Serie TV > Pretty Little Liars
Segui la storia  |       
Autore: annabll    11/08/2013    2 recensioni
L’ultima cosa che ricordava la disorientava: era uscita dal bar, dopo aver preso un caffè, e si stava dirigendo verso casa di Emily, per incontrare le ragazze. Aveva qualcosa di importante da dir loro. Doveva aver fatto una scoperta sconvolgente, ma che al momento non le ritornava in mente. - Spence, apri gli occhi – ripeteva a se stessa. Ma ancora non aveva trovato il coraggio di farlo. Non ne conosceva il motivo, ma aveva un orribile presentimento.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Spencer Hastings, Toby Cavanaugh, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Fire Will Set Me Free

capitolo quarto.

 

 

 

Spencer si trovava su una spiaggia. Poteva avvertire l’odore del mare, lo sfruscio delle onde, l’acqua bagnarle i piedi. Ma era buio. Era troppo buio. Vedeva solo in lontananza le luci dei fari che ruotavano periodicamente e il golfo di  fronte illuminato come un albero durante la vigilia di Natale. Faceva molto freddo, tanto da congelarle braccia e gambe; indossava un vestitino sbracciato a fiori, molto corto e aveva i capelli legati in una coda alta e fluente, tanto stretta da farle male alla testa. Aspettava qualcuno. Aspettava Toby. L’avrebbe visto di lì a poco e avrebbe finalmente potuto sapere la verità, riguardo ogni cosa. In lontananza notò la sua sagoma che si avvicinava, a piedi nudi, che affondavano pesantemente nella sabbia, alzandone quasi un vortice ogni volta che avanzavano. Ad un certo punto fu in grado di riconoscerne i tratti somatici: i suoi bellissimi occhi azzurri, nei quali era sempre riuscita a specchiarsi, che le sembravano sempre così sinceri. La sua bocca, che al momento inarcava in un sorriso lucente, che le dava continuamente tutta la sicurezza e il conforto di cui aveva bisogno. Continuava a progredire verso di lei, e l’unica cosa a cui Spencer riusciva a pensare era al momento in cui le loro labbra si sarebbero incontrate, dopo così tanto tempo, che rappresentava la ciliegina su quella torta che la ragazza aveva cucinato con grande fatica fino a quel momento. Esteriormente le sembrava perfetta, ma si sa, i dolci vanno sempre prima assaggiati per poterne decretare la bontà. Ma tutto ciò non la preoccupava minimante. Sapeva in cuor suo che non ci sarebbe stato nulla di amaro o non edibile in ciò che vedeva. Forse ne era troppo sicura. Quell’attesa la logorava, tanto da spingerla a correre, per gettarsi tra le braccia del suo amato. D’un colpo però lui arrestò la sua discesa. Lei fece lo stesso, perché notò qualcosa cambiare nei suoi occhi, osservò quel luccichio abbandonare le sue pupille, per essere sostituito da risentimento e rancore. Il sorriso da affabile divenne beffardo, tanto da spaventare per un momento la Hastings. Nascosto dietro al ragazzo c’era qualcun altro, che a rilento, quasi come se godesse della tensione portata dall’attesa della sua entrata in scena, era in procinto di mostrarsi. Una chioma bionda e fluente fu tutto ciò che servì a Spencer per capire di chi si trattasse. Iniziò a piangere. Alison le pose una mano sulla guancia, nel tentativo di asciugarle le lacrime, ma l’ex amica la schivò veloce.

