Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Elikin    12/08/2013    2 recensioni
Mi muovo con cautela tra la vegetazione, che man mano che mi inoltro mi arriva fino alla vita, ed è qui che la trovo.
L’unica persona che si sarebbe accorta della mia assenza, il tassello mancante del puzzle.
- Da quando ci allontaniamo da soli, Christa? Vuoi provare a fare la temeraria stavolta?-
Il mio tono è canzonatorio come sempre, le mie parole taglienti, ma non riesco a fare altrimenti con lei. Christa Renz riesce a fare uscire il meglio ed il peggio di me.
- Potrei dire lo stesso di te. Da quando sei diventata così gentile da preoccuparti per qualcuno che non sia te stessa?-

[Capitolo 1 - Quello che cerchiamo]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Christa Lenz, Ymir
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo cremisi di quella sera
 


L’idiozia dell’uomo rasenta davvero rari livelli di bassezza a volte. Lo spettacolo che ho di fronte ne è un calcante esempio.
Questa mandria scalmanata di ragazzini che si rincorrono, tra un paio di anni, dovrà diventare una parte della truppa addetta a difendere le mura e più in generale tutti NOI. Dovranno essere in grado di non farsi prendere dal panico di fronte ad un Gigante o di non vomitare vedendo un loro compagno divorato pezzo per pezzo da quegli esseri.
Devono essere impazziti tutti quanti, ma almeno loro sembrano divertirsi.
Credo che ci abbiano portato in questa zona per farci rilassare. I primi tre mesi sono stati davvero pesanti per il 104° corpo di addestramento reclute, che poi saremmo noi: circa un quarto hanno abbandonato di loro spontanea volontà ed altri sono stati mandati alla discarica dai nostri superiori. Potevamo sentire ogni sera la tensione tagliare l’aria come un coltello arroventato il burro. Non una parola prima di addormentarsi né durante i pasti.
Effettivamente non è stata una cattiva idea questa, non che dal canto mio ne avessi bisogno, però se per un attimo scordi il perché siamo qui o cosa ci sia fuori dal Muro delle Rose, se per un attimo provi ad immaginare che non siamo altro che ragazzi normali, non soldati, la scena che ho di fronte può persino diventare fonte di rilassamento.
Credo che Mina Carolina, seduta sul tronco davanti al mio, stia cercando di intraprendere una discussione con me. Deve proprio essere attratta dai tipi “diversi” se pensiamo che tra le altre cose la sua migliore amica è Annie Leonhardt. Annuisco di tanto in tanto continuando a guardarmi attorno, come se cercassi qualcosa tra la folla ma senza trovarla. Effettivamente sento che c’è qualcosa di strano in tutto questo, come se mancasse un pezzo. Eppure sono brava nel notare i dettagli, cos’è che mi sfugge? Che mi turba?
Mina ha ormai rinunciato nel cercare di coinvolgermi ed è impegnata in una fitta discussione sui vestiti poco femminili di Annie, che non sembra essere molto propensa all’argomento, mentre io mi alzo scrollandomi i pantaloni. Buona fortuna, ne avrai bisogno.
All’inizio ho come un attimo di smarrimento non sapendo bene dove andare, mi basta girarmi alla mia sinistra però per cogliere un bagliore dorato e vedere finalmente il tutto completo. Istintivamente credo di fare un piccolo sorriso che però mi assicuro di nascondere con la mia solita aria corrucciata (grazie a lei sono riuscita persino a fare scappare un paio dei miei partner di addestramento) e mi dirigo in quella direzione con le mani in tasca.
Seguo il luccichio splendente tra gli alberi, sempre più addentrandoci nella boscaglia e sento che mi sta portando lontano dal nostro accampamento, ma del resto chi mai si preoccuperebbe della mia scomparsa? Questa consapevolezza non mi fa per nulla male, anzi mi dà un assoluto senso di libertà, forse accentuato dal luogo in cui mi trovo. In questa specie di boschetto gli animali dialogano tra di loro in pace e serenità. Sebbene conoscano l’uomo, sono abituati alla sua presenza e sanno che questa non è zona di caccia. Continuo ad avanzare, scostando le fronde che mi intralciano il cammino e chinandomi di tanto in tanto, beandomi del paesaggio fino ad arrivare al limitare del bosco.
Di fronte a me si estende un’immensa pianura ricoperta di fuori dai mille colori. Poco più avanti un piccolo lago cristallino riflette la luce del sole e le colline poste sulla sponda opposta. È un paesaggio a dir poco stupendo. Il calore del sole sul viso e il profumo dei fiori rendono questo momento ancora più magico. Mi muovo con cautela tra la vegetazione, che man mano che mi inoltro mi arriva fino alla vita, ed è qui che la trovo.
L’unica persona che si sarebbe accorta della mia assenza, il tassello mancante del puzzle.
- Da quand’è che ci allontaniamo da soli, Christa? Vuoi provare a fare la temeraria stavolta?-
