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Autore: Beauty    10/08/2013    14 recensioni
E se Belle e Rumpelstiltskin si fossero incontrati nella vita reale?
Mr. Gold, attraverso i suoi patti, tiene in pugno l'intera Storybrooke. E' considerato un uomo malvagio e incapace di amare, ma quando Belle French, per saldare i debiti del padre, accetta di lavorare per lui, le cose si rivelano diverse da come appaiono. Ben presto, Belle e Mr. Gold si ritroveranno inaspettatamente a provare dei sentimenti l'uno per l'altra, ma qualcuno intanto sta tramando nell'ombra...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Here On This Night

 
- Signora Mills, vista la sua situazione, le consiglierei di procurarsi un buon avvocato…
Regina strinse i denti, allacciando ancora di più le dita delle mani intorno alle sbarre; aveva sempre odiato ammettere la propria sconfitta, ma stavolta Emma Swann aveva dannatamente ragione: era con le spalle al muro.
Nella sua mente iniziavano a intrecciarsi diverse domande, tutte diverse e nessuna con una risposta chiara: chi aveva fatto la spia?; come aveva fatto la Swann a scoprire la verità?; possibile che Gold avesse parlato?; quella ragazzina non era poi così importante per lui, allora…; oppure era stato Jefferson?; ma no, quell’idiota era nella merda fino al collo esattamente quanto lei, aveva troppa paura di perdere sua figlia per azzardarsi a spifferare qualcosa…; e allora, com’era potuto succedere?; che ne sarebbe stato di lei, ora?; calma, Regina, calma, tu qui sei il sindaco, non una qualsiasi poveraccia, in qualche modo riuscirai a cavarti fuori da questa porcata…; e se invece no?; che sarebbe successo?; ci sarebbe stato un processo, poco ma sicuro, e se la Swann aveva tutti i documenti che la incriminavano…; diavolo, sarebbe finita in carcere!; l’avrebbero portata a Boston, a centinaia di chilometri da Storybrooke?; sarebbe finita dietro le sbarre, e chissà quando ne sarebbe uscita…; e Henry?; Dio, il suo bambino!...
- Signora Mills.
Regina aumentò ancora di più la presa intorno alle sbarre, rialzando lentamente il capo fino a incrociare lo sguardo del Vicesceriffo; si sarebbe aspettata di scorgere un sorrisetto maligno, o quantomeno una scintilla di trionfo negli occhi scuri della donna…e invece, Emma Swann appariva impassibile, molto tranquilla come loro due se si trovassero nel salotto di casa sua a parlare di pettegolezzi, invece di stare per iniziare un preliminare di interrogatorio.
- Signora Mills, so che in questo momento desidera tutto tranne il mio consiglio…
- Per l’appunto. Se lo tenga per sé - ringhiò Regina; forse presto sarebbe stata costretta ad andarsene in giro con una specie di pigiama a righe bianche e nere, ma conservava sempre una sua dignità. Emma Swann i suoi consigli poteva benissimo ficcarseli in quel posto.
- …ma forse dovrebbe ascoltarmi - proseguì imperterrita il Vicesceriffo, con un impercettibile sospiro di rassegnazione.- Potrebbe aiutarla.
- Aiutarmi?! Signorina Swann, se crede di prendermi per i fondelli, sappia che ha sbagliato persona - sibilò Regina.- Lei si offre di aiutarmi, quando mi ha appena sbattuto in una cella?! Quando entrambe sappiamo benissimo che lei sta già pregustando la sua vittoria?!
Emma sospirò, afferrando una sedia e ponendola di fronte alla celletta dell’ufficio prima di sedersi stancamente. Si chiese dove diamine fosse finito Graham. L’aveva sentito rientrare mezz’ora prima dal retro della centrale, poi si era chiuso nel suo ufficio senza dire una parola, senza nemmeno farsi vedere.
E ora, quella gatta da pelare se la doveva godere lei.
Emma si sporse in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia divaricate.