 “ Dai, Spence, non fare così. Pensavi davvero di aver preso il mio posto a Rosewood? Credevi che qualcuno potesse prenderti sul serio? Di sicuro lui non l’ha fatto “ disse Ali indicando con la mano il ragazzo che, divertito, le guardava alle spalle. “ Non esserne sorpresa, in cuor tuo lo sapevi fin dal principio. Tutti mi amavano, chiunque voleva essere me. Il problema è che nessuno n’è mai stato in grado, tantomeno tu”. Continuò la ragazza che indossava un cappotto rosso lungo fino alle caviglie. Dall’apertura del capo sembrava che non avesse null’altro addosso. Adesso già era nuovamente al fianco di Toby, accarezzandogli i capelli. Avvicinò il suo viso a quello del ragazzo, sotto lo sguardo sofferente di Spencer, e in un secondo le loro labbra si ritrovarono in un bacio pieno di passione. Toby l’afferrò appena sotto la vita, per stringerla a sé, mentre la ragazza in rosso pose entrambe le braccia attorno al suo collo, affondando le mani tra i suoi capelli castani, stringendoli forte con le dita, come se ciò che provava fosse così forte da essere al confine tra ciò che fa bene e ciò che ferisce. 

 

Spencer era devastata. Sentiva le lacrime rigarle il viso e la testa provocarle un fortissimo dolore, come se le stesse per esplodere. Aveva avuto solo un brutto sogno, ma che le sembrava così vicino alla realtà da averle dato un piccolo assaggio di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Aprì gli occhi istintivamente. Vide la propria cella illuminata da una strana luce, quasi verde. Vide le sbarre che la segregavano in quello stanzino, vide i propri piedi nudi ( devono avermi tolto le scarpe perché non scappassi, o forse le ho perse prima di essere rapita – pensò). Passò ancora qualche istante prima che si rendesse conto di poter vedere di nuovo. Mentre dormiva probabilmente le avevano tolto la benda, anche se non ne capiva il motivo. Notò subito dopo di non essere più stesa sul pavimento, ma seduta su una vecchia sedia di legno, che scricchiolava ad ogni suo impercettibile movimento. Aveva ora una visuale completa e perfetta della scala, della porta, del locale in cui era rilegata. Ma ciò non le fu molto d’aiuto. In tal modo si era potuta rendere conto di essere completamente sola. Se aveva parlato con quell’agente, lui in quel momento non era lì. Pensò al peggio, che forse l’avessero già ucciso. Il pensiero di un Toby omicida la fece trasalire. Poi pensò al meglio, che magari era ancora incolume. In quel caso avrebbe dovuto trovare un telefono, o qualcos’altro, per chiamarlo, per farsi salvare. Cercò allora a terra, nelle sue tasche, sotto la sedia, ma il biglietto da visita era sparito. A quel punto lasciò andare la sua testa all’indietro, come per imprecare contro il cielo, ma forse non tutto era perduto.

 

PRIMA . . .

“ Mi stai dicendo che non è più Mona a ricattarvi, ma una bionda con un cappotto rosso? “ disse cercando di capire il dr Reid.

“ Esattamente “ concluse Spencer, tirando un sospiro di sollievo, come se si fosse appena liberata del peso più ingente che avesse mai dovuto portare sullo stomaco. Si sentiva libera da qualsiasi catena,  quasi spogliata di qualsiasi protezione, eppure provava una certa sicurezza in compagnia di quell’uomo, che era sicura l’avrebbe difesa da qualsiasi pericolo incombente sulla sua vita.

“ Accidenti! Non riesco a credere che siate riuscite a mantenere questo segreto per così tanto tempo. Tuttavia ciò che non comprendo è per quale motivo non siate andate prima dalla polizia . . . “ continuò incredulo l’agente.

“ Tutte le persone che sono venute a conoscenza di ciò sono state ferite o uccise o mandate via da questa città. Poi tra le forze dell’ordine ci sono troppi poliziotti corrotti, probabili complici di A, gente appartenente a club di pervertiti . . . “ la ragazza si fermò un attimo, guardò il volto del suo interlocutore, che sembrava non seguire più il filo logico del discorso; a quel punto sorrise e concluse: “ tranquillo, nulla di importante “.

“ Avete qualche idea su chi possa essere quella bionda? “ domandò ancora Reid.

“ Beh . . . “ rispose Spencer un po’ titubante “ si . .  . tutte noi abbiamo notato un’incredibile somiglianza con . . . Ali “.

