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Autore: Faddo    11/08/2013    0 recensioni
[...queste vicende tratteranno solo del primo e dell'ultimo sopra citati.
Coraggio e Paura.
Due sentimenti che sono forse il più forte contrasto che il genere umano abbia dovuto affrontare.
Le più palpabili emozioni di sempre. La prima porta all'inerzia, la seconda al moto.
Il Terrore e lo sconforto per anni hanno attanagliato in una morsa paralizzante l'uomo ed essa è ovunque; solo pochi eletti sono abbastanza impavidi da meritarsi di tenere in mano uno stendardo con su scritto: "Coraggio".]

Un Canadese ed un Italiano si mettono in società per eliminare dal mondo minacce di mostri, leggende, miti, fantasmi e demoni. Ingaggiati da privati e non, viaggieranno di paese in paese.
Il nobile obiettivo, è di eliminare, la paura dal mondo.
Battaglie, scienza, investigazioni e azzardo si incroceranno capitolo per capitolo all'esplorazione di culti popolani e angoli del pianeta Terra.
Genere: Azione, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Per Paura si intende uno stato emotivo molto forte. Essa è innata nell'uomo sin dall'inizio dei tempi la paura ha attanagliato l'umanità e il mondo animale.
Grazie alla paura del buio abbiamo inventato la luce, nello stesso modo grazie alla paura delle belve feroci abbiamo inventato le prime armi.
Se dall'evoluzione dell'uomo togliessimo un qualunque sentimento di sicuro la nostra storia ne risentirebbe.Coraggio, Stupore, Allegria, Tristezza, Calma, Rabbia e Paura hanno per anni movimentato l'uomo portandolo a compiere la molteplicità delle suo azioni, tutt'oggi riscontrabili.
Ma queste vicende tratteranno solo del primo e dell'ultimo sopra citati.
Coraggio e Paura.
Due sentimenti che sono forse il più forte contrasto che il genere umano abbia dovuto affrontare.
Le più palpabili emozioni di sempre. La prima porta all'inerzia, la seconda al moto.
Il Terrore e lo sconforto per anni hanno attanagliato in una morsa paralizzante l'uomo ed essa è ovunque; solo pochi eletti sono abbastanza impavidi da meritarsi di tenere in mano uno stendardo con su scritto: "Coraggio".
Pauroso è chi di fronte alle difficoltà non riesce a far altro che rimanere immobile, aspettando che le effusioni del tempo con il destino facciano ciò che gli soddisfa.
Coraggioso è chi riesce a mettere da parte la paura, affrontandola a carte scoperte, non attendendo o coprendola sotto un effimero velo di seta.

La paura come si affronta? Con il corpo e con la mente.
Se la mente è capace di affrontarla non è detto che il corpo decida di muoversi.
Se il corpo è capace di affrontarla non è detto che la mente sia in grado di guidarti.

L'umanità di cui andremo parlando in queste pagine è mossa alla Paura dall'ignoto e dal misterioso. Leggende di creature, corpi informi, maledizioni. Mentre i nostri protagonisti mossi dal sano Coraggio che ha distinto gli eroi delle guerre passate, hanno come unico obiettivo quello di cacciare la Paura.

Se la Libertà non esiste in favore del libero arbitrio, con l'estinzione della Paura forse riusciremo davvero a trovare la tanto agognata parola. O almeno così ci conviene appogiarci a questa Speranza.