- Regina - disse, chiamando la donna per nome. - Regina, non sto scherzando. Lungi da me prenderla per i fondelli, come ha detto lei. Si rende perfettamente conto che la sua situazione è grave. Quasi sicuramente verrà ritenuta colpevole, ma forse se mi ascolta potremo fare qualcosa per limitare la pena.
- Ah, sì?- la beffeggiò Regina, scoprendo i denti in un ghigno cattivo e amaro allo stesso tempo.- Perché dovrei abbassarmi a contrattare con lei, signorina Swann? Sa, mi riesce veramente difficile credere che la donna che si prenderà il mio bambino voglia aiutarmi…- la voce le si incrinò, ma sostenne comunque lo sguardo del Vicesceriffo.
- Proprio per questo dovrebbe fidarsi di me - replicò Emma. - Se lei verrà arrestata, le verrà tolta la potestà genitoriale su Henry, e lui verrà affidato al parente più prossimo: io. Mi creda, ho vissuto in un istituto per anni e ho cambiato almeno tre famiglie affidatarie: so quanto soffre un bambino nel venire separato dai genitori. Lei è la sua madre adottiva; lo ha cresciuto per dieci anni e lui le vuole bene. Se si ostina a fare di testa sua, rischierà di non vederlo più, e Henry non lo sopporterebbe. Nessuna di noi due vuole vederlo soffrire…ma se fa come le dico io, allora forse questo non succederà, e lei se la potrebbe cavare con poco…
Regina ridusse la labbra a due fessure, ponderando le parole della donna. Slacciò le dita dalle sbarre; senza staccare lo sguardo dal volto del Vicesceriffo, si sedette lentamente sulla cuccetta all’interno della cella.
- L’ascolto - mormorò, con voce ferma ma incolore.
Emma si schiarì la voce, passandosi nervosamente una mano fra i capelli.
- Innanzitutto, deve dirmi con esattezza che cosa ha combinato - esordì.- Abbiamo una falla nelle finanze della città grande come una casa…
- L’ho riempita - ribatté Regina.- Circa tre giorni fa.
- Parzialmente. E con denaro non del tutto pulito - Emma la guardò.- Esaminando i suoi documenti sono risalita alla data in cui la falla è stata aperta. Risulta una transazione di denaro sul conto di Robert Gold.
- Lui verrà accusato?
- Temo di no. Non abbiamo prove per dimostrare che lui sapesse qualcosa di questa speculazione, e se anche così fosse, Gold non ha commesso nessun reato se non accettare dei soldi che, comunque, gli spettavano di diritto. Piuttosto…- Emma inspirò a fondo.- Il denaro mancante era parecchio; ben poche persone sarebbero riuscite a permettersi tutti quei soldi, in questa città…fra quei pochi, c’è appunto il signor Gold - Emma si sporse verso di lei.- Questo scambio di denaro non è poi così aperto, vero? E’ stato Gold a darglielo, non è così?
Regina non rispose, ed Emma interpretò il suo silenzio come una risposta affermativa.
- Come ha fatto a convincerlo?
- Ha importanza?- la sfidò Regina.
- Sì, se vuole salvare quel che resta del suo fondoschiena. Avevamo messo in chiaro di dirci la verità, se non ricordo male…- Emma la guardò, quasi a sfidarla a contraddirla.- Conosco il signor Gold: non è il tipo che si fa intimidire o corrompere facilmente. Se, come penso, lo ha minacciato, deve aver trovato un capro espiatorio molto convincente…
Il sindaco Mills non rispose, continuando a guardarla; Emma sospirò, rassegnata a ficcarle le parole in bocca.
- Il suo capro espiatorio era Isabelle French, dico bene?
A quel punto, Regina sgranò gli occhi per la sorpresa, indietreggiando un poco sulla cuccetta.
- Come sa di Gold e della figlia di French?- sibilò.- Gold le ha detto qualcosa, forse?
- No. Semplici voci. A volte i pettegolezzi tornano utili anche in questo lavoro…- Emma si strinse nelle spalle, prima di proseguire.- La signorina French è stata ritrovata in fin di vita abbandonata nel parcheggio dell’ospedale di Storybrooke. Nessuno sa chi l’abbia conciata così, e a quanto pare lei dice di non ricordarsi nulla - Emma evitò accuratamente di dire che non aveva ancora provveduto ad approfondire il caso French.- E’ stata lei, per caso?
