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Autore: _Cannella_    12/08/2013    2 recensioni
Breve riflessione dai toni pirandelliani sull' individuo e il suo rapporto con la società.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La maschera nuda

 
 
Un soffio di vento mi accarezzò il viso, ricordandomi quanto fosse piacevole poter sentire il delicato tocco dell’aria sulla pelle nuda. Ormai non ero più nessuno, ma potevo continuare a vivere al di fuori delle assurde regole della società e rispondere finalmente con sicurezza alla domanda che da tanto mi veniva rivolta e a cui io non ero mai riuscita a trovare risposta:  «Tu chi sei?  ». Io sono uno, nessuno e centomila, sono solo una nuda maschera spogliata della sua identità.
Come io sia diventata consapevole di questo, però, è difficile da spiegare e richiede di tornare indietro nel tempo almeno di una quindicina d’anni.
Il giorno del mio tredicesimo compleanno una strana signora venne a farmi visita, portando con sé un’enorme scatola confezzionata con una carta da regalo di colore nero, abbellita da qualche disegno stilizzato. L’ospite inattesa, una donna mora e con la pelle chiara, che poteva vantare un fisico piuttosto asciutto e un viso praticamente privo di rughe, nonostante i cinquant’anni che sicuramente doveva avere, disse di chiamarsi Evita e annunciò il mio ufficiale passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Ella affermò inoltre di avermi portato un dono e accompagnò quelle parole con un gesto teatrale che aveva lo scopo di spostare la mia attenzione sulla scatola che era stata posata vicino alla finestra. Incuriosita da quella singolare situazione, mi avvicinai con timore al regalo e iniziai a scartarlo; all’interno del pacchetto trovai diverse maschere, tutte bellissime, certo, ma tremendamente inutili in quel periodo dell’anno, visto che Carnevale era già passato da qualche mese. Evita, però, sembrava piuttosto orgogliosa della sua idea ed ignorò la mia espressione perplessa, affrettandosi ad aggiungere che avrei potuto tenere solo una di quelle maschere e che, quindi, avrei dovuto scegliere con attenzione.
Io, sinceramente, non vedevo l’importanza di quella scelta, ma per non deludere le aspettative di tutte le persone che attendevano con ansia che io iniziassi ad esaminare gli oggetti contenuti nella scatola, presi in mano una maschera in ceramica bianca, decorata solamente da qualche arzigogolo verde intorno ai buchi per gli occhi. Evita, con fare saccente, mi spiegò che quella era la maschera più semplice da portare, nonostante il suo peso, ma mi ammonì, dicendomi che con quella indosso sarei stata accettata solo da poche persone, mentre gli altri mi avrebbero trovata una ragazza insulsa e priva di personalità. Spaventata che quello potesse accadere, posai immediatamente l’oggetto per passare al secondo, sempre in ceramica bianca, ma molto più decorato. Anche in questo caso la spiegazione di Evita su quel manufatto non tardò ad arrivare e  mi spinse a spostare la mia attenzione sulla terza e ultima maschera. Quest’ultima era molto più leggera delle prime due e anche molto più bella, vista la decorazione raffinata ed elegante, ma allo stesso tempo sembrava  piuttosto fragile. Come le altre volte, la mia ospite iniziò a raccontarmi quello che sarebbe successo se la mia scelta fosse ricaduta su quella maschera e mi promise un futuro roseo, una vita perfetta durante la quale sarei stata accettata da tutti, ma avrei anche dovuto sopportare l’onere di prendermi costantemente cura della fonte della mia fortuna, in quanto questa era facile da scheggiare.
Stanca di riflettere su quelle questioni inutili, indossai la maschera che stringevo ancora tra le mani e appena questa fu a contatto con la mia pelle, si fuse con essa, incarnandosi e impredendomi di toglierla. In quell’esatto momento la mia visione del mondo cambiò e mi accorsi che tutte le persone che mi stavano intorno indossavano una maschera simile alla mia, anche se di diverse forme e decorazioni. Sembrava che possedere quell’oggetto fosse indispensabile per vivere, in quanto era quello che permetteva di essere riconosciuti come persone.
Da quel giorno la mia vità cambiò, diventò più luminosa, piena di apprezzamenti e di perfezione, ma ogni volta che qualcosa sembrava non andare come la società ordinava io mi ritrovavo a terra, incapace di rialzarmi, e la mia maschera si scheggiava, rovinandosi irrimediabilmente.
Più il tempo passava, più quella condizione diventava impossibile da sostenere, tanto da spingermi, alla fine, a rinunciare alla perfezione, a rinunciare alla vita.
Allontanandomi dalla società, provai in tutti i modi a strapparmi di dosso quell’oggetto così fastidioso da portare, ma tutti i mie sforzi furono vani.
Dopo molti tentativi, capii che l’unico modo che avevo per liberarmi da quella prigione era rompere definitivamente quello che era diventato il mio carceriere. Inizia ad andare contro le convenzioni sociali e più inciampavo e cadevo e soffrivo, più ero felice, perché riuscivo a sentire la maschera sgretolarsi e quei cocci esalavono il profumo della ritrovata libertà. L’ultima regola da infrangere, l’ultimo passo verso una morte felice. Lo feci, mi buttai e l’aria mi abbracciò, mi cullò, portandosi via gli ultimi frammenti che erano rimasti attaccati al mio volto.
C’ero riuscita, ormai ero una maschera nuda.


Il mio angoletto

Salve, prima di tutto voglio ringraziarvi per aver letto questa breve storiella, ritrovata per caso fra i vari documenti word. Ricordo di aver iniziato a scrivere questa riflessione durante lo studio delle opere di Pirandello, cosa facilmente intuibile dalla visione che emerge dal testo, senza però riuscire a terminarla. Oggi, finalmente, mi sono decisa a scrivere il finale.
Spero vi sia piaciuta e che mi lascerete pareri e consigli.

Alla prossima! 

  
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