CAPITOLO 1: The Killer Kid

Il sole rischiarava tenuemente il bruno tronco degli alberi del bosco di Gloucester, le foglie adagiate a terra dopo il temporale della scorsa notte presentavano delle piegature irregolari che testimoniavano il passaggio di un individuo calzante degli stivali numero quarantdue.
C'era un cupo sentiero conosciuto come Black Bridge. Lungo circa mezzo miglio; c'erano campi e strade nei dintorni ma, nel percorrerlo, si avvertiva una sensazione di timore o di essere osservati. Quando lo si imboccava da soli, non lo si è realemente soli.
C'era qualcosa, o qualcuno, conosciuto come "The killer kid", uno spietato e macabro assassino
Le tracce sulle foglie però, erano troppo grandi e marcate per appartenere ad un giovane; seguendole ci si inbatteva in due lucidissimi anfibi neri, semicoperti sulla parte finale da un impermeabile molto lungo color pelle.
Dei corvi di colpo si alzarono in volo senza una ragione evidente, per un essere umano, poi un'ombra fece variare per un secondo la tonalità dell'abito, tramutandola in nero, un'istante carico del terrore delle fibre del mantello. Intanto il sole si era abbassato uleriormente e ora i riflessi e raggi di luce stavano sparendo, eppure una strana figura non combaciava in quello scenario così immobolile. Un'ombra che si sarebbe detta di un ceppo con un ramo aguzzo e sporgnete sporgente ma, dai manuali di botanica, risulta che i ceppi non possano muoversi spaccando i legnetti sotto i loro pesi.
Qualcosa stava arrivando alle spalle dell'impermeabile e non era certo un elfo di Tolkien;
come suggerivano la sua esigua stazza, il ghigno sadico e il coltello sguainato.
I riflessi dell'uomo però non erano qualcosa di comune. Nonostante il sorprendente balzo dell'assassino, furono pochi gli istanti che seguirono. La gamba destra scosse il terreno spostando le foglie e alzando una nube polverosa, le cinque dita avevano già afferrato saldamente un oggetto metallico legato alla vita. Non si riusciva capire se il braccio si era allungato su quel fodero nero argenteo sulla sinistra o su una grossa fondina a destra.
Doveva essere la seconda ipotesi, poiché l'uomo aveva puntato contro al ragazzo un fucile di origine italiana, sorprendendolo quanto bastava per poter pronunciare qualche parola.
"Nei fumetti si scrive boom! Ma nei libri si legge muori!".
La fedele Lupara fece sentire il suo rimbombo per tutto il bosco e l'assalitore cadde a terra dal contraccolpo. Grondava il sangue dal ginocchio e i gemiti di dolore uscivano deboli, come sospiri, dalla bocca minuta. Ora non poteva fuggire.
L'assalitore era un bambino sulla decina con dei lunghi capelli unti e mossi color corvino lasciati crescere incoltamente. Il coltello sporco di sangue secco e l'abilità con cui si era mosso tra le fronde arrivando ad un palmo dall'uomo senza esser scoperto non lasciavano dubbi sulla sua identità.
Il viso agognante non permetteva scrogere gli occhi che chiusi facevano scivolare piccole lacrime salate, mentre cercavano di aiutare la mente a sopportare il dolore di un colpo di doppietta; la bocca aperta mostrava solo dei denti ingialliti che stretti cercavano di non far passare la saliva che usciva copiosa. Il colore della pelle era chiaro ma allo stesso tempo terroso e sporco, I suoi vestiti erano sudici e laceri, troppo per poter dire con sicurezza di che colore o stile fossero, una cosa però era sicura: la malcuranza di quell'infante dimostravano chiari segni di abbandono.
"Quindi sei tu il ragazzo omicida di Black Bridge? Non male!".
Un sorriso mostrò il volto del cacciatore: barba rasata a malapena, occhi scuri, naso sottile che si allarga man mano scendendo verso le narici umide, labbra fini e secche color rosa scuro, fronte spaziosa e corrosa da cenni di rughe, capelli castano scuro corti, tenuti alti senza alcun tipo di gel o lacca; la pelle del suo viso era ruvida e segnata più dai colpi incassati che che dal tempo.
Rimise nella fondina il fucile a canne mozze e disse, tirando fuori da una tasca interna della giacca una corda legò il bamboccio.
"Non ti preoccupare bambino, non sono un maniaco."
Disse prima di abbandonarsi ad una risata sardonica.
Poco dopo, la notte era calata e la luna con il suo sfondo buio regnavano sovrana su quella cittadina d'Inghilterra.
L'allegria fuorviante degli adulti emergeva proprio in quel lasso di tempo: persone ritornate dal lavoro che preferiscono portare le proprie frustazioni in un Bar della città, piuttosto che nella propria casa.
L'atmosfera di gioia e peccato che si respirava venne disintegrata dal calcio che il cacciatore assesto alla porta spalancandola. Nel silenzio solo la sua voce apatica echeggio:
"So che sei qui!".
L'attenzione inizialmente catturata a sè si spostò su quel ragazzino che si dimenava a malapena ormai, caricato sulla spalla come una cassa stretta da uno scaricatore di porto. Tutto imbavagliato cominciò a lanciare occhiate maligne contro le persone dentro quel bar di Gloucester. Lo sconforto dilagò quando tutti realizzarono chi fosse quel piccolo. Le leggende erano vere. Un giovane in mezzo alla folla gridò: "The Killer Kid! Run Away!".
Di colpo tutti quanti i presenti scapparono dal locale, il barista si rifugiò sotto il bancone come un cagnolino indifeso, coprendosi la testa con le mani e tremando.