- Io non c’entro niente con quello che è successo a Isabelle!- si difese Regina; intuì che Emma Swann non doveva sapere nulla di quanto era accaduto in realtà. Era vero, non era stata lei a gonfiare Isabelle come una zampogna; ma aveva ordinato a Jefferson di tenerla rinchiusa in modo da poter fare di lei la sua wild card contro Gold quando fosse giunto il momento opportuno. Se la Swann l’avesse saputo, allora di certo non avrebbe esitato a tirare in ballo la faccenda. Ma non ne aveva fatto menzione, e non aveva lo stile e la classe necessari da indurre qualcuno a confessare con una sola occhiata. Era chiaro che non ne sapeva niente.
Beh, pensò, non sarebbe stata certo lei a rivelarglielo. Al diavolo la sincerità, i capi d’accusa su di lei iniziavano a diventare troppi, l’ultima cosa che le serviva era un’incriminazione per sequestro di persona…Ma dov’era ora, Isabelle? Ancora nel sotterraneo? Jefferson non l’avrebbe liberata senza il suo consenso…Che ne sarebbe stato di lei?
Non lo sapeva e nemmeno le importava. Per quello che la riguardava, poteva anche marcire in quell’ex manicomio. Sarebbe stato meglio, così niente sarebbe venuto a galla…Jefferson non avrebbe berciato, no. Anche lui era coinvolto nel rapimento.
Questo, comunque, avrebbe potuto giocare a suo favore se Isabelle fosse stata liberata…dividere una colpa in due era sempre meglio che accollarsela totalmente.
Emma sospirò, rialzandosi in piedi.
- Lo spero per lei, signora Mills…- soffiò.- Bene, vediamo di fare il punto - disse un attimo dopo, incrociando le braccia al petto.- Al suo attivo abbiamo frode fiscale e minaccia. Come minimo si beccherà vent’anni…
Regina si sentì morire; vent’anni…quanti anni avrebbe avuto Henry, per allora? Trenta? E lei non lo avrebbe visto crescere…
Si sentì salire le lacrime agli occhi, ma non ebbe la forza di frenarle.
- Ma - la bloccò inaspettatamente Emma Swann, tanto che Regina alzò lo sguardo su di lei, sorpresa.- Ma…potremmo togliere la voce “minaccia” dal capo d’accusa…
- Davvero?- soffiò Regina, un po’ scettica.- E come?
- Gold non ha mai avuto le mani pulite, forse meno di lei, ma di certo anche lui ha i suoi loschi affari. Se è intelligente…e lo è…non sporgerà accusa contro di lei, se vuole evitarsi guai ben più grossi…Scenderemmo così a sedici anni…
- Gran bella consolazione!- ironizzò amaramente Regina.
- In più, la falla ora è molto meno grande di com’era all’inizio. Mi basterà non mostrare alcuni documenti e riusciremmo a tirare la pena fino a quattordici anni.
Quattordici anni…; Regina ci rifletté attentamente. Erano comunque un’eternità, un’eternità lontana da suo figlio, ma di certo molto meno di venti.
- Se inventiamo la piccola bugia sul suo essersi volontariamente costituita, scendiamo a tredici o dodici - proseguì Emma.- E poi, ci sono le attenuanti. Lei ha sempre avuto una fedina penale intonsa, e questo è un bel punto a suo favore. Poi c’è la buona condotta, e se la sorte ci aiuta, forse riusciremo a trovare un giudice clemente. In tutto, farebbe solo otto o dieci anni di carcere. Alcuni dei quali potrebbero essere convertiti in libertà vigilata o arresti domiciliari. Se collabora e siamo fortunati, se la caverà con poco.
- E Henry?- incalzò Regina.
Emma sospirò, incrociando le braccia al petto.
- Henry resterà con me. Lei mi cederà ogni diritto su di lui. In cambio, le prometto che potrà farle visita una volta al mese e un paio di giorni o tre a settimana quando uscirà. Questo è quanto, Regina. Prendere o lasciare.
