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Autore: startedrowning    11/08/2013    0 recensioni
Solo, confuso e vuoto: tre parole possono rappresentare tutto. Un ragazzo di 16 anni non può dimenticare la morte di suo fratello da un giorno all'altro. Eppure tutti dicono che Lorenzo è solo un " bambino" , che non si ricorda nulla di quel maledetto incidente. Sono passati sei anni e quella camera sa ancora di lui, di un esame di maturità mai iniziato, di quella parte di te che la vita decide di portarti via. Sei anni non possono cancellare una presenza così indelebile, ma la vita deve andare avanti. Se Francesca, la migliore amica di una vita, quella con la quale giochi con i Lego da quando sei piccino non ci fosse mai stata, forse Lorenzo non avrebbe mai avuto il coraggio di rialzarsi ed iniziare una nuova vita. Quella Francesca così solare e trasgressiva, che ti convince a tornare tardi la notte per andare in discoteca con lei per conoscere nuova gente. Ma si sa, Lorenzo odia la confusione ,e fugge via, lontano da tutti. L'odore della pioggia è qualcosa di indescrivibile: un misto di emozioni, sensazioni e colori nei quali riesce a scorgere un piccolo angelo, la sua salvezza.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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 13 settembre 2013- Up in flames
 
Il bicchiere cade a terra, lasciandosi abbandonare alla forza di gravità . La mia anima si sfalda , insieme a quelle schegge che non torneranno più unite. Il succo d’ananas sembra perfino mimetizzarsi con la tonalità caramellata del parquet. Guardo in basso, fissando il pavimento. E’ tutto un insieme di colori che si amalgamano perfettamente: il giallo chiaro del succo sembra aver stretto amicizia con la tonalità leggermente più scura del parquet, in mezzo al quale ci sono schegge di vetro che si accoppiano con la mia anima, entrambe trasparenti.
<< Ma che cazzo è? >> Mio padre si volta, notando il mio disastro. Il ragazzo alza il capo, puntando i suoi occhi marroni nei miei, dispersi. La pacatezza dei suoi movimenti e l’indifferenza del suo sguardo, rivolto fugacemente altrove,  mi lasciano perplesso.
Sono scioccato. La risposta alle domande che non faccio altro che pormi da ore e ore è proprio qui,davanti ai miei occhi.
<< Niente, mi è scivolato, ora raccolgo tutto. >>
<< Stai fermo lì! Pulisco io il mio povero parquet, lo pulisco io! >> Esclama, mentre si alza di scatto dalla sedia e solleva le mani in alto come quei ladri nei film polizieschi beccati nel rubare qualcosa.
<< Papà, ora non iniziare con la storia del pavimento … >> dico, mentre seguo i suoi passi lesti,dapprima con la mente, poi col corpo.
<< Ti ho detto di stare fermo. Fai compagnia a Gabriel. >> Sento l’eco della sua voce rimbombare fino alla cucina. Non appena l’anticamera del mio cervello assimila l’intera frase, realizzo di aver trovato la risposta ad una delle domande che mi hanno perseguitato finora. Gabriel . Mi volto velocemente, guardandolo da dietro. Sta scarabocchiando qualcosa su un quaderno maltrattato, forse quello di tedesco.
Esitante, decido di sedermi di fronte a lui.
<< Ciao. >> Non so come, ma trovo improvvisamente il coraggio di rivolgere la parola a quest’essere dall’identità semi sconosciuta. Gabriel, o come si chiama, alza la testa dal quaderno, girandola continuamente nel vano tentativo di trovare qualcuno dietro di me. Punta i suoi occhi dentro i miei, accennando un sorriso fugace sulle labbra.
<< Ehm… ce l’hai con me? >> Spalanco gli occhi sbalordito. Un’espressione buffa si manifesta sulle pieghe del mio volto.
