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Autore: funklou    11/08/2013    22 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Unknown.

Indietreggiò, fin quando la sua schiena non incontrò il muro freddo della stanza. Si portò una mano al petto, iniziando a respirare affannosamente, sotto gli sguardi confusi dei tre ragazzi. Calum si avvicinò velocemente ad Avril, seguito a ruota da Michael.
"Soffri d'asma?" chiese quest'ultimo.
"Sono emetofobica." Riuscì a parlare con difficoltà dopo lunghi respiri.
Entrambi assunsero delle espressioni spaesate, non capendo evidentemente cosa significasse quel termine. Qualunque fobia fosse, la fecero stendere a terra. Calum le teneva la testa sulle gambe e le accarezzava i capelli, tentando di farla calmare.
"Ha paura di vomitare" esordì Luke, avvicinandosi anche lui, con un tono calmo, in una situazione che di calmo non aveva proprio niente.
"Wow" si lasciò scappare Michael. "Non sapevo dell'esistenza di questa fobia."
Calum sentì che Avril smise di tremare.
"Stai meglio?" domandò, guardandola negli occhi lucidi, che sembravano aver preso un colore più chiaro.
La ragazza annuì.
"Ogni quanto ti capitano queste crisi?" le asciugò con il pollice una lacrima.
"Spesso" rispose alla sua domanda con tutta tranquillità, ora.
Era vero. Avril aveva dei veri e propri attacchi di panico dovuti a questa strana fobia. Erano oltretutto ingiustificati, e non si risolvevano mai con effettivi conati. 
Dopo poco si sentì sollevare dal pavimento e si ritrovò tra le braccia del moro.
"Dove la portiamo?" interpellò i due.
"Non saprei." Michael si passò una mano tra i capelli: ci stava pensando.
"Due." 
Silenzio.
"Portatemi da mia cugina" si intromise in quella discussione Avril, che iniziava a sentirsi a disagio in braccio.
"Dov'è?" le chiese. Intanto aveva già cominciato ad incamminarsi verso il corridoio.
"Non lo so. In ogni caso, puoi lasciarmi? Non voglio passare davanti a tutti in braccio a te."
Era tornata la Avril di prima. Scontrosa, testarda, fredda. Era incazzata e si sentiva umiliata: non avrebbe più dimenticato ciò che le era stato imposto di fare. 
Calum non replicò e la lasciò.
Mentre camminava a fianco a lui, pensava che non si sarebbe più avvicinata, nemmeno lontanamente, a nessuno dei tre. Era troppo, per Avril. Era ferita e in quel momento, sotto lo sguardo di tutti e tre, si era sentita così indifesa, così sporca. Sotto la pressione della paura aveva accettato, ma ora, se ci ripensava, credeva di aver fatto una totale stronzata. Non se lo sarebbe perdonata per un po' di tempo.
Si girò indietro e si accorse della mancanza degli altri due, ma non fece domande. 
Cercando tra la gente il volto di Vicky, la vide. Fece un sospiro di sollievo e "Resta qui, vado da sola" disse.
"Oh... Ok." Pensò che Calum, quando faceva facce perplesse, fosse davvero buffo. 
Sorrise quasi invisibilmente e si diresse verso la cugina.
"Avril." Si sentì chiamare. Si voltò e delle braccia la avvolsero completamente. Non ricambiò l'abbraccio, ma in quei secondi percepì delle scuse mute. Scuse che, anche se non parlavano, si facevano sentire. 

"Allora dove cavolo sei stata?!" chiuse la portiera così forte da far muovere di alcuni centimetri la macchina. "Avevi promesso che oggi avremmo pranzato insieme e che avresti conosciuto Miriam!" la rimproverò.
"Lo so, scusa. La professoressa mi ha assegnato un progetto lunghissimo e gliel'ho dovuto consegnare entro oggi" mentì quasi sottovoce, mentre si rannicchiava sul sedile.
Vicky sbuffò e mise in moto.
"Fa niente, va" parlò più a se stessa che alla ragazza di fianco.