Regina si sentì improvvisamente il capo molto leggero, quasi come se stesse sognando. Emma Swann le stava offrendo la possibilità di salvarsi, per quanto poteva…Prendere o lasciare, aveva detto; che si aspettava, quella stupida? Certo che prendeva, ovvio che avrebbe preso, che altro avrebbe potuto fare?! C’era in gioco la sua vita, la sua reputazione, suo figlio
Henry. Era per lui che accettava l’accordo. In quel momento, si rese conto che non le importava più niente di nulla, e se non ci fosse stato il suo bambino di mezzo avrebbe certamente urlato in faccia alla Swann rigettandole addosso tutta la sua umiliazione.
Ma ora non poteva fare altrimenti. Così, avrebbe potuto continuare a vedere Henry, seppure una volta al mese, e il bambino sarebbe stato affidato a qualcuno che, comunque, si sarebbe preso cura di lui e lo avrebbe amato. Sempre meglio che lasciarlo finire in un istituto. Sempre meglio che essere separati per sempre.
Regina Mills abbassò lentamente il capo sulle proprie ginocchia; si rese conto solo in quel momento, quando una lacrima le cadde sulla gonna del tailleur, che stava piangendo, ma lasciò che le lacrime continuassero a scorrere, e annuì.
- Abbia cura del mio bambino, signorina Swann…
 

***

 
C’era un po’ più luce rispetto a quella mattina di Natale – Dio, quanto tempo era passato, da quel giorno? –, ma l’interno restava comunque molto buio. Si stava avvicinando il tramonto, e la luce del sole calante che s’infrangeva contro le finestre proiettava delle ombre scure sul pavimento e sulle pareti. Belle si sentì per un attimo mancare il respiro quando varcò la soglia della porta d’ingresso, ma subito riprese il suo contegno quando udì i passi di Gold accompagnati dal suo bastone seguirla all’interno della casa.
La ragazza si strinse nella giacca di Ashley, più per un naturale istinto di autodifesa che per il freddo. Aumentò la presa delle dita intorno al manico del borsone, muovendo ancora un paio di passi nell’atrio semibuio.
Sentì Gold richiudere la porta alle sue spalle, quindi lo schiocco secco della maniglia. Sei in trappola, ragazza!, sussurrò una ridacchiante vocina maligna nella sua testa, ma Belle s’impose di non ascoltarla.
Il silenzio si fece immediatamente pesante. Belle poteva quasi sentire il velo di tensione che avvolgeva l’intera stanza, come un muro invisibile ma dannatamente reale che divideva lei dall’uomo. All’inizio della loro conoscenza, quando erano solo lui un datore di lavoro un po’ bastardo e lei una dipendente non pagata e per niente felice di lavorare al negozio di pegni, quel genere di situazioni si erano verificate molto spesso. Ma mai così. Belle si sentiva in imbarazzo quando questo capitava – di solito perché aveva combinato qualche disastro –, ma trovava sempre il modo di uscirne, in qualche maniera. Fosse stato anche arrossire fino alla punta dei capelli, saltellare nervosamente da un piede all’altro, lasciarsi sfuggire una risatina forzata o, negli ultimi tempi, una battuta per rompere il ghiaccio, era sempre riuscita a dare un taglio a quella tensione.
Invece, in quel momento no. Si rese conto di essere rimasta per chissà quanto tempo immobile, rigida e ferma in mezzo alla stanza. Era a disagio, ma non trovava neppure la forza di schiarirsi la voce e dire qualcosa.
Eppure, lo sapeva, prima o poi loro due avrebbero dovuto parlare. Oh, sì. Sì, avrebbero dovuto, e molto probabilmente sarebbero stati dolori.
Il silenzio venne rotto – grazie a Dio! – dal rumore di un altro passo del signor Gold; Belle prese un profondo respiro per trovare il coraggio necessario, e si voltò lentamente a guardare l’uomo. Si sarebbe aspettata che dicesse qualcosa; invece, sembrava più in difficoltà di lei.