<< Ehm…non vedo nessun’altro nella stanza, a meno che non decida di stringere amicizia con me stesso, il che mi renderebbe adatto ai manicomi, di cui purtroppo non esistono più tracce in Italia: sai, hanno deciso di farli sparire dalla circolazione … >> sussurro, poggiando entrambe le mani al bordo del tavolo e avvicinando lentamente il mio torace verso di lui.
Inarca il sopracciglio destro, in un’espressione di totale sbigottimento e smarrimento.
<< Scusa, non ho capito, puoi ripetere più lentamente? >> Scoppio a ridergli in faccia, mentre noto il suo rossore in viso. Si alza velocemente, sistemando il quaderno malconcio all’interno di uno zaino firmato Seven. Mi chiedo cosa stia facendo, dato che manca ancora mezz’ora al termine della sua ora di ripetizione.
<< Ma cosa fai? Vedi che non sono ancora le sette, ciccio! >>
Usain Bolt chiude la zip del suo zaino, per poi dirigersi verso il portone a passi lesti, improvvisando una finta corsetta.
<< Ciao eh! >> gli dico, sporgendomi lentamente dall’ingresso della cucina, con un’ aria non poco dubbiosa che si manifesta con una strana espressione sul mio viso.
<< Bah! >> Sento il portone chiudersi con un rumore pulsante, che mi entra nella testa. Mi volto e noto il disastro da me combinato, mentre mi trovo ancora ritto sull’ingresso della cucina. Mio padre arriva spedito verso di me, con un secchio e un mocio -evidentemente troppo pesanti- per dare una pulita al pavimento.
Mi precipito verso di lui, prima che faccia cadere l’acqua contenuta all’interno del secchio per terra, per poi dirigerci verso la cucina.
<< Che fine ha fatto Gabri? >> Posa il secchio d’acqua a terra, rendendosi conto della mancanza di Gabriel, Gabri, o come cazzo si chiama.
<< Ma non lo so, quel ragazzo non è normale. >> gli rispondo, intento nell’immergere le strisce di tessuto all’interno del secchio colmo d’acqua quasi fino all’estremità.
<< Tu non sarai normale. L’ora di ripetizione sarebbe terminata alle 19:00. >>
<< E’ quello che gli ho detto mentre cercava di darsela a gambe levate. >> Carezzo leggermente il pavimento con il mocio, prima che mio padre imiti il gesto di uno schiaffo, sollevando il gomito sinistro e portandolo a pochi centimetri dal mio viso.
<< Oh! >> Mi allontano furtivamente da lui non appena alzo la testa.
<< “Oh” un corno. Ora mi spieghi che cazzo ti è frullato per quel rifiuto animale a cui potremmo dare il nome di “testa”. Che cosa gli hai detto? Lo hai insultato? >> Abbassa il gomito, fingendo di placare la sua ira funesta.
<< Ma quello sarà scemo, o qualcosa del genere! Dopo che tu mi hai chiesto di fargli compagnia,l’ho salutato con un semplice “ciao”, guardandolo in faccia, e sottolineo in faccia. Quello non solo si è girato e rigirato per controllare che non stessi parlando con un’altra persona, mi ha pure chiesto se ce l’avessi con lui! Io allora ci sono rimasto di cazzo. Eh si, perché se mio padre mi viene a chiedere di fare compagnia ad una persona e quest’ultima sente la sua richiesta, non mi può venire a chiedere se ce l’abbia con lui quando lo saluto. E’ un cretino patentato, un inguaiato. Cioè, si faccia visitare! >>
Mio padre mi fissa, corrugando la fronte.
<< E poi? >> mi chiede, con aria crucciata.
<< Ah si, gli ho detto anche che, se fossi stato scemo, avrei potuto parlare con me stesso per fare un po’ di conoscenza con Lorenzo. Però sai, i manicomi li hanno chiusi da tanto tempo … >> Con una mossa azzardata  appoggio il mocio sul bordo del tavolo, sotto gli occhi incuranti di mio padre, fissi nei miei per ulteriori spiegazioni.
<< C facc d scem! Pu, c scmarij ha ditt chiù? >> ( frase detta in dialetto pugliese, la cui traduzione sta per: che razza di scemo! Poi, quale altra cretinata hai detto ulteriormente? )
Mio padre alza gli occhi al cielo, sollevando e distendendo le braccia all’altezza delle spalle per poi riportarle velocemente in posizione di riposo, chiaramente irritato dalle mie affermazioni.