In mezzo al trambusto generale di vestiti lasciati cadere a terra, sedie rebaltate e boccali semi pieni o vuoti rovesciati, solo un uomo rimase imperterrito. Il volto coperto da ben cinque carte, sul retro stampate delle serigrafie in rosso e blu molto artistiche. Una voce da dietro quella maschera si fece udire:
"Stavo per vincere".
Il cacciatore fece qualche passo tenendo ancora il bambino di peso. Si stava avvicinando al giocatore di carte; qualche passo ed eccoli uno di fronte all'altro, separati solo dal tavolo.
La mano callosa svelò le carte mostrando quattro Assi e un Jack di quadri, mentre l'altra indicò la preda.
"Luis, l'ho preso, andiamo a consegnarlo alla polizia locale, muoviti!" Concluse il cacciatore con tono imperativo.
Luis senza proferire parola si alzò, controllò le carte lasciate sul banco e dopo aver fatto un piccolo sorriso prese i soldi posati abbandonati al centro tavola, si girò verso l'amico, scrutò il ragazzo legato per poi esclamare:
"Raff, prima di iniziare a lavorare con te pensavo che gli italiani non fossero tra le persone più ligie al loro dovere, a quante pare mi sbagliavo; mai una volta che possa farmi una partitina in pace".
Luis Tremblay, un uomo sulla trentina la cui altezza non passava certo inosservata visti quei due metri tondi di Canadese dal fisico molto in forma che rappresentava. Si vestiva sempre nella stessa identica maniera: scarpe Clark's lucidissime, lunghi pantaloni neri di stoffa, una camicia bianca a mezza manica, un taschino all'altezza del pettorale sinistro contenente un block notes con una penna mangiucchiata e delle bretelle nere che passavano di fianco alle braccia.
Dopo aver lanciato un pound al gestore del bar si apprestò ad uscire, quando vide abbandonato su un appendino un cappello elegante color nero con una fascia bianca; le grosse mani strinsero l'oggetto, per poi posarlo sul capo, coprendo i capelli color paglia pettinati all'indietro, fatta eccezione per tre fini ciocche sulla destra che gli arrivavano alle sopracciglia.
Usciti dal Bar lo scommettitore prese un sigaro dalle proprie tasche e se lo mise in bocca, per poi accendere un fiammifero illuminando qualche secondo il mento possente e ben rasato.
Qualche ora dopo una vecchia auto scorrazzava a cento all'ora sulla strada che dal centro di Gloucester conduceva alla centrale più vicina; la jeep Renegade modello CJ 5 classe novanta sfrecciava unica padrona sull'asfalto a quell'ora di notte, anche se di padronale aveva ben poco: la carrozzeria un tempo rosso fiammante era ormai sporca, opaca e rovinata a causa del tempo e della salsedine.
"Fammi capire bene, invece che legarlo ed incaprettarlo quando ti sei accorto della sua presenza hai preferito aspettare fino all'ultimo momento, per poi sparargli alla gamba? Perché?".
Alla guida del mezzo c'era l'uomo che catturò il fanciullo. Dando un occhiata al sedile posteriore controllò se la preda fosse ancora ferma al suo posto, notando come si divincolava inutilmente in quanto prigioniero sia delle corde che delle cinture di sicurezza. Ritornando poi a guardare la strada rispose alla domanda del socio in affari con il suo solito tono distaccato e serio:
"Possono dirmi cosa fare, ma non come devo farla. A modo mio!".
Luis continuava a fissare senza battere ciglia il collega, sapeva che aveva qualcos'altro da dire; ebbe lui il coraggio di tirargli le parole fuori dalla bocca con una domanda invasiva:
"Vuoi farmi credere che hai sparato ad un bambino senza pensarci?".
Il tono indagatorio venne subito udito dal cacciatore, il quale scocciato sospirò per poi rispondere:
"Ho usato uno dei tuoi proiettile al sale: non va in profondità nella carne e disinfetta immediatamente, l'hai detto tu.". 
Valutando sufficiente la risposta, il canadese smise di fare domande e tornò a fumare il suo sigaro.
Erano vicini alla centrale di polizia, mancavano due isolati. Arrivati, parcheggiarono il veicolo obliquamente occupando tre posti auto. Il duo entrò di strapiombo quasi fossero lì per fare una rapina. Gli sguardi delle forze dell'ordine erano per lo più di stupore piuttosto che di terrore. Nessuno poteva credere che degli ignoti assoldati di nascosto dal loro comandante fossero riusciti a catturare il terrore del bosco di Black Bridge. La voce del trionfante guerriero rimbombò nella stanza quando urlò: "Dove l'ufficio del comandante Harris?!"
Timidamente un poliziotto senza proferir suono indicò una stanza sul fondo del corridoio a sinistra. Senza aggiungere altro i due si incamminarono desiderosi di ricevere la ricompensa.
Il ragazzo ormai non opponeva più resistenza se non qualche sporadico spasmo per cercare di liberarsi; l'emorragia alla gamba fu fermata alla buona: due fazzoletti e un elastico.
Il comandante Harris era un uomo sulla cinquantina dalla brillante carriera militare; una vecchia conoscenza dell'uomo dall'impermeabile color pelle. Durante gli anni dell'addestramento in Italia Raffaello ebbe modo di stabilirsi in Inghilterra per un anno e conoscere molte persone della casta militare britannica, oltre che imparare l'inglese.
Philip Harris era uno di questi, ma oggi rappresentava solo un amico bisognoso d'aiuto.