Erano le 23:20 ed Avril stava fissando la bacheca che era appesa in camera sua, posta al muro, sopra la scrivania. Solo due giorni fa era stracolma di foto con Jason, tutte con diverse facce, con sguardi felici. Ora la osservava e ciò che vedeva erano post-it pieni di numeri. Essi, in realtà, stavano a significare i minuti, le ore e i giorni da quando non sentiva più Jason. Probabilmente, qualsiasi persona avrebbe pensato che questa ragazza fosse una psicotica da rinchiudere in un centro psichiatrico, ma per Avril, che era dentro a questo casino, sembrava fosse soltanto un'alternativa al suicidio.
Prese il post-it, quello appeso a destra e lesse 16 ore. Sedici fottutissime ore che non piangeva. 
"Al diavolo" sussurrò, mentre stracciava quel foglietto giallo. Non poteva continuare a deprimersi, aveva ancora tutta la vita davanti. 
Quella sera, aveva deciso di uscire, di fumarsi qualche sigaretta per rilassarsi e, soprattutto, non ne poteva più di restare chiusa nella sua stanza, che ormai aveva preso un'odore soffocante di chiuso.
Prese il cappotto bianco e scese le scale lentamente, per evitare di farsi sentire da sua madre che attualmente era nella sua camera a leggere un libro.
Uscì di casa con passo felpato. Affondò le mani nella tasche, ma non faceva nemmeno tanto freddo. Le strade erano umide, alcune illuminate da dei lampioni, altre solo dal chiarore della luna. 
Arrivò in una zona abbastanza movimentata. Lesse l'insegna Movida di un locale apparentemente strapieno, dato che c'erano ragazzi anche fuori, tutti con un bicchiere in mano di qualche strano alcolico. Oltrepassò quella strada e vide un altro locale, una gelateria con vicino un parcheggio e più a destra un parco. Optò per questo, che le sembrava un posto tranquillo. 
Entrò e fu avvolta dal buio. Prese il cellulare per far luce, lo puntò in basso per vedere dove stesse mettendo i piedi. Il terreno era ricoperto da sassolini, e verso i lati invece si trasformava in un prato. A destra c'erano diversi alberi e qualche panchina, e solo alla fine del parco alcuni giochi. Pensò che quella non fosse un'area frequentata molto dai bambini, ma più che altro da brutta gente. 
Ciò che c'era intorno iniziò ad incuterle una certa paura. Sapeva di non essere sola, vedeva delle persone, che le risultavano agli occhi come ombre, dietro a degli alberi, alcune sulle panchine, altre sdraiate semplicemente. 
Avril si sedette sul prato, prese il pacchetto delle sue Lucky Strike e ne accese una. Non aveva il vizio del fumo, ma ogni tanto le piaceva accendersene una. Si perse tra i suoi pensieri, quando sentì una presenza sedersi di fianco a sé. Girò subito la testa in quella direzione e vide Luke.
"Luke?" chiese sorpresa.
"Sì, è il mio nome." Rise.
Non fa ridere.
"Che ci fai qua a quest'ora?"
Nessuna risposta.
Passò tra di loro un momento imbarazzante di silenzio, ma poi il biondo prese in mano la situazione.
"Vuoi venire là con i miei amici?" 
"Te lo scordi" affermò freddamente, buttando la sigaretta.
"Non usare questo tono con me, ragazzina."
Si stava arrabbiando.
Avril non rispose, aveva paura di dire qualcosa di sbagliato. Era certa, però, di non voler passare una serata tra quei pezzi di merda, dopo ciò che era successo.
"Dai, muoviti." Si alzò e afferrò la sua mano, facendo per alzarla, contro la sua volontà. Una volta in piedi, la prese per il braccio e cominciò a trascinarla.
"Hemmings! Lasciami, non voglio!"
Ma lui non l'ascoltava.
Arrivarono in una zona del parco se possibile più buia delle altre. Avril si guardò un attimo intorno e vide delle sagome nere, sedute alcune su due panchine, altre su una specie di gradino che faceva da rialzo ad una statua posta al centro.
Stavano parlando, ma quando la videro, calò il silenzio.
"L'ho trovata sul prato" spiegò Luke, prima di sedersi. Le prese la mano, tirandola verso il basso, intimandole di sedersi a fianco a lui. 
Lo fece. Si sentiva tremendamente a disagio sotto gli sguardi di quelle persone, tanto che si girò dall'altra parte. Il ragazzo prese una bottiglia di vino che era appoggiata per terra e fece un sorso. L'avvicinò al viso di Avril, chiedendole silenziosamente se ne volesse, ma lei scosse la testa. 
Udiva dei discorsi che lei non aveva mai sentito prima d'ora, discorsi che le sembravano arrivare da un'altra epoca. Capì di non c'entrare proprio un bel niente con quelle persone.
"Io la coca l'ho provata, ma mi fa schifo." Questa era sicuramente la voce di una femmina. Ne restò sorpresa, ma ciò che sentì dopo la lasciò ancora di più senza parole.
"Anche io l'ho provata, ma solo una volta." Perché quello era Calum. Quella voce apparteneva a lui. Alzò lo sguardo e lo vide, seduto più in là.
Si guardarono senza espressioni, senza emozioni.
"Passatemi l'erba" disse Luke. 
Un ragazzo si alzò e gliela porse in un sacchettino trasparente. 
