ragazza aveva dovuto
sottostare alle pressanti proteste dell’ufficiale di dogana ed aprire tutte e
due le sue valigie mostrando al mondo intero quel poco di abbigliamento e
biancheria che possedeva. Era stato anche piuttosto imbarazzante quando quel
giovane poliziotto l’aveva squadrata per bene, dopo essersi ritrovato in mano
un paio di culottes con le fragoline. E allora? Che c’era di male?
Rossa come il carapace di
un’aragosta tropicale scottatasi al sole di Honolulu, Mai Taniyama rificcò alla
meglio gli abiti nelle valigie e già piangeva per lo stato in cui li avrebbe
ritrovati al suo arrivo. Aveva impiegato due giorni per riuscire a trovare il
sistema di non far rovinare la maggior parte del suo guardaroba, ed invece,
eccolo lì, il suo lavoro distrutto, tutto per un dannatissimo asciugacapelli!
Magari dove stava andando gliene avrebbero pure dato uno! E lei che se l’era
portato dietro provocando tutto quel caos!
Si era sempre chiesta come mai
le sue visioni notturne riguardavano sempre spiriti, fatti passati, morti
feroci e mai che l’aiutassero a superare cose come questa! Sbuffò per
l’ennesima volta, correndo a perdifiato verso Ayako che le faceva cenno di
sbrigarsi e intanto impediva alla hostess di chiudere il gate di imbarco.
Quando Mai Taniyama si sedette
alla poltrona che le era stata assegnata non aveva ancora realizzato cosa fosse
accaduto nel giro di quelle poche ore. Solo in quel momento aveva iniziato a
rendersi conto che si trovava su una comoda poltrona di prima classe, in un
aereo che l’avrebbe condotta in Inghilterra.
E tutto era iniziato con quella
telefonata.
Quando la mattina del primo
novembre si era svegliata nello studio dello SPR ricordava quello che era
accaduto la sera prima, nel senso che aveva coscienza del fatto che tutti loro
si erano rivisti e che avevano festeggiato allegramente. Poi però aveva avuto
una sorta di vuoto, uno strano buco nero rimpiazzato da un martello pneumatico
che dal momento in cui aveva aperto gli occhi le aveva preso a fracassarle il
cranio. Per cui il fatto che fosse stata svegliata dallo squillo insistente del
telefono equivaleva, almeno per il suo cervello insolitamente martoriato, ad
una banda di grancasse che suonavano direttamente nelle sue orecchie. Con
sottofondo di tromba jazz.
Mai Taniyama si mosse tentoni,
gli occhi gonfi, cercando disperatamente il telefono che continuava a trillare
in modo fastidioso.
Poi successe una cosa strana.
Inciampò e cadde sbattendo il
naso per terra.
E in quel momento un altro
telefono iniziò a squillare. Anche se il motivetto fin troppo allegro indicava
chiaramente che si trattasse di un cellulare.
- Ahia… - mugolò una voce sotto
di lei. E si accorse di essere inciampata su John.
Mentre tornavano rapidamente i
ricordi, qualcosa di strano le afferrò il petto; una sensazione opprimente,
funerea, indicibile.
Qualcosa che aveva avvertito
qualche giorno prima, quando si era risvegliata da quel sogno nel quale era
morta arsa viva.
Afferrò il telefono con forza e rispose.
- Mai Taniyama? – disse una voce
sconosciuta.
- Si – aveva risposto la ragazza
con una strana irrequietezza.
- Ho un lavoro per lei –
Anche il cellulare aveva smesso
di suonare.
Bou-san aveva risposto.
- CADREMO!!! LO SO!! LO SO!! CI
SFRACELLEREMO E IO NON AVRO’ LA GIOIA DI ESSERE PADRE!!!! -
In tutte le avventure che
avevano risolto in giro per il Giappone non era mai capitato di dover prendere
l’aereo per gli spostamenti. Seppure avevano dovuto affrontare diversi
chilometri, non si era mai presentata l’occasione per un viaggio così lungo. E
se così non fosse stato, Mai Taniyama non avrebbe mai potuto assistere ad un
fenomeno del genere.
Osamu Yasuhara, non appena
imbarcato, aveva inforcato la sua telecamera e l’aveva puntata su Bou-san.
Lo aveva fiutato, il terrore per
l’aria. Era stampato a caratteri cubitali sul volto pallido del bel bonzo
mentre attraversava con aria mesta il corridoio di prima classe, movendosi come
un bradipo in quell’oceano di pelle e velluto pregiati. E il promettente laureando
della Todai non si era fatto sfuggire l’occasione. A dire il vero era troppo
esilarante per farsela scappare.
Mai aveva fatto appena in tempo
a capire di trovarsi per la prima volta non solo su di un aereo, ma per di più
in prima classe che Houshou Takigawa aveva iniziato ad avere visioni di morte.
E dire che in genere era lei a fare sogni del genere!
- MORIREMO! MORIREMO! MI
SFRATACCHIERO’ E NON RIUSCIRO’ AD AVERE LA PENSIONE!-
- Ma la pianti di dire idiozie?
–sbuffò Ayako appoggiando esasperata il volto sul palmo – nessuno morirà sempre
che tu non voglia continuare con questa sceneggiata. In quel caso mi
improvviserò killer – aggiunse fulminando il giovane con uno sguardo glaciale.
Ayako sapeva sempre come farsi
rispettare, sorrise Mai fra sé.
Almeno questo era quello che
sperava.
Tuttavia sembrava che questa
volta ci fosse sul serio riuscita.
- QUESTO AEREO CADRA’!!CADRA’!!!
CI MACIULLEREMO SUGLI SCOGLI DI DOVER E SAREMO CIBO PER GLI SQUALI!!-
l’urlo emesso dal bonzo dopo
quei pochi attimi di pace fu più lacerante dei primi.