Luis fu quello che parlò più di tutti, rivelò ogni singolo dettaglio sugli eventi precedenti all'entrata in azione.
Raccontò di come abbiano passato ore in città a raccogliere testimonianze fingedosi interessati per la realizzazione di un film; avesse indagato da solo il bosco di giorno; avessero studiato il modo in cui la vittima uccideva i passanti, interrogando i pochi sopravvisuti; passando notti intere nascosto con un termorivelatore per documentare i movimenti all'interno del bosco.
Raffaello invece fu più sintentico, narrando di come catturò a Black Bridge l'assassino.
La storia del ragazzino omicida era davvero inquietante. Si dice che non si sappia a che famiglia appartenesse, quindi molti supponevano fosse orfano; tanto meno sapevano dove abitasse o di cosa si cibasse. Girava con un coltello per i boschi, attendendo il momento per poter mietere la vittima senza pietà. Una coltellata, poi gli occhi venivano incisi con una croce in diagonale, mentre la bocca, lacerata ai lati dando così un espressione triste, come quella di un morto.
Solo pochi sopravvisuti conoscevano il vero volto dell'assassino, ma di quei pochi negli anni precedenti, la maggior parte fu solo etichettata come pazza.

Tutti e tre in piedi per il saluto: una stretta di mano a lavoro completato.
Prima di uscire dall'ufficio Raffaello aggiunse:
"Comandante Philip Harris, penso il prigioniero, debba esser medicato al più presto, sembra aver riportato ferite di origine ignota al ginocchio". Disse cercando di non far vedere la Lupara, mentre Luis era sul punto di ribattere ma, pensò fosse meglio tacere per ora.
Harris accenando un sorriso, rimembrando probabilmente qualche episodio passato, aggiunse:
"Grazie, caporale Raffaello Cesare Orifano, come sempre ha svolto i suoi impegni in maniera impeccabile, continui così".
Neanche un accenno a eventi personali, il caso era concluso così come era iniziato: una lettera, una missione e un bottino promesso.
Luis e Raffaello tornati alla jeep ripartirono e guardarndo la busta notarono a occhio che erano all'incirca ottomila pounds.
Il giocatore d'azzardo prese delle buste, contenenti nuove richieste di interventi. Il cacciatore, disse:
"Prendine possibilmente una recente, che arrivi sempre da un cliente in Gran Bretagna".
Luis prese di fretta il maggior numero di buste possibili ed una ad una cominciò a leggerne i mittenti; fino a quando non ne trovò una che corrispondeva alla richiesta del socio.
Lesse sussurando fra sè qualche parola. Continuò per circa due o tre minuti fino a quando, Raffaello, leggermente infastidito chiese: "Dimmi solo chi dobbiamo andare a prendere e dove, dannazione!".
Luis rispose: "Avverti S.J. Che ritarderemo qualche giorno, si va in Galles, a quanto pare Jack il Saltatore è tornato in vita."
Subito appena ne ebbe occasione, l'italiano fece inversione di marcia e proseguì verso la destinazione designata.
  
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