- Belle…- soffiò alla fine, in un maldestro esordio.- Belle, io…
- Dove dormo?- lo bloccò lei, forse un po’ troppo bruscamente, si rese conto un attimo dopo. La sua voce squillante ed esageratamente alta risuonò sulle pareti. Belle si concesse un istante per riflettere su ciò che aveva appena fatto: lo aveva deliberatamente interrotto, quasi come se non volesse sentire ciò che lui aveva da dirle. Beh, in fondo era così. Moriva dalla voglia di sapere se Gold avesse cambiato idea, ma ora non si sentiva pronta. Era stanca, sporca, e l’effetto delle pasticche ancora non era del tutto scomparso. E poi, aveva paura. Paura di un altro rifiuto…o di una giustificazione.
Se aveva intenzione di attaccare con un discorso volto a convincerla del perché loro due non potessero stare insieme…allora no, grazie.
Gold comprese al volo; si guardò per un attimo intorno, a disagio.
- Sì…certo…vieni, ti faccio strada…- la superò, facendole cenno di seguirlo su per le scale.
Belle non aveva mai visto il piano superiore, ma non è che fosse molto diverso dal resto. La casa di Gold era molto grande, semibuia, riempita con oggetti antichi e preziosi. Non era eccessivamente lussuosa o di cattivo gusto, ma era chiaro che era stata arredata in modo che i rari visitatori avessero un’ulteriore prova di chi fosse il proprietario: il padrone della città.
Gold la guidò senza dire nulla di fronte a una camera poco distante dalle scale, e ne aprì la porta. Belle mosse qualche passo all’interno, seguita dall’uomo: era una stanza da letto, grande, probabilmente mai utilizzata, con un letto a una piazza e mezza posto al centro, un armadio sulla destra accanto a una poltrona e una finestra dalle tende tirate sulla sinistra.
- Può andar bene?- chiese Gold.- Ti…ti piace?
Belle entrò con più decisione, chinandosi a posare il borsone sul tappeto.
- Sì, grazie. E’ perfetta - disse infine. Si rialzò, voltandosi nuovamente a guardarlo negli occhi.- Se non ti dispiace, avrei bisogno di farmi una doccia…
Si era da poco accorta di avere un aspetto pietoso. Era da una settimana che non si faceva un bagno completo, la camicia da notte era sporca, lei madida di sudore e con i capelli appiccicati al cranio.
Aveva un bisogno impellente di acqua e sapone.
Gold annuì, e la condusse verso quello che era il bagno, poco lontano dalla sua stanza da letto.
- Hai fame?- le chiese dopo poco.
Belle chinò il capo, e non rispose. Se aveva fame? Aveva una fame da lupo, erano tre giorni che non mangiava, ma in quel momento le sembrava quasi che ogni parola di più fosse un peccato imperdonabile.
- Sì, un po’…- mormorò alla fine.
- Non so cosa ci sia in casa, ma…ma cercherò comunque di prepararti la cena…- disse Gold, piano.- Tu fai pure con comodo. Quando te la senti, scendi pure…
- Va bene. Grazie.
 

***

 
Il percorso doccia-camera da letto-vestiti puliti si era esaurito tutto sommato abbastanza in fretta. Forse troppo, data la situazione.
Belle aprì il borsone da ginnastica, estraendone alcuni abiti prestategli da Michelle, optando alla fine per un paio di jeans e un pullover rosso lavorato a maglia che le arrivava a metà coscia. Ringraziò mentalmente che fosse stata la farmacista, e non Ruby, a prestarle i vestiti: a parte che le taglie adatte al fisico da top model della sua amica erano lontane anni luce dalle sue, ma il guardaroba della cameriera era composto principalmente da minigonne, shorts e magliette scollate all’inverosimile.
L’ultima cosa che le ci voleva, in quel momento.
Belle si lasciò cadere pesantemente sul letto, prendendo a fissare il soffitto; aveva i capelli bagnati, ma decise di lasciarli asciugare da soli. Aveva ben altri problemi, in quel momento.
Inspirò a fondo, cercando di ragionare.