"Che qualcuno mi faccia luce perché non vedo una cazzo." Calum si avvicinò con il cellulare e fece come era stato detto. L'altro iniziò a maneggiare con una sigaretta vuota, una cartina e "Porca merda! La carta filtro!" sbraitò.
"Ehi amico, stasera dovresti calmarti un po'."
"Tu stai zitto, ché stasera hai già rotto i coglioni." 
Dopo circa un quarto d'ora, il biondo aveva quasi terminato. Lei aveva osservato attentamente ogni suo gesto, rimanendo in religioso silenzio. Ad un certo punto, Luke si girò verso di lei e, con uno sguardo malizioso, leccò lentamente la cartina per chiuderla, e finire con un sorrisetto sul volto, vedendo la ragazza imbarazzarsi. Si accese la canna e un odore disgustoso invase le narici di Avril, che fece un'espressione schifata.
"Vuoi un tiro?" 
"No."
La canna intanto aveva già fatto il giro di tutti gli altri ragazzi seduti vicino, fino a quando dei fari che riuscivano ad illuminare tutto il parco non fecero irruzione. Quasi tutti si agitarono sul posto, alcuni si alzarono e si spostarono più in là.
"I pinguini" disse Calum.
Luke, che era girato, a sentire quelle parole fece uno scatto disumano. 
"I pinguini? Stai scherzando?! Cazzo!" Buttò immediatamente la canna in una siepe davanti. 
Avril aveva la tachicardia, sebbene non stesse capendo niente. I pinguini?
"Stai tranquilla e zitta, okay?" le ordinò Luke. E subito dopo si ritrovarono una torcia puntata in faccia. Il ragazzo di fianco a lei sospirò di sollievo, non capì nemmeno il motivo, ma ciò non la tranquillizzò. Non sentiva quasi più le gambe, le sembravano così deboli.
"Vediamo un po' chi abbiamo qui" irruppe una voce maschile.
Luke si alzò all'improvviso e "Buonasera" lo salutò. "Sono Hemmings." Sfoggiò un sorriso strafottente.
"Vecchie conoscenze, allora. Insomma, avete qualcosa?" Ripuntò la torcia su tutte le facce presenti.
"Ovvio che no. Solo una bottiglia di vino." La prese. "Vede?" 
"Mh, okay. Tu chi sei?" Guardò un altro ragazzo un po' più distante. 
"Clifford."
C'era anche lui.
"Carta d'identità?"
Senza fare storie, la estrasse dalla tasca e gliela diede.
"Un giorno passo qui, ma con i cani. E se vi trovo qualcosa, minchia, sono cazzi vostri."
Avril sbarrò gli occhi per il modo in cui aveva pronunciato quella frase. Non era abituata a queste cose, lei. E in quel momento era inerme, anche se voleva alzarsi e scappare. Era terrorizzata e continuava a maledirsi per essere andata lì, con loro.
"Abbiamo anche una donzella." E una luce l'accecò.
Non disse niente, non si mosse nemmeno di un centimetro.
"Si è aggiunta alla combriccola?" continuò il poliziotto.
"No, cioè..." Non riusciva nemmeno a parlare. 
"Lei è la mia ragazza, mi tiene d'occhio." 
Tutti puntarono gli occhi verso Luke, ma poi annuirono. Tutti, tranne Avril che rimase sconvolta. 
"Okay. Mi raccomando, ragazzi." Li scrutò ancora un po' e poi si diresse ancora verso la vettura. 
La ragazza fece un sospiro enorme e si mise una mano sul cuore.
"Dio santo, vi odio. Ho avuto una paura assurda e non c'entravo niente!" 
I fari della macchina si riaccesero.
"Mi sembra di stare in un film" esordì Luke, che era ancora in piedi e osservava la macchina andarsene. 
Quella frase spiazzò Avril, ma stette zitta. 
La situazione si era calmata, tutti stavano muti, presi dai loro pensieri. Si ritrovò a riflettere sul fatto di non aver più così tanta paura di Luke. Insomma, in quel momento, non temeva di essere assalita da lui o dai suoi amichetti; semplicemente nessuno parlava, e le stava bene così. Sapeva, però, di non dover abbassare la guardia. Non aveva dimenticato della penitenza subita, non aveva dimenticato i suoi sguardi pieni di rabbia, le sue frasi scontrose.
Luke Hemmings era un'incognita.









Hi people!
Sono tornata presto stavolta :) 
Ok, allora, come prima cosa vi dico che questo credo sia il capitolo più schifoso che io abbia mai scritto. Credo sia solo un...'capitolo di passaggio'? Sì, credo di sì, perché gli avvenimenti ci saranno nel prossimo.
Comunque, questa storia è seconda nei popolari, e io mi sto facendo un sacco di paranoie. Leggo tutti i giorni ff, e quelle sono vere ff, scritte bene. Questa non compete proprio per niente. Alcuni giorni mi passa anche per la testa di cancellarla. Boh, non voglio stare qui a fare compassione, ditemi solo cosa ne pensate voi.
Un ringraziamento speciale a FrenkloveJONAS che recensisce ogni capitolo e che mi supporta tutti i giorni!
Vi voglio bene, ricordatelo :)
Ps: ho inserito delle immagini a fine capitolo come mi era stato esplicitamente chiesto nelle recensioni, sono carine a fine capitolo lol

il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr


E qui c'è il nostro Luke Hemmings:




Calum Hood:




MIchael Clifford:




E qui c'è anche la nostra Avril, che sarebbe una delle furchest twins :)

  
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