<< Niente, lui ha fatto tutto! Mi ha chiesto di ripetere quello che avevo detto e io, chiaramente, gli ho riso in faccia … >>
<< E tu, CHIARAMENTE, gli hai riso in faccia … >> Mio padre scoppia in una risata fragorosa, contagiando anche me. Finalmente c’è qualcuno che mi capisce.
<< Aspetta, figliolo, aspetta, ora si che ci divertiremo ... >> Sento i suoi passi allontanarsi lentamente verso un corridoio vuoto, silenzioso, mentre la sua prolungata risata riecheggia nell’etere.
Un sorriso a trentadue denti si manifesta sul mio viso, mentre noto che i mille pezzi del bicchiere frantumato si lasciano pian piano affogare e mimetizzare dal giallo del succo d’ananas. Servirebbe una bella pulita.
Mio padre torna subito dopo qualche secondo , e la sua grassa risata prorompe non appena si affaccia sull’ingresso della cucina, nascondendo qualcosa dietro la schiena che spunta velocemente davanti ai miei occhi.
<< Lo vedi questo? Te lo ricordi il tuo amore? Lo vuoi un altro romantico bacio da Mr.Merdaproof? >> Oh no. Mr. Merdaproof. Ciò che si potrebbe definire come uno dei peggiori ricordi legati alle diverse cazzate  da me combinate nell’arco di tutta la mia vita. Peccato che, più passa il tempo, più stringiamo amicizia. Ultimamente mi voleva addirittura baciare, ma io ho rifiutato, piantandolo in asso con la scusa più codarda di tutte : “ Scusami, sei bellissimo, ma sono già impegnato.” Era talmente triste che piangeva. Ma no, non sto parlando di una ragazza, ma di lui. Mr. Merdaproof. Lo spazzolone del water colmo d’acqua che puntualmente mio padre mi punta in faccia più o meno due o tre volte al mese. Lo scopino del cesso. E’ proprio da questi affettuosi e melliflui episodi di unità familiare che ci si rende conto che la dolcezza paterna non ha limiti.
<< No no no no no , ti prego papà, l’ultima volta l’ho dovuto piantare in asso. Non ti sei accorto di come piangeva? Soffriva papà, soffriva per amore! >> Faccio velocemente retromarcia, facendo cadere a terra il mocio che avevo appoggiato al bordo del tavolo da pranzo.
<< Piangeva così tanto perché l’avevo inzuppato per bene nell’acqua del water prima di puntartelo in faccia! Ora confessati, amore di papà, espia tutte le tue colpe … >> Indietreggio con la schiena, sperando che non avvicini ulteriormente lo scopino alla mia bocca. Il pensiero dell’ultimo episodio nel quale ho avuto a che fare con Mr. Merdaproof mi riconduce alla mente il ricordo dei conati di vomito più intensi che abbia mai avuto in tutta la mia vita. Prendo aria con la bocca e decido di espiare tutte le mie colpe.
<< Ho fatto cadere il succo d’ananas e il bicchiere. Scusa, papà. >>
<< Poi? >>
<< Ho appoggiato sbadatamente il mocio al bordo del tavolo, per poi farlo cadere accidentalmente. Scusa, papà. >>
<< E poi?!?! >>
<< E poi che ?!? >> Vedo, ma soprattutto sento quella schifezza avvicinarsi sempre di più alle mie labbra, mentre l’espressione contorta sul volto di mio padre non lascia sperare che abbia intenzione di mettere giù Mr. Merdaproof.
<< Si si papà, scusami per aver riso di fronte a Gabriele, scusa tanto. Ora ti prego, posa Mr. Merdaproof, ti prego. Ti prometto che non lo faccio più! >> Mio padre sembra essere compiaciuto del terrore che un aggeggio del genere può incutere. Con molta calma, dopo aver ascoltato le mie parole, si incammina verso il bagno, entusiasta della lezione inflitta oggi. Improvvisamente si volta, di scatto.
<< Sei sicuro? Neanche una leccatina? Un bacetto? >> mi chiede, osservando la mia fronte corrugata nel dare ascolto al suo appagante invito.
<< No no, non ti preoccupare papà, la prossima volta. >> Mio padre fa le spallucce, per poi dirigersi velocemente in bagno. Meglio se vado in cameretta, a pulire ci penserà lui.
 