Il mio tono è canzonatorio come sempre, le mie parole taglienti, ma non riesco a fare altrimenti con lei. Christa Renz riesce a fare uscire il meglio ed il peggio di me.
- Potrei dire lo stesso di te. Da quando sei diventata così gentile da preoccuparti per qualcuno che non sia te stessa?- i suoi capelli biondi risplendono di nuovo di quel dorato tanto intenso da sembrare uscito dalle favole mentre gira leggermente il capo verso di me, ma è ancora di spalle per cui non riesco a decifrare la sua espressione.
Touché.
Non rispondo. Obbiettivamente non saprei cosa dirle. Sono stata colta in flagrante da questa ragazzina. La osservo per un po’ in silenzio immagazzinando quanti più dettagli possibili e chiedendomi che ci sia venuta a fare qui. Passano cinque, dieci, venti minuti ma Christa rimane lì immobile, come inglobata da quel paesaggio angelico che le si addice perfettamente. Mi rendo conto di quanto sia piccola solo ora, se a me i fiori arrivano fino ai fianchi lei ne è quasi risucchiata, ne fanno capolino a stento la testa ed un parte di spalle. Come diavolo è stata accettata una ragazza così piccola e debole nel nostro corpo di addestramento reclute? È vero, l’altezza non conta ed Annie ne è l’esempio, però Christa non è certo ai suoi livelli.
- Ymir, perché mi hai seguita?- mi chiede voltandosi all’improvviso e facendomi perdere qualche battito. Mannaggia a lei e al suo effetto sorpresa.
- Non dovrei essere io a chiederti che diavolo ci fai qui?- sbotto in risposta cercando di non farglielo notare. Non so bene il perché, ma il pensiero che lei possa notare in me un attimo di debolezza mi fa uscire fuori di testa.
Per un attimo sento i suoi enormi occhi azzurri da bambina scrutarmi con attenzione mentre cerca di decifrare qualcosa nel mio sguardo, magari le vere motivazioni verso la mia apparente premurosità. Peccato che non ne troverà.
Sembra delusa quando infine sospira rassegnata e torna a dedicarsi al paesaggio. Noto solo ora che ha raccolto abbastanza fiori da iniziare a farsi una corona, come quelle delle ragazzine di campagna. Quegli occhi che prima campionavano le mie emozioni ora fanno lo stesso con i petali colorati, selezionandoli con attenzione prima di metterli gli uni accanto agli altri.
- Hai ragione.- ammette chiudendo gli occhi con sapienza latente, per poi riaprirli luminosi verso di me un attimo dopo - Questo posto non è bellissimo?-
Allora è vero che sei una Dea, la Dea del cambiare discorso quando non ti conviene. Sbuffo sconfitta mentre osservo il territorio circostante, ancora una volta, grattandomi la guancia. Ok, è un bel posticino, ma non ci impazzisco ecco. Eppure basta uno sguardo al viso di Christa per capire che per lei è il contrario e che la sua domanda, che mi è in primo luogo sembrata un’abile mossa per cambiare discorso, in realtà non è altro che una risposta alla mia.
Finita la corona di fiori se l’appoggia sulla testa con estrema delicatezza e per un attimo mi sembra un tutt’uno con quelle terre. Così bella, fresca e fragile. Probabilmente sto per dire qualcosa al riguardo senza neanche rendermene conto, il che risulterebbe alquanto imbarazzante per una come me, ma l’arrivo di un gruppo molto agitato di farfalle mi salva da questa perfomance sgradevole. Fanno giusto qualche giravolta prima di notarla e cominciare a ronzarle intorno, solleticandole il viso e scatenandone il riso gioioso da bambina. Poche volte sono riuscita a sentirla ridere e non so perché ma il fatto di esserci riuscita di nuovo mi fa sorridere senza neanche rendermene conto. Lei però deve vederlo con la coda dell’occhio perché riparte alla carica.
- Non ti piace?- mi chiede mentre le farfalle continuano a disegnare cerchi intorno a lei. Che strano fenomeno è quello al quale sto assistendo. Mi prendo una pausa prima di risponderle mentre osservo uno dei lepidotteri staccati dal gruppo che si poggia sul mio dito con grazia. Ha le ali di un bel nero e arancione chiaro, ne ho viste molte di questi tipi in giro ma in questo contesto persino una specie comune come questa sembra quasi divina.
- Non è un posto che fa per me.- mi limito a rispondere con sincerità disarmante.
Non c’è nessuna voglia di provocare nelle mie parole, solo dura e cruda realtà. Questo non è il luogo per una come me, è troppo bello e pulito. Entra in netto contrasto con quella che è la mia personalità, il mio passato e il mio futuro. Non considero neanche il presente. Una realtà dove sono costretta a stare in gruppo con dei mocciosi incompetenti per riuscire ad avere una qualche speranza di combattere i Giganti è a dir poco inclassificabile.
- Mi ricorda il posto dove sono nata.- sussurra Christa richiamando di nuovo la mia attenzione. Sembra quasi trasfigurata. Il suo volto ora sembra quello di una ragazza molto più grande che ha sofferto atroci sofferenze sin da piccola.