A quel punto l’agente, ancora più sconcertato, quasi come se quella che stava ascoltando fosse la trama di un film giallo, affermò: “ Ma Ali è morta, non può essere lei. Cioè, poi per quale motivo avrebbe dovuto minacciare se stessa . . . no, è assolutamente . . . è una follia “ . Ci fu qualche istante di silenzio, nei quali entrambi riflettevano: il dr Reid continuava a scervellarsi cercando di effettuare qualche ipotesi verosimile, ma, nonostante il suo quoziente intellettivo assolutamente fuori dal comune, sembrava non trovare alcun collegamento che potesse essere valido; Spencer nel frattempo osservava le espressioni delle quali il volto dell’agente s’impadroniva. Lo guardava con meraviglia, ne era affascinata: era sicuramente un bell’uomo, forse dall’aspetto un po’ nerd, un po’ troppo magro, ma il fascino che la sua mente sprigionava ogni volta che apriva bocca per proferir parola, avrebbe catturato l’attenzione di qualsiasi donna fosse stata nelle vicinanze. La Hastings fu riportata alla realtà da quella stessa voce profonda che la portava a fantasticare, dato che l’agente aveva notato l’improvvisa distrazione della ragazza. “ Spencer, tutto bene? “ diceva lentamente Reid, scandendo le parole con il suo accento perfetto. “ Ti dispiace se fumo una sigaretta? “ continuò, aspettando l’approvazione dell’interlocutrice. Spencer annuì, cortese, e poi gli domandò: “ Non immaginavo fumassi . . . insomma, solitamente i fumatori hanno un odore riconoscibile in tutti loro, che tu però non possiedi “.

“ Arguta . . . “ egli constatò “ Non sono un fumatore, però, quando sento troppa ansia che mi permea, allora, per scaricarmi un po’, mi accendo una sigaretta . . . . vedi?! Non ho nemmeno un accendino con   me!  ”. Spencer sorrise a queste parole, ricordandosi di avere un accendino in borsa da qualche parte. Frugò per circa trenta secondi, senza distogliere però mai lo sguardo da quello del brillante agente, per poi trovarlo in un taschino laterale; lui, ringraziando, lo usò per poi restituirglielo, e, la Hastings, per non perdere altro tempo, lo mise nella tasca posteriore dei suoi pantaloni.

 

ORA . . .

Così cambiava tutta la situazione. Con le mani Spencer provò a toccare le corde con le quali le avevano legato i polsi. Come pensava: erano di cotone. Avrebbe potuto dar fuoco loro, con l’accendino che forse aveva ancora in tasca. Era una mossa rischiosa, ma non aveva avuto idee migliori. Cercò con fatica di avvicinare le mani al pantalone: toccò, toccò, toccò, fino a trovare ciò che cercava. Infilò le dita nella tasca e prese l’accendino. Provò ad accenderlo un paio di volte, senza ottenere molto altro che scintille. Il cuore le batteva a mille, cominciò a sudare freddo, ad avere emicranie e aveva una fretta tale da metterle un’ansia che  - avrebbe volentieri combattuto con una bella sigaretta – pensò sarcastica. Al terzo tentativo la fiamma si alzò alta, ma l’unica cosa che riuscì a bruciare fu il palmo della sua mano destra. Si impegnò davvero duramente per non urlare dal dolore. Finalmente fu capace di dar fuoco alle corde, che, pur ustionandole i polsi, la liberarono da quella posizione costrittiva. Con le mani doloranti slegò velocemente anche le caviglie. Si tolse la giacca, per spegnere quella piccola fiamma che si era creata intorno alle corde. – ed ora? Ora che faccio?! – ragionò tra sé e sé in preda al panico. Era spaventata tanto da non riuscir quasi a muovere un muscolo, ma una cosa la sapeva: pian piano continuava ad avvicinarsi sempre più alla verità.  

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Pretty Little Liars / Vai alla pagina dell'autore: annabll