 
Accendo il computer per vedere cosa succede su Facebook. Ah si, Facebook. Che argomento delicato. Il social network. Faccialibro. O più semplicemente “ il libro degli scemi e/o di chi non ha niente da fare dalla mattina alla sera”, come lo definisce mia madre. Ebbene sì, mia madre esagera ( o forse no), ma qualsiasi social network è lo specchio della falsità e del regresso che la società ha subito, subisce e continuerà a subire. Niente in contrario a Mark Zuckerberg, per carità, è un genio dell’ingegneria informatica. E pensare che tutto ebbe inizio in una nottata che si sarebbe preannunciata una totale schifezza per quel geniaccio. La tua ragazza ti scarica e tu decidi di creare un sito , un certo “FaceMash”, in cui permetti ad altri studenti della tua stessa università di votare chi è più attraente tra due ragazze scelte casualmente di volta in volta e sbam! Diventi un ricco miliardario costretto a firmare un contratto nel quale tua moglie ti obbliga a fare sesso almeno una volta alla settimana. Che colpo basso. Ma questa è tutta un’altra storia.
E’ impossibile dividere l’immenso mondo dei social network in tante piccole categorie, perché esse si collegano tutte. Un po’ la storia del cane che si morde la coda, insomma.
Ormai ricevere un “ mi piace ” sotto una foto o uno stato pubblicato in un qualsiasi momento della giornata è diventato sinonimo di soddisfazione personale e di dipendenza. Il sorriso raggiante e il lampeggiar sinistro negli occhi di ogni singolo ragazzo ( o ragazza) nel ricevere notifiche piene di complimenti fanno capire quanto la società odierna si basi solo ed esclusivamente sui numeri e sul finto buonismo della gente, che puntualmente ti prende per il culo, cercando di comprare il tuo affetto e la tua amicizia semplicemente per ottenere un loro tornaconto personale. Ormai non esiste più il vero significato dell’amicizia, ma soprattutto la definizione di dignità personale, che è andata a farsi fottere: gente che mostra il proprio corpo semi nudo al mondo intero, perfettamente consapevole di attrarre l’attenzione di persone dal nome impronunciabile a cui accetta l’amicizia per il semplice gusto di vedere il proprio numero di amici aumentare, come se contasse davvero qualcosa nella vita. In seguito, magari, quelle stesse persone si potrebbero rivelare degli innocui sconosciuti ( non accade quasi mai ), oppure potrebbero essere dei semplici maniaci sessuali che commentano le tue foto. Si, proprio le foto di un’adolescente che nel bel mezzo di settembre prende il suo Iphone e decide di scattarsi delle foto in mutandina e reggiseno, che poi verranno rigorosamente modificate su Photoshop e tagliate, per mettere in risalto quella bella quarta che mammà ti ha donato, con tanto di push-up per evidenziarla ulteriormente. In seguito la foto verrà caricata sul social scemwork ( non è un errore di battitura ) e il solito , noioso copione di sempre si ripeterà:
 
