Parla Antigone
Il mio povero papà diceva
che con la corazza l’elmo e la spada
sarei stata il migliore degli strateghi.
E a volte, quando per sbaglio
consideravo il mio riflesso
sulla superficie di bronzo di uno specchio,
di me non vedevo nient’altro
che una fronte alta,
la faccia rosea, il collo sottile,
un’onda di capelli castani
appoggiati sulla spalla, le mani di una ragazza
che passa il suo tempo al telaio;
e non capivo la tenerezza, o l’amore,
nello scherzo di mio padre
Finché ad un certo punto
ho visto penzolare da una trave
il cadavere di mia madre, ho visto
gli occhi di papà ruscellare
fontane di sangue, mentre donne
parate a lutto ululavano,
e il palazzo risuonava
dei loro ululati. Ade era entrato
anche nei muri
Ora faccio una somma:
il sonno mi ha abbandonata,
la pace mi ha abbandonata,
vedo le braccia tese di mia sorella
ma mi succede come nei sogni,
non riesco a muovermi.
Che cosa farò di tutto questo sangue:
fatto di espiazione, rancore,
deliri di ogni genere?
E proprio su di me dovrà versarsi?
Allora mi dico prendi, rimisura,
delibera: delibera di separare
quello che è reale da quel che è spurio,
togli il sudicio che si è accumulato
sopra tanto dolore;
e cerco un gesto che mi sia possibile
Primo, per la pace di chi è morto,
secondo, per la mia.