Che doveva fare, adesso? Non sarebbe potuta uscire da quella casa per almeno qualche giorno, questo lo sapeva. Ancora non riusciva a capacitarsi di ciò che le era successo, e dire che se n’era accorta solo alla fine!; aveva deciso di non denunciare Jefferson quando Michelle e le altre le avevano spiegato le motivazioni che aveva avuto per imprigionarla e drogarla, ma ancora restava da risolvere il problema Regina Mills. Mary Margaret le aveva assicurato che le avrebbero fatto sapere al più presto, ma Belle aveva il sospetto che ne sarebbe passato, di tempo, prima che trovassero un modo per incastrare il sindaco…era ovvio che non volevano che il coinvolgimento di Jefferson venisse a galla.
Ma nemmeno che lei corresse altri pericoli finché la donna era in circolazione.
E ora, lei era lì. Aveva vomitato altre due volte, mentre era in bagno, e aveva il forte sospetto che le porcherie iniettatele da Jefferson le avrebbero causato altri problemi, nei giorni seguenti. Si poteva quasi dire che dovesse disintossicarsi. Espellere le sostanze nocive nel suo corpo. In più, non era libera di uscire e di andare dove voleva finché la Mills restava impunita. Non aveva più un lavoro. Era certa al 99,9% che lei e suo padre avessero definitivamente tagliato i ponti – anche se quest’ultimo punto non era poi così negativo, a pensarci bene; era costretta a indossare dei vestiti che le erano stati prestati perché per il momento non poteva riavere indietro i suoi; non aveva un soldo; aveva rotto le scatole a mezzo mondo solo per la sua sfortuna cronica; e – ciliegina sulla torta – era costretta a rimanere in casa dell’uomo che amava ma che non molto tempo prima le aveva detto chiaro e tondo che lei per lui non contava niente.
Ci sarebbe stato da spararsi.
Belle strizzò gli occhi, scuotendo il capo e rimettendosi a sedere.
Una cosa alla volta, Isabelle French. Ora devi pensare a come risolvere questa situazione, il resto verrà dopo, e potranno aiutarti Ruby, MM e Ashley. Adesso devi tirare fuori gli attributi e uscire da questa camera. Chissà per quanto tempo ancora dovrai stare qui. Non puoi continuare a fingere che lui non esista. Dopotutto, lui ti ha offerto ospitalità. Prima o poi dovrete parlare, e lo sai, è inutile che continui a scappare dal tuo destino. Se resterai qui, allora dovrai convivere con lui, anche se ti ha rifiutata. Ora vai di sotto e cerchi di comportarti in maniera civile. E se vuole ritornare sul discorso? E se vuole chiarire? Cosa c’è da chiarire?! Ti ha urlato in faccia che non ti vuole, che altro c’è da spiegare? E se ha cambiato idea? No! No, non farti illusioni. Smetti di fare la patetica, bambina, e affronta la realtà: lui non ti ama, punto e stop. E’ inutile che continui a rimuginarci sopra. Sì, ma se per caso ha cambiato idea? Beh, anche tu allora l’hai cambiata! Ci tieni così tanto a farti umiliare, vero? Non hai fatto altro per tutta la vita, con tuo padre, almeno adesso cerca di non farlo anche con lui. Non essere ingenua, e sii spietata. Non cedere di nuovo. Ti sei già umiliata una volta, non serve ripetere l’esperienza. Se lui prova a dirti qualcosa, tu rispondigli che hai cambiato idea e non lo ami più! In così poco tempo? Beh, a lui ci è voluto anche meno! Forza, ora alzati e vai!
 

***

 
Gaston svoltò l’angolo, percorrendo velocemente lo spazio che lo separava dall’inizio del marciapiede fino all’incrocio oltre il quale terminava la via. Ci voleva un’ora buona dalla casa di suo padre fino ai confini della città, e un’altra mezz’ora prima di giungere dove abitava il signor Gold.
Aveva bevuto sette boccali di birra e due bicchieri di tequila e ora si sentiva…sciolto. Calmo. Quasi allegro. Ghignò, battendosi una mano sulla tasca dei pantaloni in cui aveva nascosto la calibro 38.