Sara Atipettaniendemale De Cancelliis ha pubblicato una nuova foto nel suo album “pkè la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la fig … follia”
 
Ed ecco i classici commenti:
 
Arajal Mastcesr ( quello dal nome impronunciabile, o quasi ) : Sei belisima.
Sara Atipettniendemale De Cancelliis ( quella con la quarta e il push-up ) : Oh ma che vuoi, sto pervertito! Cangellami dagli amici!
Arajal Mastcesr ( di nuovo lui ) : Io volere solo vedere una tua foto senzuala, no chiedere altro nela vita.
Angelo Rubacuori Esposito( il ragazzo di Sara, o forse il suo trombamico ) : Wee amò, chi è sto pervertito?!? Wee Saddam Hussein, cangellala dagli amici, immediatamente.
Pi. Esse. : amò sei stupenda.
Pi.Pi.Esse. : wee amò,ma si scrive “pervertito” o “perverso”?
Arnoldo Di Vaio( il finto professore universitario al secondo anno di liceo scientifico ) : Iniziamo col dire che vi serve una bella lezione di grammatica italiana a tutti. Capisco il nipote di Saddam Hussein, ma voi due proprio no.
P.s.: Il verbo “ cancellare ” si scrive con la c, non con la g.
P.p.s: Che cazzo è “ Pi.esse. ”?
Luciana Di Biase ( quella che va in chiesa tutte le domeniche ) : Arnoldo, se scrivi ancora un’altra parolaccia su un social network, ti blocco il profilo.
Alessia Simiele( la coerente ) : E smettetela di commentare! Se vi state tutti sul cetriolino, eliminatevi dagli amici invece di scornarvi a vicenda.
E comunque dovresti vestirti di più, cara Sara. Magari a strati, così la tua reputazione magari inizierà a godere di un po’ di felicità. No, non ringraziarmi, ti prego.
Arajal Mastcesr : Chi ha parlato di godere? Io sono il re di tuti i tipi di piaceri!
 
E poi ci sono io che, non appena leggo questi reali esempi di degenerazione dell’essere umano, eseguo queste precise operazioni:
Barra di ricerca, contrassegnata da una lente di ingrandimento> nome e cognome della persona > profilo > blocca account.
E voilà! Problema risolto!
 
