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Autore: Lexy    18/02/2008    3 recensioni
Chi si è davvero domandato come fosse nata l'amicizia tra Avery, Zabini e Severus in Kal Ho Naa Ho? Ecco la risposta: dal passato violento di Avery, l'incontro con Severus, e l'aprirsi reciprocamente, questi personaggi matureranno insieme fino al quinto anno di Hogwarts. Leggete e mi piacerebbe se recensiste! Rating giallo per scene violente e più in là un leggero slash! XxX.SilverLexxy.XxX
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Come ogni mattina, il cortile della scuola elementare St George di Taunton era affollato di studenti, che attendevano chiacchierando il suono della campanella per entrare a scuola e seguire le lezioni. Un gruppo di ragazzi spiccava tra gli altri: erano in molti, almeno una decina, e marciavano compatti verso il retro della scuola. Il più giovane tra loro aveva otto anni ed era visibilmente più piccolo degli altri, avanzava sorridendo e ridacchiando nervosamente alle battute dei suoi compagni più grandi. Quel bambino si chiamava Andy.

Ma chi spiccava di più di più tra loro era un altro: il suo nome era Robert Avery... abbastanza alto per la sua età, magro e con i capelli castani non troppo corti: non stava sorridendo, né partecipando alle chiacchiere del suo gruppo, anzi manteneva una certa inespressività mentre camminava a testa alta senza spostare mai lo sguardo altrove. Come se nulla di ciò che gli accadesse intorno fosse abbastanza interessante da catturare la sua attenzione.

Il folto gruppo attraversò il cortile, beandosi quando gli altri bambini facevano ala al loro passaggio: si spostavano tutti nonappena li vedevano arrivare, ne erano chiaramente spaventati. La loro destiniazione –il retro della scuola –fu comunque presto raggiunto dai ragazzini e non appena lontano dallo sguardo indiscreto degli adulti, alcuni tirarono fuori delle sigarette, accendendole immediatamente.

Fu poco dopo che, finalmente, qualcosa attirò l’attenzione del ragazzo dai capelli castani facendogli alzare il viso. Proprio il più piccolo del gruppo, Andy, mentre parlava con un compagno fece una smorfia improvvisa e con la manina, goffamente tentò di allontanare il fumo che lo aveva appena infastidito.

"Andy?"

"Oh? Dice a me signor Avery?"

Chiese il ragazzo, stupito ma contento dell’attenzione ricevuta dal loro freddo capo.

Senza aggiungere un’altra parola, Robert allungò la mano che teneva la sigaretta, tendendola verso il ragazzino in una silenziosa offerta. Andy però perse una tonalità di colore: in genere non si rifiutava mai se il capo suggeriva qualcosa ma lui odiava il fumo, i suoi genitori gli avevano insegnato che faceva male e gli avevano detto che sarebbero stati molto tristi e delusi se lui avesse fumato, così un po’ balbettante, rispose

"Ehm... la ringrazio, ma..."

"Ma cosa? Sei forse un moccioso?"

Chiese, la sua voce piatta e fredda come al solito, senza ritirare la mano, la sua offerta era ancora valida ma non per molto tempo. il giovane si guardò velocemente intorno come in cerca d’aiuto, ma non trovò nessun appoggio dal resto del gruppo di cui era entrato da poco a far parte. Se si aspettava protezione o aiuto, si sarebbe presto reso conto che lì non ne avrebbe avuti. Così arrossì, ed abbassando lo sguardo, disse

"No, è solo... la mia mammina mi ha detto..."

Iniziò con la sua voce alta ed impacciata, ma non riuscì nemmeno a finire la frase che si sentì colpire. Forte, sul viso. Avery gli aveva appena mollato un ceffone senza nemmeno alzare un sopracciglio, senza cambiare espressione o tono di voce. Ancora, nessuno dei suoi amici lo soccorse, ed anzi parecchi si misero a ridere. Poi, col viso dolorante e le lacrime che salivano ai suoi occhi da bambino, sentì il capo dire

"Forse Andy, hai scordato che i bambocci viziati qui non sono ammessi."

Una frase semplice, pronunciata con una voce talmente seria da spaventarlo. Nonostante anche Avery fosse un bambino, c’era ben poco di infantile in lui. Rapidamente pensò a cosa lo avrebbe atteso se non fosse riuscito a compiacere il suo capo: sarebbe automaticamente stato espulso dal gruppo, e ne avrebbero fatto la loro preda preferita per molto tempo. Così, quando vide il capo offrirgli ancora una volta la sigaretta, pensò bene di accettarla.

La prese in mano, tra le dita tremanti e la portò alla bocca. I ragazzi attorno a lui iniziarono ad incoraggiarlo e ordinargli di respirare il fumo, non sputarlo semplicemente fuori. Quando Andy obbedì ed i suoi polmoni si riempirono per la prima volta di fumo, sentì la gola, la lingua ed il petto bruciare, e non potè fare a meno di tossire, molte volte, finchè i suoi occhietti non si riempirono di lacrime. Sentiva gli altri ridere ma nonostante l’umiliazione fosse grande, non voleva piangere.

Sentì improvvisamente un altro colpo dietro la schiena: era stato ancora una volta Avery, che piantato il piede tra le sue piccole spalle, lo aveva calciato così forte da farlo scivolare sul pavimento ruvido. Sentì il sangue uscire dai gomiti sui quali era caduto e macchiare i vestiti. Si voltò sulla schiena appena in tempo per vedere la suola della scarpa del suo capo.

Venne calciato ancora una volta, sulla faccia e sentì la testa sbattere contro il suolo cementato, e poi quel piede crudele e pesante non si mosse, restò lì sulla sua guancia a schiacciragli ancor più il viso a terra. Le lacrime a quel punto superarono il debole freno imposto dal ragazzino, che iniziò a piangere. Ma non era ancora finita. Mentre tutti ridevano di lui e lo indicavano prendendolo in giro, sentì ancora una volta la voce di Avery che seppur più bassa degli schiamazzi arrivò forte e chiara come sempre.

"Disdetta... non dovevi dimenticare di essere l’ultima ruota del carro, qui. Ora leccala, avanti."

"C.... cosa? Ah... ghhh..."

"La scarpa. Non fingere di non aver capito."

I ragazzi risero ancora più forte quando sentirono le parole del capo, e si sbellicarono letteralmente quando Andy tentò di scuotere la testa e liberarsi ricevendo in cambio solo altro dolore mentre Avery premeva il piede ancor più violentemente contro il suo viso. Non c’era altra alternativa. Seppur disgustato, aprì la bocca e la sua piccola lingua lambì la suola della scarpa sopra di lui, ancora ed ancora finchè il capo non fu soddisfatto.

Giusto il tempo di alzarsi da terra e valutare le sue ferite, che la campanella finalmente suonò. Così si asciugò il sangue dal viso con la manica della felpa e si alzò in piedi, sbrigandosi per seguire gli altri, ma ancora una volta la voce di Avery giunse cattiva e prepotente, ordinandogli

"Tu no! Mi hai irritato! Salta le prime ore, entrerai dopo la ricreazione."

L’ordine di Avery era chiaro: doveva starsene fuori ad aspettare –e dove altro avrebbe potuto andare? Era solo un bambino –e poi entrare dopo la pausa. I maestri lo avrebbero di sicuro punito. Ormai aveva capito che non poteva sperare in nessun aiuto da parte di quel gruppo. Le risate dei ragazzi che credeva amici, lo raggiunsero per molto tempo, mentre li guardava allontanarsi verso la scuola.

Il gruppo di Avery non difendeva mai nessuno.

 

FINE.

  
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