Ancora mezz’ora di strada…venti minuti, se si sbrigava.
 

***

 
Belle scese le scale a piedi scalzi, attenta anche a ogni minimo scricchiolio. La porta della cucina era appena a qualche metro dalla rampa; era aperta, e la luce fuoriusciva nel corridoio buio. Belle si aggrappò con entrambe le mani alla ringhiera di legno lucido, sporgendosi un poco per vedere, ma non riuscì a scorgere niente.
Aveva una paura del diavolo.
- Puoi…puoi entrare, se vuoi…- la voce di Gold sopraggiunse quasi in un sussurro, ma tale da farla sobbalzare. Belle sospirò, rassegnata.
Ecco, ora non poteva più fare marcia indietro.
Prese un profondo respiro e si decise a scendere gli ultimi gradini che la separavano dal piano terra. Zampettò fino alla porta della cucina, affacciandosi sulla soglia. Gold le dava le spalle, ma si voltò non appena la sentì.
- Ti…ti senti un po’ meglio, adesso?- le chiese, abbozzando un incerto sorriso che però morì immediatamente. Belle si torse nervosamente una ciocca di capelli, annuendo a capo chino. Mosse qualche passo all’interno della stanza.
Di nuovo, tornò a calare quell’insostenibile velo di tensione.
- Avrei voluto prepararti qualcosa di caldo, ma…mi sono reso conto di non avere molto, in casa…- iniziò a dire Gold, velocemente, come se sentisse il bisogno di riempire quel silenzio. In effetti, anche Belle lo voleva; l’uomo si scostò appena, rivelandole alcuni barattoli posati sul ripiano della cucina: c’erano alcune fette di pane, poi delle confezioni che dovevano essere qualcosa di simile a marmellata, burro di arachidi, miele, zucchero, più un rettangolo di burro…
- Mi dispiace…- continuò Gold.- Spero che non…
- Va bene - lo bloccò Belle, di colpo; si rese presto conto di essere stata di nuovo troppo brusca e tentò di addolcire il tono. - Va bene…- ripeté, più dolcemente.- Un po’ di pane con la marmellata sarà perfetto…
La ragazza vide l’espressione di Gold farsi decisamente sollevata, e increspò le labbra in un sorriso. L’uomo si voltò velocemente, iniziando ad armeggiare con i barattoli. Belle mosse un altro passo.
- Siediti pure…- le disse Gold.- Io…faccio in un attimo…
Belle ubbidì; si sedette velocemente, rimanendo rigida e immobile sulla seggiola.
Gold ci mise davvero un attimo: si voltò, porgendole gentilmente un piatto su cui erano poste cinque fette di pane con burro e marmellata d’albicocche. Belle avvertì un piccolo brivido quando, nel prenderlo dalle sue mani, le proprie dita sfiorarono accidentalmente quelle dell’uomo, ma s’impose di mantenere un contegno.
- Grazie…- mormorò, dando un piccolo morso a una fetta di pane. - Tu non mangi?- chiese, dopo qualche istante.
Gold parve preso in contropiede dalla domanda, ma si riscosse presto.
- No. Io…non ho molta fame, a dire il vero.
- Non mi piace mangiare da sola…- mormorò Belle. In tanti anni, con suo padre sempre ubriaco, era successo molte volte, ma non ci aveva mai fatto l’abitudine.- Perché non ti siedi...?
Gold sembrò essere felice dell’invito, e annuì. Nello stesso istante, Belle si rese conto di come si stava comportando: e che cavolo, si era ripromessa di fare la sostenuta, di non farsi umiliare più, e invece ora che stava…?
Gold scostò una sedia, ma per errore urtò un bicchiere d’acqua posato sul ripiano del tavolo: il bicchiere si rovesciò, spargendo il suo contenuto sul legno e sul pavimento. Alcune gocce finirono anche sui jeans di Belle.
- Scusami, io…mi dispiace…- disse l’uomo, in fretta, afferrando uno straccio e cercando di asciugare l’acqua.- Davvero, non volevo…
- Non fa niente…- provò a dire Belle, ma non servì a nulla. Gold strinse nervosamente lo straccio fra le mani, con una smorfia contrita.