- Takigawa-san – disse John che
si era tappato le orecchie con le mani e che, allo stesso tempo, riusciva a
sorridere come se niente fosse – non ci sono squali nel canale della Manica -
- E TU CHE NE SAI?- sputazzò il
bonzo furioso centrando perfettamente l’iride cristallina del piccolo prete –
MICA TI CHIAMI JACQUES COUSTEAU? -
- E va bene – sorrise Ayako
mentre aveva misteriosamente cacciato dalla borsa una siringa che guardava con
aria maligna. Un piccolo quantitativo di una sostanza cristallina zampillò
allegramente fuori dall’ago prima di essere ferocemente sbattuto sulla vena
brachiale del giovane bonzo dai capelli castani.
Le urla cessarono
immediatamente.
L’uomo crollò come un sasso
prima che la hostess si avvicinò per vedere se qualcosa non andava.
Il sospiro di sollievo fu
generale. Solo quello di Yasuhara aveva un accento lievemente differente. Ora
non avrebbe avuto più nulla di divertente da filmare.
- Allora che ne pensate? –
esordì Ayako dopo aver fatto scomparire con insolita abilità tutte le prove del
suo reato.
- Che si tratta di una faccenda
alquanto strana – rispose John serio.
- Tutti quei soldi…- aggiunse
Mai Taniyama portandosi una mano al mento pensierosa.
- E il fatto di conoscere tutti
noi – finì Masako fissando seria avanti a sé.
- E’ piuttosto insolito. Perché
chiamare proprio noi? -
La domanda di Yasuhara-san aveva
attraversato la mente di tutti nell’istante in cui ognuno di loro aveva
conosciuto l’ubicazione del nuovo caso: Warboys, Huntingdonshire, Regno Unito.
E probabilmente ognuno di loro
si era dato la stessa risposta.
Mai cercò di frenare il battito
accelerato, sperando che quello che provava non le si leggesse ancora sul
volto. Tuttavia, per sicurezza, sfuggì agli occhi inquisitori di Masako
voltando la sua attenzione verso Bou-san che aveva iniziato a russare come un
asmatico.
Sembrava proprio che non ci
fosse verso. Il suo vecchio capo, quel ragazzo alto e della temperatura interna
di zero gradi Fahrenheit, le faceva ancora un certo effetto. Ma probabilmente
il tutto era stato sublimato dai ricordi. La memoria, alle volte, fa proprio
dei brutti scherzi. E quello non era il momento di pensarci.
- Poi tutto questo lusso…non vi
pare strano anche questo? – chiese all’improvviso Yasuhara –san guardandosi
intorno – chi ci ha chiamati ha speso una fortuna per avere noi -
‘Che diavolo starà succedendo?’
pensò Mai Taniyama con una strana sensazione che le occludeva il petto.
Quando misero piede
nell’aeroporto di Heartrow, Houshou Takigawa pareva avere appena la forza di
stare in piedi, tuttavia non riuscì a smettere di baciare il terreno dove aveva
poggiato finalmente i piedi lontani da quel maledetto aggeggio di ferro che gli
uomini avevano creato per volare.
Masako scuoteva la testa,
portando a coprire le labbra la lunga e variopinta manica del suo kimono dai
fiori di ciliegio, con nei profondi occhi color notte un disgusto tipico del
suo carattere.
John sorrideva del sorriso
ingenuo dei bambini mentre si guardava in giro tutto contento di un nuovo posto
da esplorare.
Ayako sbuffava, evidentemente
esasperata dai sutra di ringraziamento che il giovane monaco non la smetteva di
salmodiare, mentre Yasuhara-san era tutto intento da riprendere Bou-san nella
sua quanto mai definitiva perdita di dignità.
Mai ebbe solo il tempo di
sentirsi in imbarazzo che un soffio le accarezzò una spalla.
- Mai Taniyama? -
La ragazza annuì.
E il salmodiare del monaco
cessò.
Di fronte a loro un uomo di
mezza età con dei radi capelli rossi piuttosto arruffati mostrava a tutti loro
un sorriso tirato.
- Ho l’ordine di accompagnarvi
direttamente a Warboys dove vi verrà spiegato meglio quale sarà il vostro
compito – disse frettolosamente, guardandosi intorno come se stesse aspettando
che dopo quelle parole una sorta di maledizione gli si attaccasse alla schiena.
- Prego da questa parte
–continuò l’ometto preoccupato – i
vostri bagagli sono stati già recuperati -
- Quanta fretta! – annunciò
rauca la voce profonda di Bou-san. Mai
si voltò verso di lui: seppure ancora leggermente pallido sembrava proprio
essere tornato la persona sicura di sempre.
‘Il nostro vice comandante ‘
sorrise la ragazza fra se.
-Mi spiace, signori – disse
ancora l’uomo stropicciando nelle piccole mani nervose il cappello – tuttavia
c’è molto meno tempo di quanto crediate…di quanto speravamo in effetti –
I cinque amici si fissarono un
attimo negli occhi, lo sguardo serio e concentrato.
Di qualunque cosa si trattasse
sembrava essere piuttosto grave.
-Infatti – esordì quasi
pigramente l’uomo di fronte a loro, nella sua vestaglia di damasco a
lavorazione a mano, l’aria signorile terribilmente stanca, gli occhi cerchiati
di viola. E tuttavia la sua persona emanava un’insolita aura di regalità che
obbligò tutti loro al silenzio.
Certo, anche perché metà di loro
era fortemente in collera con quel giovane, completamente vestito di nero,
appoggiato ad una semicolonna, le braccia incrociate sul petto, attento a
seguire ogni minimo particolare di quella conversazione.