A parte gli scherzi, ormai il pianeta terra è destinato ad entrare in un completo stato di trance dovuta ai vari disturbi psichici ( non sto scherzando ) che qualsiasi tipo di social network può provocare. Siamo tutti diventati addicted. Ossessionati, dipendenti, schiavi. Schiavi della tecnologia, della modernità, dei social network. Ma nessuno è più schiavo delle lettere scritte a penna ed inviate per posta, della bicicletta come mezzo di trasporto per andare a scuola e del vento che soffia con potenza supersonica e ti scompiglia i capelli, rovinandoti l’acconciatura figa che avevi simulato la mattina stessa per sembrare più carino agli occhi della ragazza che ti piace tanto, ma che non ti ha mai calcolato in vita sua perché preferisce quello alto e muscoloso che gioca a basket. Proprio come nei classici film americani, no?
A me piacerebbe essere schiavo del vento. Il vento è sinonimo di libertà, o più semplicemente è qualcosa che va dove più gli pare e piace. Ma tutti al giorno d’oggi sono bravi a dire : “ Siamo schiavi della tecnologia. ” e magari in quello stesso istante stanno inviando un messaggio alla propria fidanzata. Coerenza, fatti avanti! Magari, se non riesci a passare, stendo un bel red carpet dal star del cinema e ti indico la strada per andare in contro a  tutta quella gente che si contraddice da sola. Per te farei di tutto, coerenza!
Entro nel mio profilo dopo aver tentato di inserire la password, che puntualmente dimentico ogni volta.  Non sono esattamente il tipo di persona particolarmente affezionato ai social merdwork, a meno che non si tratti di Twitter. Non che sia il paradiso, anzi! E’ una continua battaglia tra Zucchiner, Ravaneller, Carotics e Cipoller: ognuno difende i propri idoli, che dolce passatempo. Io non sono mai riuscito a ammetterlo, ma le Zucchiner mi stanno particolarmente simpatiche. Non ditelo a nessuno, però.
La particolarità e la bellezza del social network “con l’uccello che ti fissa”, come lo chiama Nicolò, è che non sei obbligato a crearti un profilo col tuo nome e cognome. Ciò comporta la personale scelta di decidere chi sarà il protagonista di esso,senza il bisogno di ritrovarsi davanti agli occhi sempre e puntualmente la propria faccia di culo come icon. Non c’è cosa più falsa delle foto. Fingere un sorriso forzato anche quando ti verrebbe voglia di prendere a sprangate tutti. Basta che dicano: “ Fate tutti un bel sorriso e dite ‘Cheeeeese’ ! “ ed ecco che puntualmente spunta sul tuo viso il sorriso più ebete del mondo e sei costretto a farfugliare la parola “ formaggio ” in inglese, cosa che neanche mi piace. In seguito, il classico fotografo professionista che opera il suo mestiere da più di cinquant’anni ordinerà a te e ai tuoi parenti di non ridere e di smetterla di parlare, e tu continuerai la farsa della risata forzata fin quando le tue labbra non inizieranno a tremare e a pronunciare automaticamente una cinquantina di bestemmie al minuto, facendo improvvisamente prevalere il lato più oscuro di una Satana reincarnata dentro di te da anni. La cosa più divertente di tutto questo ambaradan è che, dopo aver speso inutilmente le tue energie nel vano tentativo di sorridere, i tre quarti della tua famiglia, che precedentemente allo scatto della foto rideva, parlava e si scaccolava a go go ,sfoggerà un sensualissimo sorriso a trentadue denti, rivelando repentinamente la Megan Fox che c’è in tua madre e un Leonardo Di Caprio in tuo padre che ti lasciano senza parole. Persino la tua bisnonna, che dorme sedici ore su ventiquattro, ha gli occhi più aperti di te e i suoi quindici denti rimasti si notano di più dei tuoi. Meglio non dilungarci troppo, più che altro per non soffrire ulteriormente.
<< Loreeeee, scendi un po’! >> alzo gli occhi al cielo nell’udire la voce di mio padre provenire dal piano di sotto, probabilmente alle prese con la tavola da preparare per la cena.
<< Ora, dammi il tempo di scendere! >>
<< Che hai detto? >>
<< See, buonanotte! >>
<< Ma quale “buonanotte” ?! Non mangi stasera? >> Questa volta ha sentito, però. Mi arrendo, decidendo di scendere all’istante per non incorrere in ulteriori malintesi. Lascio il computer acceso e Alessandro Manzoni che mi fissa e vorrebbe incitarmi ad immergermi nel magico mondo del 1600. Rifiuto l’offerta e vado avanti. Che saggia decisione.