Parla così piano che riesco a sentirla appena, è come se si stesse confidando con il suo pubblico dai mille colori, non con me. - Lì ci sono distese di fiori come questi, però molto più grandi e alberi da frutto a volontà. Ogni giorno raccoglievo qualche frutto e lo mangiavo alla loro ombra. Anche lì c’è un lago, è così limpido che puoi fare il bagno in qualsiasi periodo dell’anno. Riuscivo a giocare con l’acqua per ore prima che venissero a ripescarmi e rimproverarmi perché avevo rischiato di rovinare i miei vestiti. Ma c’era una cosa che adoravo davvero, sai? Erano le farfalle.- un sorriso dolce si dipinge sul suo volto mentre dice quelle parole e alza le mani come per entrare in contatto con quella danza di mille colori che ha atto intorno alla sua testa.
- Farfalle, eh?- sussurro chinando lo sguardo su quella che è ancora appollaiata sul mio dito. Con cautela avvicino la mano al viso per poterla osservare meglio, notando con una certa soddisfazione che non sembra avere paura di me. Quell’essere che ho tra le mani è così piccolo e fragile, si sta fidando di me che eppure potrei distruggerlo da un momento all’altro. Potrei porre fine alla sua breve vita e allora per cosa avrebbe vissuto? Eppure nonostante tutto sembra essere fiera del suo posto nel mondo.
Mi basta rivolgere un’occhiata a Christa per comprendere il suo amore per le farfalle. Lei è una di loro. È così, non ci sono dubbi. Pura e magnifica, ecco cosa è. Mi chiedo se non le invidi, infondo loro sono capaci di volare e di vivere serene, potrebbero benissimo andare nel mondo esterno e viaggiare fino a quando i loro corpi glielo avrebbero consentito. Libere.
È forse questo che cerca così disperatamente? Libertà? Ma libertà da cosa? O da chi?
- Sei molto carina quando non hai quell’espressione così terrificante, sai?- dice la sua vocetta squillante facendomi inizialmente sobbalzare e poi pietrificare. Che razza di espressione deve essermi sfuggita mentre pensavo a cose come quelle per portarla a farmi un complimento del genere? Automaticamente arrossisco, scatenando l’ilarità di Christa. Ovviamente sono inutili tutti i miei tentativi di celare la mia cattiva figura, e non ci vuole molto prima che lei riprenda a giocare con le sue farfalle, stavolta con più buon umore di prima.
Farsi trattare così da una ragazzina come lei non è da me. Che diavolo mi succede? Per qualche strano motivo il rossore sulle mie guance è ancora ben visibile mentre il sole, che ora si leva alto, fa risplendere di una luce così intensa da essere quasi accecante i suoi capelli biondi.
Quanto siamo diverse io e lei? Eppure dopo oggi sento che non è del tutto vero. C’è qualcosa in lei che mi attira, che me la fa sentire vicina. Ed è mentre le farfalle si congedano da lei volando in tutte le direzioni e spargendo le loro spore colorate nell’aria che mi rendo conto di cosa sia.
- Christa...- inizio titubante, ma non so bene neanche io cos’è che voglio dirle, infatti quando si gira verso di me speranzosa mi sembra quasi un peccato scoraggiare le sue aspettative - Niente.-
Mi scruta di nuovo come ha fatto prima, ma nei suoi occhi stavolta scorgo una scintilla nuova. Che abbia capito anche lei qualcosa? Chiude gli occhi un momento e li riapre sorridendo ancora di più, prima di parlare di nuovo.
- Dai, torniamo indietro!-
Mi limito a fare una scrollatina di spalle in tutta risposta e a seguirla nel percorso inverso a quello di prima. Mi mette una strana tristezza allontanarmi da questo luogo con la consapevolezza che potrebbe essere l’ultima volta che vedo paesaggi del genere. Non oso immaginare cosa stia provando lei allora, questi luoghi sono la sua casa, il suo elemento.
Mi sembra quasi una sorta di rito di estrema importanza quando arriviamo all’estremità della pianura fiorita e Christa, dopo essersi levata dal capo la corona di fiori, la poggia su un masso lì vicino osservandola con calore man mano che si allontana all’indietro a piccoli passi. Non versa una lacrima, si limita a tirarmi per la manica. Una tacita richiesta di aiuto. La accontento, cominciando a muovermi in direzione del nostro accampamento e trascinandomela dietro.
- Non essere giù Ymir, la prossima volta farò una corona di fiori anche per te!- le sento dire dopo un po’. Credo abbia recuperato la sua integrità e compostezza. Non male per una piccoletta come lei.
Le sorrido di rimando iniziando uno dei nostri soliti battibecchi mentre continuiamo a camminare lungo il sentiero. È in questo momento, camminando così con lei, prendendoci amichevolmente in giro a vicenda, che mi rendo conto di qual è la cosa che entrambe stiamo cercando, forse senza neanche rendercene pienamente conto.
 

La mano di Christa non ha mai smesso di stringere la mia manica tra le dita per tutto il tempo.


 





Dedicata a Benedetta. Mio unico grande amore.  

   
 
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