- Scusa…- soffiò alla fine.
Belle rimase attonita, guardandolo stupefatta mentre lasciava la cucina senza aggiungere altro.
 

***

 
Lo ritrovò in salotto, seduto su un divano, al buio.
Forse quella scena avrebbe dovuto ispirarle tenerezza, ma Belle in quel momento si sentì soltanto saltare i nervi. Erano arrivati a questo punto, dunque?! Erano arrivati al punto da non riuscire più a stare nella stessa stanza per due minuti consecutivi, a non parlarsi più, a fingere che tutto andasse bene e a entrare in crisi al minimo errore?! Che intendeva dirle, con questo? Che si sentiva in colpa? O forse no, semplicemente voleva sgravarsi la coscienza per essere stato la causa del suo rapimento, la trattava come una persona da risarcire con un po’ di gentilezza, mentre non vedeva l’ora di darle un calcio e spedirla il più lontano da sé non appena fosse stato possibile?!
- Sai che ti dico?!- gridò quasi, puntandogli contro uno sguardo pieno di rancore.- Io domani mattina levo le tende, così forse sarai contento!
Gold alzò lo sguardo su di lei; nonostante la penombra, la ragazza notò che aveva gli occhi cerchiati.
- Belle…- soffiò.- Belle, ti prego…
- Non voglio ascoltarti!
- Belle…- Gold si alzò in piedi.- Belle, per favore, parliamo…lasciami spiegare…
- Ho detto che non voglio sentire niente da te!- strillò la ragazza.- Quello che mi dovevi dire me l’hai già detto una settimana fa, non c’è bisogno che ora cerchi di gettarci zucchero sopra! Ti ringrazio per l’ospitalità, ma domani mattina io me ne vado!- la voce le si incrinò senza speranza, e un secondo dopo Belle si trovò a maledirsi a causa delle sue lacrime.- Andrò…andrò da Ruby…non importa se correrò dei rischi, lei…lei sarà felice di ospitarmi…
Non riuscì a continuare. Le lacrime non si frenavano.
Belle si odiò con tutto il cuore; si premette una mano sulla bocca, e corse velocemente al piano di sotto.
Un attimo dopo, Gold la sentì sbattere la porta della sua camera.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Sono sicura che dopo questo capitolo mi odierete, sia per il ritardo sia per tutta la tristezza e la possibile ansia (vedi Gaston che si avvicina) che può contenere, ma se vi può consolare la parte fluffosa della Rumbelle arriverà nel prossimo capitolo…Che, per la cronaca, sarà anche il terzultimo di questa storia. Un po’ mi dispiace di averla quasi terminata, ma ho intenzione di finirla prima del 29 settembre. Nel prossimo capitolo ci sarà un tanto atteso inizio di chiarimento nella Rumbelle (con una notevole possibilità di fluff, se ci riuscirò…non mi vengono mai troppo bene queste cose…) e l’intervento di Gaston. Il capitolo 21 vedrà invece diversi personaggi, quali Gold, Belle, Emma, Graham, Ruby, Archie, Paige, Henry, Ashley, Sean, Mary Margaret, David, Michelle, Jefferson e Regina. E poi, nel capitolo 22, finalmente l’epilogo.
Ringrazio chi legge e chi recensisce. Chiedo scusa a LadyAndromeda per non essere ancora riuscita a recensire il nuovo capitolo della sua storia sulla Bella Addormentata, ma le assicuro che domani sera stessa cascasse il mondo provvederò, e a parveth per non essermi fatta trovare molto spesso su facebook in questi giorni ma ho avuto dei turni di lavoro improponibili. In risposta alla domanda di gelb_augen sui sintomi riportati da Belle: sì, mi sono data un’infarinatura di queste cose…quando si ingerisce un certo tipo di pasticche, si hanno capogiri, sudorazione e malessere diffuso, e l’unico modo per star meglio è espellere tali sostanze vomitando.
Ciao a tutti, al prossimo capitolo (che spero di poter pubblicare quanto prima)!
Un bacio,
Beauty

  
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