Scendo le scale, imbattendomi nel sorriso stanco di mia madre, appena tornata dal lavoro. Non la invidierei per nulla al mondo. Penso che il lavoro dell’oncologa sia uno dei più struggenti. Passi grande parte della tua vita a studiare col sogno di salvare migliaia di vite, ma consapevole del fatto che sarai destinata a vederne tante altre morire a causa del tumore, del cancro. Bestie che si presentano all’improvviso nella tua vita, compromettendo tutto e corrodendo a poco a poco ogni strato di felicità nel profondo dell’anima di coloro che cercano di convincerti che è tutto a posto, che non stai per morire e che tutto passerà, basterà solo aspettare qualche giorno, forse mesi.  Nicolo’ dice sempre che, quando Dio ci chiama al suo cospetto-che ci crediate o no- è perché ha bisogno di noi in cielo. Lo stesso Dio che è l’unico ad essere a conoscenza, oltre a me, delle lacrime pomeridiane versate da mia madre in camera da letto per quell’adolescente o quel bambino di sei anni che non riscontra esiti positivi, nonostante la chemioterapia si ormai terminata. Io sono sicuro che il Signore, seppur dall’alto oltre le nuvole e l’azzurro chiaro di un cielo terso, abbia ascoltato i singhiozzii di mia madre. Egli ha tempo per ascoltare il dolore di tutti, persino quando mi adiro funestamente con lui nel cuore della notte per aver chiamato Davide al suo cospetto con troppo anticipo. Però sono sicuro che lui mi capisca, nonostante i miei sbalzi d’umore nei suoi confronti. Don Anselmo ci dice sempre di parlare con lui, perché noi siamo suoi figli e abbiamo tutto il diritto di sfogarci con lui. E io lo faccio. A volte, nel cuore della notte, lascio aperta la finestra e mi alzo dal letto per andare a parlare con lui mentre guardo la luna, e lui ascolta ciò che ho da dirgli sul suo conto. Eh sì, perché sono esausto delle continue domande che mi martellano la testa, pulsando a ritmo di un martello pneumatico. Perché certa gente deve morire a causa del destino crudele che si avvinghia contro di essa? Recentemente è morta una ragazza nel nostro liceo. Una ragazza di quarta. Si chiamava Carolina. E’ morta a causa di una meningite batterica, che l’ha colpita poco prima delle vacanze estive. Questione di giorni e puff! Dio l’ha abbracciata e se l’è portata via con sé. Forse ha ricevuto lo stesso abbraccio di Davide. Don Anselmo dice anche che Lui ci tratta tutti allo stesso modo e che vuole bene a tutti , a prescindere dalle cazzate che combiniamo durante la nostra vita. E’ per questo che io alla storia dell’Inferno non ci ho mai creduto, né mai ci crederò. Perché un padre vorrebbe voler vedere suo figlio scivolare tra le fiamme? Up in flames, come cantano i Coldplay.
Lo sguardo di mia madre è qualcosa di indecifrabile, un velo di stanchezza traspare sul suo volto stanco e graffiato da qualche ruga.
<< Ciao mà. >>
<< Ciao, Lorenzo. Io vado in camera. Se vuoi mangiare, c’è la parmigiana in forno. >>
<< Tu non mangi, mà? >>
<< No, ho troppo sonno. Mangerò domattina. Notte, amore. >> Scendo due scalini, avvicinandomi al sorriso forzato disegnato sul volto di mia madre, e le do un bacio sulla guancia destra, spostando la sua folta chioma bionda sul lato sinistro della sua spalla, per poi allontanarci.
<< Mamma… >> la mia voce riecheggia, mentre riesco a percepire, seppur non vedendola, una donna sulla quarantina d’anni che si volta non appena ascolta la voce di suo figlio che la chiama.
<< Dimmi, Lorè. >> Una voce melliflua entra nel mio cuore, trasmettendo vibrazioni d’amore.
<< Ti voglio bene. >> Il mio cuore non esterna mai questo tipo di sentimenti, ma non credo possa esistere un’altra donna al mondo che amerò più di lei. Lei, che mi ha messo al mondo. Lei,che preferisce chiudersi in camera a piangere pur di non dover condividere il suo dolore con gli altri. Lei, che per non farmi soffrire diceva che Davide sarebbe tornato. Sarebbe bastato solo aspettare. E in effetti io ci credo ancora. Davide tornerà: potrà reincarnarsi in un’altra persona, o essere un animale, se più gli garberà. Ma lui tornerà, e di questo ne sono più che certo.
<< Anche io ti voglio bene, Lorenzo. >>
 
 
 
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Angolo autrice

Buongiorno/buon pomeriggio/buonasera a tutti, gentaglia!
Lo ammetto. E’ lungo. Ma non ci posso fare niente. La storia è ancora all’inizio dell’inizio, quindi ci sarà da leggere.
Il prossimo capitolo arriverà molto presto, I suppose.
Se proprio vi va e/o non avete da fare un’emerita cippa, potreste lasciare una minuscola recensione? Ve ne sarei grata J
 
P.s. : domani mattina ci sono i Teen Choice Awards e ovviamente resto sveglia. Questo ed altro per i ragazzi!
 
P.p.s. : Si, sono una directioner. Se vedemo J
  
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